15 luglio 2012

- L’alchimia, oggi.


Perché l’alchimia è una strada non compresa dalla maggior parte degli esseri umani?
Per essere in grado di comprendere a pieno la conoscenza tradizionale alchemica, l’uomo deve compiere un processo di raffinazione del proprio complesso energetico ed informativo, il che richiede un sforzo straordinario e prolungato.
Difatti in alchimia comprendere significa che lo stesso corpo faccia propria o metabolizzi la relativa conoscenza. Nella maggior parte dei casi tutto ciò non avviene, per pigrizia o per disinteresse.
Molti uomini sono come addormentati e non si rendono neppure conto della necessità di svegliarsi, perché non sanno di dormire e invece di vivere sognano, ma non se ne accorgono. Inoltre l’uomo moderno è ormai un automa scollegato dai ritmi della natura e che ha perso la visione di un universo organico e vivente, di cui è parte integrante.
Perché l’alchimia è una ipotesi di lavoro per la sopravvivenza dell’IO superiore?
Risposta:” Occorre precisare che la sopravvivenza dell’IO superiore dopo la morte è la conservazione della quintessenza dell’IO, cosa assai diversa dalla conservazione dell’IO ordinario, dato che con la distruzione del cervello viene meno lo strumento del pensiero soggettivo.
L’ipotesi è questa: se la vita non è un fatto casuale, senza significato, il solo fatto di esistere presuppone che vi sia un principio metafisico come causa originaria, più precisamente una intelligenza o una memoria che genera e guida l’universo attuale, un’energia unica che sostiene e muove la natura, un’istanza progettuale che dà un senso alla vita.
L’alchimia ritiene che l’uomo, con un preciso processo operativo, possa trovare in sé un punto di contatto con il principio metafisico causante, o meglio uno stato di integrazione tra l’effimero e l’eterno, tra l’individuo e l’intelligenza universale che si individua e si realizza in tutti gli esseri viventi, tra l’energia finita che anima l’uomo e l’energia infinita che anima il mondo.
Perché il principio metafisico è presente ovunque?
Risposta: “Per l’alchimista il Principio è presente ovunque tramite una sostanza eterea ed invisibile, che lo spirito intelligente dell’universo trasporta per rendere vivente tutta la materia, sia organica che inorganica, sia pure in maniera diversa. Si tratta di una sostanza sottile, che gli scienziati direbbero vicina alla scala infinitesimale di Plank (10-33), permeata degli influssi del sole, dei pianeti e delle stelle.
Il processo alchemico tende a far percepire l’Uno ed il Tutto – il Principio e l’universo- come aspetti complementari della stessa realtà, in una dimensione sincronica e pluridimensionale. In questa visione creatore e creatura coesistono in un eterno ed infinito processo esistenziale, che ciclicamente trasforma lo spirito in corpi e i corpi in spirito. Ciò è ora confermato dai principi della fisica moderna, che afferma che la materia si trasforma in energia quando la relativa massa raggiunge una data velocità e che gli atomi sono semplicemente dei quanti di energia.”
Che cos’è l’Assoluto e cosa sono gli archetipi per l’alchimia?
Risposta. “L’alchimia non considera l’Assoluto un ente del tutto trascendente, ma semplicemente il Principio, lo stato virtuale dell’esistenza reale: un campo d’infinita creatività anche immanente, quindi sempre presente nelle cose del mondo. L’energia e l’intelligenza dell’universo sono poi chiamate Mercurio, che in realtà non è altro che il Principio in atto o manifesto.
S’intendono per archetipi le modulazioni dell’emanazione spazio temporale dell’Assoluto, che é un campo di creatività indefinito, quindi non conoscibile dall’uomo. Gli stessi sono poi le specifiche espressioni di forma e di forza, i vettori della sua energia sul piano dell’esistente, che è l’aspetto sperimentabile del Principio.
Gli archetipi sono le leggi immutabili ed eterne del creato, le potenze che gli antichi chiamavano dei, influssi planetari, spiriti alleati od ostili. Essi di per sé sono invisibili, ma si tradiscono e si rivelano nelle funzioni, nei ritmi e nei frutti della natura, che ne diventano il simbolo vivente.”
Che cosa s’intende per processo ciclico del Mercurio?
Risposta: “Dall’Uno deriva il Tutto ed il Tutto si riduce all’Uno. Questo processo è ciclico e sostenuto dal Mercurio, che è la causa di ogni mutamento. L’effetto del processo è l'insieme delle forme dell’universo, che ne sono le diverse manifestazioni. Questo flusso mercuriale é nella sua essenza pensiero, ma non pensiero pensato, che per sussistere ha bisogno di una struttura fisica come il cervello. Bensì si tratta di pensiero auto pensante, di una memoria presente sia nelle particelle subatomiche di una pietra, sia nel programma DNA-RNA di un essere umano.
Si è ipotizzato che le informazioni di questa memoria – detta ermeticamente luce oscura o astrale- siano trasportate dai neutrini, particelle subatomiche di massa quasi nulla, che provenienti dalle radiazioni cosmiche attraversano indisturbate qualsiasi tipo di materia e determinano interazioni deboli, prima con i nuclei dell’atmosfera terrestre e poi con le sostanze radioattive sulla terra.
Come l'onda é un movimento, un momento, nella superficie dell'acqua, così l'uomo é visto come una brevissima onda del Principio, concepito come il grande mare dell'esistenza: di per sé e per sé ineffabile, ma che si manifesta come un flusso di onde elettromagnetiche, un divenire di svariate forme e individualità.
In molti testi ciò è raffigurato dal serpente Uroboros che si mangia la coda, simboleggiante la visione dell'universo come processo ciclico, sia nel macrocosmo che nel microcosmo. Con questo termine greco si rappresenta efficacemente il Mercurio, perché nella testa del serpente vi è l’origine di ogni forma vivente e nella sua coda la fine di ogni esperienza individuale, che di solito viene completamente ingoiata dal serpente.
Pare che il simbolo s’ispiri alla forma della Via Lattea, dal momento che in alcuni testi antichi era considerata un enorme serpente di luce, che circondava tutta la terra, ma inconsciamente ha preso anche la forma che all’inizio il feto umano assume nel ventre della madre.”
Perché l’uovo simboleggia il composto umano?
Risposta: “Il simbolo dell'uomo o dell'universo come un uovo é antichissimo, presente nella tradizione sumerica, egizia, yogica e amerinda. In tali tradizioni, quando il veggente o lo stregone acquista una fine attenzione percettiva, gli uomini appaiono come ellissi o uova luminose.
In alchimia l’uovo simboleggia la eterogenea e deperibile materia prima, che viene destrutturata e poi suddivisa in una sfera della terra e in una sfera del cielo. La prima è calcinata e libera le qualità dell’acqua, dell’aria e del fuoco imprigionate al suo interno, poi nella seconda l’aria solleva e condensa l’acqua, che purificata dal fuoco può ricadere sulla terra per rigenerarla.
