29 agosto 2010

- L'iniziazione.


L'iniziazione é stata definita come "il processo destinato a realizzare psicologicamente nell'individuo il passaggio da uno stato dell' essere giudicato inferiore, a uno stato superiore", con la trasformazione da "profano" ad "iniziato".
Il Guénon ne definiva analogamente lo scopo nei termini di superamento dello stato individuale umano rendendo effettivamente possibile il passaggio agli stati superiori dell'essere, conducendolo, per mezzo del rito iniziatico, al di là di ogni condizionamento.
Una realizzazione quindi puramente interiore, la realizzazione di una possibilità che l'individuo ha in sé allo stato potenziale e virtuale.
Mircea Eliade, nel suo studio "Nascite Mistiche", a proposito dei cosiddetti riti d'ingresso, ne riconosceva la continuità a partire dai più antichi rituali tribali, immutati nel tempo e tutti connotati dalle medesima successione operativa costituita da reclusione, prove iniziatiche, morte e risurrezione, rivelazione di una dottrina segreta, insegnamento di parole speciali.
Così per gli indigeni australiani, a tutt'oggi, l'essenziale era e resta la custodia dei riti legati ai chirunga, gli oggetti lasciati dagli esseri primordiali (i "dema") che esistevamo ai tempi dei miti e l'istruzione morale e sociale che il candidato riceve dopo i riti.
In moltissime società segrete primitive era abitualmente presente una interpretazione simbolica dei riti iniziatici rappresentanti morte e resurrezione; in Melanesia, ad esempio, il candidato che lasciava la famiglia per essere iniziato veniva pianto come morto.
L'iniziazione può quindi definirsi come la forma immanente della modalità partecipativa dell'uomo al Trascendente.
Precisa ulteriormente il Guénon come insegnabile sia unicamente il metodo preparatorio atto ad ottenere lo stato da realizzare interiormente, essendo il segreto iniziatico, per sua natura, inesprimibile; soltanto l'iniziazione può dare accesso alla sua conoscenza.
Non a caso Aristotele scriveva, a proposito dei misteri Eleusini "non imparare, ma provare".
Attraverso l'iniziazione, dunque, l'essere si realizza in modo autentico, facendo passare le sue qualità latenti dalla potenza all'atto; il suo carattere é la "permanenza"; uno stato che, raggiunto, niente potrà più cancellare. Perciò Pitagora insegnava ai suoi adepti: "ora siete epopti, e vedrete la Luce per sempre".
Parte fondamentale della ritualità iniziatica sono i simboli: ogni rito possiede, in ciascun elemento costitutivo, un significato ben preciso ed ogni simbolo, inversamente, come sottolinea il Guénon, produce su colui che medita con la disponibilità necessaria un effetto assolutamente confrontabile a quello del rito.
La parte iniziale della ritualità é costituita generalmente da operazioni destinate a dare all'individuo una sensazione di morte seguita da una risurrezione, una "seconda nascita".
Il rito inizia generalmente con un viaggio nelle tenebre: diceva già Plutarco che "l'anima al momento della morte prova la stessa impressione di coloro che si avvicinano ai grandi misteri". É l' "oltre" che, nel suo significato più profondo, costituisce il senso nascosto del rito: ciò che é impenetrabile all'umana esperienza, la risalita verso la Luce, l'illuminazione.
Abbiamo visto come tale schema fondamentale, la "discesa" e la "risalita", espresso con una moltitudine di simboli diversi ma nel contempo analoghi, abbiamo visto come possa applicarsi ad un gran numero di culture rituali, in sostanza alla Tradizione, scaturente dalla medesima sorgente: si pensi ad esempio al mito egiziano di Osiride, ai misteri di Dioniso, il Dio indo-ariano Div-an aosha della bevanda dell'immortalità, ai misteri Frigi di Atti e Cibele, ai misteri di Eleusi, all'orfismo ed al pitagorismo, al culto di Mitra, ai riti dei gruppi iniziatici gnostici, all'esoterismo islamico ed in particolare agli Ismailiti, alla tradizione iniziatica medioevale (qabbala'h, catari, templarismo), all'esoterismo indiano e tibetano, fino (in tempi più recenti?) alla tradizione massonica.
Le fasi dell'iniziazione, su altra scala, riprodurrebbero simbolicamente anche quelle del processo cosmogonico (nascita dell'universo), l'organizzazione del buio e del caos primigenio attraverso la Luce, il grande respiro da e verso il principio primo.
