30 dicembre 2009

- Messaggio di capodanno 2010


Carissimi Fratelli
Vorrei introdurre questo mio messaggio di Capodanno con le parole del poeta e Massone tedesco G.E. Lessing: «Massone è colui che gestisce la propria vita in modo da contribuire alla realizzazione di quell’Opera d’Arte che è la vita di tutta l’umanità. Nessuno può contribuire al bene del genere umano, se non fa di sé stesso ciò che lui può e deve diventare.» Se noi Massoni d’oggi confidiamo in questa verità, allora sul cammino verso il futuro, già intrapreso, non troveremo ostacoli.
Ogni Massone, in occasione della sua Iniziazione, si è impegnato ad assumere un comportamento positivo verso i propri simili. La forza e la perseveranza per le sue azioni le trova tuttora nei principi massonici e nei Rituali che si svolgono nelle singole Logge. In ogni fase della vita occorre attingere nuovamente a queste fonti, affinché l’insegnamento massonico rimanga sempre attuale.
Le allegorie dei nostri Rituali permettono ai Fratelli di avviarsi verso la propria realizzazione e la personale responsabilità etica. Si tratta dunque essenzialmente di un «servizio», ossia di una corresponsabilità nei confronti dell’umanità e, dunque, non la ricerca di una carriera profana in seno alla Fratellanza.
Oggi – nel nostro mondo confuso e mutevole – la possibilità di sviluppare la propria personalità, grazie al contatto reciproco con persone di idee affini, senza interessi economici o finanziari, è particolarmente importante. Ma occorre rispetto verso l’altro e, qualche volta, porsi dei limiti. Il Fratello non deve pretendere a tutti i costi i propri diritti e i propri vantaggi, deve anche saper cedere e rinunciare. Il rispetto e la stima della personalità altrui, come pure l’accettazione delle qualità dei nostri simili, sono valori che caratterizzano i Liberi Muratori.
Uno dei compiti più nobili di ogni Loggia è dunque quello di propagare e tutelare questi principi fondamentali tra i Fratelli. Ciò implica un ripetuto processo formativo da svolgere in modo consapevole e senza tregua. Dunque, nelle Logge, sulla quantità deve prevalere la qualità, affinché le idee massoniche vengano vissute nella giusta misura anche nella vita profana di tutti i giorni. La libertà di pensiero, la giustizia e la dignità dell’uomo vanno portate nel mondo profano con l’esempio di ogni singolo Fratello.
Il Massone deve confrontarsi, in modo qualitativo, con sé stesso e con il mondo che lo circonda. Se viviamo secondo i nostri principi etici e morali, agiremo in modo sensato e anteporremo il valore dell’uomo ai beni materiali.
Noi Massoni siamo consapevoli che ogni essere umano dipende dalla collettività e che può realizzarsi soltanto nel gruppo, ossia nelle relazioni sociali con il prossimo.
Collettività, però, non significa né società né ordine sociale; quest’ultime sono caratterizzate dalla storia, dall’economia, dalla politica, dalle religioni o dalle leggi. La collettività è piuttosto un’unione di persone con obiettivi comuni. L’adesione alla società è una questione di cittadinanza, l’adesione alla Libera Muratori un atto di fratellanza. Questa Fratellanza cerca di realizzare le proprie idee partecipando alla vita sociale, incrementando la responsabilità personale e sviluppando il senso del dovere verso il prossimo. Per la riuscita di questi intenti ci serviamo anche dei nostri Simboli e dei nostri Rituali.
La libertà di pensiero e la responsabilità individuale vengono vieppiù sostituite, se non addirittura ostacolate o represse, da informazioni di massa. Dobbiamo dunque incrementare l’impegno in favore degli ideali massonici praticandoli nella vita quotidiana.
Non dimentichiamoci, essere Massone è un privilegio, ma anche un impegno.
Eccoci dunque nuovamente a Capodanno pieni di speranze e buoni propositi. In questo senso auguro di cuore, a voi e ai vostri cari, ogni bene per l’Anno Nuovo.
Bruno Welti, Gran Maestro

21 dicembre 2009

**** AUGURI ****


16 dicembre 2009

- I pianeti hanno aperto tutte le sette porte di metallo.