L'uovo filosofico deve essere cotto da un forte calore, sprigionato dalla reazione delle sostanze al suo interno, attivato dai diversi gradi di un fuoco segreto di natura, regolato dall’elettromagnetismo cosmico. La cottura deve essere graduale, né troppo rapida, né troppo lenta, ma costante. Se l’alchimista lascia spegnere il fuoco, tutta la lavorazione è compromessa e si deve ricominciare da capo.”
Che differenza vi è tra la sopravvivenza alchemica e la reincarnazione?
Risposta: “Il vero scopo dell’alchimia non è la trasformazione del piombo in oro, ma il raggiungimento della sopravvivenza dell’IO superiore dopo la morte, evitando la dispersione delle informazioni acquisite interiormente.
Anche se la fede religiosa è spesso presente, non si tratta di un misticismo passivo o di un’adesione dogmatica ad un’ideale. Si propone invece un’ipotesi plausibile di lavoro, portata avanti da una tecnica basata sull’esperienza diretta, maturata nella propria coscienza, elaborata in un ordine logico, anche se le descrizioni di tali esperienze sono svariate.
Per questa sopravvivenza non s’intende la resurrezione del corpo e dell’anima insieme, né basta rispettare certi precetti morali o la fede costante in determinate verità rivelate. L’alchimia ritiene che l’esteriore e grossolana struttura del corpo ed un’anima ad essa identificata non possano essere conservati o riprodotti dopo l’azione disgregante della morte, perché carenti di un supporto incorruttibile, di struttura energetica e programma adeguati, di una memoria capace di conservare il patrimonio mentale.
L’alchimia non parla neppure di metempsicosi, di un passaggio automatico dell’anima del defunto in nuove creature individuali, umane od animali, secondo un ciclo di rinascite predeterminato da immutabili leggi karmiche, cioè di causa ed effetto. Infatti, vista la personalità multipla e frammentata di una personalità ordinaria, non si capisce quale dei diversi IO che la compongono sia in grado di reincarnarsi.”
Che relazione vi è tra la fisica moderna e l’alchimia?
Risposta: “Nello scorso secolo fisica teorica, astrofisica, medicina olistica e psicologia analitica si sono avvicinate molto all’antico pensiero alchemico.
In primo luogo ciò è avvenuto con le teorie della relatività ristretta e generale, che spiegano i fenomeni macroscopici dell’universo, dove il tempo e lo spazio non sono più coordinate assolute, ma condizionate dalla velocità del singolo osservatore e curvate dai campi gravitazionali dei corpi celesti. In secondo luogo l’avvicinamento si è accentuato con la meccanica quantistica, che indaga i fenomeni microscopici dell’universo, costituito non solo da una materia densa, ma anche da una imprevedibile e indeterminabile materia subatomica, animata dalle forze elettromagnetiche e nucleari.
Le due visioni del mondo, scaturite dalla teoria della relatività e da quella dei quanti, che sono assolutamente inconciliabili fra loro, sembrano recentemente integrate dalle teorie della supergravità e delle stringhe, che concepiscono un universo a più dimensioni, una dentro l’altra ed invisibili, ma sorretto da un unico principio energetico, come da 25 secoli sostiene l’ermetismo.
Come la fisica moderna, l’ermetismo concepisce l'universo come un macrocampo integrato, al cui interno l’uomo è un microcampo analogo a quello cosmico. Per campo s’intende scientificamente uno spazio che circonda ogni corpo fisico, un alone invisibile di influenza, entro il quale si esplica l’azione della forza gravitazionale generata dalla massa dello stesso corpo, oltre l’azione della forza elettromagnetica generata dalla sua carica elettrica. Ogni campo si estende in maniera indefinita in tutte le direzioni ed interagisce a distanza con il campo di altri corpi”
Quando è nata l’alchimia occidentale?
Risposta: “L'alchimia occidentale ha un'origine geografica ed un iniziale sviluppo storico non ben definiti, spesso avvolti nel mito. Essa può collegarsi a tradizioni religiose e tecnologiche dell'Egitto e della confinante Mesopotamia del I millennio a.C. e alla filosofia greca pre-socratica, in particolare di Eraclito ed Empedocle.
Poi l’alchimia è maturata nella cosmopolita cultura alessandrina fino al VI sec. d. C., influenzata in parte da correnti gnostiche, ed infine nella cultura araba, che nel Medio Evo trasmette l'alchimia a tutta l’Europa cristiana.
Quindi vi sono stati alchimisti pagani, cristiani, sia cattolici che protestanti, ebrei, mussulmani, o al di fuori di qualsiasi credo. Tutti quanti, senza alcuna distinzione di razza o religione, hanno costituito una cerchia di letterati, scienziati, artisti e medici, che hanno sempre messo in comune le proprie conoscenze, il frutto delle loro ricerche.
Qual è l’apporto di Ermete Trismegisto?
Risposta: “Nel II-III sec. d.C. viene elaborata la magna carta dell’alchimia: la Tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto, così detta perché si favoleggiava che l'originale fosse stato inciso sopra una tavola di smeraldo. La tavola é una esposizione sintetica della dottrina e della pratica alchemiche del periodo alessandrino, elaborato nella sua forma definitiva dagli arabi nel VIII sec.
Origina invece la filosofia ermetica il trattato detto Corpus Hermeticum, frutto della cultura egizia alessandrina del II e III secolo, una raccolta di diciannove brevi trattati o dialoghi, contenenti insegnamenti ed istruzioni pratiche. In alcune parti Ermete, nome dai greci attribuito all’egizio Toth, dio della scrittura e dell’insegnamento, rivela al proprio figlio i segreti della trasmutazione interiore, mentre in altre sono esposte conoscenze di astrologia e di magia.
Esso raccoglie testi molto frammentati, probabilmente di autori e periodi storici diversi, dando vita sia ad un filone di magia naturale o teurgica, che farà presa sulla superstizione o sulla devozione popolari, sia ad un filone di ricerca spirituale ed alchemica, ispirata ai trattati del Pimandro, dell’Asclepio e al Discorso Sacro di Ermete.
Quale è stato il ruolo del mondo arabo?
Risposta: “Dopo l’espansione degli arabi nel VII secolo, in Siria molti testi alchemici sono tradotti dal greco in lingua araba da studiosi cristiani, appartenenti alla comunità nestoriana, che si mettono a disposizione della classe dirigente islamica, ancora priva di cultura.
Nella pratica araba è preminente il concetto che l’intervento dell’artefice deve portare ai prodotti qualità superiori a quelle naturali. In questo periodo si afferma l’idea dell’alchimia come scienza, separata dalla magia, con lo sviluppo delle tecniche di distillazione con gli alambicchi, che tentano di estrarre il respiro vitale del sole e della luna, il legame che tiene assieme gli elementi terreni e dà vita ai frutti della terra. Si ritiene l’alcool distillato dal vino o dalla frutta un elixir magico, in quanto capace di curare le infezioni delle ferite ed altri malanni.