In tale senso e simbolicamente il processo di purificazione dell'essere che "muore" ai suoi desideri profani é volto al perfezionamento, al compimento della Grande Opera dell'Alchimia Spirituale; all'illuminazione, che conferisce i mezzi per ritrovare la "Parola Perduta"; alla reintegrazione su scala individuale e cosmica, unione di micro- e macrocosmo, unione degli opposti principi.
Desideriamo ora approfondire ulteriormente alcuni elementi simbolici della prima parte del rito dell'iniziazione, momento fondamentale ed ineluttabile per il successivo prosieguo, con particolare riferimento a spunti propri della tradizione massonica.
Momento fondamentale, si diceva: se tale fase non é compiuta é completamente inutile procedere oltre. Non a caso, infatti, é detto che "...bisogna per prima cosa che il corpo sia disciolto, che le Porte siano aperte, affinché la Natura possa operare..."; "...non è possibile che si faccia nessuna generazione, senza corruzione..."; "...abbi cura che il congiungimento del Marito con la sua Sposa, non si faccia che dopo aver tolto i loro abiti ed ornamenti, tanto dal viso che da tutto il resto del corpo, affinché essi entrino nella tomba così puliti come quando vennero al mondo. E non sarà che dopo aver distrutto l'edificio interiore ormai degradato, che l'Apprendista potrà ricostruire sulle sue rovine, ripartendo su di una via completamente nuova per lui"; "...tu saprai allora che tutto il Magistero consiste in una dissoluzione prima, ed una coagulazione poi...".
Tutti gli elementi dell'Opera sono presenti, in potenza e simbolicamente, nel gabinetto di riflessione: da un punto di vista alchemico questa é la fase della Putrefazione, l'inizio dell'Opera, simbolizzata dal Caput Corvi nei lavori del Fulcanelli e qui sottolineata dalla presenza dello scheletro, il colore nero dell'Opera.
Qui inizia, come detto, la dissoluzione, operata dal Vetriolo Filosofico.
É scritto che "esistono due vetrioli o piuttosto il vetriolo può presentarsi sotto due forme, il Vetriolo Puro ed il Vetriolo Impuro o volgare..." . Come affermò anche Paracelso vi è in tutte le cose l'Anima di ciò che è conosciuto come Elemento Predestinato. Questo Elemento Predestinato si compone di Sale, di Zolfo e di Mercurio, ed è immerso e disseminato in una massa formata di flemma e terra morta, dannata; ciò ci dà il Corpo, tale e quale lo vediamo.
Se nell'Alchimia fisica supponiamo di sopprimere questa flemma o terra morta, avremo il Vetriolo Puro, la base dell'Opera Ermetica, la Materia prima dell'Arte. È il Sale che, per una serie di operazioni, prenderà la forma del Mercurio o Fuoco Segreto - piccola luce nel gabinetto di riflessione che, in potenza, rappresenta lo spirito universale chiuso in seno alle tenebre metalliche, scintilla di vita chiusa in tutto ciò che è allo stato naturale primitivo. Per un'intima unione tra Fisso e Volatile, ci darà lo Zolfo, la Calamita Filosofica che attrae lo Spirito Universale.
Questa serie d' Operazioni è racchiusa nella frase: "Visita Interiora Terrae, Rectificando, Invenies Occultum Lapidem" definizione d'un procedimento alchemico interiore ben conosciuto dai qabbalisti, riassunto poi in V.I.T.R.I.O.L.
S'intravede quindi come deve svolgersi la prima operazione d'Alchimia Spirituale: nel silenzio e nella solitudine, via che conduce alla Conoscenza del mondo, inizia l'Interiorizzazione alla ricerca del Sé, la putrefazione nel gabinetto-Athanor, luogo del cambiamento e della fase iniziale della rigenerazione e della trasformazione, rappresentata qabbalisticamente dal numero sette, la falce.
Ma, in senso filosofico, l'Athanor é anche lo stesso Uomo, in cui si compie l'elaborazione delle virtù, al fine giungere - nel microcosmo - al compimento della Grande Opera, il perfezionamento dell'Uomo Morale.