Fin dall’antichità il sette ha esercitato un fascino enorme sull’uomo influenzando da vicino il suo mondo psicologico, religioso e culturale. Questo numero è formato da una triade di prinpici creativi ,coscienza attiva, subconscio passivo e forza coordinatrice della cooperazione e da una quaterna materiale associata ai quattro elementi e alle facoltà sensoriali , aria corrispondente all’intelligenza, fuoco corrispondente alla volontà, acqua corrispondente al sentimento/sentire ed infine terra corrispondente alla morale.Questa suddivisione del sette nelle sue due componenti, il tre spirituale e il quattro materiale, si è protratta per lungo tempo nel pensiero e nella mistica occidentali ed è strettamente associata alla divisione ad opera di Aristotele delle arti in Trivium e Quatrivium. Grammatica, Retorica e Dialettica da una parte, Matematica, Geometria, Astronomia e Musica dall’altra erano alla base degli insegnamenti superiori nel medievo ed erano considerate "septem artes liberales". Da un punto di vista più pratico gli studiosi avevano osservato che ogni periodicità sembra legata al sette, pensiamo ad esempio ai sette toni della scala musicale che tornano al primo nell’ottava. Sulle basi di tali osservazioni da sempre il sette fu associato alle fasi di sviluppo e di crescita dell’uomo e della Natura. Già in epoca antichissima il filosofo greco Solone aveva diviso la vita umana secondo le sfere astrali in sette livelli di sette anni ciascuno. I pensieri del filosofo vennero ripresi da Filone di Alessandria e dai suoi seguaci. Mistico, filosofo di provenienza greco-ebraica nonchè sommo interprete delle Sacre Scritture, Filone di Alessandria scrive a proposito dell’evoluzione umana: "Alla fine del primo settenario i denti da latte vengono sostituiti dai denti veri, alla fine del secondo si raggiunge la maturità sessuale, al terzo all’uomo spunta la barba (corrisponde cioè all’inizio della sua identità psicologica), il quarto è l’apogeo dell’esistenza umana, il quinto il momento del matrimonio, il sesto porta la maturazione della ragione, il settimo al compimento della comprensione e della ragione, l’ottavo è il momento della contemplazione, il nono il dominio delle passioni e quindi la giustizia e l’indulgenza. Tuttavia" ci dice Filone con un espressione che si è conservata nel tempo " è meglio morire nel decimo, poiché quanto resta ancora da vivere all’uomo non è che fragile ed inutile vecchiaia". Ed anche l’Antico Testamento ci conferma che " la durata della vita è, in sé, settant’anni". Tre periodi sembrano acquistare nella tradizione popolare un’importanza rilevante per lo sviluppo della vita umana scandito dalla simbologia del sacro sette e del nove: sette per sette, nove per nove, sette per nove. Quest’ultimo ritenuto particolarmente infausto poiché il sessantatreesimo anno di vita è quello del "grande climaterio". Non solo nell’area mediterranea il sette pone in essere le fasi di sviluppo umano, anche nell’antica Cina questo numero è legato all’evoluzione della vita ed in particolare a quella della donna: all’età di sette mesi la bambina mette i denti da latte, all’età di sette anni li perde, in due volte sette anni si apre "la strada dello yin" ovvero si compie la sua maturità sessuale ed infine a sette per sette, cioè quarantanove anni, raggiunge il climaterio. Da un punto di vista biologico ciò è esatto se si tiene conto poi che il ciclo mestruale si manifesta nella donna in periodi contrassegnati da sette per quattro giorni e che la gravidanza viene calcolata grazie al supporto del numero sette, si può essere certi che questa unità di misura rientri a pieno nello svolgimento dell’essere femminile. "In base alle sue forze occulte" dunque " il sette sembra porre in essere tutte le cose, dispensa la vita ed è fonte di ogni mutamento, poiché la Luna muta le sue fasi ogni sette giorni. In questo modo il sette influenza tutte le cose sublunari" ed è perciò particolarmente legato alla creazione e alla mutazione delle forme da sempre attribuita ai misteriosi influssi lunari.