Queste tecniche portano alla scoperta di acidi, alcali e sali, dell’acqua distillata, nel tentativo di realizzare l’oro potabile, la medicina universale, che può perfezionare l’esistenza terrena. Ma si sviluppano altri processi artigianali di grande importanza, tra cui la produzione della carta, secondo metodi importati dall’alchimia cinese, con ciò contribuendo alla diffusione della cultura.
Come sono considerati dall’alchimia lo spazio ed il tempo?
Risposta: “Nella comune esperienza del sogno lo spazio è distorto e luoghi diversi si sovrappongono. La direzione lineare del tempo non è univoca, pertanto passato, presente e futuro si confondono. Luoghi conosciuti e frammenti di vita realmente accaduti si aggiungono ad accadimenti probabili, virtuali.
Un’esperienza analoga è possibile nelle dimensioni sottostanti quella materiale, percepita dai sensi ordinari dell’uomo, e che diventano campi di azione della immaginazione creativa dell’alchimia, dove il potere psichico può modificare la realtà fisica.
In questi piani sottili dell’essere il tempo e lo spazio tendono a trasformarsi in un continuum ciclico. Anzi più l’anima si avvicina all’Assoluto, più tende a percepire un tutto unitario”.
Che distinzione vi è tra alchimia e magia?
Risposta: “All'interno dell'ermetismo si dividono, per schematizzare, due diverse finalità operative: quella dell’ermetismo magico, volto soprattutto ad ottenere potere, e quella dell'ermetismo alchemico, volto prima di tutto ad ottenere conoscenza. Ma entrambe convergono verso lo stesso risultato finale: l’unione con l’Assoluto.
Occorre aggiungere che l’alchimia occidentale si distingue in due metodologie. La prima deriva dalla metallurgia sacra dell’area mesopotamica, di carattere magico e rituale, legata all’astrologia e spesso elaborata da operatori di religione ebraica, che associano la manipolazione dei metalli o delle piante all’unione dell’energia sessuale maschile con quella femminile. Essa elabora tutta una serie di strumenti e procedimenti chimici per la trasformazione del piombo in oro, a volte abbinando la pratica allo studio della cabala.
La seconda metodologia deriva da tradizioni iniziatiche egizie ed è essenzialmente mentale ed interiore, basata su di un pensiero e di una immaginazione creativi. Essa ricerca la sinergia dei centri del corpo, del cuore e del cervello, ed è inoltre meno condizionata da riti magici e corrispondenze astrologiche.”
Che cosa s’intende per nigredo od opera al nero?
Risposta: “La caratteristica principale del processo alchemico è l’attrazione consapevole, da parte dell’alchimista, del potere fondamentale dell'universo -il Mercurio eterno ed infinito- in un canale interiore, capace di farlo scorrere in quantità sempre maggiori. Tale processo è descritto in maniera allegorica da svariati modelli, che hanno avuto in passato più o meno fortuna e che sono stati adottati più o meno frequentemente dagli operatori.
Uno dei più noti descrive quattro fasi: un’opera al nero, un’opera al verde, poi al bianco ed infine al rosso. In analogia col ciclo stagionale del sole, che fa maturare i frutti della natura, si enfatizzano quattro regimi crescenti del fuoco alchemico, che modificano il composto umano. Con la nigredo vi è un forte predominio di umori freddi e melanconici, con una mente passiva e introspettiva; con la viriditas gli umori melanconici sono fugati da umori caldi e sanguigni, con una mente più attiva ed intuitiva; poi con l’albedo vi è la prevalenza di umori secchi e biliosi, con una mente estroversa e penetrante; infine con la rubedo e l’apporto di umori umidi e flemmatici, si giunge ad un equilibrio superiore e ad una mente sintetica e interattiva.”
Come può definirsi la percezione paranormale?
Risposta: “Quando il Mercurio si anima ed è poi vivificato all’interno dell’uomo, possono verificarsi vari fenomeni, fra i quali occorre distinguere. In primo luogo si presentano, in alcuni operatori, stati speciali di realtà ordinaria, dovuti ad una maggiore portata di uno dei cinque sensi. In secondo luogo si presentano stati di realtà fuori dell'ordinario, extrasensoriali, dovuti ad una raffinazione ed estensione delle capacità della mente.
Tra i primi si può citare la iperestesia, fra i secondi la telepatia.
Entrambi fanno parte della realtà ordinaria, descrivibili con i termini della vita quotidiana, anche se sui loro effetti non c'è consenso generale, poiché sono sperimentati da pochi. In altre parole sono esperienze non comuni, che tuttavia rimangono nell'ambito della dimensione biografica, della descrizione del mondo secondo la matrice dei modelli collettivi di pensiero.
Infine vi sono gli stati affatto diversi dai primi due: gli stati di realtà separata da quella ordinaria o materiale, dovuti ad un’espansione della mente oltre i confini della dimensione anagrafica. Sono spostamenti dell’anima in altre dimensioni, in mondi paralleli sorretti dalla vibrazione emozionale e dal pensiero di enti spirituali, che pur mancando delle coordinate del tempo e dello spazio hanno ordine e stabilità propri, elementi costanti e dettagli delineati.
In alchimia, come è concepita la meditazione nella vita quotidiana?
Risposta: “Strumento fondamentale nell’operatività è senz’altro la meditazione, che porta ad uno stato mentale intermedio tra lo stato di veglia e lo stato di sonno, secondo svariate tecniche, che in generale si distinguono in formali e non formali. Le prime portano la mente ad uno stato ondulatorio a bassa frequenza, col sistema percettivo sintonizzato sulla materia sottile dell’organismo, mediatrice tra corpo e spirito. Ciò sposta l’IO verso la propria ombra, nella zona di confine tra la luce della coscienza e l’oscurità dell’inconscio, inoltre richiede un ambiente, una gestualità ed un impegno tecnico particolari, che impediscono ogni altra attività.
La meditazione formale si distingue a sua volta in meditazione chiusa e meditazione aperta. La prima mette a fuoco l’attenzione su di un punto interiore, ben preciso, nella sfera visibile ed invisibile, udibile e non udibile dell’organismo umano. Nella meditazione chiusa il praticante deve isolarsi dall’esterno, sospendendo alcune funzioni del corpo e del cervello, ponendo tutta la propria concentrazione ed immaginazione all’interno dell’organismo.
Nella meditazione aperta, la concentrazione e l’immaginazione rivolte all’interno sono sostituite da una attenzione ed una percezione rivolte all’esterno, per cogliere ed assorbire le emanazioni dello spirito vitale ed intelligente, provenienti sia dalla terra che dal cielo, in sintonia coi cicli naturali delle stagioni.