È dunque in questo senso, secondo i mistici, che bisogna intendere queste parole: "Poiché l'Opera è con voi ed in voi, in modo che, trovandola in voi stessi, dove è continuamente, voi l'avrete così sempre, in qualsiasi parte voi sarete, sulla terra o sul mare". Ed é in seno all'Athanor, dalla co-distruzione dell'Oro e dell'Argento dei Saggi che nasce la Crisopea: "Omnia ab uno et in unum omnia", "tutto è nell'uno e l'uno è in tutto". Tutte le cose provengono dallo stesso germe ed esse sono state tutte generate dalla medesima Madre.
Si evince che tutto ciò che è presente quaggiù, è di origine divina, ma prigioniero di un mondo grossolano; degenerato e sminuito nelle proprie possibilità spirituali, può pretendervi di nuovo e quest' Opera di rigenerazione si chiama "Reintegrazione".E come dallo Zolfo e dal Mercurio dei Saggi nascerà, venuto il momento, l'Uovo Filosofico, la Pietra al Rosso, la Crisopea, così nasce nell'Anima dell'uomo questo Athanor, l'Illuminazione Totale, elemento decisivo della Reintegrazione, e questo termine ultimo dell'Opera ha per nome: "LUCE DIVINA".

28 agosto 2010

- Scienza e Alchimia.


La visione della Scienza è rigidamente codificata da una serie di consolidate e dogmatiche regole, tra cui la ben nota riproducibilità dell’esperienza la fa da padrona. Ma non solo: il punto è che alla base del metodo scientifico – di ogni metodo – esiste una logica che ne costituisce il meccanismo di discernimento e dunque di possibile conoscenza. Questa logica, non è immutabile; nel corso dei secoli molti principi logici, a causa dell’indispensabile necessità di mutazione dovuta all’elaborazione di nuovi modelli teorici di indagine, sono cambiati o sono stati adattati alla nuova visione del momento. Per restare sul pezzo, se duecento anni fa fosse stata presentata ad un fisico dell’epoca un protocollo sperimentale come quello oggi preparato per poter rilevare il GeoNeutrino, con buona probabilità quel Fisico avrebbe protestato. Ma hanno ragione, in tutta evidenza, i Fisici di oggi: se voglio trovare qualcosa che sfugge agli strumenti ‘classici’ di cui posso disporre, sono costretto ad elaborare un esperimento in cui mi debbo ‘sporgere’ oltre il davanzale delle regole stabilite. Magari cercando di non ‘sforare’ troppo, ma come potrei mai osservare il raggio gamma di un neutrino terrestre con un microscopio del settecento? La Scienza, di fatto, procede per ‘Trials & Errors”, et pour cause!…Il metodo della Scienza si ‘adatta’ a seconda dell’evoluzione tecnologica di cui si può disporre nel tempo e si modifica nel suo centro, smontando ciò che non funziona più e costruendo non soltanto nuove ‘machine‘, ma anche nuove regole di indagine. Ovviamente, e questo è certo un bene, qualcosa viene trovato. L’interpretazione di ‘cosa’ sia la ‘cosa’ trovata è frutto di un altro lavoro, che viene in seguito…e che qui tralascio per non dilungarmi troppo, ma che anch’esso contribuirà all’inesorabile ‘cambio dei paletti‘; come i giovani esploratori, gli scienziati – man mano che avanzano nel campo ignoto – piazzano nuovi paletti; alcuni saranno buoni paletti, un po’ più duraturi, altri saranno paletti mal posti o proprio sbagliati. Ogni esploratore è del resto un uomo come tutti noi, con i suoi pregi ed i suoi difetti. Si potrebbe dire, dunque, che la visione della Scienza è un ‘work in progress‘ continuo (e sin qui non c’è nulla di male, purché – almeno – lo si sappia ammettere con tranquillità e senza arroganza), in cui non si è mai sicuri di ‘come’ funziona Natura e di ‘cosa’ ci sia dietro il prossimo angolo. Paolo Lucarelli diceva, sornione, che se il banale manuale sulla presa Scart del televisore (fra l’altro, oggi, anche la presa Scart è di fatto superata!) avesse potuto essere mostrato ad un uomo di qualche secolo fa lo avrebbe preso per un grimoire di pura stregoneria! Insomma, tutto cambia e ‘…del diman non v’è certezza‘. E già qui si dovrebbe saper parlare alla gente comune con meno sicumera, perché un vero Fisico non dovrebbe mai proclamare – per definizione esatta del metodo che si è costretti ad applicare, mutando teorie, scenari e regole – che ‘questo è un elettrone‘, ‘questo è un protone‘, ‘questo è un neutrone‘: al più, e con migliore umiltà e servizio all’umanità, si dovrebbe dire ‘questa – forse – è la attuale migliore approssimazione a ciò che riteniamo possa essere quel che chiamiamo elettrone‘…e via dicendo. Ma chi glielo racconta, poi, all’Accademia, all’industria, alla multinazionale – che sono coloro che controllano il potere del fare, dell’investire, del produrre e dell’indurre al consumo – che magari alla base di una tecnologia pur utile ed utilizzabile potrebbero esserci qualche mezza verità o qualche mezza menzogna?