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1 gennaio 2015

- La Voce del Tempio.



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15 febbraio 2013

- GLI SCRITTI DEL LUOGO NASCOSTO




GLI SCRITTI DEL LUOGO NASCOSTO – IL LIBRO DELL’AMDUAT NELL’ARCHIVIO STORICO BOLAFFI
Federico Bottigliengo, ed. AdArte Torino 2012, pp. 67, illustrazioni a col. nel testo e una grande tavola a col. f.t. - € 24,00.

Segnaliamo questo conciso ma interessante saggio di Federico Bottigliengo, egittologo e collaboratore del Museo Egizio di Torino, concernente un papiro mai prima pubblicato in italiano, il papiro Bolaffi, e costituito da una silloge di alcune parti del Libro di ciò che è nell’Amduat, uno dei più importanti testi egizi facenti parte del corredo funerario dei Faraoni del Nuovo Regno (la cui prima redazione si trova sulle pareti della tomba della regina Hatshepsut, 1479-1458 a.C.) e solo in epoca tarda, durante il Terzo Periodo Intermedio (1070-664 a.C.), diffuso tra i sacerdoti tebani di Amon, i quali avevano usurpato il potere faraonico sull’Alto Egitto instaurando una sorta di teocrazia con capitale a Tebe.
In questa fase di decadenza dell’Egitto si cominciano a diffondere, fino a divenire usuali, raccolte più o meno brevi di quei testi funerari che prima costituivano appannaggio esclusivo dei Faraoni e si ripete quanto era accaduto nei periodi più antichi, quando con la fine dell’Antico Regno i Testi delle Piramidi, scolpiti nelle sepolture regali, erano stati trasformati in raccolte di formule magiche prima dipinte all’interno dei sarcofagi dei funzionari egizi (Testi dei Sarcofagi), poi redatte su papiro e disponibili anche a coloro che non facevano parte della corte del Faraone.
Con un linguaggio facilmente accessibile ai non specialisti, ma sempre ispirato a stretto rigore scientifico, Bottigliengo ripercorre la storia e l’evoluzione di questi testi: la loro diffusione prima tra le classi di rango sacerdotale e poi nei ceti sociali della borghesia alta e media si accompagna ad una progressiva riduzione dell’estensione grafica di essi, fino a ridurre un intero testo a poche immagini e formule, le quali si riteneva avessero lo stesso valore sacrale del testo originale sulla base della concezione della pars pro toto. Ultimo termine di questa catena di volgarizzazioni semplificate sarà il Libro delle respirazioni, che nel periodo tolemaico e poi romano costituirà la silloge più diffusa di formule rituali trascritte per  accompagnare il defunto nel post mortem.
Il papiro Bolaffi descritto e tradotto da Bottigliengo e risalente circa al 950 a.C. è l’espressione tipica di questa reductio di un testo sacro di grande importanza qual è il Libro di ciò che è nell’Amduat: in esso parti della VII, IX, X, XI e XII Ora (così vengono chiamate le dodici sezioni del testo)  vengono assemblate con testi ed immagini non sempre correttamente correlate tra di loro, verosimilmente segno dell’incomprensione da parte dello scriba di quanto andava riportando dal testo originale integrale, il che ci dà la misura della decadenza in atto del pensiero religioso a seguito del prevaricare del potere sacerdotale su quello sacrale del Faraone. Interessante il fatto, unico in questo genere di scritti, che il papiro Bolaffi contenga anche una parte della VII Ora: poiché il Libro dell’Amduat può essere diviso in quattro grandi sezioni, ciascuna riferita ad una città e a un Dio del pantheon egizio, è singolare la “intrusione” di un’Ora appartenente ad un diverso àmbito nella sezione finale del viaggio di Râ nell’Oltretomba, e precisamente il viaggio del Sole ad Heliopolis, che costituisce il soggetto delle ultime quattro Ore.
La traduzione del testo, riportato sia in scrittura geroglifica sia nella sua translitterazione, dà un’idea della complessità del mondo dell’Al di là, nel quale agiscono non solo gli Dèi più conosciuti, quali Osiris, Khepri, Atum e Shu, ma anche i “dèmoni” dell’oltretomba, come correttamente Bottigliengo chiama queste divinità “specializzate” che accompagnano e proteggono il Dio durante il suo viaggio notturno, assimilandole al dàimon greco, entità del tutto differente dal demonio cristiano, figura negativa e maligna.
L’Autore sottolinea il carattere iniziatico di questo Libro: le istruzioni contenute in esso, infatti, sono dette esplicitamente nel testo essere “di grande giovamento sulla terra” non solo per il defunto ma anche per i viventi, significando in tal modo che la conoscenza delle formule e della loro retta pronuncia consente già prima della morte la possibilità di partecipare alla “vita” del Dio solare, argomento di cui abbiamo approfonditamente trattato in un nostro saggio (La via iniziatica dei Faraoni,ed. Simmetria 2007), basandoci sull’analisi dei testi e delle figure del Libro di ciò che è nell’Amduat presente nella forma integrale nelle tombe di Thutmosi III e di Sethi I.
A chiusura del suo saggio, Bottigliengo offre al lettore un utilissimo Lessico delle parole e dei termini adoperati nel papiro, nel quale i segni geroglifici e la loro lettura sono affiancati ai corrispondenti significati in lingua italiana, il che consente a chi non sia specialista nella materia egittologica di poter comprendere il significato delle parole nella loro forma originale.

 Paolo Galiano

15 luglio 2012

- L’alchimia, oggi.