Le meditazioni non formali invece sono praticate in qualsiasi momento o attività della giornata, senza precludere le ordinarie facoltà motorie o mentali. Esse sono fondamentali per il raggiungimento dello scopo ultimo dell’alchimia e consistono nello svolgere le attività quotidiane cristallizzando uno stato di coscienza sempre presente. Si tratta di essere consapevoli che la propria esistenza non è che una delle infinite manifestazione del Mercurio, che acquisisce informazioni attraverso la dualità, la sperimentazione del mondo fisico.”
In alchimia, quale è il rapporto tra il maschile ed il femminile?”
Risposta: “La donna ha bisogno dell'impulso formativo dell'uomo per iniziare il percorso alchemico e l'uomo si serve della forza animatrice della donna per completarlo. Ermeticamente il maschio si evolve in campo emotivo, se distilla in maniera autonoma il femminino - l'eros - mentre la donna si evolve in campo razionale, se distilla in modo autonomo il mascolino - il logos -.
Nell’anima di ogni uomo, nella parte in ombra, vi è un aspetto femminile, che deve emergere alla luce della coscienza e così nella donna per l’spetto maschile. Attraverso un’immagine femminile l’uomo deve sciogliere la propria rigida mascolinità, mentre la donna attraverso un’immagine maschile deve fissare la propria mutevole femminilità.
Inoltre il rapporto sessuale tra maschio e femmina può essere proiettato in alto con determinate tecniche, dette di alchimia rossa. L’utilizzo del sesso, la più potente forza magica a disposizione dell'uomo, è una via che può essere percorsa in maniera attiva o proiettiva, sfruttando quel momento particolare che è l’orgasmo.
La pratica si basa sul presupposto che ogni desiderio sessuale intenso, canalizzato attraverso un superiore distacco, porti all’operatore una immediata condensazione di luce e vibrazione universali, che possono essere impiegate per una trasformazione interiore. Si tratta di utilizzare il rapporto sessuale per potenziare l’immaginazione attiva, sfruttando la momentanea perdita dello spazio e del tempo, della identificazione personale. Ciò è possibile grazie all’abbassamento della soglia della coscienza e al picco della portata mentale, del voltaggio delle onde cerebrali, che di fatto nell'orgasmo si verificano per vie naturali.
In alchimia la forza sessuale può essere sfruttata anche in maniera passiva o ricettiva. In questo caso si tratta di una privazione temporanea dell’orgasmo, per una lenta trasmutazione endogena dei flussi sottili del corpo. Il centro sessuale e la secrezione ormonale sono compressi attraverso la continenza e la contemporanea alimentazione del desiderio. Il relativo campo energetico è alterato e produce una certa fermentazione delle sostanze chimiche secrete - testosteroni, estrogeni ed altre molecole - che a loro volta producono effetti sottili a livello cellulare, con la produzione di neuro-trasmettitori, che influiscono sul centro motorio, emozionale e psichico.
La pratiche alchemiche in questione moltiplicano nei testicoli la produzione delle cellule staminali che diventano spermatozoi, i potenti e veloci portatori di vita. Pure nelle ovaie si moltiplicano le cellule staminali che devono formare gli organi del feto. L’alchimia rossa dovrebbe pertanto mettere in circolo un fluido estremamente vitale, capace di stimolare per vie naturali il ricambio delle cellule: una specie di elixir di lunga vita.
Infine: in alchimia, cosa s’intende per sopravvivenza dopo la morte?
Risposta: “Per l’alchimia si possono creare i presupposti di una sopravvivenza se, durante la propria esistenza terrena, l’operatore crea di sé un più esteso campo energetico, costituito dalla raffinazione della forza vitale e dall’affioramento delle memorie del corpo, disponibili nella sfera sottile delle sue molecole.
Tale campo, alimentato maggiormente dallo spirito universale, determina un distacco dal carattere, dal temperamento di nascita e dalla rappresentazione abituale del mondo. In pratica si attiva il risveglio del centro superiore psichico e di quello superiore emozionale, con un loro rapporto sinergico: uno stato di coscienza unitario e permanente, che ingloba e trasforma l’anima dell’alchimista nel cosiddetto Corpo di Gloria, capace di far sopravvivere il patrimonio mentale dopo la morte. Questo stato è il prodotto della interazione di corpo, anima e spirito.
L’alchimia afferma, utilizzando un significativo gioco di parole, che la coincidenza degli opposti IO e DIO avviene se la quintessenza mentale del defunto è in grado di abbracciare la realtà assoluta e indefinita del Principio, senza perdere la memoria di ciò che ha vissuto, perché fissata ad un residuo non solubile del corpo fisico.
La Pietra Filosofale é quindi la concentrazione di una individualità, che dopo la morte del corpo fisico, pur riassorbita dal Principio che l’ha emanata, possa in seguito come un seme manifestare un altro corpo terrestre, che conservi il patrimonio mentale della precedente esistenza. Ma tutto questo è un discorso ipotetico, perché nessuno é tornato indietro sulla terra a raccontare cosa ci aspetta dopo la morte, per lo meno in maniera diretta ed attendibile.

Incontro con Giorgio Sangiorgio
di Arturo Capasso

14 luglio 2012

- Scienza ermetica da Ermete Trismegisto alla Rivoluzione Scientifica



Sine afflatu divino, nemo unquam vir magnus: Senza ispirazione divina, nessun uomo è grande.
Questa frase latina è un’iscrizione posta nella raffigurazione del laboratorio dell’alchimista mistico, realizzata dal tedesco Heinrich Khunrath, filosofo, cabbalista e seguace di Ermete Trismegisto, nel XVI secolo.
Ancora, durante il Rinascimento, era viva la pratica dell’alchimia, l’arte di trasformare in oro i metalli vivi, nata nell’antico Oriente, intorno al II sec. a.C - III sec. d.C. Diffusasi in Europa grazie ai testi di grandi alchimisti-chimici arabi verso l’anno Mille, viene considerata la madre della chimica moderna fino alla Rivoluzione Scientifica del Seicento, con le scoperte di Galileo e Newton.
Nel corso dei secoli, tuttavia, la scienza della ricerca alchemica, disciplina “trasversale” che ha toccato la filosofia, la storia e la religione si è posta, fino circa al Cinquecento, sempre un solo obiettivo: ottenere una sostanza, detta “quintessenza, considerato l’elemento più puro tra i quattro elementi canonici - acqua, aria, terra, fuoco -, per trasformare e manipolare i metalli poveri.
La prima comparsa di questo termine si ha in un trattato medievale dello pseudo - Lullo, De secretis naturae seu de quinta essentia, in cui indicava la parte più pura di una cosa ottenuta dopo cinque distillazioni.
Altri testi alchemici medievali, come la Expositio epistulae Alexandris Regis, definiscono così la quintessenza: «La quintessenza è vita in senso proprio, non è calda, né umida, né fredda, né secca, né mascolina, né femmina, la quintessenza è lo spirito che vivifica tutte le cose e le trasforma, che dà vita a ogni germe, accende ogni lume e fa fiorire ogni fiore».