…La Scienza – oggi – è molto dipendente dallo sfruttamento economico della scoperta, in quanto il senso di questa nostra civiltà è più quello del cercar di star il più comodi e coccolati possibili, spendendo barche di quattrini, che quello di offire alla gente una comprensione non soltanto ‘meccanica’ delle cose di Natura, ma anche sottile, filosofica (ometto qui – per non apparire troppo facilmente polemico – la parola Spirituale), capace cioè di offrire agli uomini, a tutti gli uomini, i semplici ed i complessi, le chiavi per poter tentare di rispondere alle solite, vecchie domande: “…che ci sto a fare qui?“, “…a che serve vivere?“, “…da dove vengo?“, “…dove vado, dopo?“…e via dicendo. Lo scienziato, oggi, indirizza il petulante domandante alla Religione o alla Filosofia. Tralasciando per motivi di spazio e di opportunità la Religione, in cui ognuno farà la scelta che più gli apparirà opportuna, c’è da dire che la Scienza, oggi, è del tutto disgiunta dalla vera Filosofia; anche perché – ormai – ciò che viene chiamata filosofia è diventata più un ‘sistema di pensiero‘ appartenente alla cultura intellettuale, dotta, logicissima e – tutto sommato – molto inutile per vivere e per risolvere con successo duraturo l’enorme mole di incertezze emotive e di dolore che affligge sia i ricchi che i diseredati. Anche qui, mi pare di poter dire che la filosofia di oggi è roba più da libri e dibattiti – anch’essa in continuo mutamento, da secoli – piuttosto che un approccio di conoscenza pratico, utilizzabile ogni giorno da ognuno di noi per calmare le nostre continue turbe.
La visione dell’Alchimia si basa su un unico modello, mai mutato, molto semplice e con logica anch’essa semplice; questo modello è la Natura, osservata nel suo funzionamento più semplice: fecondazione, nascita, vita e morte. In ogni Regno della Natura il ricercatore – che, in questo caso ha davvero un approccio Filosofico, da ‘amico della Sophia‘ – scopre sempre lo stesso procedimento all’opera, attraverso regole di una semplicità disarmante. E queste regole non sono regole che necessitano di mutamento: le regole del metodo alchemico sono sempre le stesse, da tempo immemore. Studiando i testi si troverà alla fine che nessuno ha mai sentito la necessità di alterare le regole di indagine, di ‘cerca‘, né – tantomeno – di sperimentabilità. Ciò che rende possibile tutto questo è un fatto ugualmente facile e semplice: osserviamo Madre Natura ‘fare’, e ‘replichiamo’ – in piccolo – ciò che fa Madre Natura. Ma NON per ‘duplicare’ utiliristicamente una ‘cosa’ di Madre Natura, quanto per ‘lasciare fare’ a Madre Natura ciò che essa , da sempre e per sempre, fa e produce in ogni creato. Semplice e diretto. Senza alcuna sovrapposizione di ruoli. Ed è questo approccio – teorico e sperimentale – che consente all’artista di scoprire non soltanto – eventualmente – la Pietra Filosofale, ma anche di ‘svelare‘ – meglio: ‘veder svelati‘ – altri ‘funzionamenti‘, ugualmente semplici ed ugualmente possenti che Natura produce sulla materia; e dunque anche negli uomini. Non si dimentichi mai che, per un alchimista vero, ciò che viene chiamato – da secoli – Spirito è un vero e proprio corpo, che pesa, che si può misurare con una banalissima bilancia da cucina!