Le sette sfere celesti nella visione Tolemaica.
In astrologia la Luna è infatti creatrice e distruttrice delle forme vitale signora di quel mondo fisico che si muove e si trasforma sotto l’influsso animico delle forze lunari. L’adorazione del sette nelle culture più antiche potrebbe risalire proprio all’osservazione delle fasi della Luna, la cui forma muta visibilmente ogni sette giorni. In molte antiche civiltà, tra le quali anche gli assiro-babilonesi, il dio della luna era una divinità suprema inoltre, sempre presso i babilonesi, erano conosciuti ed utilizzati nelle predizioni astrologiche i sette pianeti comprendenti : Sole, Luna, Mercurio, Marte, Venere, Giove e Saturno. Come si può ben notare il numero sette in questo caso comprende anche due non-pianeti, il Sole e la Luna ed è perciò che molti pensatori sono arrivati alla conclusione che i due luminari siano stati aggiunti proprio per raggiungere così il "sette ideale". Con un’allusione ai misteri dell’universo svelati da questo numero sacro Goethe, grande conoscitore della simbologia numerica, scrive: Die Planeten haben alle sieben Die metallnen Tore aufgetan (I Pianeti hanno aperto tutte le sette porte di metallo) L’india conosce i sette Chakras, i punti sensibili del corpo umano nei quali si concentra la meditazione. Questi "canali dell’energia" sono associati ai sette pianeti e alle chiavi segrete della conoscenza che essi rappresentano e che, secondo l’Astrologia Esoterica, devono essere girate ciascuna sette volte prima che ci rivelino la loro particolare lezione. Tornando nell’area mediterranea ancora presso i babilonesi la piramide sacra, lo Zikkurat, ha sette gradini e allude al mistero della conoscenza insito nel sette. Da ciò sembra siano derivati anche i sette scalini del Tempio di Salomone, il tempio della conoscenza e della saggezza sacro agli Ebrei. Ancora in ambito ebraico il sacro sette svolge una funzione determinante: sette sono le braccia del Menorah, il candelabro ebraico, associati ai sette rami dell’Albero della Vita dove crescono su ciascuno sette foglie Già nel V secolo a.C. Filolao paragona il sette alla dea Atena, "conduttrice e signora di ogni cosa, eterna divinità, perseverante ed immota, sempre uguale a sé stessa, diversa da ogni altra" enunciando così le qualità essenziali di questa entità numerica. Il carattere "non generante" del sette è ripreso dalla mistica ebraica: il settimo giorno della settimana il sabato, l’uomo deve osservare il precetto del riposo e non deve produrre nulla. La ripetizione delle formule magiche, come delle preghiere e delle invocazioni in tutte le culture è scandita dal tre e dal sette. Un influenza particolare ha avuto in questo senso l’alchimia medievale i cui procedimenti e le cui formule sono scandite dal numero sette: importante ad esempio era l’uso di ripetere sette volte le distillazioni. Anche i procedimenti magici di tutti i generi conoscono l’usanza di ripetere tre o sette volte una formula già efficace per sé stessa ed è perciò che anche la medicina antica, ancora legata a pratiche occulte, conosceva bene il significato e l’uso del sette. La scuola di Ippocrate ci dice che: "Il numero sette domina le malattie e tutto ciò che nel corpo viene colpito dalla distruzione". Agli antichi medici era noto che le malattie dolorose durano sette giorni o un multiplo di sette e questa credenza è sopravvissuta nella tradizione popolare di alcune culture.