La più importante definizione di quintessenza, comunque, è attribuibile al minorita francese Johannes de Rupescissa con il trattato De considerazione quintae essentiae rerum omnium (seconda metà del XIV secolo). In questo testo si fa riferimento alla quintessenza attribuendone caratteristiche ontologiche, quasi divine: infatti, viene descritta come il cielo, incorruttibile e perfetta, come una miracolosa radice della vita, creata da Dio per preservare i corpi dalle corruttele. In particolare, sarebbe una sostanza che sta sopra i quattro elementi presenti in natura, riprendendo quanto già detto nella Expositio sulle caratteristiche neutre di questo “quinto elemento”. Per tutto il Medioevo, alla ricerca della quintessenza, di questa aqua vitae sono state attribuite proprietà mistiche e celesti: sostanza che nutre fa crescere la vita, madre di tutti i metalli. È una materia prima universale, che si trova in ogni corpo ed è un dono che Dio ha fatto agli uomini.
L’alchimista, l’uomo illuminato da questa arte, spesso non era uno specialista della materia, visto che molte categorie sociali erano interessate all’argomento, come principi e monaci, filosofi e scienziati. Egli, inoltre, non amava che i suoi studi e i suoi esperimenti fossero noti al di fuori del suo laboratorio: l’alchimista è una persona solitaria, ritirata nello suo studio proprio come un devoto religioso attento al suo ufficio.
È molto interessante ricordare come, in alcune iconografie medievali, l’alchimista viene raffigurato come un minatore, che dalla miniera, intesa come corpo oscuro, estrae lo spirito minerale, ovvero la quintessenza, la sostanza prima.
Nel corso dei secoli, durante il Medioevo in particolare, era piuttosto diffusa la figura del ciarlatano, colui che professava una falsa alchimia e che spacciava i frutti dei propri esperimenti, spesso liquidi realizzati con semplici procedimenti chimici, come importanti elisir o pozioni magiche.
Ancora qui, l’iconografia medievale raffigura la falsa alchimia, cercando così di condannarla non solo con i testi ma anche con le immagini: il falso alchimista appariva come una scimmia, considerata nel Medioevo, ma così fino al XVII secolo, un falso doppione dell’uomo, un’animale che ne intacca la natura.
Un’importante testimonianza della condanna della falsa alchimia viene da Dante, che dedica un intero canto, nella Commedia, ai falsari dei metalli, ovvero ai falsi alchimisti.
Negli anni di Dante, era molto diffusa l’alchimia, tanto che lo stesso autore toscano frequentò dei corsi di chimica, dove conobbe l’alchimista Capocchio. Dante dedica alla materia il canto XXIX dell’Inferno, dove trova due falsificatori di metalli: Griffolino d’Arezzo e Capocchio.
Essi sono puniti, secondo la regola del contrappasso, con la malattia, ovvero la corruzione e l’alterazione del loro aspetto fisico, corrisposte alla falsificazione dei metalli che hanno promosso in vita. Anche in questo canto, ritorna la metafora della scimmia, e denota come questa figura fosse assai diffusa in letteratura e nell’immaginario medievale:
Sì vedrai ch’io son l’ombra di Capocchio / che falsai i metalli con l’alchìmia / e te dee recordar, se ben t’adocchio / com’io fui di natura buona scimia.
Sostanzialmente, come la scimmia si diletta a imitare ciò che fanno gli uomini, qui Capocchio è punito per essersi dilettato a imitare ciò che facevano i veri alchimisti.
Si pone il problema, tuttavia, del vero significato di “alchimia”. Per fare questo, è necessario andare alla ricerca etimologica del termine, con cui troviamo la conferma delle caratteristiche trascendenti di questa scienza.
Varie sono state le interpretazioni date al termine: nel lessico bizantino Suida, la «chēmeia» è la preparazione dell’oro e dell’argento; Constantinus Pisanus, alchimista del XIII secolo, la definisce affidando ad ogni lettera della parola un preciso significato alchimia: A- actio, L- levis, C- conferens, H- honorem, I- infinitum, M- ministrano, I- igne, A- argentum et aurum et lapides preciosus.
La traduzione della frase che si ottiene unendo questi termine intenderebbe l’alchimia come «l’opera lieve che conferisce onore infinito governando con il fuoco, l’argento, l’oro e le pietre preziose».
In realtà, il vocabolo alchimia deriverebbe dal sostantivo arabo «al- kīmijā», giunto in Europa con i primi testi arabi sull’argomento a partire dal XII secolo, attraverso la presenza araba in Spagna con i Mori e la diffusione della materia in Sicilia alla corte di Federico II, presso cui Michele Scoto effettuava i suoi esperimenti alchimistici.
Il termine deriverebbe da diverse forme di derivazione greca come «χημεία» (chēmeia), «χημία» (chēmia), «χυμεία» (chumeia), «χυμία» (chumia), tutte varianti tra loro per fenomeni fonetici particolari. Inoltre, ci sarebbe una derivazione dal verbo greco χέω (chēo) che significa versare, colare, fondere a sua volta collegato a diversi termini del sanscrito e l’iranico.
Questa diffusa influenza tra i termini e vocaboli di lingua diverse, mostra come questa arte dell’alchimia fosse diffusa non solo in Arabia, ma in tutte le culture del Mediterraneo e di alcune zone dell’Asia.
Tuttavia, una facile ricognizione sul significato del termine non si accompagna ad una facile ricostruzione sulle origini di questa scienza: gli studiosi hanno trovato tracce dell’alchimia nell’India vedica, in Assiria e Babilonia, nei secoli VII e VIII a.C., in Cina nel IV secolo a.C e in Egitto (qui con importanti estratti della letteratura egizio - ellenistica.
Ed è proprio dalla cultura egiziana che prende forma la figura di Ermete Trismegisto, da molti riconosciuto come il padre dell’alchimia. Tanto che spesso si usa il termine “ermetico” come sinonimo per alchimia. Perché, però, si parla dell’importanza di Ermete Trismegisto?
Questo personaggio leggendario, la cui credenza risale all’epoca ellenistica,veniva venerato come maestro di sapienza e ritenuto il fondatore dell’ermetismo. Ermete, inoltre, è considerato l’autore di una serie di opere che vanno sotto il nome di Corpus Ermeticum, che per tutto il Medioevo ha influenzato gli alchimisti per il suo contenuto filosofico e mistico. Chi era, allora, Ermete?
È fortemente radicata nella cultura greca l’idea che la terra d’Egitto fosse l’unica depositaria della tradizione scientifica, misterica e che fosse la protettrice del sapere del loro tempo. Questa cultura sarebbe stata trasmessa agli egizi dal dio Thot, che concesse loro anche l’arte della lavorazione dei metalli.
