31 maggio 2010

- Chi era veramente Gesù?




Chi era Gesù? Alla luce dei risultati della ricerca storica moderna, fondata sullo studio oggettivo di tutte le fonti disponibili, possiamo affermare che Gesù è stato un riformatore del Giudaismo, non un fondatore di nuove religioni, tantomeno del Cristianesimo, che si è andato configurando e sviluppando solo alcuni decenni dopo la sua morte. Gesù era un rivoluzionario, più che un semplice riformatore, perché ribaltò completamente la mentalità dell'epoca: il Giudaismo era infatti una religione tipicamente nazionalista, legalista e autoritaria, mentre l'insegnamento di Gesù era assolutamente individuale, interiore, spirituale. Nel Giudaismo fare il bene era un dovere da compiere sotto la spinta di minacce anche fisiche, oltre che morali. Per Gesù fare del bene "fa bene" innanzitutto a chi lo fa. Il Gesù dei vangeli è più psicologo che predicatore religioso: non si preoccupa molto di ciò che avviene dopo la morte, ma parla sempre del QUI-ED-ORA e dell'ATTEGGIAMENTO MENTALE della persona, INDIPENDENTEMENTE DALLE CONVINZIONI RELIGIOSE! Non a caso simpatizza per i samaritani, considerati eretici dai giudei osservanti. I cristiani dovrebbero leggere seriamente i vangeli per scoprire che Gesù non ha mai chiesto a nessuno di cambiare la propria religione, nemmeno ai pagani, semmai di mettere in discussione la propria mentalità, la propria vita, i propri obiettivi, i propri valori. I vangeli sono pieni di modelli anticonformisti. E' sempre l'altro, il diverso, l'eroe da imitare. Non è il sacerdote o il fariseo, non è il bravo osservante della legge, non è lo scrupoloso esecutore dei comandamenti a suscitare la simpatia di Gesù, che anzi più volte ha manifestato di essere profondamente anticlericale e contro ogni esteriorità religiosa, vista sempre in sospetto di ipocrisia. Gesù sta sempre dalla parte di coloro che sono oggetto di diffidenza se non di aperta discriminazione: i pubblicani, le prostitute, i poveri, i lebbrosi, i malati, i samaritani, persino gli invasori romani che, in quanto individui, sono comunque considerati meritevoli di ricevere quantomeno una parola di conforto. Ai tempi di Gesù la religione dei Giudei era essenzialmente legalista e giuridica, fatta di tradizioni e regole, osservanza di rituali e festività, adempimento letterale di comandamenti, innumerevoli divieti piuttosto che esortazioni positive, prescrizioni inerenti i cibi puri e impuri, digiuni. Insomma si trattava di pratiche fondamentalmente esteriori che poco o nulla avevano a che fare con la sfera interiore degli individui, anzi, il concetto stesso di individuo era quasi inesistente, schiacciato dall'obbligo morale di doversi sentire collettivamente "popolo di Dio" in modo massificato e compatto. Gesù capovolse questa prospettiva introducendo un elemento assolutamente nuovo: l'amore incondizionato per il prossimo e addirittura per i nemici diventava il basilare paradigma che sostituiva la cieca osservanza della Legge. L'insegnamento di Gesù di Nazareth trascendeva gli stessi confini confessionali giudaici per divenire MESSAGGIO UNIVERSALE, non strettamente religioso ma anche filosofico, etico, volto a risvegliare le coscienze ad un modo nuovo e diverso di vedere sé stessi e gli altri, la vita e la morte. Gesù era aperto anche a contributi culturali eterogenei rispetto alla stretta osservanza giudaica. Ciò è documentato dalle corrispondenze fra l'insegnamento di Gesù e quello degli Esseni, una comunità monastica molto particolare, vegetariana e pacifista, studiosa delle FILOSOFIE ORIENTALI (a questo proposito è interessante notare una certa somiglianza fra alcuni insegnamenti di Gesù e il Dharma buddhista).
Se Gesù non fosse stato presentato in modo simile ad Eracle (Ercole) e a Mithra, cioè come un essere semidivino, figlio di un Dio e di una terrestre, eroe vittorioso sul male dopo aver affrontato varie fatiche e prove, la diffusione della religione cristiana non avrebbe potuto avere quel successo popolare che invece ottenne, più fuori che dentro la Palestina, proprio perché essa era immediatamente riconoscibile e familiare per tutte le genti pagane. In mancanza del concetto postumo della "divinità" di Gesù, il Cristianesimo, o comunque lo si volesse chiamare, sarebbe rimasto ciò che era inizialmente, ovvero nient'altro che una sètta interna dell'ebraismo (ovvero la Sètta dei Nazirei così chiamata anche negli Atti degli Apostoli cap. 24) o si sarebbe estinto del tutto.
Gesù si definiva un Rabbi, un Maestro, non un essere soprannaturale. E' vero che molti videro in lui il "Messia", ma nel contesto ebraico il Messia era un LIBERATORE POLITICO, e l'ATTESA del Messia in quei tempi era spasmodica proprio per via dell'occupazione romana. Per gli ebrei era intollerabile dipendere da uno Stato straniero, specie se pagano e idolatra come i Romani. Ad ogni "Messia" spettava, tra l'altro, il titolo di: "figlio di Dio", che nel contesto israelita era un titolo puramente simbolico, mentre nella cultura greca non poteva che essere percepito in modo METAFISICO e letterale, anche perché nella religione greca era consueto postulare l'esistenza di esseri semidivini "figli di un Dio" e di una umana (Eracle, Dioniso, ecc.). Le leggende sulla sua origine divina e sul presunto concepimento miracoloso sono molto tardive, essendo state elaborate solo quando il Cristianesimo cominciava a