L'albero alchemico
Similmente per i pitagorici il sette era sinonimo di crisi e tutti i giorni divisibili per sette venivano considerati critici, compreso il settimo mese. Il sette come numero dello sviluppo e dell’opera occulta dell’intelligenza divina sulle forme, è il numero del cambiamento, della mutazione e per questo motivo viene anche considerato negativamente come numero "critico". Ma il cambiamento e la trasformazione si manifestano il più delle volte come ascesa dell’uomo verso Dio o verso la saggezza. E’ il caso della religione di Mitra e delle antichissime concezioni dell’ascesa dell’anima attraverso le sfere astrale da cui con ogni probabilità si è giunti nel mondo cristiano alla concezione dei sette gironi del Purgatorio e all’idea diffusa soprattutto in Oriente dei sette livelli mistici. La religione di Mitra affonda le sue radici nell’antica Persia anche se successivamente arriva ad esercitare un’enorme influenza in tutta l’area mediterranea giungendo fino al nord Europa. Mitra all’origine era una divinità solare, il culto poi, come numerosi movimenti religiosi del Vicino Oriente, viene sempre più sviluppandosi come una religione dei misteri. Nei misteri di Mitra l’anima sale a dio attraverso le sette sfere planetarie rappresentate da sette porte attraverso le quali l’iniziato doveva passare abbandonando di volta in volta un capo del vestiario, gesto che si riferiva all’abbandono delle qualità umane. Dinnanzi all’ottava porte o Monte della Trasfigurazione l’anima si trovava ormai spogliata delle sue qualità materiali e pronta alla rinascita, a ricevere la luce. Di conseguenza i riti espiatori e purificatori dei misteri di Mitra si svolgevano seguendo una cadenza di sette giorni, frequenza che ricorre ancora oggi in numerose pratiche e credenze popolari: ci vogliono di norma sette anni per essere liberati da uno spirito ed è noto che le apparizioni della dama bianca si ripetono preferibilmente ogni sette anni. Se in base a tutto ciò ogni sette anni avviene un cambiamento considerevole nell’uomo nella sua parte spirituale o materiale oppure in entrambe è altresì notevole che ogni sette anni la voce di Dio si manifesti nella vita di ogni singolo individuo.Non può stupirci quindi che grazie alla sua presenza in ogni periodicità dell’esistenza il numero sette possa essere inteso come numero tondo. Si pensi a tal proposito ad alcuni famosi stereotipi: i sette mari o le sette meraviglie del mondo o ancora nell’ambito mitologico alle sette teste dell’Idra o ai sette strati dello scudo di Aiace. Senza dimenticare l’uso del sette come numero tondo nelle fiabe, nelle filastrocche e nei detti popolari di tutti i generi. Chi non ha sentito nominare almeno una volta nella sua infanzia i sette nani, i sette corvi, le sette caprette o i sette cavalieri? Sicuramente tutto ciò ci ha influenzato da un punto di vista psicologico all’uso quotidiano del sette ed è difficile capire quanto la tradizione da un lato e la psicologia dall’altro svolgano un ruolo importante nell’interpretazione di questo numero carismatico. Ciò che invece è chiaro è come ancora oggi molti di noi abbiamo la sensazione che la propria esistenza sia legata a particolari costellazioni numeriche all’interno delle quali sicuramente il sette svolge un ruolo importante come numero misterioso, occulto, perfetto, sapiente e sacro.
Elisabet Mantovani