I greci identificarono, successivamente, il dio Thot con Hermes, a sua volta interpretato dai latini con il nome Mercurio. Non solo: la patristica ha, in seguito, identificato Ermete con Mosè, ritenuto quest’ultimo un contemporaneo del primo. Per spiegare questa sovrapposizione tra le due figure, è molto utile analizzare la raffigurazione di Ermete Trismegisto nel pavimento del Duomo di Siena.
Realizzata su tarsia marmorea, attribuita a Giovanni di Maestro Stefano nel 1488, l’immagine senese è una delle più celebri di Ermete, soprattutto perché collocata in un luogo di fede cristiana. Essa si trova all’ingresso della cattedrale, e si vedono raffigurate tre figure: al centro Ermete, con la mano sinistra appoggiata sopra un riquadro con un’iscrizione latina, e alla sua destra due personaggi ai quali tende un libro aperto, anch’esso contenente delle frasi in latino.
Ai piedi di Ermete, due righe che ne attribuiscono la contemporaneità con il Mosè cristiano. Quest’ultima, recitando «Hermes Mercurius Trismegistus Contemporaneus Moysi», accoglierebbe l’idea che Ermete fosse realmente esistito al tempo di Mosè. Due padri della Chiesa, come Agostino ed Eusebio, sono i primi che operarono questo accostamento: il primo, nel suo De civitate Dei, scrisse che «quando in Egitto nacque Mosè, in quei tempi esistesse anche Mercurio, famoso in quanto esperto in molte arti che insegnò agli uomini».
Eusebio, invece, nella Praeparatio evangelica, dichiarò che Mosè fu maestro di Orfeo, scoprì la filosofia, interpretò i sacri testi egizi e per questo fu onorato dagli Egizi come un dio e chiamato Ermete. Un successivo accostamento tra i personaggi è dichiarato da Clemente Alessandrino, teologo e filosofo greco del II secolo d.C, che, citando gli Atti 7, 22 evidenziò come Mosè fosse stato istruito dagli egiziani e che fu lui il primo a trasmettere agli Ebrei l’arte di scrivere; questo merito, tuttavia, la patristica lo attribuisce a Ermete nei confronti degli egiziani stessi.
Con questa ricostruzione, è facile intuire il senso dell’iscrizione contenuta nel libro che Ermete, nell’immagine, pone alle due figure alla sua destra:«Suscipite O Licteras Et Leges Egyptii», tradotta con «Prendete le lettere e le leggi, o Egiziani». Da ricordare la fonte di queste righe: un’opera dell’autore latino Lattanzio, il quale scrisse che Mercurio «aveva trasmesso agli egiziani i principi delle leggi e delle lettere, e in quanto eruditissimo in ogni sorta di dottrina, dottissimo nella conoscenza di arti e scienze, venne perciò soprannominato Trismegisto». L’aggettivo appena citato, significherebbe “tre volte grande”, e sarebbe comparso verso la metà del II sec. d.C, mentre prima si usava l’aggettivo “grandissimo” per parlare di Ermete.
Pertanto, i due uomini presenti nella raffigurazione sarebbero necessariamente egiziani, anche tenendo in considerazione l’abbigliamento e l’aspetto fisico. Il personaggio più distante da Ermete, glabro e senza barba, a differenza dell’altro, ha una lunga tunica bianca e la parte della veste sulla testa mostra una perfetta aderenza al cranio, il che fa pensare che quest’uomo sia calvo.
Queste caratteristiche concordano con quelle degli antichi sacerdoti egizi, i quali indossavano una veste di lino e avevano il cranio completamente rasato. Il secondo personaggio, colui che riceve da Ermete il libro con l’iscrizione, ha un turbante sul capo, una veste colorata con una sciarpa al collo, le scarpe bordate con la fibbia e una lunga barba. L’iconografia quattrocentesca rappresentava così i dotti orientali, e si può pensare che egli sia Mosè.
Considerando la posizione dell’immagine nel Duomo di Siena, situata tra la tarsia della Sibille dell’annuncio del Principio e quella della Fine, Ermete Trismegisto sarebbe il profeta pagano che il latino Lattanzio descriveva come «maestà di un unico e sommo Dio». Egli seppe annunciare la venuta del Figlio di Dio agli uomini, e pertanto sarebbe dotato di somma sapienza al pari del Mosè cristiano.
Gli alchimisti medievali credevano che il maestro Ermete fosse realmente esistito nell’antico Egitto, ed andavano alla ricerca di notizie e conoscenze sull’arte nel Corpus Ermeticum, soprattutto nel Basso Medioevo.
È in quest’epoca, infatti, che l’alchimia vive il suo periodo di maggiore splendore, con personaggi come Alberto Magno, Ruggero Bacone e Raimondo Lullo. Quest’ultimo, in particolare, missionario catalano al servizio del re d’Aragona Giacomo I il Conquistatore e inventore dell’ars combinatoria, fu definito “uomo dai poteri magici. A lui, infatti sono ascrivibili molte opere alchemiche, tra le quali la più importante è il De secretis naturae seu de quinta essentia, citato in precedenza.
A causa, probabilmente, del proliferare delle opere di Lullo sull’alchimia e sulla sua pratica, papa Giovanni XXII (1249-1334) emanò una bolla con cui si vietava la pratica alchemica, parificandola alla magia, alla stregoneria e alla negromanzia, definendo gli alchimisti rei «de crimine falsi».
In questo modo, l’alchimia medievale esauriva la sua forza e veniva riposta negli angoli nascosti della conoscenza e della scienza, trasformandosi nei secoli XIV e XV in pratica farmacopea e medica, il cui massimo esponente fu lo svizzero Paracelso.
Successivamente, con l’avvento del metodo scientifico nel Seicento, l’alchimia veniva accostandosi alle dottrine esoteriche e sapienziali della cabbala, abbandonando le ricerche chimiche dei secoli precedenti.
Così, l’arte alchemica venne relegata fuori dalla scienza moderna, spostandosi su caratteri para-scientifici ed immaginari che non potevano più fornire una visione della natura accettabile secondo i parametri della scienza.


Alessandro Ortis
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11 luglio 2012

- La fisica quantistica spiegata in modo semplice.