…non c’è nulla di chimerico in Alchimia, ma piuttosto vi è tutto di semplice e vero. Il fatto è che la logica che viene utilizzata nello studio e nella pratica alchemica, che conduce – lentamente – ad una Conoscenza vera delle ‘cose’, NON è una logica di stretta pertinenza umana, in quanto è Natura che utilizza la propria logica, attraverso schemi ovviamente per noi molto distanti, ma non incomprensibili. Non è il ricercatore che ‘inventa‘ – lui – una nuova logica perché deve ‘trovare‘, bensì è il ricercatore che ‘apprende‘ una nuova logica – ma sempre uguale a sè stessa, in ogni campo di indagine teorico e sperimentale – spiegata sui testi prima, e dispiegata da Madre Natura poi, nel Laboratorio. E’ un approccio molto diverso da quello della Scienza. Qui, in Alchimia, il ruolo del ricercatore NON è quello di spostare dei ‘paletti’ in un processo di ‘Trials&Errors’ logici e pratici, bensì è quello di abbandonare del tutto e per sempre l’uso della ragione umana nel presentarsi di fronte a Madre Natura per apprendere, e MAI per utilizzare ciò che – eventualmente – potrà avere la benedizione di scoprire! Non si deve dimenticare di osservare, inoltre, che l’alchimista compie – da secoli – sempre lo stesso identico cammino sperimentale: gli viene insegnato, e lui stesso ne apprezzerà il semplice perché nel corso del suo lungo studio propedeutico, che tutto risiede in un UNICO esperimento pratico; sempre quello, sempre uguale a sè stesso. Prende delle materie minerali semplici, le manipola, le pone sul fuoco, sveglia ciò che viene chiamato Fuoco Segreto, e sarà ‘quel‘ Fuoco – e solo quello – che potrà permettergli di ottenere un corpo che è alla base di ogni cosa creata e manifesta: non è un protone, un neutrone, un neutrino o quel che ci parrà, ma un corpo nuovo – presente in forme e qualità di diversa funzionalità in ogni corpo creato in ogni cosmo – che gli potrebbe permettere ciò che Paolo Lucarelli indicava con le ‘infinite possibilità‘. Letteralmente. Non c’è altro, anche se – ovviamente – il compito è immane. Ma si tratta di un esperimento, semplice, unico e – udite, udite! – ‘ripetibile’. A condizione, di aver compreso – non ‘capito’, poiché è impossibile capire con l’umana ragione come avvenga – come funziona Madre Natura. La variabile è costituita dal benvolere del Cielo: nessun risultato in Alchimia può essere MAI garantito, poichè si entra in un Regno che non è di pertinenza umana. Il Sacro. Non si può violare con violenza e protervia il Cielo, ma si può chiedere di Conoscere. Lo scopo dell’alchimista, lo ripeto, non è quello di utilizzare ciò che si scopre per tramutarlo in una tecnica, bensì quello di tentare di scoprire il vero ‘meccanismo’ della Creazione, avendo prima ben compreso lo schema generale della Creazione. L’Alchimista sa perfettamente, prima di entrare in Laboratorio, che è solo grazie a ciò che viene chiamato Spirito Universale che Madre Natura crea e rende vivo ogni corpo (…sì, ogni corpo è vivo; persino un minerale!). All’alchimista non è necessario scrivere, ideare o risolvere complicate equazione matematiche alla base di modelli ipotizzati nel corso delle indagini, bensì deve sintonizzarsi, attraverso i sensi esterni ed interni, su modalità e funzionalità naturali, nuove perché mai veramente osservate o praticate, osservandone con estrema cura ed abbandono, mai tentando di razionalizzarle, lo svolgersi nell’azione incessante e continua di Madre Natura. E’ un metodo, anche questo. Ma con logiche e scopi molto diversi da quelli della Scienza. Ed è opportuno ricordare che l’alchimista innamorato è inevitabilmente Filosofo, Filosofo della Natura, amico-amante, cioé, della Conoscenza Naturale: e questa Filosofia, mi si creda sulla parola, è immediatamente fruibile, tangibile, utilizzabile: quando si va scoprendo il cammino della Queste alchemica, ogni étudiant scoprirà – pian piano – che il nuovo modo di guardare, il nuovo metodo, porta dei risultati immediati – ed osservabili in sè stessi e da parte degli altri – che mutano nei modi e nelle abitudini anche la vita vissuta nel quotidiano. E questo, accade senza sforzo, senza cioè la necessità di un apparato, di un’analisi di carattere intellettuale. In qualche modo, si potrebbe dire che l’Alchimia è un sistema di Conoscenza integrato. Non vorrei che chi legge pensasse che il mio voglia essere una sorta di giudizio negativo sullo scienziato: al contrario, ne capisco la passione e l’impegno. Si tratta solo di una scelta: ognuno sceglie ciò che sente. Ma, come è doveroso e sincero il mio rispetto per la serietà ed il lavoro di ricerca di coloro che camminano seguendo ciò che la Scienza insegna, sarebbe davvero