30 gennaio 2011

- Androgino ermetico - 2 -


Nella letteratura ermetica non c'è forse equivoco maggiore di quello generato dalla figura dell'androgino. La fonte, comune ad altre tradizioni, è nei due noti versetti del Genesi biblico, in cui è detto che Dio creò l'uomo a propria immagine e somiglianza e che lo creò maschio e femmina. Da allora non si è smesso quasi di assegnare a Dio entrambi i sessi, 1 dimenticando, per esempio, che, nella concezione ermetica, Dio è privo di forma e tralasciando di indagare la natura reale del frutto della divina creazione. Potremmo altrimenti scoprire che l'Adam Qadmon non è in alcun modo da confondersi con un ipotetico uomo cosmico di natura bisessuale e neppure con la sua larvata presenza asessuata e tuttavia spiritualmente comprensiva tanto del principio femminile che di quello maschile. E pare proprio che le due interpretazioni si dividano il campo, l'una inferendo che l'androgino Adamo è il riflesso di Dio, l'altra osservando che l'androginia di Adamo è soltanto spirituale perché l'uomo fu creato a immagine e somiglianza di Dio ma solo per l'anima. Così, chi attribuisce fisicità e umanità all'Adam Qadmon non sfugge alla necessità di dover attribuire a Dio forma e bisessualità, chi, al contrario, opta per lo spirito perde, per così dire, il bandolo della matassa perché concepisce Adamo, prima ancora del peccato che lo escluderà dalla condizione edenica e immortale, come un essere metà spirito, per ciò che è fatto a immagine e somiglianza di Dio, e metà carne, per ciò che, fisicamente, egli è fatto di terra ( Adamah h m d a ). Ma, se è fatto di terra, Adamo, nascendo, è già condannato al male e alla morte, a meno che...a meno che il compito affidatogli non sia proprio quella di trasformare la propria terra corruttibile in metallo incorruttibile. Ma, chiamato alla prova, Adamo fallisce e, in luogo dell'oro, mostra intatta la zavorra con cui è stato formato dal suo creatore. E’ interessante osservare come il cabbalista medievale Joseph Gikatila attribuisca la 'caduta' di Adamo al suo non aver saputo attendere che il frutto dell'albero fosse maturo, prima di cibarsene. Fu dunque l'impazienza a perdere il genere umano precipitandolo nel regno della vita e della morte. Il frutto dell'albero della vita si mutò così nel frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male. Scrive Gikatila in Cha 'aré Orah (Le Porte della Luce): " Il serpente primordiale...inflisse un danno alla luna (la sephirah Malkhout) per via del primo uomo, il quale...non attese che (il serpente) mangiasse la propria parte...nel qual caso l'albero sarebbe stato chiamato del bene e non del male e lui avrebbe potuto mangiarne tanto quanto ne desiderasse: ne avrebbe mangiato e avrebbe vissuto per sempre, secondo il segreto dell'albero della vita collegato a quello della conoscenza..." . La luna, che nel linguaggio cabbalistico rappresenta anche la terra, nell'accezione ermetica simboleggia la materia prima. Il serpente, simbolo ctonio per eccellenza, bene traduce la forma di Adamo fatta di terra, non già le sembianze di Dio, privo di forma ma spesso idolatrato come Grande Androgino. Tutto ciò dimostra che non c'è che un albero e che la terra si sarebbe trasformata se Adamo avesse saputo attendere. I denti non gli si sarebbero legati se egli non si fosse cibato del frutto ancora acerbo. Solo mangiando del frutto maturo, segno dell'avvenuta trasformazione, Adamo avrebbe guadagnato l'immortalità. D'altra parte, la prova di Adamo non fu capriccio divino. Dio, infatti, non avrebbe potuto concepirlo del tutto identico a sé, creando un altro se stesso, ma solo a propria immagine e somiglianza, così come fece, mediante il suo spirito e dandogli forma col fango della terra . La presunzione e l'impazienza persero Adamo. La prima, nel fargli credere di essere in tutto e per tutto simile a Dio (mentre Dio non ha forma), la seconda nel ritenere che, in breve tempo, anche il suo potere sarebbe stato identico a quello di Dio. Scrive ancora Gikatila in Sod ha - Nahach (Il Segreto del Serpente): "... E' per questo motivo che Dio comanda al primo uomo di non toccare l'albero della conoscenza, fin quando il bene e il male fossero stati associati, sebbene l'uno fosse all'interno e l'altro all'esterno. Occorreva attendere che ne fosse staccato il prepuzio, com'è detto: tratterete i loro frutti come prepuzio, ora è scritto: prese del suo frutto e ne mangiò. Introdusse un idolo nel Palazzo e l'impurità penetrò all'interno."
Il prepuzio è la scorza dura, assimilabile alla terra (Adamah) di cui è fatto Adamo. Solo quando la scorza fosse caduta, il frutto, ormai maturo, avrebbe potuto essere mangiato e la terra di Adamo si sarebbe mutata nell'oro dello spirito. Il 'sogno divino' di mutare la terra in oro è votato allo scacco? Il Golem ha fallito la prova? Peggio per lui! Che ci riprovi da solo, ma fuori dell'Eden e in condizioni difficili. Saranno proprio le difficoltà ad acuire il suo ingegno e forse un giorno gli riuscirà finalmente di rendere al creatore la terra ricevuta... trasformata in oro. L'idea di un Grande Androgino primordiale si spiega con l'esigenza di coniugare insieme la capacità di generare (principio femminile) e il principio maschile o fecondatore e benché la Bibbia si sforzi di dimostrare che Dio creò tutto con la parola, quando egli pronuncia per l'ottava volta le parole creative (i dieci 'Dio disse' del primo capitolo del Genesi) non può fare a meno di rivelare la sua natura - di cui l'uomo partecipa in immagine e somiglianza - di maschio e di femmina allo stesso tempo.
La medesima esigenza conduce numerose altre tradizioni ad assumere una concezione per lo più identica, 2 anche se la tradizione egizia e la maggior parte delle tradizioni orientali, eliminando il ruolo determinante della vagina e dell'utero fanno nascere tutto da un gesto solitario del Dio primordiale. Ciò non esclude, d'altra parte, la presenza nel pantheon egizio di divinità androgine. Una è Hapi, dio del Nilo, le cui acque celano il fuoco fecondatore, raffigurato come un uomo pingue e dotato di mammelle; l'altra è Mut, grande madre, dotata insieme di organi sessuali maschili e femminili, rappresentazione della natura naturans e per molti versi assimilabile, nella mitologia greca, alla dea Cibele. 3 Le due divinità, tuttavia, rinviano ad un primordiale dio solare che, mediante masturbazione o semplicemente sputando, crea la prima coppia dell'Enneade, alla quale appartengono, tra l'altro, Nut e Geb, cielo e terra, Osiride e Iside, sole e luna. Tutta la questione non è di poco conto se si considera l'imbarazzo e lo scandalo che da sempre ha suscitato nella maggior parte delle coscienze l'idea di un Dio attivo e insieme passivo, di un uomo che, riflettendo l'immagine del proprio creatore, sia ad un tempo capace di fecondare e di generare. Poiché, d'altra parte, la realtà mostra che il maschio è solo capace di fecondare, riservando semmai ogni atto generativo alle opere della mente, fu di necessità provvedere alla separazione dei sessi. Il Genesi risolve il problema con altri due versetti. Nel primo (Genesi, 2:21) affermando che ' ...il Signore Dio mandò ad Adamo un profondo sonno ' e che 'mentre era addormentato, prese da lui una costola che sostituì con carne'; nel secondo (Genesi, 2:22) proclamando infine la costruzione (non la creazione!) della donna e presentandola al sonnolento e intorpidito Adamo. A tale semplice e lineare conclusione, comunemente accettata, fa spesso riscontro, nella tradizione occidentale, la visione più complessa e fantastica introdotta dal Simposio platonico. E per quanto anche qui si parli di un dio (Zeus) separatore, diversi sono i presupposti: l'androgino che subisce la separazione non è già più l'immagine speculare di un Dio, perché Zeus è un dio maschio e per quanto egli si unisca occasionalmente anche con giovani del suo stesso sesso, egli non dispone di organi sessuali femminili, ma piuttosto dà sfogo alle proprie passioni indotte, se non addirittura protette dal costume, dove i vizi degli uomini sono identici a quelli degli dei.
Così, l'androgino descritto da Platone, rinvia, per le sue fonti, ad una realtà ben più arcaica e primordiale, quando Zeus non era e i sessi si manifestavano congiunti nell'indistinzione caotica della natura naturans. Insomma, ancora il mito di Cibele e di Agdistis cui si accennava sopra. Ignorando il problema di un dio fecondatore e insieme capace di generare, problema che certo non compete a Zeus, dio relativamente giovane del politeismo greco, Platone immagina tre sessi originari: il maschio, la femmina e l'androgino. Distinzione questa che ripropone inconsciamente il rapporto tra una divinità primordiale, antropomorfa e totalizzante e la bisessualità della natura umana quale si manifesta con la polarità maschio - femmina. Ciò che nel Simposio, Aristofane dice a Eurissimaco, presuppone non solo l'esistenza di un Grande Androgino originario, ma attesta altresì di una υβρις fondamentale presente nell'androgino umano, superbia e vigore in eccesso che, esattamente come avviene per Agdistis, devono essere puniti. "Dunque - dice Aristofane - i sessi erano tre e così fatti perché il genere maschile discendeva in origine dal sole, il femminile dalla terra, mentre l'altro, partecipe di entrambi, dalla luna, perché anche la luna partecipa del sole e della terra. Erano quindi rotondi di forma e rotante era la loro andatura perché somigliavano ai loro genitori. Possedevano forza e vigore terribili, e straordinaria superbia; e attentavano agli dei..."
Fu così che Zeus prese la decisione di punire gli androgini, ma, esattamente come per Agdistis, la punizione non comportò la privazione della vita, ciò che – osserva Platone - avrebbe determinato la scomparsa degli onori e dei sacrifici che gli uomini attribuivano agli dei e, se Agdistis fu evirato, gli androgini videro il proprio corpo tagliato a metà e, dopo di allora, dedicarono l'esistenza alla ricerca della metà resecata. E ciò non tanto col desiderio di unirsi alla propria opposta polarità, come vorrebbe far credere un'interpretazione falsamente poetica che, solo nel matrimonio, santifica l'unione dei sessi, ma con l'idea della più completa reintegrazione dell'androgino primordiale. Il che, poi, non è tanto una metafora poetica dal momento che esiste un'abbondante letteratura sull'androginia e una sua altrettanto ricca rappresentazione nelle arti figurative. La questione, talora ossessiva, si riassume nella domanda di Herman Melville: (Quale scherzo cosmico o errore dell'Anarca / ha spaccato l'essere umano integro / e ha lanciato i frammenti attraverso la porta della vita?) " Evidente, nei versi di Melville, il rimpianto per la condizione edenica quando Adamo non conosce Eva ed è ancora l'Adam Qadmon, l'uomo cosmico creato a immagine e somiglianza del Grande Androgino. La legittima aspirazione a riconoscere e celebrare le due polarità della natura umana si muta nel desiderio impossibile e titanico di un uomo considerato integro, perché dotato di entrambi i sessi, a imitazione del suo fantomatico e carnale creatore. C'è di più: il mito dell'androgino, sotto il velo poetico e religioso, cela un'altra verità. L'avversione e l'invidia maschile per la femmina alla quale soltanto è concesso di generare, tant'è che, per un verso si dice che la donna è costruita, non creata e, per altro verso, si pretende di annullare l'identità femminile, di farne a meno, per così dire, a tutto vantaggio di un ibrido di entrambi i sessi, sublimato per essere a immagine e somiglianza di Dio, come lui maschio bisessuato, dotato di straordinari poteri.