In passato quasi tutti i fenomeni energetici erano attribuiti agli dèi o a qualche spirito maligno. Durante l’Illuminismo e il Rinascimento cominciammo a capire più a fondo e più accuratamente in che modo funzionavano realmente le cose, elaborando teorie adatte a descrivere i fenomeni. Scienziati quali Copernico, Keplero e Galileo posero delle sfide alle precedenti visioni del mondo in termini di astronomia e di orbite celesti, portando alla luce nuove informazioni, in particolare riguardo al fatto che i pianeti, inclusa la Terra, orbitano intorno al Sole, al contrario della precedente teoria secondo la quale tutto ruotava intorno alla Terra. Newton diede ulteriore impulso all’illuminismo scientifico con la sua ben nota teoria sulla forza di gravità, che scoprì (così si racconta) quando fu colpito alla testa da una mela caduta dall’albero. Inoltre, sviluppò il calcolo infinitesimale e le tre leggi del moto. Queste teorie funzionavano tutte abbastanza bene, per quanto se ne sapeva all’epoca. Tuttavia, si sapeva anche che c’erano parecchie cose che esse non erano in grado di spiegare. Quando Albert Einstein, uno degli scienziati più brillanti mai vissuti, dimostrò che E=mc2, il mondo scientifico fu proiettato in un nuovo paradigma, tale da corrispondere molto meglio a ciò che si verificava nell’universo. La scienza ha fatto un salto quantico grazie a questa conoscenza. Oggi abbiamo appreso a utilizzare l’energia secondo modalità che da ragazzo io leggevo sui fumetti degli “eroi pulp”. Ricordo Dick Tracey che parlava al suo socio per mezzo del suo dispositivo da polso dotato di video bidirezionale, e oggi abbiamo cellulari altrettanto piccoli. Si potrebbero letteralmente portare al polso, se andasse di moda. E che dire poi degli uomini che andavano sulla luna: che idea fantasiosa! Ma poi l’abbiamo fatto. Non ho alcun dubbio che un giorno avremo un Tricoder1 come quello che usava il medico di bordo di Star Trek e che saremo perfino capaci di teletrasportare la gente da un luogo all’altro servendoci dei campi di energia.
Una questione di fisica quantistica.
Come può accadere tutto questo? Si chiama fisica quantistica. La fisica quantistica è molto difficile da spiegare, ma consentitemi di citarvi alcuni esempi desunti da esperimenti svolti dal Dipartimento della Difesa statunitense. Nel 1998 hanno prelevato alcune cellule dal palato di un soggetto e le hanno poste all’interno di una provetta. Hanno collegato la provetta a una macchina della verità, o poligrafo. Poi hanno collegato il soggetto a un poligrafo, ma collocandolo in una zona totalmente diversa dell’edificio. Hanno fatto guardare al soggetto diversi tipi di programmi televisivi. Alcuni presentavano immagini di pace e tranquillità, mentre altri erano violenti ed emozionanti. Hanno scoperto che le cellule del soggetto registravano la medesima attività esattamente nello stesso momento in cui la rilevava il soggetto stesso. Quando il soggetto guardava i programmi calmi e rilassanti, la risposta fisiologica sia dell’individuo che delle cellule si calmava. Quando si passava ai materiali stimolanti, sia il soggetto che le sue cellule mostravano segni di eccitazione. Gli sperimentatori poi allontanarono sempre di più il soggetto dalle sue cellule, fino a mettere fra loro una distanza di circa ottanta chilometri. Erano trascorsi cinque giorni da quando le cellule erano state prelevate dal palato del soggetto, e stavano ancora registrando esattamente la medesima attività, proprio all’unisono col soggetto.
Un altro esperimento dagli effetti molto simili, ma da un soggetto all’altro anziché fra un soggetto e le sue cellule, prese il nome di esperimento Einstein-Podolsky-Rosen. In questo studio fondamentale, gli sperimentatori hanno preso due soggetti che non si conoscevano, hanno concesso loro alcuni minuti per sviluppare una conoscenza superficiale e poi li hanno separati di circa quindici metri, mettendoli ciascuno all’interno di una “gabbia di Faraday” (una gabbia elettromagnetica). La “gabbia di Faraday” è progettata per impedire l’ingresso o l’uscita di frequenze radio e altri segnali. Per esempio, potreste disporre un’antenna di trasmissione FM in una gabbia di Faraday e da una distanza di quindici metri non riuscireste a sintonizzare la vostra radio su tali frequenze né a riceverle, perché la gabbia è molto efficace nel bloccare le frequenze. In breve, la “gabbia di Faraday” blocca l’energia normale, ma consente il flusso di energia quantistica. Una volta messi i due soggetti all’interno della gabbia, li hanno collegati a un elettroencefalografo (EEG), una macchina che controlla l’attività neurologica. Hanno poi proiettato un fascio di luce proveniente da una penna luminosa negli occhi del primo soggetto, ma non in quelli del secondo. Puntare un fascio di luce negli occhi di qualcuno in questo modo causa un’attività neurologica misurabile e un restringimento visibile della pupilla. Nell’attimo in cui l’hanno fatto, l’attività neurologica di entrambi i soggetti ha riflesso la stessa attività elettroencefalografica e lo stesso restringimento della pupilla. Hanno cambiato i soggetti e li hanno posti a distanze sempre maggiori fra loro, ottenendo ogni volta il medesimo risultato.
Fenomeni paranormali o fisica quantistica?
Le conclusioni a cui è pervenuto il suddetto studio stabiliscono che a livello inconscio si verifica un costante trasferimento di informazioni da persona a persona, fra individui con cui abbiamo anche solo un collegamento superficiale. Per la prima volta questo spiega centinaia di esempi riconosciuti di quella che per decenni era sembrata un’attività paranormale. Un esempio: una madre sta pranzando con un amico a New York City e alle 12.15 alza lo sguardo dal suo piatto di insalata con una espressione terrorizzata e dice all’amico: «È successo qualcosa a Jane… Devo telefonare a Jane». La donna si alza immediatamente e chiama la California, nel tentativo di reperire sua figlia Jane. Scopre che alle 12.15 esatte Jane è rimasta coinvolta in un incidente d’auto e che è scossa, ma sta bene. Da ragazzo ebbi modo di conoscere direttamente uno di questi eventi. Il nome del mio migliore amico era John. I suoi genitori, Marina e George, si erano assentati brevemente per recarsi a Fairfield Glade, a circa un’ora e mezza di viaggio, per prendersi una breve pausa, e avevano lasciato John sotto la custodia di Tina, la sorella maggiore. Giunti circa a metà strada, la madre di John aveva detto al marito: «Dobbiamo tornare subito a casa. Johnny è nei guai». Arrivati a casa poco dopo, trovarono John con la testa incastrata fra le sbarre della ringhiera, mentre sua sorella stava ascoltando musica con gli auricolari, incapace di udire le urla di John. Il bambino stava bene, ma era impaurito. Allora, come aveva fatto Marina a sapere che John stava male e che era in pericolo? Per molti decenni l’abbiamo attribuito all’ESP o a vari altri fenomeni di tipo paranormale. Oggi, però, sappiamo, grazie all’esperimento Einstein-Podolsky-Rosen, che si trattava semplicemente di un solido insieme di leggi naturali, conosciute sotto il nome di fisica quantistica. Nel caso di Jane e di sua madre e in quello del mio migliore amico John, il trasferimento inconscio di informazioni era semplicemente affiorato al pensiero conscio delle persone coinvolte. Sebbene raro, questo fenomeno è ben lontano dall’essere sconosciuto. Infatti, un numero crescente di persone sta scoprendo modalità di accesso a queste informazioni inconsce attraverso l’utilizzo a fini di guarigione della fisica quantistica. Questo solleva il tema del misticismo, perché presi al di fuori della spiegazione che ne dà la fisica quantistica, questi esperimenti scientifici potrebbero presentare una parvenza mistica. Il più delle volte ciò che in passato si definiva “mistico” rappresenta semplicemente un indice che qualcuno ha imparato a usare le funzioni naturali della fisica quantistica ai fini di una particolare applicazione. Oppure, come nel caso che precede, si tratta di qualcosa che succede per caso. Esistono persone capaci di piegare gli oggetti di metallo o di spostare oggetti con la mente; o che sembrano essere al corrente di cose che non potrebbero in alcun modo conoscere. Diciamo pure che di sicuro là fuori esistono dei maghi, ma non fanno ricorso alla fisica quantistica, usano piuttosto l’inganno o l’illusione. Non è di questo che stiamo parlando. La verità è semplicemente che prima di oggi non si era compreso come il fenomeno potesse accadere. Ma cominciando a comprendere la fisica quantistica, si acquisisce una visione della reale dinamica di accadimento di questi fenomeni. Infatti, una delle teorie di riferimento della fisica quantistica recita che, data una sufficiente opportunità, virtualmente nulla è impossibile. Quindi, ciò che era stato considerato mistico non lo è affatto, bensì è semplicemente fisica quantistica che non avevamo compreso perché avevamo seguito le teorie di Newton.