bello se lo stesso rispetto, con spontaneità, venisse offerto ad ogni alchimista. Ciò che, da secoli, non accade. L’alchimista viene spesso visto cone un povero demente, che segue vane chimere, che racconta balle, e che non ‘sa’ come stanno le ‘cose’. Umilmente, ma sempre sorridendo, la penso diversamente. Lo scienziato è un analitico, mentre l’alchimista è un sincretista, dice un mio Compagno di Viaggio. Ciò che divide il cammino tra Scienza ed Alchimia è la presenza e l’azione tangibile, oggettiva, pesante, ineludibile dell’Intelligenza dello Spirito Universale nella materia. Mi rendo certo conto che moltissima letteratura alchemica ha finito per confondere le carte e per ghettizzare gli alchimisti, parlando fumosamente di uno Spirito troppo spesso presentato come una cosa mistica, spesso vestita dal ciarpame dell’occultismo tragico della fine dell’ 800, o dalle trovate insensate delle mode New Age… ma lo Spirito Universale è l’unica cosa che ‘esiste’ vraiment ! Ai miei amici fisici sottopongo, non per vendetta, ma come sorridente fonte di serena riflessione comune, un’affermazione fatta nel 1944 da Max Planck, il padre della Quantistica, tre anni prima di lasciare Terra:
“Avendo consacrato tutta la mia vita alla Scienza più razionale possibile, lo studio della materia, posso dirvi almeno questo a proposito delle mie ricerche sull’atomo: la materia come tale non esiste! Tutta la materia non esiste che in virtù di una forza che fa vibrare le particelle e mantiene questo minuscolo sistema solare dell’atomo. Possiamo supporre al di sotto di questa forza l’esistenza di uno Spirito Intelligente e cosciente. Questo Spirito è la ragione di ogni materia.”

23 agosto 2010

- L'eremo del medico venuto dal freddo.













Villa San Michele ad Anacapri è stata la casa del medico svedese Axel Munthe, oggi uno dei musei più visitati dell'isola.. Costruita sui ruderi di un'antica cappella dedicata a San Michele, appartiene oggi alla Fondazione Axel Munthe. Nel libro "La Storia di San Michele" il medico svedese racconta del suo arrivo a Capri nel 1885, e della progressiva costruzione della villa; egli non seguì un progetto, ma pochi schizzi fatti su una parete. Il complesso è articolato su più livelli: lo studio è al primo piano, la loggia attraversa pergole e colonne per giungere ad un belvedere circolare che affaccia sul Golfo di Napoli. Nella Villa San Michele sono conservati reperti archeologici recuperati da Munthe a Capri, Anacapri e altrove, a volte donati da amici. Troviamo frammenti di sarcofagi, busti, pavimenti romani, marmi e colonne. Nel giardino c'è una tomba greca e una sfinge in granito domina dal belvedere tutta l'isola di Capri. Era ancora un giovane medico Axel Munthe quando decise di realizzare i propri sogni ed ambizioni stabilendosi ad Anacapri. Medico di professione, Axel Munthe deve tuttavia la sua fama all'attività di scrittore. Ricevette numerosi riconoscimenti anche come cultore dell'arte, filantropo ed amico degli animali. Munthe coltivò vari interessi e fu spesso un precursore. Pur essendo nato e morto in Svezia, la sua fu comunque una personalità di respiro internazionale. Trascorse, infatti, all'estero gran parte della sua vita e la sua opera appartiene all'intera umanità. Tranne brevi intervalli, Axel Munthe visse a Capri più di 56 anni. il suo amore per l'amena isola situata nel Golfo di Napoli coincise con il consolidarsi della fama di questo luogo di villeggiatura preferita da personalità di spicco provenienti da tutto il mondo. Condivise la passione per la musica, la natura e gli animali con la Regina Vittoria di Svezia, la quale per motivi di salute trascorse a Capri lunghi periodi. Onde proteggere gli uccelli migratori di Capri, che all'epoca rischiavano lo sterminio causa una caccia indiscriminata, Axel Munthe decise di acquistare il terreno costituito dal Monte Barbarossa al fine di offrire agli uccelli migratori una zona protetta. La musica fu il tema di molte serate trascorse in compagnia della regina di Svezia, che al pianoforte accompagnava la bella voce di baritono di Axel Munthe, il quale sapeva anche suonare il violino e il pianoforte. A circa un'ora e mezzo di cammino dal centro di Anacapri si