Questa visione antropomorfa, maschile e materialista della divinità si trova, con diverse accentuazioni, in tutte le religioni e nella tradizione ebraico - cristiana trova la sua pietra d'inciampo nell'allegoria del serpente e della scimmia. Cosa dice il serpente alla donna? Che se lei e il suo compagno mangeranno il frutto proibito, diverranno simili a Dio. Ed ecco Adamo ed Eva che, in luogo di reintegrarsi nell'Uomo cosmico, si trasformano in simia dei, scimmia di Dio. Così, l'androgino, lungi dall'essere 'un nuovo stato in cui le caratteristiche essenziali del maschio e della femmina coesistono armoniosamente' o il luogo a cui 'la mente s'innalza al di sopra dei nomi e delle forme' e dove 'anche le divisioni sessuali vengono superate', lungi dal rappresentare il ritorno alla condizione edenica e a Dio, ne è piuttosto l'allontanamento, con la discesa nel caos indistinto della natura naturans, dove ogni identità scompare nella babele delle forme, perché ogni forma è ancora lontana dall'individuazione. Il Pimandro, echeggiando il Genesi, ripropone la bisessualità fondamentale della natura umana, la successiva separazione dei sessi per volere divino e il conseguente appello all'accrescimento e alla moltiplicazione del genere umano.
In altri trattati ermetici, tuttavia, si fa strada una più complessa dinamica dei rapporti uomo - Dio. E' il mondo, inteso come totalità del reale, ad essere creato a immagine di Dio, non l'uomo, e se il creatore è eterno e ingenerato, la realtà (mondo, cosmo) che è generata, è soltanto immortale. L'uomo, invece, non è né eterno né immortale, perché generato dal mondo, sebbene egli partecipi dell'immortalità mediante l'intelletto: "Primo di tutti gli esseri, in realtà è Dio, eterno, ingenerato, creatore dell'universo; secondo è colui che è stato creato da Dio a sua immagine e che da Dio è tenuto in vita, nutrito e dotato di immortalità...Il Padre dunque, generandosi da sé, è eterno, il mondo invece, essendo generato dal Padre, è generato ed è immortale. E quanta materia era soggetta alla sua volontà, tutta questa il Padre la foggiò in forma di corpo e, avendole dato un volume, la rese sferica...Dio circondò il tutto di immortalità, affinché, anche se la materia volesse separarsi dalla composizione di questo corpo, non potesse dissolversi tornando al disordine che le è proprio...I corpi degli esseri celesti possiedono un unico ordine, quello che hanno ricevuto dal Padre fin dalla loro origine; e quest'ordine è conservato immutabile dal ritornare periodico di ciascuno di essi al suo posto primitivo (il ritorno periodico degli astri a un punto fissato della loro traiettoria, indica quindi l'immobilità dell'ordine celeste)...Il terzo essere vivente è l'uomo, creato a immagine del mondo, e che, a differenza degli altri esseri terrestri, possiede l'intelletto per volontà del Padre; non solo è unito per affinità al secondo dio, ma può conoscere il primo dio con la facoltà intellettiva."
Il medesimo concetto, dell'uomo creato a immagine del mondo, è ripreso nel IX Discorso, nel X per sostenere che il mondo è bello ma non buono perché soggetto a passioni e per ribadire la gerarchia degli esseri: Dio, il cosmo e l'uomo. E' ripreso di nuovo nel discorso che l'intelletto rivolge a Ermete per meglio fissare, in rapporto a Dio, i concetti di eternità, cosmo o non per definire, in rapporto al cosmo, i reali significati di morte, trasformazione, visibile, invisibile, rotazione e sparizione. Per quanto la concezione ermetica ricordi il Timeo platonico nel fare del cosmo l'immagine dell'eternità, passaggio dal caos all'ordine, generato e immortale ; per quanto i trattati parlino del cosmo come di un secondo dio, non bisogna dimenticare il carattere sostanzialmente monoteistico della teologia ermetica: uno e solo, è il fondamento stesso della divinità così parla ad Ermete:
"Che esista dunque un creatore di queste cose, è chiaro; che sia anche unico, è ancora più evidente; una è l'anima, infatti, una la materia, una la vita. Chi è dunque questo creatore? Chi altro se non Dio, che è unico? A chi altro infatti si converrebbe creare esseri animati, se non a Dio solo? Dio dunque è unico. Sarebbe una cosa del tutto ridicola: hai ammesso con me che il dio, tempo e divenire e mondo è sempre uno, uno il sole, una la luna, una l'attività divina, e vorresti che Dio proprio lui, fosse membro di una serie?"
Dio - uno è davvero il Grande Androgino descritto nel primo capitolo del Genesi, in alcuni trattati ermetici e nel pantheon delle diverse religioni? In contrasto con quanto si afferma sia nel Pimandro che nell' Asclepio, nel già menzionato discorso ad Ermete la soluzione prospettata, nonostante l'apparente dualismo, è decisamente in armonia col pensiero complessivo dell'ermetismo. Per un verso Dio, come principio trascendente, è incorporeo e dunque privo di forma, per altro verso Dio, creatore del cosmo, presenta tutte le forme:
"Il mondo è multiforme, non perché contiene in sé stesso le forme, ma perché muta in se stesso. Poiché dunque il mondo è stato creato multiforme, come può essere colui che lo ha creato? Non potrebbe essere privo di forma. D'altra parte, se egli è multiforme, risulta che è uguale al mondo. Ma se possiede una sola forma?In questo sarà inferiore al mondo. Come possiamo dunque dire che è, per non lasciare il discorso senza una conclusione certa? Niente vi è infatti di dubbio per noi nella conoscenza di Dio. Dio quindi ha una sola forma che sia propria di Dio, la quale non sia però oggetto degli organi della vista, e cioè incorporea; Dio presenta tutte le forme attraverso i corpi."
Poiché, dunque, c'è forma solo per rapporto alla materia, Dio non ha forma, né, tantomeno, può improntare di sé una qualsiasi forma da trasmettere all'uomo, percui si possa dire che egli goda di natura bisessuale. Egli, tuttavia, creando il cosmo, è presente in tutte le forme e si trova tanto nel corpo del maschio che in quello della femmina e quando maschio e femmina si congiungono nell'amplesso, ricostituendo l'unità del creato (cosmo), sono a lui più vicini. Androgino è dunque il cosmo, non l'uomo, nel senso che ogni aspetto del reale necessità dell'azione congiunta della femmina e del maschio, e benché si dica che il cosmo è creato a immagine di Dio, la sua somiglianza, poiché Dio è privo di forma, si estrinseca nell'unicità e nell'immortalità, ma già differisce nel principio stesso della sua esistenza, armonico in sé ma suscettibile di contrasto e separazione nell'individuazione delle forme del divenire. Tant'è che gli ermetici lo dicono bello, ma non buono ad indicare che è soggetto a passione e corruzione, non in sé, ma nel tempo e nello spazio.
Cosa, d'altra parte, ci fa persuasi che il cosmo è uno, visto che la realtà si manifesta sempre nella forma della polarità e della contrapposizione (maschio - femmina, male -bene, odio - amore, luce - tenebre, giorno - notte, vita - morte...)? Non potendo creare un altro se stesso, se non riproponendo - come già si è detto - l'identità di sé, Dio scelse di creare, si un dio, perché, a propria immagine e somiglianza, lo fece uno e immortale, ma un dio visibile e sensibile, non tanto perché costui percepisse ma perché potesse essere percepito: nacque così l'androgino ermetico - primo mattone della costruzione del cosmo, mirabile pietra grezza in cui la trinità converge nell'unità ancora indistinta e caotica, unico e vero figlio di Dio, logos divino in cui Dio si è fatto carne. Questi e solo questi è l' Adam Qadmon, l'androgino primordiale, il caos primigenio che contiene indifferenziati il principio maschile e il principio femminile, e per mezzo del quale nasce l'ordine (cosmo) e si conoscono le forme transeunti e molteplici del reale. Sotto questo profilo, l'intera storia, non solo dell'umanità, ma di tutte le forme esistenti e di quelle di là da venire, altro non è che la grande epopea dell'Ermete Trismegisto, il mercurio tre volte grande, non perché - come è stato detto - egli sia figura umana dotata di straordinaria saggezza e signore nei tre regni, bensì, perché è l'anima di tutte le fasi della Grande Opera. Dove il mercurio è tre volte grande? Nell'essere materia prima dell'Opera, nel morire e nel saper rinascere. Egli è ad un tempo la pietra grezza, la pietra lavorata e la pietra filosofale. Non a caso il suo nome greco, Ermes, significa pilastro di pietra e in tale forma veniva spesso rappresentato. Nella mitologia greca, egli è padre di Ermafrodito (l'androgino, la pietra grezza), generatogli da Afrodite nata dalla spuma del mare, fecondata dai genitali recisi di Urano.
Cosa fa l'alchimista con arte spagirica? Egli separa l'unità indistinta e caotica degli elementi (sale, zolfo e mercurio) che formano la pietra che non è una pietra e li ricompone nell'unità mirabile e aurea della pietra filosofale. Il medesimo lavoro è possibile in tutte le tradizioni. In quella ebraica, il sigillo o esagramma di Salomone contiene, racchiusi in un cerchio (sale - terra), due triangoli contrapposti e incrociati, simboli del fuoco (zolfo) e dell'acqua (mercurio). L'esortazione contenuta nella Tavola di Smeraldo può essere compiuta: 'lavare col fuoco e bruciare con l'acqua'. E lo Zohar, in un passo che ha per tema la dialettica luce - oscurità, così ripropone il significato della creazione umana fatta a immagine e somiglianza di Dio: " ‘A nostra immagine' corrisponde alla luce (principio maschile). 'A nostra somiglianza' corrisponde all'oscurità (principio femminile), che è una veste per la luce ".
Nell'androgino ermetico, il maschio (la luce, il fuoco, il sole) è oscurato (velato) dalla femmina (la veste bianca della luna). Ma la tradizione cristiana si spinge anche oltre. Nella Lettera agli Efesini, Paolo di Tarso chiama Cristo pietra principale. Con Cristo (poco importa, sotto questo riguardo, se egli sia davvero esistito), la chiesa di Pietro ha finalmente realizzato il 'sogno divino' (e umano) di Adamo di trasformare la terra nell'oro dello spirito. Cristo, come Adamo, non nasce di donna, egli è figlio unigenito di Dio. A differenza di Adamo, egli ubbidisce al padre: accetta la morte, ma per avere vita eterna. Il suo calvario addita la via da seguire per trasformare il piombo in oro, la pietra grezza in pietra filosofale. Risorge, infine, dalla tomba per essere lievito di vita. Egli è si 'la via, la verità e la vita' ma solo come metafora dello spirito immortale presente nel primo mattone con cui Dio ha fatto il cosmo. Peccato averlo fatto uomo, peccato averlo idolatrato assieme al padre suo concepito a stregua di un prodigio umano, un ibrido dotato di fallo e di vagina.
Sergio Magaldi