11 dicembre 2009

- Diritti e Doveri


A prima vista - e non solo - sembrerebbe ed è un tema tanto vasto da spaventare anche il più coraggioso dei ricercatori. L’argomento è stato affrontato fin dal passato più lontano da tutte le angolazioni; religiosa, filosofica, morale e giuridica. Già Platone, per bocca di Socrate, parla di doveri dell’uomo.
Qua e là questa materia viene trattata da vari pensatori classici, greci e latini (per i primi, i tragici, per i secondi Cicerone e Seneca, per limitarci ai latini che più direttamente hanno affrontato il problema), ma, dopo la carta dei diritti e doveri del cittadino elaborata dai pensatori illuministi ai tempi della Rivoluzione francese, in tempi più recenti sarà Mazzini a parlare di diritti e doveri dell’uomo. La fonte più ricca e autorevole rimangono comunque le Sacre Scritture, Bibbia e Vangeli. Questa rapida (e abbondantemente incompleta) carrellata consente di rendersi conto della vastità del tema, che ha interessato l’uomo si può dire dalla sua comparsa sulla terra o, quanto meno, dal momento in cui si costituì a società. Cosa si può dire dunque su un tema tanto vasto e già tanto trattato nel passato e nel presente? Temo si possa dire ben poco di nuovo, ma si può tentare di focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti più interessanti sotto il profilo massonico, se non più inediti.
La Libertà
La domanda che dobbiamo rivolgerci potrebbe essere questa: quale o quali tra i diritti e i doveri sono oggi avvertiti come più negati, disattesi o impellenti nella nostra società? Vediamone alcuni. Tra i diritti, il più agognato dagli uomini, quello per il quale l’uomo da sempre ha lottato per vederlo realizzato, è la libertà. Si tratta di un prisma dalle molte facce, anche se, nell’ottica massonica, andrebbe privilegiata, a mio avviso, la dimensione spirituale. Quale forma più sublime di libertà possiamo concepire di quella che il Fratello realizza nel contatto costruttivo con gli altri Muratori, quale baluardo più sicuro contro le frivolezze profane della ricchezza interiore? Tutto il cammino massonico, come peraltro quello di tanti nobili e illustri pensatori del passato e del presente, è volto alla sapienza. La sapienza dissolve le tenebre dell’ignoranza e ci consente di spaziare in territori sconfinati, ci restituisce insomma alla libertà. Questo bene dal valore inestimabile non è qualcosa che ci può provenire dal di fuori, anche se le condizioni sociali, politiche ed economiche possono favorirne l’affermazione, ma è soprattutto una condizione interiore: poco conta che si viva in una società libera, se poi siamo schiavi di mille passioni, incatenati da mille pregiudizi, vittime di mille condizionamenti. Il percorso iniziatico ci aiuta a spezzare queste catene e quindi a sprigionare tutto il nostro potenziale di energia spirituale. Non è essenziale (non è neppure possibile) giungere alla mèta: l’importante è incamminarsi sulla via giusta, con l’attrezzatura giusta e la compagnia giusta. Il Fratello è consapevole di tutto questo e, libero, punta in alto, al G.A.D.U. Non lo raggiungerà mai ma non si sentirà né frustrato, né perduto, si sentirà come un pioniere che esplora vasti territori, si arricchisce durante il viaggio, scopre nuovi interessi e scruta orizzonti sempre più lontani. Lo spazio dello spirito non ha confini, non c’è l’est, né l’ovest, il nord o il sud. Si orienterà con il Sole, la Luna e le Stelle, lo stesso firmamento riprodotto sulla volta del Tempio. Non è forse questa la forma più elevata di libertà? Il diritto sommo di ogni Uomo?
Doveri morali e legali