trova la sommità del Monte Solaro, raggiungibile anche con la seggiovia in 12 minuti. Qui si trovano i resti del "Fortino di Bruto" costruito agli inizi dell'800, nel periodo delle battaglie tra inglesi e francesi. È la parte più alta di Capri con i suoi 589 metri sul livello del mare: qui il panorama è a 360° su tutta l'isola. Si notano in lontananza le montagne della Calabria, gli Appennini e la Costiera Amalfitana; poi la Penisola Sorrentina, il Golfo di Napoli, le isole di Procida e Ischia. Il Monte Solaro è chiamato anche "Acchiappanuvole" perché, soprattutto all'alba, quando si accentua lo sbalzo termico tra mare e roccia, si forma una cortina di vapori. L'aria marina più calda e umida si condensa in nebbia sul suolo raffreddato dalla notte e viene spinta dal vento. I Giardini di Augusto sono un esempio d'organizzazione botanica in stile caprese, associano la presenza di fiori e piante dell'isola di Capri ad una cornice di panorami mozzafiato. La creazione dei Giardini di Augusto risale agli anni Trenta quando furono create le terrazze, presenti ancora oggi, su cui sono strutturati. Il paesaggio si apre a sinistra sulla valle della Certosa, che si trova tra il Monte Tuoro, il Monte Tiberio e il Monte San Michele, e sui Faraglioni. A destra si vede il Monte Solaro, la baia di Marina Piccola e gli spettacolari tornanti addossati l'uno all'altro di via Krupp. Dall'alto dei Giardini di Augusto si possono osservare bene le strutture delle abitazioni del posto. Le volte estradossate che rappresentano l'elemento caratterizzante della Certosa di San Giacomo, sono riprese da tutta l'architettura urbana e rurale dell'isola di Capri. Via Krupp è una strada pedonale che collega la zona della Certosa di San Giacomo e dei Giardini di Augusto con Marina Piccola, un tempo in contatto col paese solo tramite via Mulo. Costruita nei primi anni del 1900, superando un dislivello di circa 100 metri, è stata voluta da Friedrich Alfred Krupp, un industriale tedesco. Via Krupp fu progettata e realizzata dall'ingegner Emilio Mayer tagliando la roccia viva fino al mare, con un percorso a tornanti così stretti da sembrare sovrapposti. Guardandola dall'alto o percorrendola, regala un effetto così strabiliante da poterla ritenere una vera e propria opera d'arte, addolcita dalla vegetazione tipicamente mediterranea che spontaneamente vi cresce. La costruzione della Certosa di San Giacomo cominciò nel 1363-65 ad opera di Giacomo Arcucci su un terreno donato dalla regina Giovanna I d'Angiò. Nel 1553 partirono i lavori di restauro, ampliamento e fortificazione e fu aggiunta una torre a sud, crollata poi nell'Ottocento. Nella certosa di Capri si accede tramite un viale alla cui fine c'è l'ingresso con una torre fortificata. A fianco alla torre vi è il portico della Chiesa. La Certosa è strutturata in tre blocchi di edifici: uno estraneo alla vita del convento con la farmacia e la chiesa per le donne; uno per i frati conversi e per ospiti esterni con annessi i granai, le scuderie e i laboratori dove lavoravano i monaci; l'ultimo blocco per la vita di clausura con le celle intorno al Chiostro Grande e gli altri ambienti intorno al Chiostro Piccolo. A 15 minuti dalla Piazzetta, sul versante sud dell'isola di Capri, c'è la baia di Marina Piccola, raggiungibile in autobus, taxi e a piedi, percorrendo Via Mulo o Via Krupp. Arrivati in un piccolo piazzale, dove c'è il capolinea degli autobus e il posteggio dei taxi, si scendono alcuni gradini per veder la piccola Chiesa di S. Andrea, costruita nel 1900. Continuando a scendere si arriva al famosissimo Scoglio delle Sirene che divide l'insenatura in due baie: a sinistra Marina di Pennauro e a destra Marina di Mulo. Il toponimo sirene è stato utilizzato per la prima volta ad inizio secolo quando alcuni studiosi vollero individuare nello scoglio delle sirene il "prato fiorito sul mare" di Omero, ipotizzando che l'uomo primitivo di Capri si sarebbe servito del canto delle sue donne per indurre i naviganti a sbarcare. La spiaggia di Marina Piccola è molto alla moda, ricca di stabilimenti e snack bar. Al piccolo molo dello Scoglio delle Sirene arrivano le barche che d'estate fanno la spola tra Marina Piccola e i Faraglioni.