24 gennaio 2011

- Unità d'Italia




Roma 7 gennaio 2011 Italia 150: Raffi (Goi), il paese unito è una risorsa per l'Europa e costituisce il presupposto per non precipitare nel terzo mondo.

La Libera Muratoria darà il proprio contributo per far ritrovare agli italiani fiducia e coesione "L'Italia Unita è una risorsa di democrazia e di civiltà per l'Europa intera. Oggi inizia la grande avventura di chi non vuole relegare la Bandiera nel cassetto dei ricordi museali, di chi non vuole scoprire targhe o fare rievocazioni senz'anima ma intende invece riscoprire gli ideali, la forza morale e la progettualità politica che hanno costruito la forza di un Paese uno e indivisibile, come i nostri padri lo hanno voluto". Così Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, parla dei festeggiamenti dei 150 anni dell'Unità d'Italia, che si aprono oggi a Reggio Emilia, la città dove 214 anni fa nacque il Tricolore. "Come ci ricorda con il suo esempio altissimo il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano – prosegue l'avvocato ravennate alla guida della Libera Muratoria di Palazzo Giustiniani - abbiamo il compito di ritrovare fiducia, unità e coesione nazionale, capacità di risolvere i problemi, insieme a progetti che indichino la strada al di là di ogni polemica di parte e del cortile degli interessi. La lezione della storia risorgimentale, i valori intangibili di libertà e democrazia, il sacrificio di tanti giovani che hanno reso possibile un sogno unitario – rimarca Raffi – sono il cemento ideale con il quale le pietre dell'appartenenza e dell'identità italiana si rinsaldano in questo anno di speranze e di riflessioni profonde, affrontando a viso aperto le sfide che ci attendono". "In questo percorso – assicura il Gran Maestro del GOI- la Libera Muratoria farà la propria parte per far ritrovare agli italiani i valori e il sensi di appartenenza alla nazione, e attraverso un ricco programma di celebrazioni, apprendimenti, proposte ed eventi, intende contribuire a rendere più vivo e forte lo spirito unitario. Non vogliamo un'Italia divisa tra Nord e Sud, né festeggiamenti in cui ciascuno ostenti i propri 'santini laici' o medaglioni narrativi di diverso colore. La grande scommessa è vivere invece eventi che abbiano una memoria condivisa. Servono ricostruzioni capaci di conciliare il coraggio del Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Giuseppe Garibaldi, con il grido del Sud e del suo Risorgimento incompiuto, le pagine di Giuseppe Mazzini con quelle di Carlo Alianello. E' ora anche di ricostruire e valorizzare anche il ruolo del Grande Oriente d'Italia e dei liberi muratori nella formazione dell'identità nazionale. Insieme – conclude Raffi - si può superare l'incompiuto che manca. Per vivere l'Italia e rinsaldare il patto di fratellanza che unisce gli italiani, dando respiro ai valori di libertà, democrazia e civiltà".

21 gennaio 2011

- ALEISTER CROWLEY


Boleskine House è immersa nel verde iridescente della Scozia, sulla riva di un lago misterioso e mitico, Lock Ness. La villa, dall’architettura tradizionale anglosassone, estesa lungo un unico piano, è ormai leggendaria. Nel 1899 Boleskine House fu acquistata da Aleister Crowley, probabilmente uno dei più grandi alchimisti e padre fondatore del moderno occultismo. L’acquisto compiuto per un’ingente somma di denaro, era dettato da precise esigenze rituali. La villa aveva, infatti, la struttura perfetta che secondo il Libro della Sacra Magia di Abramelin il Mago avrebbe permesso di compiere a Crowley, in un’ala interamente adibita a tempio, i rituali per le Operazioni di Abramelin. Aleister Crowley, nato in Inghilterra nel 1875 da una famiglia di cristiani evangelici integralisti, iniziò la sua indipendenza dalla famiglia d’origine, ottusa e chiusa, studiando filosofia al Trinity College dell’Università di Cambridge. Durante i tre anni di permanenza a Cambridge il giovane Aleister fu iniziato a pratiche occulte e mistiche, distaccandosi notevolmente dalla visione della vita religiosa e puritana, che gli era stata imposta da bambino. è proprio a Cambridge che Crowley intrecciò conoscenze con poeti, artisti, letterati e filosofi, molti dei quali dediti alla pratica magica ed alchemica. Iscrittosi successivamente all’Università, entrò a far parte dell’Ordine Ermetico dell’Alba Dorata, insieme a Julian J. Baker e Samuel Liddell MacGregor Mathers, famoso fondatore dell’Ordine che a tutt’oggi ha numerose diramazioni in aggregazioni dedite alla magia nera. Negli anni della maturità Crowley, abbandonò l’Ordine dell’Alba, in seguito ad una sua scissione interna, convinto di dover lui stesso essere fondatore di qualcosa di realmente nuovo ed illuminante. Dedicò i primi anni del ‘900 a viaggiare e conoscere: dal Messico, dove iniziò ad usare nei suoi rituali, miscelati con riti iniziatici antichi del luogo, la parola abracadabra; fino a Il Cairo, dove fondò una nuova religione, chiamata Thelema che, secondo pratiche ed evocazioni articolate, doveva permettere agli adepti di entrare in contatto con le supreme divinità egizie. Lui stesso, come riporta in numerosi appunti di diari autografi, seguendo istruzioni di antiche scritture egizie, entrò in trance, sotto la guida della moglie Rose Edith Kelly, per poi mettersi in contatto sovrannaturale con il dio egizio Horus. Negli anni numerose sono state le opere da lui pubblicate, non senza difficoltà e ostruzionismo dalle case editrici. Il libro giovanile The Equinox, era un’acerba, ma accurata presentazione dei primi rituali occulti da lui conosciuti attraverso l’appartenenza all’Ordine dell’Alba. Il libro presentava inoltre aspre critiche agli oppositori all’Ordine e soprattutto alla tradizionale scuola del misticismo antico, avversa alle nuove pratiche sperimentate dalla moderna magia nera. Nel 1907, con la fondazione di un suo nuovo ordine di nome Argenteum Astrum (A:.A:.) diede inizio alla stesura di un’opera monumentale, The Holy books of Thelema. Nel 1919 crowley fu costretto a vendere Boleskine House, per esigenze di denaro. La villa però rimase nella storia come la sua più autentica dimora, dove Crowley maturò, sperimentò e condusse, in tutti i suoi più torbidi aspetti, la sua vita d’occultista ambiguo e criptico, che lo rese famoso. Ancora oggi i Thelemiti crowleyani, sparsi ovunque nel mondo, considerano il luogo alla stregua della Mecca per gli islamici. Ognuno di loro, almeno una volta nella vita, deve compiere un pellegrinaggio presso Boleskine House, assaporandone l’aria e l’atmosfera inquietante. Dopo la vendita di Boleskine, Crowley decise che, come ogni ordine religioso, anche Thelema avrebbe dovuto avere il suo luogo di culto. Arrivò quindi in Italia, esattamente in Sicilia, a Cefalù. Qui, nel cuore dell’Italia tradizionale e bigotta, sicuramente avversa alle stranezze di comportamento di Aleister, fondò la leggendaria Abbazia di Thelema. Il tempio consisteva in realtà nell’abitazione piuttosto semplice dove lui soggiornava, nella località di Santa Barbara, dove i suoi seguaci avrebbero trovato rifugio in ogni tempo. La casa, frequentata da uomini eccentrici da ogni punto di vista, fu soprannominata la Casa della Bestia, con elementari riferimenti a Satana. Lo stesso Crowley amava autodefinirsi La Grande Bestia, ironizzando sulla valenza mefistofelica che veniva data dal “popolo” alla sua figura ed alla sua attività così misteriosa. Con l’avvento del fascismo però Crowley dovette lasciare in tempi rapidi il bel paese per trovare nuova dimora nella fatiscente e malinconica Lisbona. Famoso il suo incontro con Fernando Pessoa, scrittore dalla passione smodata per occultismo e oroscopi. Sembra, infatti, che in un intreccio goliardico di situazioni, dopo il loro incontro molto familiare e di sintonia, Pessoa e Crowley organizzarono una falsa scomparsa di quest’ultimo. Pessoa, l’ultimo ad averlo visto, fu a lungo interrogato dalla polizia, allarmata per l’incredibile sparizione di un personaggio tanto scomodo, rischiando perfino la galera. Crowley riapparve a Londra dopo qualche giorno, senza che nessuno lo avesse notato nel viaggio da Lisbona a Londra. La dimostrazione della possibilità di sparire e di celarsi dal mondo. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, la sua vita prese svariate pieghe. Allontanato dalla Germania, dove il regime nazista cercava di schiacciare tutti i movimenti indipendenti dal partito, comprese le organizzazioni di maghi e occultisti, Crowley tornò in Inghilterra, dove visse i suoi ultimi anni prima della morte, avvenuta a Hastings nel 1947 per un’infezione respiratoria. Aveva 72 anni. Nel mondo dell’occulto del nostro secolo Aleister Crowley è considerato un’autorità eccelsa. Spesso accostato ingiustamente a pratiche sataniche, riuscì a divulgare le sue opere contenenti simboli e linguaggio esoterico persino sulla stampa, con la pubblicazione di alcuni stralci di The Equinox. Scandalosamente prosaico anche nelle attività sessuali, dedito alla bisessualità, ad orgie mistiche, magia sexualis e comportamenti pubblicamente osceni, divenne con il tempo una personalità influente per tutta la cultura underground, dalla musica alla letteratura, fino al cinema. La sua stessa dimora Boleskine House fu acquistata nei primi anni ‘70 dal leggendario chitarrista dei Led Zeppelin, Jimmy Page, affascinato dalla figura di Crowley e famoso collezionista di oggetti a lui appartenuti. Secondo leggende metropolitane, parte dei brani contenuti nell’album Led Zeppelin III, se sentiti al contrario, richiamerebbero frasi simbolo della religione Thelemita. Celebrato nelle canzoni di Ozzy Osborne, subito dopo la scissione dei Black Sabbath, citato dai Beatles, da David Bowie, da Mick Jagger, dai Klaxons, è stato simbolo e divinità anche di numerosi ordini musicali mistici, creati da esponenti influenti della musica psichedelica, come Genesis P- Orridge, uomo androgino ed in evoluzione transgender che ha fondato nel 1981 del T.O.P.Y., Tempio Della Gioventù Psichica. Ma non è sola la musica ad aver subito il fascino di Crowley. Dai fumetti di Alan Moore (V per Vendetta) fino a Martin Mystere e al serial tv X Files, telefilm cult degli anni ‘90, Aleister Crowley continua ad essere ispirazione. Non tutti inoltre sanno che lo stesso fondatore di Scientology, Lafayette Ronald Hubbard, è stato membro thelemita. Un’ombra lunga, pesante, oscura ed importante è stata dettata da Crowley nella cultura magica moderna. Nessuno aveva fatto tanto, nemmeno Il Conte di Cagliostro. Ragionando quindi nell’ottica di questa influenza profonda e ad ampio raggio, si riesce a comprendere quanto il mistero di pratiche sconosciute ed aeree, senza la minima corrispondenza con la realtà, siano oppio per i popoli moderni, così come, secondo Marx, lo era la religione.
Laura Novak