diffondersi al di fuori del contesto ebraico. Quando si leggono i vangeli va sempre tenuto presente che sono POSTERIORI alle epistole di Paolo e alla sua zelante opera missionaria in Grecia. Per questo, quando sono stati scritti, si è cercato di raccontare i fatti in un modo facilmente comprensibile per chi apparteneva alla cultura ellenico-romana, tanto più che Gerusalemme era stata distrutta (nel 70 d.C.) e la nascente nuova religione non poteva più contare sulla sua prima sede (che gli apostoli avevano appunto fissato a Gerusalemme) ma doveva cercare di svilupparsi fra i pagani, ovvero nel territorio dell'Impero. Fu soprattutto san Paolo, "l'Apostolo delle genti", a intuire che per favorire la diffusione del Cristianesimo occorreva, paradossalmente, SOSTITUIRE l'insegnamento di Gesù con il CULTO DELLA SUA PERSONA, del suo corpo e del suo sangue, cosa che poteva essere ben comprensibile per le masse popolari pagane e quindi garantire un successo perlomeno numerico, se non qualitativo, alla nuova religione.
Fu così che il maestro Gesù divenne "il Cristo", da adorare, da invocare, da utilizzare come protettore e mediatore nei confronti della severa divinità, finalmente placata dalla morte di Gesù, reinterpretata da san Paolo quale "sacrificio espiatorio" per le colpe dell'umanità. Perfino IL NOME con cui sarà conosciuto Gesù è un ibrido sincretismo: Gesù Cristo, ossia Joshua Cristòs, primo nome ebraico e secondo nome greco. Ma ciò è anche anacronistico, perché Gesù non parlava greco, e presumibilmente non sentì mai alcuno parlare in questa lingua. Lo stesso nome "Gesù Cristo" già allude alla "idolatrizzazione" pagana della sua figura. Già allora, come oggi, venivano compiute abilissime operazioni di "IMMAGINE" per scopi puramente propagandistici e per accattivarsi le simpatie dell'opinione pubblica. Per i pagani di cultura greca e romana, ma anche per tutte le religioni primitive, le divinità erano interpretate come tendenzialmente ostili e vendicative, e dovevano essere pertanto "propiziate" da sacrifici di animali in modo che l'aggressività del dio fosse "saziata" e quindi "disinnescata", almeno temporaneamente. Dato che Gesù fu condannato a morte, oltretutto come sovversivo e agitatore di disordini, ciò aveva seriamente compromesso la sua reputazione, perché sia ebrei che pagani ritenevano che chi avesse il favore della divinità doveva, al contrario, essere immune da sventure e protetto da ogni pericolo. Infatti, il movimento di Gesù, dopo la sua morte, era allo sbando. I Vangeli descrivono gli stessi apostoli come scoraggiati e demotivati. Un primo tentativo di "rilanciare" l'entusiasmo tra i seguaci di Gesù fu la diffusione del mito della sua presunta resurrezione, sebbene in molte varianti contraddittorie, tutte riportate nei vangeli, compresa la variante più posteriore, quella che fa seguire la resurrezione dall'ascensione fisica in cielo. Nient'altro che miti ebraici: ai pagani la resurrezione non diceva nulla, infatti negli Atti degli apostoli leggiamo che i greci dileggiarono l'ipotesi della resurrezione fisica di un morto (Atti 17). Ciò che "salvò" il movimento di Gesù dalla probabile estinzione non fu quindi il mito della resurrezione, né la predicazione degli apostoli, che non produsse alcun risultato fuori dal ristretto ambiente palestinese, ma fu l'ABILITA' di PAOLO, che reinterpretando la crocifissione come "sacrificio" NON per i soli ebrei ma per tutta l'umanità, rese internazionale la nuova religione perché, come si diceva, l'idea di un SACRIFICIO ESPIATORIO era immediatamente comprensibile in quanto archetipo universale già noto a tutte le tradizioni antiche. Ciò avvenne non senza aspre polemiche con la chiesa "ufficiale" dell'epoca, ovvero quella di Gerusalemme, gestita dagli apostoli, che al contrario di Paolo ritenevano il "cristianesimo" (anche se non si chiamava ancora così) nient'altro che un modo nuovo di intendere la religione ebraica. Infatti, per molti anni, nella primitiva chiesa cristiana l'ala cosiddetta "giudaizzante" riteneva che se un pagano voleva seguire l'insegnamento di Cristo, doveva innanzitutto farsi CIRCONCIDERE, e diventare ebreo d'adozione. Paolo vedeva in questa regola un grosso limite all'espansione delle "sue" chiese, ovvero quelle che si trovavano in area greca, e del suo ruolo piuttosto ambizioso di "apostolo delle genti" e si addirittura si ribellò fermamente a Pietro, da lui chiamato "ipocrita" perché si faceva influenzare da coloro che Paolo chiamava con disprezzo "quelli della circoncisione" (l'episodio è descritto nell'epistola di Paolo ai Galati, cap. 2). Perché proprio il "sacrificio" di Gesù doveva avere un così grande valore? Perché Gesù non era un uomo "normale", secondo la nascente apologia cristiana, ma un semidio, figlio del Dio degli ebrei e di una terrestre, ovviamente vergine, come tutte le madri di tutti gli esseri semidivini mediterranei, a partire dalla popolarissima ISIDE che già veniva raffigurata con il bambino in braccio (HERO). La figura mitologica di ISIDE (e di molte altre divinità femminili) sarà poi letteralmente TRASFERITA SU MARIA, la madre di Gesù. A distanza di 2000 anni, Maria viene ancora rappresentata con le caratteristiche fisiche dell'egiziana ISIDE, e non con quello che doveva essere l'aspetto di una ragazza palestinese. Appartengono al culto di ISIDE anche le consacrazioni delle "grotte", in quanto divinità legata alla Terra. Certamente i devoti che si recano a Lourdes o in altri luoghi "mariani" non immaginano che la Grande Madre la cui statua è posta nelle grotte è ISIDE e non Maria.