5 agosto 2010

- Le Colonne del Tempio di Salomone


Massoneria e simboli USA
La maggior parte dei Presidenti degli USA erano Massoni. Un’infinità di opere architettoniche ed intere pianificazioni urbanistiche sono state ideate ed eseguite ad immagine e simbolo di concetti massonici, costituendo a loro volta simboli e percorsi iniziatici. Persino la banconota da un dollaro porta immagini massoniche. Il testo che segue, e che riteniamo degno di essere riportato, è tratto da un interessante studio sui simboli massonici USA, eseguito e pubblicato da parte di un’associazione filosofica italiana.
Una porta che guarda a Oriente: questo doveva essere, e fu, il complesso del World Trade Center. Al punto che il suo smaccato simbolismo, di natura tutta laica, ha convogliato gli aerei dirottati contro le due torri gemelle, per colpire anche a livello spettacolare il «Grande Satana» americano. Ma non di solo laicismo si tratta. La simbologia delle colonne gemelle, e per estensione delle due torri, è antichissima e attualissima al tempo stesso. Fu la prestigiosa studiosa del Warburg Institute, Frances Yates, che nel suo Astrea (in Italia edito da Einaudi) rilevò l’importanza della presenza delle due colonne (o torri) nel segnalare che ci si trovava di fronte all’impero universale. Il sigillo delle due colonne era stato adottato quale simbolo dell’impero planetario da Carlo V, a cui fu sottratto dall’Inghilterra dopo la vittoria sull’Invincible Armada spagnola. Dalla regina Elisabetta in poi, le due colonne furono esplicitamente il segnale dell’onnipotenza britannica sul mondo. Poi, il simbolo sembrò interrarsi. Adesso lo si vede spuntare, in forma di bassorilievo, alle spalle del Presidente Usa quando parla al Congresso: torna a rivestire il significato originario di simbolo della superpotenza che domina le terre, i cieli e i mari. Le Twin Towers, costruite secondo la geometria templare che sfrutta il modulo di base della misura aurea (e, come riportato dal Corsera, proprio secondo le misure ideali del piede che rende significativa l’architettura sacra del complesso piramidale di Giza), rivestivano la funzione di esporre a chi arrivava da oriente che si entrava in territorio imperiale. Non è ignoto il ruolo che la Massoneria ebbe, sin dai suoi esordi, nel determinare la simbolica complessiva della nazione nordamericana (tutti i padri della patria americana erano massoni e, in particolare, Benjamin e Washington erano trentatreesimo grado: il massimo livello di carriera muratoria). Le due colonne hanno un preciso significato anche per la Massoneria: in ogni loggia, infatti, le due colonne del Tempio di Salomone orientano lo spazio e le cerimonie della loggia stessa. La tradizione, atavica, trova una sua prima traccia storiografica in Erodoto, che ammette che in Egitto due colonne a forma di torre venivano adorate quali segni della potenza divina. La fonte primaria è però biblica: parlando dell’architetto Hiram, mitico costruttore del Tempio di Salomone, in Re 1 7:21 si dice: «In fronte al Tempio egli pose le colonne: edificò la colonna di destra e la nominò Jachin; edificò la colonna di sinistra e la chiamò Boaz.» Il nome massonico delle due colonne coincide con la fonte biblica e con quella erodotea: Jachin per la colonna destra e Boaz per quella sinistra, i due nomi significando «Dio pone / Con forza». Le Twin Towers, architettura iniziatica e segreta, erano le più alte Jachin e Boaz della storia umana e determinavano lo statuto degli USA quali nuovo Tempio di Salomone, nuovo Israele, nuovo popolo di Dio.