18 gennaio 2011

- La Catena simbolica


Per scrivere questo testo non mi sono basato su di una lettura specifica o su di un libro in particolare; ma dovrei affermare che diverse letture e diversi libri hanno concorso alla stesura delle seguenti riflessioni. Molto spesso si legge e si dimentica in fretta ma poi, inspiegabilmente, riemergono delle riflessioni. Non pretendo che esse siano originali; riaffiorano così, senza sapere da dove veramente provengono. I Riti hanno tra le loro funzioni essenziali il compito di congiungere il visibile all’invisibile; essi costituiscono un legame fluido che unisce il singolo corpo massonico alla totalità dello spirito massonico universale dandone, pure nella sua diversità di interpretazioni, un’uniformità di prerogative e di intenti. Congiungere il visibile all’invisibile significa partire dal concreto, dal reale e dal consultabile, e slanciarsi oltre, infrangere le barriere dei preconcetti e dei conformismi per capire, comprendere, intuire. Il Rito ci riconduce dunque da una percezione visiva, e dunque facilmente comprensibile, ma parziale e insicura perché singola e individuale, verso la comprensione di un insieme coordinato e universale del tutto; la percezione dell’invisibile. Tra tutti i gesti rituali, quello della Catena mi sembra essere il più importante dal punto di vista occulto come da quello simbolico. Dapprima la Catena è associata all’idea di solidità: essa accompagna la trasmissione del movimento e della potenza. Ogni volontà umana per manifestarsi pienamente nel mondo materiale deve necessariamente collegarsi ad un intermediario il quale a sua volta è una base solida di trasmissione. Ogni collettività, ogni associazione sviluppa uno spirito di gruppo molto più forte e intenso dello spirito che può sviluppare una singola persona che fa parte del gruppo. Le istituzioni massoniche, ovvero l’insieme delle obbedienze massoniche, concorrono così tutte assieme, anche se ognuna in modo particolare e personale, alla trasmissione della Tradizione e delle Conoscenze; esattamente come in una catena dove ogni singolo anello è perfettamente ancorato in un tutto. Le volontà individuali sono spesso deboli e vacillanti, le nostre stesse aspirazioni al bene sono talvolta incerte, ma esse potranno essere vigorosamente sostenute e rafforzate se esiste in ogni coscienza individuale la certezza e la sicurezza di un sostegno collettivo. Prima di terminare i lavori massonici, allorquando le mani si uniscono in una Catena evocando l’unione di tutti i Massoni, una forza unificatrice e confortante aleggia su tutta la Loggia. Ed è appunto in questo preciso momento che è più che legittimo considerare la Massoneria come un centro propulsore di Idee – Energie che si propagano nel mondo, provocando attività nuove, feconde, e da dove sorgerà la concezione di una nuova società, certamente meglio equilibrata, senz’altro più umana, e sicuramente universale. Ed è in questa propulsione di Idee – Energie che si può facilmente intravedere, in un gruppo di uomini i quali lavorano in segreto al perfezionamento delle loro facoltà e alla ricerca del Vero, qualche cosa di simile ad una radio emittente le cui onde invisibili attraversano ostacoli insormontabili e, entusiasmando delle menti ricettive, potranno cosi sviluppare delle nuove energie individuali capaci di traguardi e obiettivi importanti e certamente innovativi. È dunque evidente che la Catena crea un campo magnetico e che la tensione di questo campo sarà tanto forte quanto attivo sarà ogni singolo anello. Se dunque ogni Massone fosse pienamente cosciente del proprio ruolo, non soltanto la Massoneria si farebbe più forte e vigorosa, ma pure il mondo intero subirebbe l’influenza benefica che si sprigionerebbe dalle diverse Logge. L’azione per essere efficiente non ha bisogno di una intensa pubblicità, al contrario; è nel silenzio e nella meditazione attiva che i pensieri diventano Idee - Energie ed è attraverso la Catena che queste idee sono poi proiettate nel mondo profano. La catena è dunque un gesto rituale. Essa unisce i Massoni fuori dello spazio e del tempo. Se ogni persona è fisicamente prigioniera in uno spazio ben definito, lo spirito è tuttavia libero; esso vaga al di là del Tempio, oltre le frontiere e gli oceani. Le mani unite in una Catena ricordano dunque la perennità della Fratellanza massonica sulla terra. La parola catena esprime dunque, come abbiamo già ricordato, una precisa nozione di trasmissione. Riunendosi nella Catena, ogni Massone incarna l’idea di trasmissione che vuole simboleggiare la vita e l’energia creativa. Nella Catena simbolica si considera volentieri che la mano destra sia una emittente e che questa trasferisca alla mano sinistra l’energia ricevuta. Quest’energia si propaga poi da un anello all’altro. Questa Catena, formata da persone di buona volontà e animate da ideali di verità e giustizia, rappresenta anche una comunità di cuori e di pensieri e suggerisce pure la nozione di un legame indissolubile con quell’unione massonica fraterna sparsa su tutta la superficie del globo. La Catena appare adunque essenzialmente come il simbolo di una solidarietà umana o, meglio ancora, come una specie di riconciliazione universale. Si tratterebbe infatti di una specie di integrazione cosciente in un universo dove ogni partecipante è un anello attivo in una società umana ideale. Ogni anello ha uguale importanza, tanto quello del Venerabile quanto quello dell’apprendista, dell’intellettuale come dell’operaio; tutti concorrono con la loro presenza alla solidità e all’ampiezza della Catena con una responsabilità individuale e collettiva. Siamo dunque Catena ma siamo pure anche Anelli; ovvero anelli di congiunzione. Ma i nostri corpi che uniscono le mani formano pure e nello stesso tempo una Catena spirituale. La Catena unisce dunque i poli fondamentali della nostra esperienza, congiungendo spirito e materia, corpo e anima, cielo e terra, passato e presente. Durante la formazione rituale della Catena i nostri punti di contatto fisico sono le mani che si chiudono le une con le altre, nella speranza che niente si perda, che tutto riviva; nella speranza che sapere, coscienza e conoscenza continuino ad illuminare i sentieri dell’ignoranza e della presunzione, per permetterci di scoprire e approfondire idee edificanti e legate indissolubilmente alla vita. L’individuo isolato, quello che orgogliosamente e per una sua precisa volontà vuole da solo affrontare la potenza dell’insieme, sarà presto schiacciato, sommerso, annientato, e il meno che gli possa capitare è di vedersi sopraffatto dagli avvenimenti senza riuscire a difendersi. In questo nostro mondo cosi travagliato, in questa nostra epoca dove regnano sovrane confusione e disordine intellettuale-morale, per resistere, sopravvivere e orientarci è oramai cosa urgente formare e consolidare la nostra propria Catena massonica. La Catena, generalmente formata prima della chiusura dei lavori, è dunque l’unione delle mani di tutti i partecipanti di una Loggia, senza distinzione di grado, affinché circoli tra i presenti la corrente magnetica della Fratellanza. La cordicella di cui si servivano i Massoni operativi per tracciare e delimitare il contorno di un edificio in costruzione formava essa pure una forma chiusa, quasi una catena che circondava tutto l’edificio, delineandone le sue forme esteriori. Bisogna tuttavia ricordare che le grandi costruzioni antiche erano sempre costruite secondo un modello cosmico; d’altronde è espressamente specificato che la Loggia è l’immagine del cosmo. La cordicella che ha racchiuso e delimitato l’edificio nella sua fase di progettazione ha dunque saputo determinare il suo perimetro esterno e dunque la sua capienza; essa è pertanto diventata la cornice di una determinata costruzione che si voleva appunto su modello cosmico. La Catena può anch’essa essere considerata una cornice, perché delimita le frontiere esterne di una costruzione racchiusa nel suo interno, ed è per questo motivo che ha tra le sue funzioni, e forse anche come funzione principale, quella di mantenere al loro posto i vari elementi che contiene o che racchiude al suo interno, in modo da formare un tutto ordinato. La Catena che si forma in Loggia racchiude e delimita essa pure tutti gli elementi importanti e basilari del Tempio massonico, mantenendo nel suo interno i vari elementi e in un tutto ordinato e coerente. La Loggia, grazie alla Catena, viene così delimitata e incorniciata da qualche cosa che in un certo modo corrisponde alla cornice stessa del cosmo. La Catena deve infatti anche racchiudere, legare e unire questi elementi fra di loro. Il Tempio, immagine del Cosmo, diventa dunque un piccolo mondo chiuso e completo, incorniciato dalla nostra Catena. L’essere umano è infatti un essere delimitato in un microcosmo dove l’idea di fissazione o di stabilizzazione è evidente. Si tratta infatti di delimitare entro una cornice, ossia, come abbiamo detto in precedenza, di raccogliere e mantenere al loro posto i diversi elementi che essa circonda e racchiude, proteggendoli dal caotico mondo esterno; dalle confusioni, ovvero dalle disordinate e perverse negatività. In altre parole la Catena deve saper unire e trasmettere un fluido magico tra i suoi anelli, ma deve pure sapere, come una cornice, racchiudere e delimitare valori, principi e ideali massonici da preservare e proteggere. Appartenere, quale semplice anello, alla Catena è inoltre, per il singolo Massone, indubbiamente rassicurante. La vita con i suoi rumori assordanti ci distrae spesso dai valori più semplici ed essenziali per proporci delle superficialità sempre più complicate ma inutili e menzognere. Spesso l’individuo s’incammina solitario senza guida, senza sostegno, nel labirinto buio della vita. Talvolta segue, e magari anche con entusiasmo, ideologie politiche o credi religiosi per poi scoprire spietati opportunismi e malvagi raggiri. Appartenere alla Catena, quale semplice anello, e poter approfittare della sicurezza e della solidità della Catena intera, in un universo fatto di fiducia e di solidarietà, produce sul singolo individuo un benessere e una tranquillità interiore inappagabile. Ecco la serenità interiore che occorre, non solo al Massone, ma all’umanità tutta, per mantenere vivo il contatto con lo spirito, con il sacro, con il divino.
FLORIANO PELLANDA