Perché l’alchimia è una strada non compresa dalla maggior parte degli esseri umani?
Per essere in grado di comprendere a pieno la conoscenza tradizionale alchemica, l’uomo deve compiere un processo di raffinazione del proprio complesso energetico ed informativo, il che richiede un sforzo straordinario e prolungato.
Difatti in alchimia comprendere significa che lo stesso corpo faccia propria o metabolizzi la relativa conoscenza. Nella maggior parte dei casi tutto ciò non avviene, per pigrizia o per disinteresse.
Molti uomini sono come addormentati e non si rendono neppure conto della necessità di svegliarsi, perché non sanno di dormire e invece di vivere sognano, ma non se ne accorgono. Inoltre l’uomo moderno è ormai un automa scollegato dai ritmi della natura e che ha perso la visione di un universo organico e vivente, di cui è parte integrante.
Perché l’alchimia è una ipotesi di lavoro per la sopravvivenza dell’IO superiore?
Risposta:” Occorre precisare che la sopravvivenza dell’IO superiore dopo la morte è la conservazione della quintessenza dell’IO, cosa assai diversa dalla conservazione dell’IO ordinario, dato che con la distruzione del cervello viene meno lo strumento del pensiero soggettivo.
L’ipotesi è questa: se la vita non è un fatto casuale, senza significato, il solo fatto di esistere presuppone che vi sia un principio metafisico come causa originaria, più precisamente una intelligenza o una memoria che genera e guida l’universo attuale, un’energia unica che sostiene e muove la natura, un’istanza progettuale che dà un senso alla vita.
L’alchimia ritiene che l’uomo, con un preciso processo operativo, possa trovare in sé un punto di contatto con il principio metafisico causante, o meglio uno stato di integrazione tra l’effimero e l’eterno, tra l’individuo e l’intelligenza universale che si individua e si realizza in tutti gli esseri viventi, tra l’energia finita che anima l’uomo e l’energia infinita che anima il mondo.
Perché il principio metafisico è presente ovunque?
Risposta: “Per l’alchimista il Principio è presente ovunque tramite una sostanza eterea ed invisibile, che lo spirito intelligente dell’universo trasporta per rendere vivente tutta la materia, sia organica che inorganica, sia pure in maniera diversa. Si tratta di una sostanza sottile, che gli scienziati direbbero vicina alla scala infinitesimale di Plank (10-33), permeata degli influssi del sole, dei pianeti e delle stelle.
Il processo alchemico tende a far percepire l’Uno ed il Tutto – il Principio e l’universo- come aspetti complementari della stessa realtà, in una dimensione sincronica e pluridimensionale. In questa visione creatore e creatura coesistono in un eterno ed infinito processo esistenziale, che ciclicamente trasforma lo spirito in corpi e i corpi in spirito. Ciò è ora confermato dai principi della fisica moderna, che afferma che la materia si trasforma in energia quando la relativa massa raggiunge una data velocità e che gli atomi sono semplicemente dei quanti di energia.”
Che cos’è l’Assoluto e cosa sono gli archetipi per l’alchimia?
Risposta. “L’alchimia non considera l’Assoluto un ente del tutto trascendente, ma semplicemente il Principio, lo stato virtuale dell’esistenza reale: un campo d’infinita creatività anche immanente, quindi sempre presente nelle cose del mondo. L’energia e l’intelligenza dell’universo sono poi chiamate Mercurio, che in realtà non è altro che il Principio in atto o manifesto.
S’intendono per archetipi le modulazioni dell’emanazione spazio temporale dell’Assoluto, che é un campo di creatività indefinito, quindi non conoscibile dall’uomo. Gli stessi sono poi le specifiche espressioni di forma e di forza, i vettori della sua energia sul piano dell’esistente, che è l’aspetto sperimentabile del Principio.
Gli archetipi sono le leggi immutabili ed eterne del creato, le potenze che gli antichi chiamavano dei, influssi planetari, spiriti alleati od ostili. Essi di per sé sono invisibili, ma si tradiscono e si rivelano nelle funzioni, nei ritmi e nei frutti della natura, che ne diventano il simbolo vivente.”
Che cosa s’intende per processo ciclico del Mercurio?
Risposta: “Dall’Uno deriva il Tutto ed il Tutto si riduce all’Uno. Questo processo è ciclico e sostenuto dal Mercurio, che è la causa di ogni mutamento. L’effetto del processo è l'insieme delle forme dell’universo, che ne sono le diverse manifestazioni. Questo flusso mercuriale é nella sua essenza pensiero, ma non pensiero pensato, che per sussistere ha bisogno di una struttura fisica come il cervello. Bensì si tratta di pensiero auto pensante, di una memoria presente sia nelle particelle subatomiche di una pietra, sia nel programma DNA-RNA di un essere umano.
Si è ipotizzato che le informazioni di questa memoria – detta ermeticamente luce oscura o astrale- siano trasportate dai neutrini, particelle subatomiche di massa quasi nulla, che provenienti dalle radiazioni cosmiche attraversano indisturbate qualsiasi tipo di materia e determinano interazioni deboli, prima con i nuclei dell’atmosfera terrestre e poi con le sostanze radioattive sulla terra.
Come l'onda é un movimento, un momento, nella superficie dell'acqua, così l'uomo é visto come una brevissima onda del Principio, concepito come il grande mare dell'esistenza: di per sé e per sé ineffabile, ma che si manifesta come un flusso di onde elettromagnetiche, un divenire di svariate forme e individualità.
In molti testi ciò è raffigurato dal serpente Uroboros che si mangia la coda, simboleggiante la visione dell'universo come processo ciclico, sia nel macrocosmo che nel microcosmo. Con questo termine greco si rappresenta efficacemente il Mercurio, perché nella testa del serpente vi è l’origine di ogni forma vivente e nella sua coda la fine di ogni esperienza individuale, che di solito viene completamente ingoiata dal serpente.
Pare che il simbolo s’ispiri alla forma della Via Lattea, dal momento che in alcuni testi antichi era considerata un enorme serpente di luce, che circondava tutta la terra, ma inconsciamente ha preso anche la forma che all’inizio il feto umano assume nel ventre della madre.”
Perché l’uovo simboleggia il composto umano?
Risposta: “Il simbolo dell'uomo o dell'universo come un uovo é antichissimo, presente nella tradizione sumerica, egizia, yogica e amerinda. In tali tradizioni, quando il veggente o lo stregone acquista una fine attenzione percettiva, gli uomini appaiono come ellissi o uova luminose.
In alchimia l’uovo simboleggia la eterogenea e deperibile materia prima, che viene destrutturata e poi suddivisa in una sfera della terra e in una sfera del cielo. La prima è calcinata e libera le qualità dell’acqua, dell’aria e del fuoco imprigionate al suo interno, poi nella seconda l’aria solleva e condensa l’acqua, che purificata dal fuoco può ricadere sulla terra per rigenerarla.
L'uovo filosofico deve essere cotto da un forte calore, sprigionato dalla reazione delle sostanze al suo interno, attivato dai diversi gradi di un fuoco segreto di natura, regolato dall’elettromagnetismo cosmico. La cottura deve essere graduale, né troppo rapida, né troppo lenta, ma costante. Se l’alchimista lascia spegnere il fuoco, tutta la lavorazione è compromessa e si deve ricominciare da capo.”
Che differenza vi è tra la sopravvivenza alchemica e la reincarnazione?
Risposta: “Il vero scopo dell’alchimia non è la trasformazione del piombo in oro, ma il raggiungimento della sopravvivenza dell’IO superiore dopo la morte, evitando la dispersione delle informazioni acquisite interiormente.
Anche se la fede religiosa è spesso presente, non si tratta di un misticismo passivo o di un’adesione dogmatica ad un’ideale. Si propone invece un’ipotesi plausibile di lavoro, portata avanti da una tecnica basata sull’esperienza diretta, maturata nella propria coscienza, elaborata in un ordine logico, anche se le descrizioni di tali esperienze sono svariate.
Per questa sopravvivenza non s’intende la resurrezione del corpo e dell’anima insieme, né basta rispettare certi precetti morali o la fede costante in determinate verità rivelate. L’alchimia ritiene che l’esteriore e grossolana struttura del corpo ed un’anima ad essa identificata non possano essere conservati o riprodotti dopo l’azione disgregante della morte, perché carenti di un supporto incorruttibile, di struttura energetica e programma adeguati, di una memoria capace di conservare il patrimonio mentale.