Quanto ai doveri, il campo è vastissimo. Già gli antichi parlavano di doveri morali e doveri scritti, ovvero di etica e di leggi. Leggiamo in Seneca che l’ambito dei doveri morali è infinitamente più vasto di quello dei doveri imposti dalle leggi. Non possiamo dargli torto. Molti comportamenti infatti, pienamente consentiti dalle leggi, sono però deplorevoli sotto il profilo morale. Si può essere, dice il filosofo latino, perfettamente in regola con le leggi, ma essere nel contempo degli esseri moralmente abietti e spregevoli. Il riferimento implicito è sicuramente quello ai doveri nei confronti del prossimo. Il modello massonico, anche in questo caso, fa scuola. Solidarietà, reciproco aiuto, collaborazione, cooperazione nella ricerca comune della Verità, senso di appartenenza alla stessa famiglia, sono tutti caratteri peculiari del credo massonico e fanno parte delle Tradizioni più radicate dei Liberi Muratori. Questi sono i doveri che il Fratello sente dentro di sé e, più in generale, che l’uomo avverte come primari nei confronti del prossimo. Sull’etica del dovere varrebbe la pena soffermarsi a lungo, vista soprattutto la condizione e le tendenze delle nuove generazioni. I giovani di oggi (ma forse anche quelli di un tempo) sono molto attenti ed esigenti nel far valere i loro diritti, ma non altrettanto nel compiere i propri doveri. Una parte della responsabilità di tale situazione è sicuramente da imputarsi a una società eccessivamente permissiva, che tutto concede e, almeno ai giovani e soprattutto ai giovanissimi, poco o nulla richiede. Salvo poi presentare il conto tutto insieme - e a volte con gli interessi - da adulti. È facile infatti prevedere il disagio e le difficoltà cui andranno incontro molti giovani, che in età scolare eludono sistematicamente i loro impegni, quando dovranno assumere ruoli anche di responsabilità nel mondo del lavoro o quanto meno compiere quotidianamente il loro dovere da dipendenti. A volte la famiglia è latitante o per impegni lavorativi di entrambi i genitori o per incapacità o debolezza nell’azione educativa.
Senso della legalità
Come si vede, il tema è assai complesso, ma si può riassumere in poche parole: è necessario che l’uomo, in particolare il giovane, strutturi dentro di sé un codice di comportamento, nel quale il senso del dovere occupi una posizione di primo piano. Il dovere è prioritario rispetto al diritto, in quanto io posso pretendere di far valere un mio diritto solo quando abbia assolto il mio dovere: chi è in difetto per il primo si mette in una posizione in cui non è legittimato a far valere alcun diritto. Il campo dei doveri ha molti confini. Confina anche con la legalità. L’impegno educativo è anche in questo caso doveroso. L’affermazione di una cultura della legalità è quella che consente a un Paese di prosperare nell’economia, di vivere civilmente nella società, di progredire in tutti i campi. Dove non vige la legalità tutto questo non è possibile. La mancata osservanza dei doveri fiscali, ad esempio, ha come diretta conseguenza l’impoverimento dello Stato e quindi la sua difficoltà a perseguire gli stessi fini istituzionali che ne giustificano l’esistenza. La mancata osservanza delle norme del codice stradale è fonte di possibili incidenti. La prevaricazione degli uni sugli altri è motivo di disagio, sofferenza e può determinare gesti disperati. Dicevamo prima che tutto nasce dentro di noi. Solo, infatti, chi è intimamente convinto della necessità e dell’utilità di conformarsi a certe norme e di assumere determinati comportamenti lo farà sempre, efficacemente e spontaneamente. Chi viceversa rispetta le regole solo per paura di trasgredirle, senza essere intimamente convinto della loro utilità, sarà sempre una persona che nella migliore delle ipotesi sarà ligia ai propri doveri e alle leggi, ma che, non appena ne ravviserà l’utilità, sarà pronta a trasgredirli. Dovremmo convincerci che il bene degli altri è il nostro bene e in questo il credo massonico è quanto mai incisivo ed efficace. Nella strutturazione di un’etica del dovere il profano si trova sicuramente più disorientato, anche se non mancano codici, norme e figure positive di riferimento. Possiamo dire però che il Fratello può attingere a un sapere antico, che fa delle norme etiche dei principi fondanti, ai quali è tenuto, dall’appartenenza stessa alla Famiglia, a sottostare.