13 gennaio 2011

- Trasmutazione Interiore.

Con l’espressione "trasmutazione interiore" si intende definire l’antichissima arte della produzione e sviluppo del “corpo sottile” (detto anche “corpo astrale”, corpo di sogno”, ecc.): ovvero la possibilità, presente nell’essere umano allo stato potenziale, di suscitare in sé un’entità energetica di fatto indipendente dal corpo fisico, nella quale egli è in grado di trasferire la propria personalità cosciente per farla agire nell’ambito di "piani di realtà " alternativi al piano della realtà oggettiva, e attingere da questi conoscenze, risorse e poteri che dall’uomo comune vengono considerati soprannaturali. Le tecniche atte a pervenire a un simile risultato sono giunte fino ai nostri giorni per mezzo di "catene" di trasmissione, più o meno segrete o clandestine, delle quali possiamo trovare traccia in seno a tutte le civiltà. Studiando le scuole trasmutatorie nei diversi paesi del mondo, è facile constatare che le tecniche da esse insegnate sono molto simili tra loro, malgrado la distanza: meditazione e consimili esercizi mentali, ripetizione autoipnotica di formule magiche (i "mantra"), tecniche di controllo dei sogni finalizzate al riaffioramento dell’inconscio, digiuni, assunzione controllata di droghe, particolari esercizi ginnici, tecniche di controllo dell’ energia sessuale, ecc. Tramite questi metodi il praticante, sotto la guida di uno o più maestri, può pervenire al "risveglio" del corpo sottile, il quale si manifesterà alla sua coscienza dapprima durante il sonno o in stato di trance, per poi passare gradualmente ad assumere il controllo della sua personalità anche nello stato di veglia, determinando l’acquisizione di modi percettivi supplementari fino a allora sconosciuti. Quando il lavoro di trasmutazione interiore è terminato, il "risvegliato" ha acquisito la capacità di spostarsi a piacimento dall’uno all’altro degli innumerevoli piani di realtà possibili, dai quali potrà attingere preziose energie sottili che non sarebbero altrimenti disponibili nel nostro mondo, e trasferirle sul piano della realtà oggettiva; in conseguenza di questo, le sue energie, la sua influenza sugli altri, le sue capacità di azione e di realizzazione risulteranno dilatate al di là di ogni limite immaginabile. Dopo la morte del corpo fisico, l’"io cosciente" del risvegliato, rifugiandosi nel corpo sottile come in un’Arca, resisterà all’impatto delle forze disgreganti che fanno da corrispettivo, sul piano fisico, al fenomeno della putrefazione, riuscendo a sopravvivere, per un tempo teoricamente infinito, in uno qualsiasi dei "piani di realtà" alternativi cui ha accesso. E’ comune esperienza di chiunque abbia incontrato personalmente esseri umani appartenenti a contesti culturali più antichi del nostro che, più si va indietro nel tempo, più risulta attenuata nell’individuo la scissione nevrotica tra realtà interiore e realtà ambientale. L’integrità dei primitivi, spesso così trasparente da ogni loro espressione, usanza, parola o manifestazione, si ammanta di caratteristiche per noi rivelatrici nell’esame della civiltà più antica oggi esistente al mondo: quella degli Aborigeni australiani, giunta a noi sostanzialmente invariata dall’età paleolitica. Affermava David Mcknight, antropologo della London School of Economics, in un suo saggio sugli Aborigeni: “secondo un modello generale comune alla maggior parte delle tribù, esistono un "qui" e un "adesso" che formano l’esperienza di ogni persona, mentre parallelamente scorre il "Tempo di Sogno", entro il quale la gente si trasferisce quando sta dormendo. Nel lontano passato, secondo gli aborigeni, esisteva soltanto il "Tempo di Sogno", ma a un certo punto, in qualche maniera, ebbe luogo una rottura, e la differenza fra veglia e sogno emerse alla coscienza. Per Bruce Chatwin, la maggiore dignità dello stato di sogno rispetto allo stato di veglia è, presso gli Aborigeni, del tutto fuori discussione. E’ nel "Tempo di Sogno" che esistono gli archetipi degli animali, delle cose e di ogni forma di realtà sensibile; in sogno, l’essere umano apprende dal suo archetipo/totem le magiche canzoni che hanno il potere di far esistere il mondo. "Certe volte - disse Arkady - mentre porto i miei vecchi in giro per il deserto, capita che si arrivi a una catena di dune e che d’improvviso tutti si mettano a cantare. Che cosa state cantando? Gli domando, e loro rispondono: un canto che fa venir fuori il paese, capo. Lo fa venir fuori più in fretta" ( Bruce Chatwin, "The Songlines"). In questa fase primordiale della vicenda umana, la trasmutazione interiore era un’esperienza intimamente e spontaneamente vissuta da ognuno. Ogni uomo e ogni donna venivano al mondo forniti di un corpo sottile perfettamente integro e "risvegliato", che consentiva loro di spaziare liberamente tra il piano di realtà da noi conosciuto come "realtà oggettiva" e gli altri innumerevoli piani cui l’essere umano può accedere. E’ opinioni di molti che la prima significativa alterazione di tale equilibrio abbia avuto luogo come conseguenza di una glaciazione. Le inasprite condizioni di vita costrinsero i nostri antenati a concentrare più attenzione e maggiori energie sul piano della realtà oggettiva, col risultato che gli altri piani di realtà presero a indietreggiare, lentamente ma inesorabilmente, verso l’inconscio. Si entra così nella fase detta dello sciamanesimo, quando gli uomini delegarono a specialisti - gli sciamani, appunto - il compito de intrattenere i contatti con gli altri piani di realtà a nome dell’intera tribù. L’etnologo ed esoterista Carlos Castaneda (1925-1998) ha dedicato una dozzina di famosi libri alla cosmologia retrostante l’universo sciamanico degli Indiani d’America, al quale egli stesso sembra fosse stato iniziato. La sua opera è stata duramente attaccata, forse non a torto, sul piano della attendibilità scientifica; ma ha il pregio di ricostruire alla perfezione, con grande abbondanza di dettagli, le probabili fasi del regresso dalla condizione di "Uomo Primordiale" pre-sciamanico all’uomo contemporaneo, che ha perso completamente la capacità di utilizzare il proprio corpo sottile e può riacquistarla solo tramite un duro lavoro di trasmutazione. Secondo gli sciamani di Castaneda, l’aspetto dell’essere umano considerato nella sua totalità è quello di un "uovo luminoso" attraversato in ogni direzione da filamenti di energia. Sulla superficie esterna dell’uovo è presente il "punto d’unione": una tacca semisferica delle dimensioni di una palla da tennis, dalla cui posizione, ovvero dai filamenti che la attraversano, pervengono alla mente le svariate correnti energetiche che la mente riordina in termini di percezioni sensoriali.
Mentre gli antichi uomini erano in grado di spostare il proprio "punto d’unione" a volontà, trasferendo il corpo sottile (che Castaneda definisce "corpo energetico") dall’uno all’altro di innumerevoli mondi diversi, l’uomo moderno è pervenuto progressivamente a fissare il "punto d’unione" in una sola posizione, che è la stessa per tutta la collettività umana: quella che ci fornisce la percezione della realtà oggettiva. Soltanto durante il sonno, in seguito all’allentarsi dell’ attenzione, il punto d’unione di ciascuno scivola spontaneamente in altre posizioni, e il corpo sottile si trasferisce in altri mondi. Il modesto livello di intensità percettiva, la brevità e l’incoscienza che caratterizzano i sogni dipendono principalmente da due fattori: 1) l’uomo moderno non è a conoscenza delle tecniche necessarie per fissare stabilmente il punto d’unione nelle nuove posizioni raggiunte; 2) la volontà comune di miliardi di esseri umani che mantengono il punto d’unione fisso sulla posizione della realtà oggettiva crea un campo d’attrazione difficilmente contrastabile dal singolo individuo, il cui punto d’unione viene costantemente e inesorabilmente riportato alla posizione di partenza. Dalla "spiegazione del mondo" fornitaci da
Castaneda risulta chiaro che la fissazione del punto d’unione sulla realtà oggettiva è avanzata storicamente di pari passo con lo sviluppo del pensiero razionale. Al tramonto dell’età sciamanica, il passaggio graduale di buona parte dell’umanità dall’esistenza nomade alla vita sedentaria genera l’evolversi del pensiero razionale disorganizzato nel "pensiero lineare": un ulteriore passo avanti lungo il cammino della percezione oggettiva, che il mediologo Marshall Mc Luhan sintetizzò con queste parole:
"La storia occidentale si e’ modellata per circa tremila anni sull’introduzione dell’alfabeto fonetico (…). L’alfabeto è una costruzione fatta di parti frammentarie, senza significato semantico proprio, che devono essere disposte in riga, a guisa di cordoncino e in un ordine prestabilito. Il suo uso fece nascere e incoraggiò l’abitudine di percepire tutto l’ambiente in termini visivi e spaziali, e soprattutto in termini di uno spazio e un tempo uniformi, continui e connessi. La riga, ossia il continuo, divenne il principio organizzatore della vita".(M. McLuhan - Q. Fiore: “The medium is the massage”)
Con gli occhi ben spalancati sul mondo, il nuovo uomo "visivo", sedentario e alfabeta salda definitivamente il proprio punto d’unione al piano della realtà oggettiva. Si concentra sul dominio della materia: sorgono grandi città di pietra, sfilano eserciti. Il ricordo degli altri piani di realtà scivola nell’oblio. La percezione lineare di un “unico tempo possibile” lo soggioga ormai senza rimedio al decadimento fisico e alla morte: nemici che solo il controllo del corpo sottile gli consentiva di vincere, in un passato remoto. Il processo della civiltà sedentaria ha ormai scavato un fossato di incomprensione tra quanti si ostinano a fare ancora uso del corpo sottile e la maggioranza degli uomini. I trasmutanti devono nascondersi; l’arte trasmutatoria comincia proprio in quei lontani giorni il suo lunghissimo cammino nel segreto, che si perpetua a tutt’oggi. Alcuni
sciamani divengono sacerdoti. Per secoli, forse millenni il superiore livello di conoscenza conferito loro dal controllo del corpo sottile gli consente di controllare e dirigere lo sviluppo materiale dell’uomo. Essi usano trasmettere l’arte trasmutatoria di padre in figlio, nel massimo segreto, entro i limiti della propria casta. Ma quanto più, con gli anni, aumenta la difficoltà per la classe sacerdotale di mantenere sotto controllo strutture sociali sempre più complesse, tanto più gli stessi sacerdoti saranno costretti a dedicare meno tempo alla trasmutazione, ed energie sempre maggiori al piano della realtà oggettiva. Questa è la nascita delle religioni, in seno alle quali l’originaria matrice trasmutatoria è destinata a sopravvivere sempre più clandestinamente e a fatica, trasferendosi poco a poco dalla pratica rituale di ogni giorno entro i ristretti confini di miti, allegorie e simboli il cui senso profondo verrà progressivamente dimenticato. Dalla più antica dottrina sacerdotale scritta, il Vedanta , l’originale insegnamento trasmutatorio traspare ancora evidente. Secondo i Veda, l’essere umano considerato nella sua integrità comporta:

1. un certo numero di "possibilità" (in termini castanediani: posizioni del punto d’unione) che costituiscono la sua modalità corporea o grossolana;
2. una moltitudine di possibilità che, prolungandosi in diversi sensi al di là della modalità corporea, costituiscono le sue modalità sottili.
Una simile concezione denota piena consapevolezza, da parte dei suoi creatori, di quelle che sono le "possibilità" del corpo sottile; ma, sottolineando oltremisura la distinzione tra modalità "corporee" e "sottili", ci segnala che queste ultime hanno ormai perso d’importanza rispetto alle prime, perché il dominio del piano della realtà oggettiva si è ormai affermato. All’opposto della concezione aborigena, la dignità dello stato di veglia è considerata nei Veda ben superiore a quella del sogno. Soltanto un piccolo ulteriore passo ci separa dal sorgere dei grandi monoteismi, che dal sistema vedantino possono considerarsi derivati; concezioni del tutto estranee alla tradizione sciamanica originaria, nelle quali un "dio unico" trascendente (cioè esterno all’uomo) viene proposto all’uomo stesso come destinatario della sua attenzione, sottraendo energie sottili alla concentrazione del lavoro trasmutatorio a tutto vantaggio della sua integrazione nella compagine sociale. Per quanto le condizioni esteriori fossero ormai del tutto avverse, le scuole trasmutatorie riuscirono a perpetuarsi tanto in seno all’
Ebraismo (scuole qabbaliste) che al Cristianesimo (esicasmo) che all’ Islam (sufismo). Potendo usufruire dell’egida protettiva delle religioni, le pratiche operative di queste scuole si sono tramandate fino ai giorni nostri, ma zavorrate perlopiù da sovrastrutture para-religiose talmente astruse e complesse da pregiudicarne gravemente tanto la comprensione quanto l’efficacia.
Niente affatto più invidiabile, d’altra parte, fu la sorte toccata alle scuole che si illusero di sopravvivere rigettando apertamente ogni contatto con la religione: dopo parecchi secoli di stentata sopravvivenza lontano dalla civiltà, nelle campagne e nei luoghi isolati, le loro ultime rimanenze vennero infine spazzate via nelle persecuzioni accese dalla controriforma e divampate nei roghi dell’Inquisizione. E’ questo il caso, per esempio, delle gilde stregonesche del nord Europa, i cui rituali sono stati parzialmente ricostruiti (pur senza cogliere le valenze trasmutatorie in essi adombrate) dall’antropologa Margaret Murray ne "Il dio delle Streghe”. A mezza strada tra il mimetismo para-religioso e il suo aperto rifiuto, migliore destino ebbero le scuole di indirizzo
ermetico e alchemico, diffusesi nel Medioevo in tutte le nazioni islamiche e cristiane. I complessi rituali di trasmutazione interiore da esse tramandati derivano direttamente dalle arti metallurgiche di età sciamanica; dalle quali, in tempi protostorici, ebbe origine la "filosofia ermetica", ovvero la trasposizione della "grande opera" degli alchimisti dal piano dell’attività artigiana a quello filosofico-speculativo. Da tempi precristiani divampa furiosa la querelle tra ermetisti e alchimisti operativi, se sia possibile o meno pervenire alla trasmutazione interiore basandosi esclusivamente sulle forze dell’intelletto, senza bisogno di sporcarsi le mani col pesante lavoro della fucina; in più di due millenni la questione non è stata risolta, e prosegue ancora oggi senza la minima speranza di soluzione.
In ogni epoca storica fu sempre facile, per gli alchimisti operativi, conquistarsi la protezione dei potenti con il miraggio della produzione dell’oro (che poi miraggio non era, se è vero che nel 1925 l’alchimista francese
Fulcanelli ne pubblicò nei minimi dettagli il procedimento), e quanto agli ermetisti, la loro dimestichezza con le scienze filosofiche consentì loro quasi sempre di mantenersi in buoni rapporti con la Chiesa, verso cui palesavano la massima devozione (sorvolando sul fatto che il più efficace dei rituali trasmutatori da essi tramandati consiste essenzialmente in una sequela di accoppiamenti contro natura). Agli albori del Rinascimento, alchimisti ed ermetisti erano dunque rimasti i soli a tramandare la fiaccola della trasmutazione interiore in Occidente; ad essi possiamo forse aggiungere minoranze di qabbalisti di indirizzo magico, le cui scuole si erano da tempo distaccate dal corpo della tradizione religiosa ebraica. La situazione era tale quando vennero a manifestarsi i primi segni di un’inversione di tendenza, propiziata dal crollo delle anguste prospettive culturali e geografiche che fino ad allora avevano costretto la civiltà occidentale entro i confini del bacino mediterraneo. Da un lato il collasso del potere temporale religioso, dall’altro il contatto della nuova civiltà mercantilista con nazioni lontane, in seno alle quali le memorie dell’età sciamanica erano più fresche e certo più vive che in occidente, tutto questo forniva nuovi margini all’esigenza sia culturale che politica del sorgere di una spiritualità alternativa, affrancata dal giogo delle religioni ufficiali.
Nel 1717 nasce a Londra la
massoneria, enigmatica associazione che coniuga elementi di provata origine sufica e qabbalista alle tradizioni ermetizzanti degli antichi edificatori di cattedrali; i rituali dei suoi "gradi azzurri", considerati in successione, forniscono forse la più perfetta allegoria del lavoro di trasmutazione interiore mai tracciata al mondo.
Il successo della massoneria è immenso: in pochi decenni si diffonde in ogni angolo della terra. Sotto le volte stellate dei templi massonici si raccoglie ben presto la quasi totalità dei seguaci delle scuole trasmutatorie superstiti in occidente, che trovano nuovo ossigeno nel dibattito e nel confronto reciproco, nonché nell’incontro con i sempre più numerosi appassionati delle riscoperte tradizioni trasmutatorie orientali. I limiti della massoneria, che emergeranno ben chiaramente nei secoli seguenti, consistono essenzialmente nell’eccessivo coinvolgimento nelle lotte politiche e nell’inguaribile tendenza alla verbosità delle sue "tornate": questo le impedirà sempre di portare a compimento la sintesi tra i numerosi codici espressivi diversi elaborati dalle scuole trasmutatorie nel corso di molti secoli di convivenza col "pensiero lineare". Ma è suo merito indiscutibile l’aver ricreato in occidente un ambiente propizio alla riscoperta dell’ABC della trasmutazione: nell’arco di tempo che va dal diciottesimo al ventunesimo secolo è impossibile censire le iniziative e le associazioni, sparse ovunque nel mondo, che - dapprima a tastoni, con ingenuo idealismo o grossolani errori, poi con approccio sempre più competente e disincantato rovistano tra i frammenti delle tradizioni trasmutatorie superstiti, nel tentativo di rielaborare un sistema adatto a riproporre la trasmutazione interiore nel mondo di oggi. Citiamone alcune a caso: l’Ordine Martinista, di origine qabbalista, e l’Ordine degli Eletti Cohen che ne costituiva i gradi superiori; La Golden Dawn inglese, di ispirazione ermetica, e l’Ordo Templi Orientis coi suoi rituali di magia sessuale; i movimenti ispirati alla figura di
Aleister Crowley e le "scuole" informali di Gurdjieff, mutuate dal sufismo; i movimenti neo-gnostici, la “Fratellanza di Myriam” napoletana…
Se tutti questi hanno fallito, o perlomeno non sono riusciti a esorbitare da cerchie ristrette, lasciando ancora oggi la maggior parte dell’ umanità nell’ignoranza della trasmutazione interiore, la causa prima a nostro giudizio è molto semplice: la struttura psicologica dell’uomo moderno cambia molto alla svelta, tenendo dietro al ritmo di un progresso sempre più vertiginoso. I metodi elaborati per l’uomo del Medioevo o del Rinascimento non sono più adatti a lui, e neppure è opportuno riproporglieli tramite la struttura gerarchica e sclerotizzata che caratterizza, senza eccezioni, le antiche "scuole".
Marshall Mc Luhan suddivideva il cammino dell’umanità in tre periodi. Nel primo, corrispondente alla fase del nomadismo, la trasmissione orale della cultura determinava la prevalenza nell’attività mentale dell’uomo delle impressioni ricevute per mezzo dell’udito (civiltà auditiva). Nel secondo periodo, corrispondente al sedentarismo, la diffusione della scrittura si accompagnava al graduale affermarsi del senso della vista come vettore privilegiato di informazioni (civiltà visiva). Infine, ai nostri giorni, il sorpasso operato sulla cultura alfabetica da parte dei media elettrici (radio, tv, pc) ha di fatto inaugurato un terzo periodo, caratterizzato da forme di comunicazione multisensoriali: la principale conseguenza può essere identificata nella possibilità di una partecipazione emotiva dell’individuo alle vicende collettive del pianeta - il cosiddetto "villaggio globale".
Questo significa innanzitutto che la percezione oggettiva della realtà sta andando in crisi: i nostri "punti d’unione" stanno rimettendosi in movimento. Lo stanno facendo spontaneamente, senza bisogno di trattamenti particolari: dopo migliaia di anni, gli stimoli multisensoriali che avvolgono e compenetrano l’uomo contemporaneo stanno risvegliando in noi l’attività di zone del cervello rimaste dormienti, nel cervello dei nostri antenati, fin dai giorni perduti del tramonto della civiltà auditiva. Ma il cammino rimane lungo: è ancora molto difficile, per l’uomo di oggi, realizzare mentalmente la portata della metamorfosi che un lavoro di trasmutazione ben condotto può generare, non solo disintegrando i limiti che lo imprigionano dalla nascita entro una visione del mondo parziale e limitata, ma anche conferendogli potere personale e modelli relazionali adeguati alla indescrivibile completezza del suo nuovo rapporto con la realtà.
Daniele Mansuino