L’alchimia non parla neppure di metempsicosi, di un passaggio automatico dell’anima del defunto in nuove creature individuali, umane od animali, secondo un ciclo di rinascite predeterminato da immutabili leggi karmiche, cioè di causa ed effetto. Infatti, vista la personalità multipla e frammentata di una personalità ordinaria, non si capisce quale dei diversi IO che la compongono sia in grado di reincarnarsi.”
Che relazione vi è tra la fisica moderna e l’alchimia?
Risposta: “Nello scorso secolo fisica teorica, astrofisica, medicina olistica e psicologia analitica si sono avvicinate molto all’antico pensiero alchemico.
In primo luogo ciò è avvenuto con le teorie della relatività ristretta e generale, che spiegano i fenomeni macroscopici dell’universo, dove il tempo e lo spazio non sono più coordinate assolute, ma condizionate dalla velocità del singolo osservatore e curvate dai campi gravitazionali dei corpi celesti. In secondo luogo l’avvicinamento si è accentuato con la meccanica quantistica, che indaga i fenomeni microscopici dell’universo, costituito non solo da una materia densa, ma anche da una imprevedibile e indeterminabile materia subatomica, animata dalle forze elettromagnetiche e nucleari.
Le due visioni del mondo, scaturite dalla teoria della relatività e da quella dei quanti, che sono assolutamente inconciliabili fra loro, sembrano recentemente integrate dalle teorie della supergravità e delle stringhe, che concepiscono un universo a più dimensioni, una dentro l’altra ed invisibili, ma sorretto da un unico principio energetico, come da 25 secoli sostiene l’ermetismo.
Come la fisica moderna, l’ermetismo concepisce l'universo come un macrocampo integrato, al cui interno l’uomo è un microcampo analogo a quello cosmico. Per campo s’intende scientificamente uno spazio che circonda ogni corpo fisico, un alone invisibile di influenza, entro il quale si esplica l’azione della forza gravitazionale generata dalla massa dello stesso corpo, oltre l’azione della forza elettromagnetica generata dalla sua carica elettrica. Ogni campo si estende in maniera indefinita in tutte le direzioni ed interagisce a distanza con il campo di altri corpi”
Quando è nata l’alchimia occidentale?
Risposta: “L'alchimia occidentale ha un'origine geografica ed un iniziale sviluppo storico non ben definiti, spesso avvolti nel mito. Essa può collegarsi a tradizioni religiose e tecnologiche dell'Egitto e della confinante Mesopotamia del I millennio a.C. e alla filosofia greca pre-socratica, in particolare di Eraclito ed Empedocle.
Poi l’alchimia è maturata nella cosmopolita cultura alessandrina fino al VI sec. d. C., influenzata in parte da correnti gnostiche, ed infine nella cultura araba, che nel Medio Evo trasmette l'alchimia a tutta l’Europa cristiana.
Quindi vi sono stati alchimisti pagani, cristiani, sia cattolici che protestanti, ebrei, mussulmani, o al di fuori di qualsiasi credo. Tutti quanti, senza alcuna distinzione di razza o religione, hanno costituito una cerchia di letterati, scienziati, artisti e medici, che hanno sempre messo in comune le proprie conoscenze, il frutto delle loro ricerche.
Qual è l’apporto di Ermete Trismegisto?
Risposta: “Nel II-III sec. d.C. viene elaborata la magna carta dell’alchimia: la Tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto, così detta perché si favoleggiava che l'originale fosse stato inciso sopra una tavola di smeraldo. La tavola é una esposizione sintetica della dottrina e della pratica alchemiche del periodo alessandrino, elaborato nella sua forma definitiva dagli arabi nel VIII sec.
Origina invece la filosofia ermetica il trattato detto Corpus Hermeticum, frutto della cultura egizia alessandrina del II e III secolo, una raccolta di diciannove brevi trattati o dialoghi, contenenti insegnamenti ed istruzioni pratiche. In alcune parti Ermete, nome dai greci attribuito all’egizio Toth, dio della scrittura e dell’insegnamento, rivela al proprio figlio i segreti della trasmutazione interiore, mentre in altre sono esposte conoscenze di astrologia e di magia.
Esso raccoglie testi molto frammentati, probabilmente di autori e periodi storici diversi, dando vita sia ad un filone di magia naturale o teurgica, che farà presa sulla superstizione o sulla devozione popolari, sia ad un filone di ricerca spirituale ed alchemica, ispirata ai trattati del Pimandro, dell’Asclepio e al Discorso Sacro di Ermete.
Quale è stato il ruolo del mondo arabo?
Risposta: “Dopo l’espansione degli arabi nel VII secolo, in Siria molti testi alchemici sono tradotti dal greco in lingua araba da studiosi cristiani, appartenenti alla comunità nestoriana, che si mettono a disposizione della classe dirigente islamica, ancora priva di cultura.
Nella pratica araba è preminente il concetto che l’intervento dell’artefice deve portare ai prodotti qualità superiori a quelle naturali. In questo periodo si afferma l’idea dell’alchimia come scienza, separata dalla magia, con lo sviluppo delle tecniche di distillazione con gli alambicchi, che tentano di estrarre il respiro vitale del sole e della luna, il legame che tiene assieme gli elementi terreni e dà vita ai frutti della terra. Si ritiene l’alcool distillato dal vino o dalla frutta un elixir magico, in quanto capace di curare le infezioni delle ferite ed altri malanni.
Queste tecniche portano alla scoperta di acidi, alcali e sali, dell’acqua distillata, nel tentativo di realizzare l’oro potabile, la medicina universale, che può perfezionare l’esistenza terrena. Ma si sviluppano altri processi artigianali di grande importanza, tra cui la produzione della carta, secondo metodi importati dall’alchimia cinese, con ciò contribuendo alla diffusione della cultura.
Come sono considerati dall’alchimia lo spazio ed il tempo?
Risposta: “Nella comune esperienza del sogno lo spazio è distorto e luoghi diversi si sovrappongono. La direzione lineare del tempo non è univoca, pertanto passato, presente e futuro si confondono. Luoghi conosciuti e frammenti di vita realmente accaduti si aggiungono ad accadimenti probabili, virtuali.
Un’esperienza analoga è possibile nelle dimensioni sottostanti quella materiale, percepita dai sensi ordinari dell’uomo, e che diventano campi di azione della immaginazione creativa dell’alchimia, dove il potere psichico può modificare la realtà fisica.
In questi piani sottili dell’essere il tempo e lo spazio tendono a trasformarsi in un continuum ciclico. Anzi più l’anima si avvicina all’Assoluto, più tende a percepire un tutto unitario”.
Che distinzione vi è tra alchimia e magia?
Risposta: “All'interno dell'ermetismo si dividono, per schematizzare, due diverse finalità operative: quella dell’ermetismo magico, volto soprattutto ad ottenere potere, e quella dell'ermetismo alchemico, volto prima di tutto ad ottenere conoscenza. Ma entrambe convergono verso lo stesso risultato finale: l’unione con l’Assoluto.
Occorre aggiungere che l’alchimia occidentale si distingue in due metodologie. La prima deriva dalla metallurgia sacra dell’area mesopotamica, di carattere magico e rituale, legata all’astrologia e spesso elaborata da operatori di religione ebraica, che associano la manipolazione dei metalli o delle piante all’unione dell’energia sessuale maschile con quella femminile. Essa elabora tutta una serie di strumenti e procedimenti chimici per la trasformazione del piombo in oro, a volte abbinando la pratica allo studio della cabala.
La seconda metodologia deriva da tradizioni iniziatiche egizie ed è essenzialmente mentale ed interiore, basata su di un pensiero e di una immaginazione creativi. Essa ricerca la sinergia dei centri del corpo, del cuore e del cervello, ed è inoltre meno condizionata da riti magici e corrispondenze astrologiche.”
Che cosa s’intende per nigredo od opera al nero?
Risposta: “La caratteristica principale del processo alchemico è l’attrazione consapevole, da parte dell’alchimista, del potere fondamentale dell'universo -il Mercurio eterno ed infinito- in un canale interiore, capace di farlo scorrere in quantità sempre maggiori. Tale processo è descritto in maniera allegorica da svariati modelli, che hanno avuto in passato più o meno fortuna e che sono stati adottati più o meno frequentemente dagli operatori.