La privacy
Si è detto poco dei diritti. Forse vale la pena soffermarsi maggiormente su uno di quelli meno rispettati o addirittura più calpestati. Uno di questi diritti negati, che non è certamente il più importante - in quanto dal suo mancato rispetto non dipende la vita di nessuno, ma è un valore caro ai Massoni - è il diritto alla privacy. Se ne sente molto parlare, esiste addirittura un organismo di vigilanza preposto alla salvaguardia di questo fondamentale diritto della persona in una società civile, ma non si è mai stati bersagliati da messaggi di ogni tipo, tra l’altro personalizzati (e qui sta il dubbio: da dove provengono i dati personali dei destinatari?), come in questi tempi. Se non si vuole vivere nella segretezza o anche solo nell’anonimato, non si vuole vivere neppure sotto i riflettori o le telecamere. Chiunque di noi - e un Massone in particolare - ama poter appartarsi e ritagliarsi dei propri spazi, senza essere continuamente spiato o invaso o disturbato. La reazione naturale di chi viene fatto oggetto di frequenti assalti è quella di difendersi, di chiudersi nel proprio guscio,magari persino di cingersi di un alone di mistero o di segretezza o almeno di diffidenza. È un atteggiamento diffuso e a volte rimproverato ai Fratelli, frutto sicuramente di una cultura della riservatezza e di una diffidenza dovuta alle persecuzioni religiose e laiche, morali e materiali del passato (anche recente), ma non di meno di questo clima di invadenza e di limitazione degli spazi della privacy di cui, a dispetto di tutte le leggi e le autority, siamo vittime. Mi sembrava giusto toccare questo tasto, non per suonare le campane a morto, ma per segnalare un guasto, per fa scattare un allarme. Se poi mi si chiede cosa si può fare concretamente, come si può difendere questo diritto violato quotidianamente, la risposta non è né sicura, né univoca. A volte si ha l’impressione che si debba ricorrere al «fai da te», ci si debba cioè difendere con le armi che la democrazia e la tecnologia ci mette a disposizione. Qualcuno però dirà che è proprio la tecnologia ad attaccarci (Internet e quant’altro), insidiando pesantemente la nostra privacy o negandoci il diritto a reperire informazioni che ci servono senza sottostare a continui messaggi pubblicitari o a volgarità di ogni genere. A questa obiezione non sapremmo cosa rispondere, se non dando il consiglio di attrezzarci e di agguerrirci sempre di più, magari cementando la nostra appartenenza alla Grande Famiglia Massonica e intensificando la nostra attività all’interno della stessa a tutti i livelli.
Filippo Di Venti

8 dicembre 2009

- PRIMA DEL VOLO


“ Non mi domando perché io non sia felice. Posso solo prenderne atto. Ciò che invece mi angustia è perché non sia almeno sereno, o non sappia sorridere. Ma è come arrampicarsi sugli specchi. Non so da dove o da che iniziare, il peso dell’infanzia, il circolo vizioso, il labirinto della coscienza, gli istinti, la bestialità, il divino, il ridicolo isterismo. Né posso dire: nascerò domani, se non anche: oggi muoio. Troppo fantastico sarebbe svegliarsi una mattina nuovo, con una carezza sulla pelle, con un sapore che ti scenda fresco per la gola e si perda in tutte le cellule del corpo e dell’anima, tirato a lucido come un ciottolo di fiume.”
- PRIMA DEL VOLO - è il titolo del libro del carissimo fratello Francesco Federico Bianchi
leggerlo è stato un continuo volare attraverso paesaggi, profumi e sensazioni di una natura incontaminata, conosciuta da noi canuti. Un ritorno al passato, alla gioventù con tutte le sue problematiche. Vita vissuta di “ Uomini liberi e di buoni costumi.”