- Alchimia - Porta Magica - Roma -
La scienza conserva ; è quanto meno ciò che da allora pensiamo nei riguardi del destino trionfante di opere stimate che appaiono, tuttavia , di difficile penetrazione , e che non sono studiate se non da un’elite poco numerosa. La loro grande diffusione, il loro successo universale, sono unicamente dovuti all’irradiamento attrattivo della verità positiva racchiusa nelle loro pagine.
Tra tante opere francesi e straniere che si impongono in questo modo alla stima e all’ammirazione degli uomini, non è forse il caso, per esempio, di quelle di Dante, di Rabelais, di Cervantes e di Swift ?
Del resto è allo stesso motivo di perennità sovrana, non dubitiamone, che la piccola porta conservata nel giardino di Piazza V. Emanuele a Roma, deve il fatto di non essere stata distrutta, nonostante la precarietà inerente alle cose umane e che, d’altra parte, fu denunciata dal sapiente decoratore nei riguardi dell’esistenza perpetua del regno minerale. E’ l’ultima frase dell’epigrafe singolare e molto lunga che stava al di fuori della villa e che abbiamo descritto al nostro lettore. Rivela il mistero della putrefazione del fuoco, cioè del padre o , meglio ancora, del sole centrico della terra rotonda. La conclusione è triste e rassegnata nei riguardi della parte materiale della dimora aristocratica che era, inesorabilmente, fragile e peritura.
Sic transit gloria mundi - Così passa la gloria del mondo.
CANSELIET
La Porta Alchemica , detta anche Porta Magica o Porta Ermetica o Porta dei Cieli, è un monumento edificato tra il 1655 e il 1680 da Massimiliano Palombara marchese di Pietraforte (1614-1680) nella sua residenza, villa Palombara, sita nella campagna orientale di Roma sul colle Esquilino nella posizione quasi corrispondente all'odierna piazza Vittorio, dove oggi è stata collocata. L'interesse del marchese Palombara per l'alchimia nacque probabilmente per la sua frequentazione sin dal 1656, della corte romana della regina Cristina di Svezia, a Palazzo Riario (oggi Palazzo Corsini) sulle pendici del colle Gianicolo oggi sede dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Cristina di Svezia era un'appassionata cultrice di alchimia e di scienza (fu istruita da Cartesio) e possedeva un avanzato laboratorio gestito dall'alchimista Pietro Antonio Bandiera. In palazzo Riario nacque un'accademia a cui si collegano i nomi di personaggi illustri del Seicento come il medico esoterista Giuseppe Francesco Borri, di nobile famiglia milanese, l'astronomo Giovanni Cassini, l'alchimista Francesco Maria Santinelli, l'erudito Athanasius Kircher. Il marchese Palombara dedicò a Cristina di Svezia il suo poema rosicruciano La Bugia redatto nel 1656, e secondo una leggenda la stessa Porta Alchemica sarebbe stata edificata nel 1680 come celebrazione di una riuscita trasmutazione avvenuta nel laboratorio di palazzo Riario. Secondo la leggenda, trasmessaci nel 1802 dall'abate ed erudito Francesco Girolamo Cancellieri, uno stibeum pellegrino fu ospitato nella villa per una notte. Il "pellegrino", identificabile con l'alchimista Francesco Giustiniani Bono, dimorò per una notte nei giardini della villa alla ricerca di una misteriosa erba capace di produrre l'oro, il mattino seguente fu visto scomparire per sempre attraverso la porta, ma lasciò dietro alcune pagliuzze d'oro frutto di una riuscita trasmutazione alchemica, e una misteriosa carta piena di enigmi e simboli magici che doveva contenere il segreto della pietra filosofale. Il marchese fece incidere sulle cinque porte di villa Palombara e sui muri della magione, il contenuto del manoscritto coi simboli e gli enigmi, nella speranza che un giorno qualcuno sarebbe riuscito a decifrarli. Forse l'enigmatica carta potrebbe riferirsi, per concordanze storiche e geografiche e per il passaggio tra le mani di alcuni appartenenti al circolo alchemico di villa Palombara, al misterioso manoscritto Voynich, che faceva parte della collezione di testi alchemici appartenuti al re Rodolfo II di Boemia e donati da Cristina di Svezia al suo libraio Isaac Vossius, e finì nelle mani dell'erudito Athanasius Kircher, uno degli insegnanti del Borri nella scuola gesuitica. Tra gli anni 1678 e 1680 Borri e Palombara fecero le iscrizioni enigmatiche, e di certo si sa che almeno una scritta della villa (quella sopra l'arco della porta in via Merulana) risale al 1680. I simboli incisi sulla porta alchemica possono essere rintracciati tra le illustrazioni dei libri di alchimia e filosofia esoterica che circolavano verso la seconda metà del Seicento, e che presumibilmente erano in possesso del marchese Palombara. In particolare il disegno sul frontone della Porta Alchemica, con i due triangoli sovrapposti e le iscrizioni in latino, compare quasi esattamente uguale sul frontespizio del libro allegorico/alchemico Aureum Seculum Redivivum di Henricus Madatanus (pseudonimo di Adrian von Mynsicht, 1603-1638). Il frontespizio dell'edizione originale del 1621 è molto diverso, infatti il disegno a cui si ispirò il Palombara compare esattamente solo nell'edizione postuma del 1677. Sul frontone della porta alchemica è rappresentato in una patacca il sigillo di Salomone circoscritto da un cerchio con iscrizioni in latino, con la punta superiore occupata da una croce collegata ad un cerchio interno e la punta inferiore dell'esagramma occupata da un oculus : il simbolo alchemico del sole e dell'oro. Il fregio rappresenta un simbolo della setta dei Rosa Croce rappresentato in molti testi del seicento, compare forse per la prima volta sul frontespizio del libro 'Aureum Seculum Redivivum'. I simboli alchemici lungo gli stipiti della porta seguono la sequenza dei pianeti associati ai corrispondenti metalli: Saturno-piombo, Giove-stagno, Marte-ferro, Venere-rame, Luna-argento, Mercurio-mercurio. Tale sequenza viene forse ripresa dal testo Commentatio de Pharmaco Catholico pubblicati nel Chymica Vannus del 1666. Ad ogni pianeta viene associato un motto ermetico, seguendo il percorso dal basso in alto a destra, per scendere dall'alto in basso a sinistra, secondo la direzione indicata dal motto in ebraico Ruach Elohim. La porta si deve quindi leggere come il monumento che segna il passaggio storico del rovesciamento dei simboli del cristianesimo verso il nuovo modello spirituale che si stava sviluppando nel Seicento. Nel 1873 la porta magica fu smontata e ricostruita nel 1888 all'interno dei giardini di piazza Vittorio, su un vecchio muro perimetrale della chiesa di S. Eusebio, e accanto furono aggiunte due statue del dio Bes, che si trovavano in origine nei giardini del Palazzo del Quirinale.
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