Uno dei più noti descrive quattro fasi: un’opera al nero, un’opera al verde, poi al bianco ed infine al rosso. In analogia col ciclo stagionale del sole, che fa maturare i frutti della natura, si enfatizzano quattro regimi crescenti del fuoco alchemico, che modificano il composto umano. Con la nigredo vi è un forte predominio di umori freddi e melanconici, con una mente passiva e introspettiva; con la viriditas gli umori melanconici sono fugati da umori caldi e sanguigni, con una mente più attiva ed intuitiva; poi con l’albedo vi è la prevalenza di umori secchi e biliosi, con una mente estroversa e penetrante; infine con la rubedo e l’apporto di umori umidi e flemmatici, si giunge ad un equilibrio superiore e ad una mente sintetica e interattiva.”
Come può definirsi la percezione paranormale?
Risposta: “Quando il Mercurio si anima ed è poi vivificato all’interno dell’uomo, possono verificarsi vari fenomeni, fra i quali occorre distinguere. In primo luogo si presentano, in alcuni operatori, stati speciali di realtà ordinaria, dovuti ad una maggiore portata di uno dei cinque sensi. In secondo luogo si presentano stati di realtà fuori dell'ordinario, extrasensoriali, dovuti ad una raffinazione ed estensione delle capacità della mente.
Tra i primi si può citare la iperestesia, fra i secondi la telepatia.
Entrambi fanno parte della realtà ordinaria, descrivibili con i termini della vita quotidiana, anche se sui loro effetti non c'è consenso generale, poiché sono sperimentati da pochi. In altre parole sono esperienze non comuni, che tuttavia rimangono nell'ambito della dimensione biografica, della descrizione del mondo secondo la matrice dei modelli collettivi di pensiero.
Infine vi sono gli stati affatto diversi dai primi due: gli stati di realtà separata da quella ordinaria o materiale, dovuti ad un’espansione della mente oltre i confini della dimensione anagrafica. Sono spostamenti dell’anima in altre dimensioni, in mondi paralleli sorretti dalla vibrazione emozionale e dal pensiero di enti spirituali, che pur mancando delle coordinate del tempo e dello spazio hanno ordine e stabilità propri, elementi costanti e dettagli delineati.
In alchimia, come è concepita la meditazione nella vita quotidiana?
Risposta: “Strumento fondamentale nell’operatività è senz’altro la meditazione, che porta ad uno stato mentale intermedio tra lo stato di veglia e lo stato di sonno, secondo svariate tecniche, che in generale si distinguono in formali e non formali. Le prime portano la mente ad uno stato ondulatorio a bassa frequenza, col sistema percettivo sintonizzato sulla materia sottile dell’organismo, mediatrice tra corpo e spirito. Ciò sposta l’IO verso la propria ombra, nella zona di confine tra la luce della coscienza e l’oscurità dell’inconscio, inoltre richiede un ambiente, una gestualità ed un impegno tecnico particolari, che impediscono ogni altra attività.
La meditazione formale si distingue a sua volta in meditazione chiusa e meditazione aperta. La prima mette a fuoco l’attenzione su di un punto interiore, ben preciso, nella sfera visibile ed invisibile, udibile e non udibile dell’organismo umano. Nella meditazione chiusa il praticante deve isolarsi dall’esterno, sospendendo alcune funzioni del corpo e del cervello, ponendo tutta la propria concentrazione ed immaginazione all’interno dell’organismo.
Nella meditazione aperta, la concentrazione e l’immaginazione rivolte all’interno sono sostituite da una attenzione ed una percezione rivolte all’esterno, per cogliere ed assorbire le emanazioni dello spirito vitale ed intelligente, provenienti sia dalla terra che dal cielo, in sintonia coi cicli naturali delle stagioni.
Le meditazioni non formali invece sono praticate in qualsiasi momento o attività della giornata, senza precludere le ordinarie facoltà motorie o mentali. Esse sono fondamentali per il raggiungimento dello scopo ultimo dell’alchimia e consistono nello svolgere le attività quotidiane cristallizzando uno stato di coscienza sempre presente. Si tratta di essere consapevoli che la propria esistenza non è che una delle infinite manifestazione del Mercurio, che acquisisce informazioni attraverso la dualità, la sperimentazione del mondo fisico.”
In alchimia, quale è il rapporto tra il maschile ed il femminile?”
Risposta: “La donna ha bisogno dell'impulso formativo dell'uomo per iniziare il percorso alchemico e l'uomo si serve della forza animatrice della donna per completarlo. Ermeticamente il maschio si evolve in campo emotivo, se distilla in maniera autonoma il femminino - l'eros - mentre la donna si evolve in campo razionale, se distilla in modo autonomo il mascolino - il logos -.
Nell’anima di ogni uomo, nella parte in ombra, vi è un aspetto femminile, che deve emergere alla luce della coscienza e così nella donna per l’spetto maschile. Attraverso un’immagine femminile l’uomo deve sciogliere la propria rigida mascolinità, mentre la donna attraverso un’immagine maschile deve fissare la propria mutevole femminilità.
Inoltre il rapporto sessuale tra maschio e femmina può essere proiettato in alto con determinate tecniche, dette di alchimia rossa. L’utilizzo del sesso, la più potente forza magica a disposizione dell'uomo, è una via che può essere percorsa in maniera attiva o proiettiva, sfruttando quel momento particolare che è l’orgasmo.
La pratica si basa sul presupposto che ogni desiderio sessuale intenso, canalizzato attraverso un superiore distacco, porti all’operatore una immediata condensazione di luce e vibrazione universali, che possono essere impiegate per una trasformazione interiore. Si tratta di utilizzare il rapporto sessuale per potenziare l’immaginazione attiva, sfruttando la momentanea perdita dello spazio e del tempo, della identificazione personale. Ciò è possibile grazie all’abbassamento della soglia della coscienza e al picco della portata mentale, del voltaggio delle onde cerebrali, che di fatto nell'orgasmo si verificano per vie naturali.
In alchimia la forza sessuale può essere sfruttata anche in maniera passiva o ricettiva. In questo caso si tratta di una privazione temporanea dell’orgasmo, per una lenta trasmutazione endogena dei flussi sottili del corpo. Il centro sessuale e la secrezione ormonale sono compressi attraverso la continenza e la contemporanea alimentazione del desiderio. Il relativo campo energetico è alterato e produce una certa fermentazione delle sostanze chimiche secrete - testosteroni, estrogeni ed altre molecole - che a loro volta producono effetti sottili a livello cellulare, con la produzione di neuro-trasmettitori, che influiscono sul centro motorio, emozionale e psichico.
La pratiche alchemiche in questione moltiplicano nei testicoli la produzione delle cellule staminali che diventano spermatozoi, i potenti e veloci portatori di vita. Pure nelle ovaie si moltiplicano le cellule staminali che devono formare gli organi del feto. L’alchimia rossa dovrebbe pertanto mettere in circolo un fluido estremamente vitale, capace di stimolare per vie naturali il ricambio delle cellule: una specie di elixir di lunga vita.
Infine: in alchimia, cosa s’intende per sopravvivenza dopo la morte?
Risposta: “Per l’alchimia si possono creare i presupposti di una sopravvivenza se, durante la propria esistenza terrena, l’operatore crea di sé un più esteso campo energetico, costituito dalla raffinazione della forza vitale e dall’affioramento delle memorie del corpo, disponibili nella sfera sottile delle sue molecole.
Tale campo, alimentato maggiormente dallo spirito universale, determina un distacco dal carattere, dal temperamento di nascita e dalla rappresentazione abituale del mondo. In pratica si attiva il risveglio del centro superiore psichico e di quello superiore emozionale, con un loro rapporto sinergico: uno stato di coscienza unitario e permanente, che ingloba e trasforma l’anima dell’alchimista nel cosiddetto Corpo di Gloria, capace di far sopravvivere il patrimonio mentale dopo la morte. Questo stato è il prodotto della interazione di corpo, anima e spirito.
L’alchimia afferma, utilizzando un significativo gioco di parole, che la coincidenza degli opposti IO e DIO avviene se la quintessenza mentale del defunto è in grado di abbracciare la realtà assoluta e indefinita del Principio, senza perdere la memoria di ciò che ha vissuto, perché fissata ad un residuo non solubile del corpo fisico.
La Pietra Filosofale é quindi la concentrazione di una individualità, che dopo la morte del corpo fisico, pur riassorbita dal Principio che l’ha emanata, possa in seguito come un seme manifestare un altro corpo terrestre, che conservi il patrimonio mentale della precedente esistenza. Ma tutto questo è un discorso ipotetico, perché nessuno é tornato indietro sulla terra a raccontare cosa ci aspetta dopo la morte, per lo meno in maniera diretta ed attendibile.