NOTAI pagani non potevano accettare il culto di un uomo che non avesse una qualche origine "divina", per quanto eroico e meritevole. Era IMPENSABILE una diffusione in area ellenica del Culto di un UOMO per di più un semplice "figlio di un falegname". Era anche improbabile che i Greci e i Romani si convertissero al monoteismo di JAHWEH, il Dio di Israele. Perciò la Chiesa del primo secolo ha dovuto "provvedere" aggiungendo al Vangelo di Matteo e di Luca (ancora erano delle semplici tradizioni orali) il racconto leggendario della nascita da una Vergine, come la cultura dominante esigeva. Di tale racconto non c'è traccia nei Vangeli di Giovanni e di Marco, nonché in alcun'altra parte del Nuovo Testamento. Negli stessi vangeli di Matteo e di Luca il racconto della nascita miracolosa è aggiunto posteriormente, con un diverso stile letterario. Chiunque può infatti constatare, anche da una semplice lettura, che il vero inizio del Vangelo di Matteo corrisponde al secondo capitolo. Un UOMO-DIO che oltretutto venisse "sacrificato" come "vittima espiatoria" era invece la soluzione perfetta, PERCHE' RIASSUMEVA TUTTI I MITI RELIGIOSI MEDITERRANEI. Gesù non era "solo" ERCOLE (ERACLE), ma anche MITRA, APOLLO, MERCURIO, ecc. Un simile "Cristianesimo" era l'esperanto delle Religioni. Peraltro anche in seguito il Cristianesimo (nella sua forma cattolica) manterrà questa caratteristica, ovvero di poter FAGOCITARE e di APPROPRIARSI di qualsiasi tipo di culto, tradizione, devozione, adattandola ed eventualmente adattandosi. L'esempio più lampante potrebbe essere il NATALE DEL SOLE (praticamente la festa del solstizio d'Inverno, il "Dies Natalis Solis Invicti") che diventa gradualmente, almeno vari secoli dopo Cristo, il NATALE di GESU'. Il pagano DIO PROTETTORE (dei fornai, dei macellai, dell'amore, delle messi, ecc.) è diventato il SANTO PATRONO dei fornai, dell'amore, ecc. MANTENENDO di SOLITO lo stesso giorno commemorativo. Ma esistono anche esempi recenti: la FESTA LAICA DEL 1° MAGGIO è recentemente diventata la FESTA di SAN GIUSEPPE LAVORATORE. Un vero e proprio furto di date, finalizzato a compiacere ed attrarre l'attenzione della gente, da parte di una Religione mai sazia di popolarità, di consensi esteriori, di dominio sulla credulità popolare. Gesù non si occupava di RELIGIONI ma dell'UOMO. Si noti che Gesù non ha mai presentato una visione della sfera spirituale di tipo mercanteggiante, ovvero finalizzata a presunti benefici da realizzarsi nell'aldilà. Gesù è sempre concentrato sull'interiorità dell'uomo, sul suo essere qui-ed-ora, sulla mente.
A coloro che venivano guariti da malattie autosuggestive (come la paralisi isterica, Gesù diceva: "la tua fede ti ha salvato". Dunque: "la tua mente". Nessun intervento magico o miracolistico, semplicemente Gesù riteneva che la nostra mente può "spostare le montagne". Non la religione, non i riti né i sacrifici, e nemmeno Dio, ma la nostra fede, ovvero la profonda intenzione della nostra mente. Basti pensare a celebri detti di Gesù come "chi vuole salvare la sua vita la perderà" oppure "non siate ansiosi per il futuro". Secondo Gesù, la condizione umana richiede di essere riscattata, "salvata", dal proprio stato di sofferenza attraverso un cammino di illuminata comprensione e consapevolezza, basata NON SULLE COSE ESTERIORI (come appunto cerimonie religiose, ecc.) ma sull'INTERIORITA' ("Il Regno di Dio è dentro di voi") che non ha bisogno di RIVERENTI OBBEDIENZE A POTERI RELIGIOSI ("Non chiamate nessuno sulla terra vostro Padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli") ma di RITROVARE SE' STESSI NELLA MEDITAZIONE ("Quando preghi, chiuditi a chiave nella tua cameretta"). Gesù non teorizza un "intervento" divino nella sfera umana, e NON C'E' una comoda "PROTEZIONE DIVINA" ma l'uomo deve comunque assumersi le sue responsabilità, valutare le sue possibilità e soprattutto gli EFFETTI del suo agire. Infatti, quando Gesù prese posizione su una catastrofe che accadde in quel periodo (chissà perché ma questo è uno degli episodi dei vangeli meno conosciuti) ovvero il crollo della torre di Siloe, che uccise 18 persone, non disse che si trattava di una "punizione divina", né ritenne che Dio doveva occuparsi di proteggere le persone dalle catastrofi naturali o comunque imprevedibili. Si trattava di un semplice accadimento "casuale" che NON DOVEVA ESSERE STRUMENTALIZZATO per ricavarne alcun principio (vangelo di Luca, cap. 13). Egli affermò tuttavia che sia chi muore in simili incidenti sia chi sopravvive, si trovano esattamente nella stessa condizione, perché il vero bene per dell'uomo non è "sopravvivere alla morte" ma "convertirsi", ovvero ricercare quella trasformazione interiore senza la quale non c'è molta differenza qualitativa tra vivere, sopravvivere o morire. Quindi Gesù è senz'altro concentrato non su un mero attaccamento alla vita fisica, ma su una dignità umana QUALITATIVA. In pratica, sebbene Gesù si trovi in un contesto ebraico abituato a schemi profondamente monoteisti, si può osservare che nel suo insegnamento il concetto di Dio è più "teologico" che metafisico. Una metafora che aiuta a capire, non una dottrina da credere o imparare.
www.cristianesimo.it