12 gennaio 2011

- Il Sole e la Luna: le correnti vitali del Fuoco e dell'Acqua


Il principio vitale che anima le forme è rappresentato dal binomio Sole/Luna. Il Sole e la Luna sono rispettivamente l'aspetto positivo e negativo dello stesso principio vitalizzante che governa il perpetuarsi e il mantenimento della Vita in tutte le sue forme. Al Sole e alla Luna sono legati concetti complementari quali: il maschile ed il femminile, la luce e il buio, il caldo e il freddo, gli elementi del Fuoco e dell'Acqua poiché la vita si manifesta attraverso la polarizzazione del principio vitale. Il Rosso e il Blu, colori primari, sono associati al Fuoco e all'Acqua, allo Spirito e all'Anima Spirituale che animano il corpo: calore irradiante il primo, vapore ricevente il secondo. Dall'abbinamento e interazione di queste due forze, che scaturiscono dall'Uno, risulta ogni espressione della Vita: è grazie al Sole e alla Luna, alle correnti del Fuoco e dell'Acqua, che ogni forma prende coscienza e ogni essere si evolve. La libertà di espressione di ogni essere vivente risulta dall'intreccio di queste correnti vitalizzanti. Dall'equilibrio e dalla corretta espressione di questi due fattori dipendono la vitalità, l'entusiasmo, la gioia di vivere, la libertà, l'empatia, la sensibilità ai colori e alle forme, l'energia fisica di ogni individuo. Al contrario dall'inibizione di queste correnti vitali risultano depressione, noia, oscuramento e attenuamento del principio vitale. Questo fiume vitalizzante che ci attraversa può infatti straripare causando inondazioni ossia eccessi di entusiasmo e vitalità e conseguentemente perdita di energia.Come un corso d'Acqua ha tratti più copiosi e tratti più sterili, è soggetto a flussi e riflussi per effetto del calore e dell'umidità. Il Fuoco e l'Acqua, che interagendo animano, consumano e nutrono la Terra, creano un ciclo continuo. La Terra, dunque, contiene e canalizza il principio vitale. Allo stesso modo Saturno, nel simbolismo astrologico, è il principio oscuro e cristallizzante, opposto e complementare alle energie vitali della corrente Sole-Luna. La croce che sormonta il semicerchio è la terra che contiene e struttura l'energia espansiva dell'anima spirituale. La circolazione delle energie vitali attraverso processi alterni di espansione e contrazione si verifica nel nostro corpo come sulla Terra e nell'Universo. Sulla Terra l'acqua evapora per poi ricadere trasportando con sé nuova Aria; così il sangue, nel nostro corpo, trasporta, attraverso la respirazione, nuovo ossigeno alle cellule: mirabile analogia del macrocosmo con il microcosmo. La Morte è la culla e l'alambicco in cui accade ogni nascita poiché Vita e Morte sono una cosa sola ed ogni dissoluzione contiene in sé i germi di una nuova creazione. L'energia che si manifesta e che, attraverso fasi successive, torna all'Universale è simboleggiata nella Ruota Zodiacale dal movimento triplice degli Elementi attraverso i segni zodiacali che ne rappresentano l'evoluzione: dalla concentrazione alla rarefazione, dal particolare all'assoluto. Il Fuoco, lo Spirito, è prorompente ed esplosivo nell'Ariete come lo sprizzare della vita che nasce; nel Leone cresce fino a diventare mortale, consuma l'essere e prosciuga l'Acqua in eccesso (l'Acqua è la culla in cui i germi della vita si aggregano e proliferano). E' questo Fuoco eccessivo, ben simboleggiato dalle qualità regali del Sole, che realizza l'utile prosciugando il superfluo. Attraverso questa azione continua ed incisiva il Fuoco del Leone e del Sole accede a qualità superiori che trascendono l'astro particolarizzante del nostro sistema planetario per condurci al calore e alla luce rarefatta del Fuoco universale: la folgore gioviana del Sagittario. Questo Fuoco è la luce di tutte le stelle e dell'Universo intero, è il Fuoco Uno da cui nasce ogni Sole, ogni individualità. E' il calore che brucia e si espande come una vibrazione sottile nel freddo conservatore dell'Universo. Ai misteri del Freddo e alla congiunzione del Fuoco con l'Acqua allude il XIIII° arcano dei Tarocchi: "La Temperanza". Questo arcano trova corrispondenze simboliche sia con il Fuoco sottile del Sagittario che con il soffio eterizzante dell'Acquario che trasforma l'umido radicale nel ghiaccio eterno degli spazi interplanetari. Al potere dell'Acqua e del Fuoco si riferisce, dunque, il binomio costituito dalla Temperanza (il Battesimo) e dalla Morte, l'arcano che la precede. L'azione del Fuoco corrosivo discioglie gli elementi nel Mare primordiale della Morte per poi aggregarli e rigenerarli in una nuova forma che emerge dalle Acque santificanti della Temperanza. Il liquido che unisce l'Acqua e il Fuoco corrode e vivifica allo stesso tempo: è Acqua bruciante e luminosa. In alcuni mazzi di Tarocchi "la Temperanza" è indicata con il nome di Arte. L'arte è, in questo caso, sinonimo di equilibrio, congiunzione degli opposti, unione armoniosa che dà luogo a nuova nascita o meglio, a una nascita continua, perché La Temperanza è la circolazione di quel Fluido vitale polarizzato nelle correnti maschile e femminile, Fuoco e Acqua che fanno capo a Sole e Luna. L'angelo Solare della Temperanza è un essere asessuato poiché nella congiunzione del maschile col femminile si verifica la fusione armoniosa dei due principi. Il simbolo solare che porta inciso sul capo è il Sole di tutti i Soli fonte di vita e di discernimento, sinonimo di unione e uguaglianza ma anche di ritmo uniforme e regolarità. L'angelo della Temperanza miscela il Fuoco e l'Acqua congiunti in un liquido eterno e Luminoso che scorre incessantemente e senza distinzione attraverso tutti gli esseri. I segreti del Tempo, l'allusione alla circolarità del grande essere universale che comprende ogni evento ed ogni manifestazione visibile e invisibile, sono suggeriti nella simbologia di questo arcano: l'Arte. Ma cosa può legare il Tempo all'Arte? Saturno, signore dell'Acquario, segno associato all'Androgino, all'Universale, al Ghiaccio e al Freddo conservatore della Temperanza, è altresì sinonimo del Tempo. L'utilizzo del fluido vitale è quindi soggetto alla conoscenza del Tempo, al suo ritmo eterno che si esprime in fasi alterne di contrazione ed espansione, ispirazione ed espirazione del grande essere universale. La conoscenza del Tempo subordina la nostra creatività fisica ed intellettuale, in questo senso la Temperanza e il ricercatore dei segreti dell'anima, rappresentato dall'arcano l'Eremita dei Tarocchi, sono speculari. I segreti del Tempo, a cui allude l'arcangelo solare della Temperanza, sono la misura di ogni conoscenza: fino a che non si percepisce questa dimensione superiore del Tempo le conoscenze dell'uomo non servono a nulla. Ogni cosa s'incontra continuamente in un eterno fluire in cui passato e futuro si intrecciano a immagine del presente. "Questo è il Tempo nel suo aspetto meno comprensibile all'uomo", il Tempo dell'Universo e dello Spazio: "un insieme di cerchi che ruotano in direzioni differenti". I segreti di questo arcano dunque ci svelano le correnti opposte nel corso continuo e cangiante del presente. Due serbatoi uno d'oro e l'altro d'argento ci mostrano i veicoli della ragione e del sentimento che si sposano per aprirci a un sentimento intuitivo di ordine superiore che trascende la personalità e i vincoli del tempo e dello spazio come limiti della condizione umana, eternizzando la materia. La scoperta di questo serbatoio d'ordine superiore ci permette la rigenerazione continua poiché il fluido unico è inesauribile e attraversa indistintamente ogni cosa. E' Acqua bruciante e luminosa che corrode e santifica, unione dell'Acqua col Fuoco, sposalizio sacro del padre e con la Madre, del Sole con la Luna. La Temperanza ci suggerisce che la vera Arte si presenta come una donazione, un desiderio appassionato ed assoluto di afferrare in un solo momento tutte le leggi dell'Universo, tutta la bellezza del Mondo.Un'intuizione illuminante che si manifesta come atto deliberatamente generoso reso a tutto il mondo senza alcuna distinzione, poiché l'Opera dell'Artista è al servizio di uno scopo di ordine superiore, la Vera conoscenza, e trascende perciò l'interesse e l'espressione personali per diventare un atto d'amore a favore dell'Universo intero, un'illuminazione che celebra la Vita, un omaggio, infine, all'immutabile, immensa, selvaggia Bellezza del Mondo.
Elisabeth Mantovani