Incontro con Giorgio Sangiorgio
di Arturo Capasso

14 luglio 2012

- Scienza ermetica da Ermete Trismegisto alla Rivoluzione Scientifica



Sine afflatu divino, nemo unquam vir magnus: Senza ispirazione divina, nessun uomo è grande.
Questa frase latina è un’iscrizione posta nella raffigurazione del laboratorio dell’alchimista mistico, realizzata dal tedesco Heinrich Khunrath, filosofo, cabbalista e seguace di Ermete Trismegisto, nel XVI secolo.
Ancora, durante il Rinascimento, era viva la pratica dell’alchimia, l’arte di trasformare in oro i metalli vivi, nata nell’antico Oriente, intorno al II sec. a.C - III sec. d.C. Diffusasi in Europa grazie ai testi di grandi alchimisti-chimici arabi verso l’anno Mille, viene considerata la madre della chimica moderna fino alla Rivoluzione Scientifica del Seicento, con le scoperte di Galileo e Newton.
Nel corso dei secoli, tuttavia, la scienza della ricerca alchemica, disciplina “trasversale” che ha toccato la filosofia, la storia e la religione si è posta, fino circa al Cinquecento, sempre un solo obiettivo: ottenere una sostanza, detta “quintessenza, considerato l’elemento più puro tra i quattro elementi canonici - acqua, aria, terra, fuoco -, per trasformare e manipolare i metalli poveri.
La prima comparsa di questo termine si ha in un trattato medievale dello pseudo - Lullo, De secretis naturae seu de quinta essentia, in cui indicava la parte più pura di una cosa ottenuta dopo cinque distillazioni.
Altri testi alchemici medievali, come la Expositio epistulae Alexandris Regis, definiscono così la quintessenza: «La quintessenza è vita in senso proprio, non è calda, né umida, né fredda, né secca, né mascolina, né femmina, la quintessenza è lo spirito che vivifica tutte le cose e le trasforma, che dà vita a ogni germe, accende ogni lume e fa fiorire ogni fiore».
La più importante definizione di quintessenza, comunque, è attribuibile al minorita francese Johannes de Rupescissa con il trattato De considerazione quintae essentiae rerum omnium (seconda metà del XIV secolo). In questo testo si fa riferimento alla quintessenza attribuendone caratteristiche ontologiche, quasi divine: infatti, viene descritta come il cielo, incorruttibile e perfetta, come una miracolosa radice della vita, creata da Dio per preservare i corpi dalle corruttele. In particolare, sarebbe una sostanza che sta sopra i quattro elementi presenti in natura, riprendendo quanto già detto nella Expositio sulle caratteristiche neutre di questo “quinto elemento”. Per tutto il Medioevo, alla ricerca della quintessenza, di questa aqua vitae sono state attribuite proprietà mistiche e celesti: sostanza che nutre fa crescere la vita, madre di tutti i metalli. È una materia prima universale, che si trova in ogni corpo ed è un dono che Dio ha fatto agli uomini.
L’alchimista, l’uomo illuminato da questa arte, spesso non era uno specialista della materia, visto che molte categorie sociali erano interessate all’argomento, come principi e monaci, filosofi e scienziati. Egli, inoltre, non amava che i suoi studi e i suoi esperimenti fossero noti al di fuori del suo laboratorio: l’alchimista è una persona solitaria, ritirata nello suo studio proprio come un devoto religioso attento al suo ufficio.
È molto interessante ricordare come, in alcune iconografie medievali, l’alchimista viene raffigurato come un minatore, che dalla miniera, intesa come corpo oscuro, estrae lo spirito minerale, ovvero la quintessenza, la sostanza prima.
Nel corso dei secoli, durante il Medioevo in particolare, era piuttosto diffusa la figura del ciarlatano, colui che professava una falsa alchimia e che spacciava i frutti dei propri esperimenti, spesso liquidi realizzati con semplici procedimenti chimici, come importanti elisir o pozioni magiche.
Ancora qui, l’iconografia medievale raffigura la falsa alchimia, cercando così di condannarla non solo con i testi ma anche con le immagini: il falso alchimista appariva come una scimmia, considerata nel Medioevo, ma così fino al XVII secolo, un falso doppione dell’uomo, un’animale che ne intacca la natura.
Un’importante testimonianza della condanna della falsa alchimia viene da Dante, che dedica un intero canto, nella Commedia, ai falsari dei metalli, ovvero ai falsi alchimisti.
Negli anni di Dante, era molto diffusa l’alchimia, tanto che lo stesso autore toscano frequentò dei corsi di chimica, dove conobbe l’alchimista Capocchio. Dante dedica alla materia il canto XXIX dell’Inferno, dove trova due falsificatori di metalli: Griffolino d’Arezzo e Capocchio.
Essi sono puniti, secondo la regola del contrappasso, con la malattia, ovvero la corruzione e l’alterazione del loro aspetto fisico, corrisposte alla falsificazione dei metalli che hanno promosso in vita. Anche in questo canto, ritorna la metafora della scimmia, e denota come questa figura fosse assai diffusa in letteratura e nell’immaginario medievale:
Sì vedrai ch’io son l’ombra di Capocchio / che falsai i metalli con l’alchìmia / e te dee recordar, se ben t’adocchio / com’io fui di natura buona scimia.
Sostanzialmente, come la scimmia si diletta a imitare ciò che fanno gli uomini, qui Capocchio è punito per essersi dilettato a imitare ciò che facevano i veri alchimisti.
Si pone il problema, tuttavia, del vero significato di “alchimia”. Per fare questo, è necessario andare alla ricerca etimologica del termine, con cui troviamo la conferma delle caratteristiche trascendenti di questa scienza.
Varie sono state le interpretazioni date al termine: nel lessico bizantino Suida, la «chēmeia» è la preparazione dell’oro e dell’argento; Constantinus Pisanus, alchimista del XIII secolo, la definisce affidando ad ogni lettera della parola un preciso significato alchimia: A- actio, L- levis, C- conferens, H- honorem, I- infinitum, M- ministrano, I- igne, A- argentum et aurum et lapides preciosus.
La traduzione della frase che si ottiene unendo questi termine intenderebbe l’alchimia come «l’opera lieve che conferisce onore infinito governando con il fuoco, l’argento, l’oro e le pietre preziose».
In realtà, il vocabolo alchimia deriverebbe dal sostantivo arabo «al- kīmijā», giunto in Europa con i primi testi arabi sull’argomento a partire dal XII secolo, attraverso la presenza araba in Spagna con i Mori e la diffusione della materia in Sicilia alla corte di Federico II, presso cui Michele Scoto effettuava i suoi esperimenti alchimistici.
Il termine deriverebbe da diverse forme di derivazione greca come «χημεία» (chēmeia), «χημία» (chēmia), «χυμεία» (chumeia), «χυμία» (chumia), tutte varianti tra loro per fenomeni fonetici particolari. Inoltre, ci sarebbe una derivazione dal verbo greco χέω (chēo) che significa versare, colare, fondere a sua volta collegato a diversi termini del sanscrito e l’iranico.
Questa diffusa influenza tra i termini e vocaboli di lingua diverse, mostra come questa arte dell’alchimia fosse diffusa non solo in Arabia, ma in tutte le culture del Mediterraneo e di alcune zone dell’Asia.
Tuttavia, una facile ricognizione sul significato del termine non si accompagna ad una facile ricostruzione sulle origini di questa scienza: gli studiosi hanno trovato tracce dell’alchimia nell’India vedica, in Assiria e Babilonia, nei secoli VII e VIII a.C., in Cina nel IV secolo a.C e in Egitto (qui con importanti estratti della letteratura egizio - ellenistica.
Ed è proprio dalla cultura egiziana che prende forma la figura di Ermete Trismegisto, da molti riconosciuto come il padre dell’alchimia. Tanto che spesso si usa il termine “ermetico” come sinonimo per alchimia. Perché, però, si parla dell’importanza di Ermete Trismegisto?
Questo personaggio leggendario, la cui credenza risale all’epoca ellenistica,veniva venerato come maestro di sapienza e ritenuto il fondatore dell’ermetismo. Ermete, inoltre, è considerato l’autore di una serie di opere che vanno sotto il nome di Corpus Ermeticum, che per tutto il Medioevo ha influenzato gli alchimisti per il suo contenuto filosofico e mistico. Chi era, allora, Ermete?
È fortemente radicata nella cultura greca l’idea che la terra d’Egitto fosse l’unica depositaria della tradizione scientifica, misterica e che fosse la protettrice del sapere del loro tempo. Questa cultura sarebbe stata trasmessa agli egizi dal dio Thot, che concesse loro anche l’arte della lavorazione dei metalli.
I greci identificarono, successivamente, il dio Thot con Hermes, a sua volta interpretato dai latini con il nome Mercurio. Non solo: la patristica ha, in seguito, identificato Ermete con Mosè, ritenuto quest’ultimo un contemporaneo del primo. Per spiegare questa sovrapposizione tra le due figure, è molto utile analizzare la raffigurazione di Ermete Trismegisto nel pavimento del Duomo di Siena.
Realizzata su tarsia marmorea, attribuita a Giovanni di Maestro Stefano nel 1488, l’immagine senese è una delle più celebri di Ermete, soprattutto perché collocata in un luogo di fede cristiana. Essa si trova all’ingresso della cattedrale, e si vedono raffigurate tre figure: al centro Ermete, con la mano sinistra appoggiata sopra un riquadro con un’iscrizione latina, e alla sua destra due personaggi ai quali tende un libro aperto, anch’esso contenente delle frasi in latino.
Ai piedi di Ermete, due righe che ne attribuiscono la contemporaneità con il Mosè cristiano. Quest’ultima, recitando «Hermes Mercurius Trismegistus Contemporaneus Moysi», accoglierebbe l’idea che Ermete fosse realmente esistito al tempo di Mosè. Due padri della Chiesa, come Agostino ed Eusebio, sono i primi che operarono questo accostamento: il primo, nel suo De civitate Dei, scrisse che «quando in Egitto nacque Mosè, in quei tempi esistesse anche Mercurio, famoso in quanto esperto in molte arti che insegnò agli uomini».
Eusebio, invece, nella Praeparatio evangelica, dichiarò che Mosè fu maestro di Orfeo, scoprì la filosofia, interpretò i sacri testi egizi e per questo fu onorato dagli Egizi come un dio e chiamato Ermete. Un successivo accostamento tra i personaggi è dichiarato da Clemente Alessandrino, teologo e filosofo greco del II secolo d.C, che, citando gli Atti 7, 22 evidenziò come Mosè fosse stato istruito dagli egiziani e che fu lui il primo a trasmettere agli Ebrei l’arte di scrivere; questo merito, tuttavia, la patristica lo attribuisce a Ermete nei confronti degli egiziani stessi.
Con questa ricostruzione, è facile intuire il senso dell’iscrizione contenuta nel libro che Ermete, nell’immagine, pone alle due figure alla sua destra:«Suscipite O Licteras Et Leges Egyptii», tradotta con «Prendete le lettere e le leggi, o Egiziani». Da ricordare la fonte di queste righe: un’opera dell’autore latino Lattanzio, il quale scrisse che Mercurio «aveva trasmesso agli egiziani i principi delle leggi e delle lettere, e in quanto eruditissimo in ogni sorta di dottrina, dottissimo nella conoscenza di arti e scienze, venne perciò soprannominato Trismegisto». L’aggettivo appena citato, significherebbe “tre volte grande”, e sarebbe comparso verso la metà del II sec. d.C, mentre prima si usava l’aggettivo “grandissimo” per parlare di Ermete.
Pertanto, i due uomini presenti nella raffigurazione sarebbero necessariamente egiziani, anche tenendo in considerazione l’abbigliamento e l’aspetto fisico. Il personaggio più distante da Ermete, glabro e senza barba, a differenza dell’altro, ha una lunga tunica bianca e la parte della veste sulla testa mostra una perfetta aderenza al cranio, il che fa pensare che quest’uomo sia calvo.
Queste caratteristiche concordano con quelle degli antichi sacerdoti egizi, i quali indossavano una veste di lino e avevano il cranio completamente rasato. Il secondo personaggio, colui che riceve da Ermete il libro con l’iscrizione, ha un turbante sul capo, una veste colorata con una sciarpa al collo, le scarpe bordate con la fibbia e una lunga barba. L’iconografia quattrocentesca rappresentava così i dotti orientali, e si può pensare che egli sia Mosè.
Considerando la posizione dell’immagine nel Duomo di Siena, situata tra la tarsia della Sibille dell’annuncio del Principio e quella della Fine, Ermete Trismegisto sarebbe il profeta pagano che il latino Lattanzio descriveva come «maestà di un unico e sommo Dio». Egli seppe annunciare la venuta del Figlio di Dio agli uomini, e pertanto sarebbe dotato di somma sapienza al pari del Mosè cristiano.
Gli alchimisti medievali credevano che il maestro Ermete fosse realmente esistito nell’antico Egitto, ed andavano alla ricerca di notizie e conoscenze sull’arte nel Corpus Ermeticum, soprattutto nel Basso Medioevo.
È in quest’epoca, infatti, che l’alchimia vive il suo periodo di maggiore splendore, con personaggi come Alberto Magno, Ruggero Bacone e Raimondo Lullo. Quest’ultimo, in particolare, missionario catalano al servizio del re d’Aragona Giacomo I il Conquistatore e inventore dell’ars combinatoria, fu definito “uomo dai poteri magici. A lui, infatti sono ascrivibili molte opere alchemiche, tra le quali la più importante è il De secretis naturae seu de quinta essentia, citato in precedenza.
A causa, probabilmente, del proliferare delle opere di Lullo sull’alchimia e sulla sua pratica, papa Giovanni XXII (1249-1334) emanò una bolla con cui si vietava la pratica alchemica, parificandola alla magia, alla stregoneria e alla negromanzia, definendo gli alchimisti rei «de crimine falsi».
In questo modo, l’alchimia medievale esauriva la sua forza e veniva riposta negli angoli nascosti della conoscenza e della scienza, trasformandosi nei secoli XIV e XV in pratica farmacopea e medica, il cui massimo esponente fu lo svizzero Paracelso.
Successivamente, con l’avvento del metodo scientifico nel Seicento, l’alchimia veniva accostandosi alle dottrine esoteriche e sapienziali della cabbala, abbandonando le ricerche chimiche dei secoli precedenti.
Così, l’arte alchemica venne relegata fuori dalla scienza moderna, spostandosi su caratteri para-scientifici ed immaginari che non potevano più fornire una visione della natura accettabile secondo i parametri della scienza.