Un mutamento di paradigma molto atteso.
Dobbiamo temere la fisica quantistica? Niente affatto. Si riferisce al modo in cui l’universo funziona e ha sempre funzionato. Semplicemente, noi prima non l’avevamo capito. Come leggerete nelle pagine di questo libro, la comprensione della fisica quantistica sta aprendo le porte alle maggiori scoperte mai viste prima nel campo della guarigione e della salute. È una nuova comprensione, un nuovo mutamento di paradigma del pensiero, ma per noi è irrinunciabile. Riflettete solo su questo: se foste stati trasportati a Salem, nel Massachusetts, nell’anno 1692, e se aveste tirato fuori il cellulare per chiamare un amico, cosa pensate che vi sarebbe successo? Non si capiva la fisica del microfono, delle pile, dei microchip, dei display LED, né le frequenze radio che viaggiano nell’aria. Sareste stati perseguiti come maghi e streghe perché la fisica non era compresa. C’è forse qualcosa di malefico nei cellulari? (Mia moglie risponderebbe di sì!). Questo significa forse che la fisica non esisteva? Se aveste avuto due radio a quei tempi e le aveste utilizzate, avreste potuto parlarvi l’un l’altro? Ovviamente sì! La fisica non è mutata, sono cambiate solo le nostre conoscenze, la nostra comprensione e le applicazioni che ne abbiamo tratte. Le persone che per prime hanno scoperto determinati aspetti della fisica e il modo in cui è stato creato l’universo hanno sempre incontrato l’incomprensione e talvolta la condanna o il martirio. L’elenco è lungo e pieno di nomi famosi. Copernico (che scoprì che la Terra e gli altri pianeti ruotano intorno al Sole), Galileo (che provò matematicamente la teoria copernicana), Colombo (che provò che il mondo era rotondo) e molti altri furono condannati per aver scoperto delle verità scientifiche. I marinai della Niña, della Pinta e della Santa Maria erano assolutamente convinti che sarebbero precipitati oltre il bordo estremo della Terra, perché credevano che fosse piatta. Credevano cioè in una vecchia teoria che non solo non era vera a quel tempo, ma non lo era mai stata prima. Tuttavia, non aspettatevi di trovare una grande comprensione della fisica quantistica fra il pubblico o perfino fra gli educatori. Io (Ben) recentemente ho dato uno sguardo al libro di scienze di seconda elementare di mia figlia e le stanno insegnando la stessa fisica newtoniana che insegnavano a me quando frequentavo la seconda, quarantacinque anni fa. Il dramma è che perfino allora si sapeva già che quella teoria era superata. Ci vogliono anni, o perfino decenni, affinché una teoria obsoleta esca dal quadro di pensiero generale, anche se non è più valida. Fortunatamente, oggi un numero sempre crescente di persone comincia a comprendere il significato dell’energia nei termini in cui lo descrive la fisica quantistica, nonostante venga ignorato dall’istruzione di massa. È essenziale che facciate una revisione dei principi per comprendere il potere rivoluzionario del Codice di Guarigione.
I molti volti dell’energia.
L’energia può assumere molte forme. Per esempio, esiste un’energia che denominiamo “luce”. Essa comprende un determinato spettro di frequenze energetiche, compreso fra 4,3 x 1014 e 7,5 x 1014. Noi rileviamo tali frequenze per mezzo della vista. Esistono frequenze sonore che rileviamo mediante l’udito e i recettori posti nei nostri piedi e tessuti corporei. Esiste la banda a raggi infrarossi che percepiamo sotto forma di calore. C’è poi la banda ultravioletta, situata subito al di là di ciò che riusciamo a vedere da quel lato dello spettro luminoso. Esistono molte altre frequenze energetiche per le quali non disponiamo di recettori corporei. Quelle, naturalmente, un tempo erano ritenute mistiche, ma oggi possediamo strumenti in grado di rilevarle. Le chiamiamo raggi x, ultrasuoni, radar, UHF, VHF, eccetera. L’elenco è infinito. Le frequenze sono costituite da tre elementi principali. Uno riguarda il numero di volte in cui la frequenza passa da positiva a negativa in un determinato periodo di tempo. Di solito questo dato va sotto il nome di cicli al secondo. Per esempio, l’elettricità ha 120 cicli al secondo in Europa e 60 cicli al secondo negli Stati Uniti d’America. C’è poi l’ampiezza, cioè la magnitudo dell’onda al di sopra e al di sotto della linea di base, o punto zero. Infine, c’è la forma d’onda. Proprio così, le onde hanno una forma. Si può avere un’onda sinusoidale, costituita da un’onda bella, liscia, curva e simmetrica, che ricorda il movimento ondoso del mare. Ci sono onde frastagliate o punte-onda, che salgono e scendono come aghi. Esistono anche onde quadrate e molte altre forme d’onda. Ci sono poi delle frequenze che utilizziamo per trasmettere altre frequenze. Oggi abbiamo compreso come fare per inviare centinaia di migliaia di messaggi al secondo mediante una minuscola fibra, servendoci della frequenza della luce. Le chiamiamo fibre ottiche, e le usiamo ogni giorno quando parliamo al telefono. Tutto questo risulta ancora abbastanza mistico per me, perché non ne comprendo del tutto il funzionamento, ma… me ne servo? Ci potete scommettere!

Alexander Loyd, Ben Johnson