2 gennaio 2011

- L'Archetipo Celeste


L’Astrologia è molto di più di un metodo di previsione e di analisi del carattere: lo studio del Cielo da sempre ci mette in contatto con le verità più profonde del nostro essere e dell’Universo di cui facciamo parte. L’insegnamento dell’Astrologia si specchia nella massima ermetica "così in alto così in basso" cioè nella legge delle corrispondenze che governa tutto il patrimonio universale. Questa legge antichissima mette in relazione il cielo e la terra, l’uomo e l’universo, il macrocosmo con il microcosmo. L’uomo porta con sé il seme dell’universo di cui fa parte ed ogni individuo è in sé stesso centro di un piccolo universo creato intorno alla propria casa, i propri amici, il proprio ambiente. Questo piccolo scenario quotidiano è in realtà solo il punto di partenza per comprendere l’immenso meccanismo universale in cui la nostra vita è sapientemente inserita attraverso leggi azione e reazione, cicli e ricicli. Tutto l’Universo grazie a queste leggi si regge in perfetto equilibrio. Questo equilibrio è dimostrato anche dal bilanciamento, in tutto l’Universo, di principi opposti e complementari: il giorno e la notte, il sorgere e il tramontare del Sole, il nascere e il morire di ogni cosa visibile ed invisibile. La legge del bilanciamento tra forze complementari è dimostrata in astrologia dai segni negativi e positivi e dalle polarità delle forze planetarie. Ogni cosa esprime la propria esistenza grazie a questo contrasto, a questa tensione che è anche complementarietà di principi. L’aspetto essenziale e formale e quello spirituale e materiale dialogano e si completano l’un l’altro attraverso i ritmi della vita. Così anche l’Astrologia conosce una duplice espressione: l’astrologia esoterica e l’astrologia exoterica. L’Astrologia esoterica cura l’aspetto più filosofico ed astratto, approfondendo la conoscenza delle cause e il loro interagire, ed ha perciò connessioni con la psicologia e la metafisica; l’Astrologia exoterica ha più a che vedere con la pratica, accontentandosi dell’aspetto puramente formale e tangibile dei fenomeni, ed è quindi una scienza più pragmatica e meno teoretica. Questi aspetti dell’Astrologia al pari delle correnti positive e negative che animano l’Universo, hanno la medesima importanza per lo studio corretto di questa scienza del cielo: è soprattutto una questione di temperamento e di scelte il fatto di occuparsi con più dedizione dell’una o dell’altra. Il peculiare e l’unico si intrecceranno dunque nella conoscenza della realtà attraverso l’Astrologia, fornendoci i punti per una ricerca personale e sempre più completa. Lo studio dell’astrologia esoterica rimane però alla base di una comprensione profonda e proficua di questa materia: solo con essa possiamo cominciare ad intuire, attraverso lo studio del cielo, l’unità indissolubile che lega tutte le forme di vita e come ogni essere vivente sia legato agli altri in un’infinita catena di azioni e reazioni, cicli e ricicli. L’Unico si manifesta nell’Universo attraverso le sue miriadi di manifestazioni, dal piccolo al grande ogni cosa si muove insieme alle altre e tutto si muove nell’Universo: il Grande Essere, manifestazione del principio primo ed unico, le cui parti sono strettamente correlate le une alle altre per esprimere e manifestare l’Unità nella Molteplicità. Questa fonte unica e primaria che si manifesta nel molteplice è simboleggiata nel nostro sistema solare dal Sole e infatti ogni cosa e ogni forma di vita trae da esso il proprio moto e la propria energia vitale. I sette pianeti conosciuti fin dall’antichità possono essere considerati gli organi del nostro sistema solare e corrispondono alle sette principali energie in azione nell’Universo e nell’uomo a sette punti di coscienza, corrispondenti ad altrettante parti del corpo, comunemente denominati Chackras. Queste sette energie principali o sette piani dell’esistenza sono presenti a tutti livelli e nello Zodiaco sono associati alla divisione setteneria che fa capo ai quattro elementi costitutivi della materia- Aria, Acqua, Fuoco, Terra- e alle tre modalità Cardinale, Fisso e Mutabile che caratterizzano i 12 segni Zodiacali. I significati dei pianeti e dei segni zodiacali attraverso i loro simboli sono perciò strumenti di conoscenza dell’Uomo e dell’Universo. Le verità Universali di cui l’Astrologia esoterica si fa carico non possono che venire espresse tramite dei simboli. E’ sempre difficile infatti descrivere i mondi sottili dell’esistenza attraverso il linguaggio di tutti i giorni: le verità spirituali imprigionate nelle parole e nelle forme concrete del linguaggio si irrigidiscono e diventano il loro contrario, invece di aprire la nostra coscienza a un insegnamento più vasto la indottrinano attraverso forme rigide di pensiero. Ecco allora perché la silenziosa comunicazione dei simboli è da sempre stata essenziale all’uomo per comprendere le verità spirituali: il simbolo infatti suggerisce e contiene in sé tanti più significati quanti più la coscienza evoluta ne può scorgere. La Causa prima e suprema da cui scaturisce tutta la creazione universale è l’Assoluto, l’oceano della vita che contiene tutto l’universo in potenza ed è perciò al tempo stesso centro e circonferenza. In questo oceano primordiale, radice di ogni creazione, pulsano e vivono miriadi di universi che esistono su piani diversi ognuno con un proprio centro simboleggiato in Astrologia dal Sole. Il "Sole" perciò non è solo il centro e la fonte vitale del nostro sistema planetario ma anche simbolo del centro vitale dell’uomo che risiede nel cuore. Il simbolo solare è espressione e mezzo attraverso il quale si manifesta il principio primo e attraverso il quale la molteplicità comunica e riceve vita dalla propria fonte primordiale. Pensiamo dunque al Sole come alla visibile espressione dell’intelligenza universale o divina ed ai corpi celesti come ai veicoli di questa intelligenza. Anche la Terra come tale è "organo" del grande essere celeste e comunica con il resto dell’Universo grazie alla cintura zodiacale formata dai segni e dalle costellazioni che tracciano l’orbita apparente del Sole intorno al nostro pianeta. Lo Zodiaco con i propri segni può essere considerato l’Aura terrestre: in questa cintura è riflesso tutto ciò che concerne il nostro pianeta, il suo stato di evoluzione, il suo passato, presente, futuro. I pianeti sono veicolo dunque di una più vasta coscienza universale che prende forma grazie al potere plasmante dei dodici segni zodiacali ognuno espressione di un elemento o stato della materia e di una modalità di movimento. Sopra la cintura zodiacale l’Akasha o Sole universale presiede alla combinazione degli elementi e delle loro modalità attraverso gli agenti planetari. Lo studio dell’astrologia da un punto di vista esoterico attesta dunque i seguenti punti: -La vita universale procede da un’unica, inesauribile fonte primordiale ed esprime perciò l’Unità nella molteplicità delle sue manifestazioni. -Le sfere planetarie e i loro movimenti esprimono idealmente la vita dell’Universo che prende forma e sostanza attraverso i segni zodiacali. Le intelligenze divine espresse dai pianeti giocano un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo e nella sua evoluzione poiché rappresentano il suo Archetipo Celeste e perciò solo alzando gli occhi al cielo l’uomo può scoprire la propria origine e trovare la risposta alla propria esistenza. Nei perpetui disegni del cielo è racchiuso il segreto della vita e dell’esistenza e solo approssimandosi alle stelle l’uomo può erigersi al di sopra della propria condizione terrestre. Conoscendo le leggi della vita universale che sono le stesse della vita umana si può attendere l’armonia e l’equilibrio. La differenza sostanziale tra l’astrologia esoterica e quella exoterica risiede nel fatto che la prima è connessa con la vita interiore e con le forme più sottili dell’essere, la seconda con le influenze esterne a cui l’uomo è soggetto e che può governare solo attraverso una profonda conoscenza delle leggi che lo legano al proprio ambiente e in ultimo alla vita universale. Sin dall’antichità era nota agli astrologi la massima " il saggio governa le proprie stelle, il folle gli obbedisce". Paracelso pensava che ad ogni essere umano corrispondesse una stella nel cielo e molte sono le testimonianze mitologiche e religiose che attestano come ogni cosa piccola e grande si muova e viva nel Grande Essere universale di cui è al tempo stesso parte ed espressione. Ci sono condizioni interne ed esterne che affettano il nostro essere ed il nostro destino: "dalla nascita fino alla morte l’uomo tesse intorno a sé come un ragno intorno alla propria tela, e questo destino è guidato sia dalla voce celeste del prototipo universale o invisibile," che l’uomo può raggiungere attraverso le qualità più sottili dell’intuito ",sia dalla sua natura astrale o interiore", la natura dei desideri e delle emozioni, " che non è il più delle volte se non il suo genio malefico" ( Helena Petrova Blawatski - The Secret Doctrine). Eppure senza questo genio, che deve imparare a governare, l’uomo non potrebbe compiere la propria esperienza nel mondo, il proprio cammino verso la conoscenza e la partecipazione universale.
Elisabeth Mantovani