Alessandro Ortis
www.scienzaeconoscenza.it/articolo/fisica-quantistica-spiegata-in-modo-semplice.php




27 giugno 2012

- Pinealina, ghiandola pineale, serotonina e neuroscienze



La causa dei tanto auspicati sogni lucidi sperimentati da molte persone, sembra proprio dipendere da questo ormone/neurotrasmettitore, la pinealina.
NEUROGENESI
Non mi sono mai imbattuto in un argomento tanto evasivo quanto l'ormone/neurotrasmettitore pinealina, le relative documentazioni scientifiche non lasciano letteralmente tracce nella rete o nei libri di medicina. Quando incominciamo a parlare della pinealina a qualche medico-psichiatra, i suoi occhi inevitabilmente si dilatano in grossi punti interrogativi. Perché? Ma più importante del perché, per quale motivo nei più recenti testi di neuroscienze, non viene nemmeno nominato questo misterioso ormone? E' davvero così insignificante o dietro ad esso si può nascondere il vaso di Pandora?
Per farci un idea facciamo una breve panoramica nell'ombroso humus in cui si sono sviluppate le neuroscienze negli ultimi 70 anni. Fin dalla fine degli anni '40, molti dei gioielli (ormoni e neurotrasmettitori) del misterioso scrigno chiamato cervello, furono scoperti da neuroscienziati impegnati in ricerche private in ambito militare. E' risaputo che gli stipendi più sostanziosi e le attrezzature più innovative, possono essere finanziate solo attraverso l'uso di ingenti fondi neri, a cui possano attingere solo le agenzie d'Intelligence o privati facoltosi (che guarda caso sono sempre collegati alle società che prendono l'appalto alle ricerche top secret su commissione militare).
Grazie ad una compartimentalizzata rete sotterranea di ricerca, le scoperte scientifiche non riescono mai a fuoriuscire nella loro interezza all'esterno. Per questo non trovate ancora molte informazioni su certe proprietà “metafisiche” dell'epofisi (ghiandola pineale) e su alcuni ormoni/neurotrasmettitori nei testi della medicina ortodossa. Fino agli anni '60 i grossi finanziamenti alla “ricerca pubblica”, in merito a questa ghiandola, vennero sempre ostracizzati, con la scusa di ritenerla scarsamente importante; ma l'epofisi fu ampiamente studiata in ambito militare, soprattutto dalle varie fondazioni scientifiche ed università americane finanziate celatamente dalla CIA e dalle facoltose famiglie che ne dettano la politica. Già in epoca precedente a Cartesio, la pineale era considerata come la sede dell'anima e del pensiero. Ma alla CIA da sempre molto legata al cosiddetto mondo paranormal, non interessava se si potesse dimostrare scientificamente l'esistenza dell'anima come natura primigenia dell'uomo, bensì lo sviluppo dei poteri paranormali a cui veniva associava da sempre questa ghiandola. Quello che alcuni pionieri di queste ricerche divulgarono, rompendo il muro del silenzio, fu che i servizi segreti americani, russi e israeliani reclutarono sensitivi, medium e chiunque dimostrasse di possedere doti paranormali per poterli studiare.
Crearono quelle che poi sarebbero diventate le psi-corps: individui addestrati con sviluppate facoltà paranormali già latenti in loro che si prestano alle deviate manipolazioni dei servizi segreti, che ne potenziano le doti psichiche, per fini politico-militari. In questo modo vennero tracciate le basi dell'anatomia della visione a distanza, la telecinesi e la psicometria: armi silenziose ed insuperabili nella supremazia dello spionaggio. Fin dalla fine degli anni '50, grazie allo studio sullo sciamanismo ed alle sostanze psicotrope usate dagli sciamani si intuirono alcuni segreti dei poteri della mente. I ricercatori scoprirono che attraverso le proprietà chimiche di queste piante, il cervello era in grado di modificare non solo la propria percezione interiore soggettiva, ma perfino l'ambiente fisico! Questo voleva suggerire che l'allucinazione ed il “sogno” dello sciamano sotto l'influsso delle piante, fosse reale quanto la realtà?
Poiché il “sogno” sognato dallo sciamano era in grado di predire, modificare od annullare la materia, la stessa allucinazione o “sogno”, paradossalmente, diventava la prova oggettiva della medianità latente nel cervello umano! Scoprirono che l'uso di certe sostanze psicoattive, permetteva la visione a distanza, la diagnosi e cura delle malattie ed altri fenomeni ritenuti miracolosi. Ora potremo chiederci: dietro tutto ciò c'e forse la possibilità che le menti si influenzano reciprocamente ad ogni distanza?
E' forse l'estensione macroscopica di quello che succede nel microscopico; come la Sconcertante scoperta secondo cui due fotoni riescono a “comunicare” fra di loro a qualsiasi distanza? La non località dei fotoni implica la non località delle menti, con l'implicita trasmissione dell'informazione con quel mezzo - che per le nostre menti superstiziose e piene di pregiudizio einsteniano - viene etichettato in maniera dispregiativa come telepatia? Il segreto era contenuto nell'effetto di alcuni specifici ormoni/neurotrasmettitori che guarda caso avevano configurazioni molecolari simili alle sostanze psicotrope di alcuni vegetali presenti in natura.
Naturalmente ci doveva essere sempre un ben determinato grado di consapevolezza ed esperienza con cui operare nello stato alterato causato dalle sostanze psicoattive. Venne scoperto che il cervello biosintetizzava questi ormoni/neurotrasmettori psicotropi in grado di amplificare le cosiddette facoltà paranormali. Vennero inoltre mappate le aree cerebrali in cui tutto questo sembrava aver luogo. Si riuscirono a sintetizzare sostanze in grado di alterare ed espandere questi poteri insiti nell'uomo… in ogni uomo! Apro una breve parentesi, lo psichiatra Claudio Naranjo afferma che il 50% dei soggetti che hanno assunto armina (un tipo di beta-carbolina presente nell'ayahuasca), sentono un ronzio nella testa. Molti antropologi e ricercatori parlano di questo strano ronzio. Anche William Buhlman accenna al fatto di sentirlo prima di ogni uscita extracorporea.
A cosa è dovuto questo ronzio? E' forse causato proprio dai neurotrasmettitori/ormoni allucinogeni (sia esogeni che endogeni) in grado di alzare la frequenza atomica delle reti neurali, attraverso l'eccitazione-risonanza dei microfilamenti nei microtuboli, dilatando così lo spettro percettivo della coscienza? L'etnobotanico Mc Kenna afferma che le piante (Psycotrio viridis, Desmenthacellanoianthus) contenenti dimetiltriptammina (DMT) vengono associate ad abilità telepatiche ed a fatti paranormali. Si pensa che la ricerca militare si sia fermata attualmente all'individuazione ed alla creazione sintetica degli ormoni pinealinici. Ancora non ci è dato sapere se è stato scoperto come controllare i geni preposti alla biosintesi di queste sostanze, in modo che le psi-corps non siano dipendenti dagli ormoni/neurotrasmettitori sintetici dati loro per potenziare le abilità psichiche.
In altre parole, non sappiamo se l'ingegneria genetica è riuscita a creare cervelli in grado di biosintetizzare alcuni specifici ormoni/neurotrasmettitori attraverso l'atto volontario della consapevolezza stessa. Ma poi come verrebbero controllate le psi-corps? Questi Frankestain dalla mente potenziata spodesterebbero i loro creatori? Resta comunque il sospetto che siano già giunti in un qualche grado a questo stadio, coinvolgendo la prole delle eminenze grigie in questi progetti top secret, ma qui entriamo nell'aria rarefatta della pura ipotesi e testimonianza di un numero ristretto di individui. C'é da dire che da queste ricerche sulla mente vennero sviluppate la tecnologia della compartimentalizzazione mentale (Disturbo da Personalità Multipla) e l'infrainformazione (tecnologie del subliminale, tecnologie con uso di ologrammi, software di realtà virtuale e la manipolazione del linguaggio).
L'LSD, l'allucinogeno di sintesi spacciato dalla CIA per falciare la rivoluzione pacifica dei figli dei fiori, da dove pensate provenga? Non vi sarete bevuti la storia “ufficiale” della sua fortuita creazione? Solo una piccola quantità di questa “ricerca ombra” venne resa pubblica e solo per un fine strettamente economico. Difatti, alcuni dei privati implicati in questo tipo di ricerche sono le stesse persone che trovavate all'interno dei gruppi direttivi delle multinazionali farmaceutiche. Grazie al loro fiuto per gli affari, si creò il cosiddetto fenomeno “psicofarmaco”. Il boom delle vendite dei psicofarmaci fu coronato da utili di miliardi di dollari l'anno. I media naturalmente propagandarono questa psico-moda con lo slogan della pastiglia della felicità, “Prozac”, “Luvox”, “Ritalin”. Perfino gli acidi tanto di moda nella cultura dello sballo appartengono al retaggio delle ricerche sul controllo mentale effettuato dai sevizi segreti. Le luci a strobo e le luci ad intermittenza tanto usate in discoteca e nei concerti provengono sempre da queste ricerche segrete.
Cisco Wheeler, alta programmatrice all'interno del progetto per il controllo mentale Monarch rivela che l'uso dei lampeggianti rosso e blu nei veicoli della polizia statunitense sono dovuti alla scoperta che la frequenza del rosso e del blu lampeggiata a determinate intermittenze ha un potere inibente sulle persone. Teorie del complotto da fantascienza? Il fluoro, residuo dell'alluminio, è stato spacciato per una sostanza che protegge i nostri denti, e con questa scusa messo nelle nostre acque potabili, nei dentifrici e nei tranquillanti! Sì avete capito bene nei nostri tranquillanti! Di questi ce ne sono 27, e sette di essi sono composti di fluoro. Questo significa che il 25% dei principali tranquillanti è connesso con il fluoro. Il fluoro è un potente narcotico anche in quantità infinitesimali. L'idea di metterlo nelle acque potabili risale alla geniale idea di una combriccola di scienziati nazisti seguiti a ruota da quelli americani ed inglesi. Essi la usarono per tenere calmi e sotto controllo inizialmente i prigionieri e poi le loro stesse popolazioni. Le neuroscienze hanno un passato molto oscuro a causa dei loro finanziatori, ma il loto del resto nasce dal fango. Ora che abbiamo conosciuto il fango è tempo di conoscere il suoi misteriosi fiori.
Sinapsi multidimensionali e campo quantico
La ghiandola pineale è a capo della produzione di molti neurotrasmettitori, tra cui la serotonina (5-idrossitriptamina) e la melatonina (N-acetil-5-metossitriptammina), responsabili della regolazione del ciclo sonno-veglia. Diversamente da altre ghiandole endocrine la cui attività è sottoposta ad un meccanismo di regolazione umorale per mezzo di sostanze trasportate dal sangue, l'attività della pineale viene modulata direttamente da impulsi nervosi provenienti dalla retina tramite la noradrenalina, presente nelle cellule nervose e necessaria per trasferire il segnale dalla fibra nervosa alla superficie della cellula.
La luce proveniente dall'esterno stimola quindi l'attivazione dell'epifisi (pineale), partendo dalla metabolizzazione del triptofano (aminoacido aromatico essenziale, quindi non sintetizzabile dall'uomo ma da immettere dall'esterno per mezzo del cibo) aumenta la presenza di serotonina. La serotonina successivamente viene trasformata in N-acetilserotonina dall'enzima n-acetiltransferasi e quindi trasformata in melatonina dall'enzima idrossi-o-metiltransferasi nelle ore notturne. La melatonina è stata riconosciuta come il più potente antiossidante naturale, ovvero in grado di ostacolare i radicali liberi e rallentare la nostra vecchiaia. E' un ottimo sonnifero e calmante. Un amica per le nostre difese immunitarie e per il nostro umore, tutto questo senza avere effetti controindicativi accertati. Alcuni ricercatori valutandone le proprietà ipnotiche e la sua struttura molecolare (simile alle sostanze psicotrope) hanno suggerito la sua implicazione nei processi mentali che chiamiamo estasi mistica.
Ma ci sono forti sospetti che non sia la melatonina in sé a permettere questi stati alterati tanto agognati da intere culture, ma la sua biosintesi in un'altra ben più caratteristica struttura molecolare chiamata pinealina. Ramtha durante un insegnamento disse che: <
Dunque la causa dei tanto auspicati sogni lucidi sperimentati da molte persone, sembra proprio dipendere da questo ormone/neurotrasmettitore. Se fosse possibile trovarlo in commercio al pari della melatonina, l'ambito sogno lucido sarebbe potenzialmente un'esperienza che tutti noi potremmo fare senza intraprendere anni di faticoso addestramento alle nostri reti neurali. Ma questo ormone è stato sintetizzato in laboratorio come la melatonina? C'è modo che possa venire acquistato da chiunque? Non si sa per certo, ma visto l'importanza che ha sicuramente in ambito militare è probabile sia una realtà che vive sopra i comodini metallici delle psi-corps e dell'elite politico-militare che li ha creati.
Ma come avviene la biosintesi della pinealina nei nostri cervelli? Ancora una volta citiamo l'insegnamento di Ramtha: <>.
Capite il perché di tutto questo interesse per gli ormoni pineali? Ramtha è stato molto chiaro in merito, affermando che è proprio grazie alla pinealina che i nostri acquosi neuroni si dispiegano nel campo quantico dinamico permettendoci di spostarci nelle vite parallele. Inoltre l'energia bosonica della Kundalini (attivata con la C&E, una tecnica usata nella RSE) fortifica le sinapsi generate dalla pinealina (che funge da messaggero multidimensionale del campo quantico) durante i nostri inconsapevoli “viaggi notturni”! Purtroppo, l'unica informazione, per altro incerta, che sono riuscito a reperire sulla pinealina è che si comporti come l'insulina, in grado di abbassare il livello di zucchero nel sangue.
L'insulina facilità l'assorbimento da parte del cervello del triptofano precursore chimico della serotonina e della melatonina. La pinealina forse immette nel cervello, in un circolo chiuso, una continua ondata di ormoni della pineale (grazie alla materia prima del triptofano) dando luogo al fenomeno conosciuto come l'Oobe (esperienze extracorporee) e tutta la fenomenologia delle esperienze extrasensoriali. E' di notevole interesse e provoca stupore in alcuni ambienti, il fatto che nell'esoterismo si narra come la pineale inizialmente fosse il Terzo Occhio aperto (6°chakra) che aveva accesso al mondo sottile, ma poi gli eventi la fecero rattrappire fino a diventare una ghiandola endocrina. Effettivamente la ricerca ha scoperto che la retina presenta gli stessi fotorecettori presenti nella pineale. La pineale, ghiandola endocrina fotosensibile ai campi elettromagnetici, ha ancora adesso, per certi versi, un retaggio chimico e di funzione similare agli occhi. Le alterazioni nel chimismo del beta retinale (quando la luce colpisce la retina un fotone è assorbito da una molecola organica chiamata 11-ci-retinal, causando il suo ricollocamento entro picosecondi in trans-retinale) influenzano sia la percezione che la retina ha dello spettro della luce sia le secrezioni nel ciclo circadiano.
Questo significa che l'apertura del “Terzo Occhio” associato alla pineale, che a sua volta sembra interagire con il lobo temporale, può essere rappresentata come un iperattività endocrina altamente specializzata. In questo modo le molecole della melatonina, o più precisamente della pinealina (generate dall'iperattività endocrina), sono in grado di poter ampliare le frequenze della luce che la retina è in grado normalmente di percepire, inglobando ad esempio le emissioni dell'infrarosso e dell'ultravioletto. Ed allo stesso modo permettere, al cervello, di elaborare informazioni di più alta frequenza ed interagire con un eventuale intelligenza che dimora in quelle frequenze, giacché ci siamo spostati momentaneamente dalla nostra consapevolezza hertziana ad una consapevolezza di ordine superiore.
Questa non è un ipotesi così fantastica visto che altre specie animali che noi consideriamo inferiori, a causa dei loro piccoli cervelli, hanno uno spettro extrasensoriale maggiore del nostro, tanto che a volte sembrano osservare ed interagire con “cose” invisibili alle nostre percezioni ordinarie. Interessante è notare il fatto che il gatto nell'antico Egitto veniva considerato in grado di vedere i defunti. Per non parlare dei delfini e delle loro doti e sensibilità “sconcertanti”, il loro cervello del resto possiede dimensioni cui perfino l'uomo non riesce a raggiungere.
l'illuminazione è una neurosimulazione dei nostri cervelli?
Si racconta che in un laboratorio venne dato una mega-dose di LSD ad un cosiddetto mistico, ma quest'ultimo non mostrò alcun cambiamento. Perché con quella dose da cavalli non si sballò? Grazie all'insegnamento di Ramtha la spiegazione risulta semplice, ossia che i ricettori del mistico erano già occupati dagli ormoni/neurotrasmettitori allucinogeni del cervello (simili all'LSD) e dunque i cristalli dell'LSD venivano eliminati dall'organismo (poiché non c'erano più ricettori liberi atti a riceverli nelle cellule). Questo é la ragione per cui un vero mistico è così beato, ha le visioni e è considerato detentore di abilità paranormali: nei suoi ricettori sono costantemente inseriti la melatonina, le endorfine, la pinealina ed altri ormoni/neurotrasmettitori oppiacei. Ma c'è un ulteriore domanda a monte, ovvero, perché le donne selezionate che accompagnano il “viaggio” dello sciamano non hanno bisogno - al contrario degli uomini - di allucinogeni per compierlo? Inoltre perché la donna in generale è maggiormente soggetta allo stato analogico di innamoramento? Si pensa sia dovuto al fatto che metta in circolo più dopamina ed endorfine di quanto faccia l'uomo, e/o perché la sintetizza in maniera più efficace grazie a qualche sostanza o meccanismo che ne faciliti il compito. E se così fosse é dovuto all'evoluzione genetica ?
A causa del fatto che la donna debba partorire sia stata predisposta ad immettere una quantità più cospicua di analgesici naturali (creati dal cervello), avendo un maggior fabbisogno di quest'ultimi per partorire, alzando così la soglia al dolore e all'amore (perfino a quello sessuale con gli orgasmi multipli) rispetto all'uomo? Questa facilitazione agli analgesici influisce sugli oppiacei che sembrano tanto importanti per lo sviluppo delle facoltà paranormali? Apparentemente sembra di no stando ai libri di storia, di donne illuminate non si trova quasi neanche traccia (perché a differenza degli uomini non amano "fare storia" ndr). Ma la realtà è che la donna, come iniziato, all'interno delle Scuole Misteriche era ed é potenzialmente superiore agli uomini; ma vennero sempre scelti uomini come rappresentanti, a causa delle società e religioni misogine d'allora (e d'oggi del resto!) che mai avrebbero accolto una donna come insegnante o messia.
Qui ci possiamo porre un ulteriore quesito, e cioè, se l'evoluzione delle nostre reti neurali venga lasciata come testamento genetico alle nostre future generazioni, i figli dei mistici o di persone con abilità paranormali erediteranno quella configurazione neurale che permetterà anche loro di sperimentare i cosiddetti fenomeni paranormali? La risposta non può che essere affermativa, ma la prole di Gotama Siddhartha (Buddha) o Yeshua ben Joseph (Gesù) hanno raggiunto le vette dei loro illustri genitori? Qui la storia non ne parla. Ma se non dovessero avere raggiunto quella vetta ciò dimostra che la rete neurale da sola non basta senza una volontà che la voglia manifestare. Allora se si riuscisse a sintetizzare la pinealina, forse la stragrande maggioranza delle persone riuscirebbe a sperimentare il sogno lucido o qualche dote paranormale, ma ben pochi realizzerebbero l'illuminazione, perché non tutti avrebbero la volontà di raggiungere quello stato di consapevolezza.
Quindi qualsivoglia progresso scientifico non riuscirebbe a portare l'illuminazione o a cancellare la malattia come molti sostengono, perché l'atteggiamento vittimistico continuerebbe a far sussistere lo stato non illuminato e le malattie psicosomatiche. Questo porta all'inevitabile conclusione che la tecnologia in grado di creare degli ormoni/neurotrasmettitori associati all'illuminazione, sia meno importante di creare all'interno dell'uomo il desiderio di raggiungere questo stato di consapevolezza. E non è forse questo ciò che uno ierofante vi stimola e vi fa desiderare!?! L'ormone o neurotrasmettitore più potente alla fine risulta essere proprio la volontà di ciò che si vuol raggiungere e la consapevolezza di poterla raggiungere.

Riccardo Tristano Tuis

CONSIGLI PRATICI: la pineale è direttamente responsabile dell'invecchiamento biologico è inoltre in grado di secernere gli ormoni della lunga giovinezza e gli ormoni dei viaggi extracorporei e delle percezioni extrasensoriali, come stimolarla dunque?
1) Potete stimolare l'attività fisica di una certa intensità (definibile quindi come "stress fisico"), da esperimenti compiuti da diversi ricercatori, tende ad innalzare (anche del 200%) il tasso di melatonina se effettuata durante le ore diurne, cioè quando il tasso è basso, mentre se effettuata durante le ore notturne anche in condizioni di scarsa illuminazione, abbassa drasticamente il tasso di melatonina.
2) E' consigliabile un pasto moderato alla sera contenente una buona quantità di carboidrati (i complessi sono preferibili) da consumarsi almeno due ore prima di coricarsi ed astenersi al consumo serale di alcool.
3) Non portatevi il lavoro, preoccupazioni e stress psicologico a letto, poiché i cortecosteroidi e le catecolamine (gli ormoni "da stress") inibiscono la produzione della melatonina.
4) I colori a bassa frequenza (gradazioni del rosso) attivano maggiormente il Sistema Nervoso Neurovegetativo Simpatico che gestisce alcuni comportamenti fisiologici come, per esempio, l'aumento della frequenza cardiaca ed altri, quasi sempre in antagonismo con il Parasimpatico. Invece i colori di alta frequenza (gradazioni dal blu fino al violetto) attivano maggiormente il Sistema Nervoso Neurovegetativo Parasimpatico che gestisce viceversa la diminuzione della frequenza cardiaca (antagonista con il Simpatico). Mentre i colori a media frequenza (gradazioni del verde), non agiscono sul Sistema Nervoso Neurovegetativo; per questa ragione il verde è un colore riposante, coadiuvante di un naturale equilibrio. Detto questo vi sarà chiaro che l'esposizione alla vista dei colori a medio e alta frequenza favoriscono la diminuzione dell'iperattività e l'entrata in scena degli ormoni notturni pinealinici. Dunque abbiate un occhio di riguardo verso i colori dell'arredamento della stanza da letto e delle stanze in cui soggiornate prima di coricarvi.
5) Gli enzimi necessari alla biosintesi della melatonina si trovano anche nella retina perciò quando vi coricate non ci devono assolutamente essere alcun tipo di luce nella stanza, sia essa la più piccola riverberazione di luce del display della radiosveglia o la flebile luce che entra dalle fessure delle tapparelle (la luce inibisce l'emissioni melatoniniche della pineale, mentre i pinealociti, durante le ore di buio vengono stimolati, nella loro azione secretoria, dal rilascio di noradrenalina). Anche i campi elettromagnetici del cellulare che tenete acceso sul comodino o la termocoperta, influiranno sulla biosintesi (pure anelli, catenine, piercing, etc. in qualche modo possono limitatamente interferire). Cercate di bandire la TV e il computer (specialmente il navigare nella rete nelle ore notturne) in quanto la radiazione catodica danneggia le ghiandole endocrine. Per coloro che vogliono potenziare la biosintesi si consiglia di usare una mascherina per gli occhi non solo quando si dorme, ma di tenerla per 24-48-72 ore o più (prendetevi un paio di giorni liberi), cercando in più di esporsi il meno possibile la pelle a fonti luminose. Un metodo simile era praticato nella cosiddetta morte iniziatica, dove veniva lasciato in una grotta buia l'iniziato (di solito a digiuno) per almeno 3 giorni. Questo perché il buio protratto stimolava la produzione ormonale della pineale e allo stesso tempo dava torpore all'iniziato cullandolo in un continuo stato di dormiveglia. Inoltre si disabituava alla percezione attraverso gli occhi incominciando a raffinare nuove forme di percezione.