29 maggio 2010

- Opus Minimum


Opus minimum
Solstizio d’Estate 2010


L’eterno femminino
Bent Parodi di Belsito, R\L\ Giustizia e Libertà 895 Palermo

Il Principe di San Severo e il movimento rosacrociano
Sigfrido E.F. Höbe. R\ L\ Arcadia 1161 Napoli

I sogni
Anna Manfredi, Associazione GREN Napoli

Per una cartografia dell’ immaginario
Antonio D’Alonzo, R\L\ Stella del Mattino 1031 Firenze

L’uguaglianza, una necessità
Aniello Scala, R. L. Ferruccio 186 Pistoia

Circa Renè Guénon
Luigi Sessa, R\ L\ Giustizia e Libertà 767 Roma


Chi è interessato a ricevere la rivista Opus Minimum può contattare:

lab.ermetico.filosofico@gmail.com

27 maggio 2010

- Templari a Tomar.














Il Convento dell'Ordine di Cristo o più semplicemente Convento di Cristo a Tomar, in Portogallo, fu originariamente una fortezza appartenente ai cavalieri templari costruita nel XII secolo. In seguito alla dissoluzione dell'Ordine dei templari, avvenuta nel XIV secolo, il ramo portoghese dell'ordine si trasformò nell'Ordine del Cristo che finanziò le grandi scoperte del quindicesimo secolo. Il castello dei templari di Tomar venne costruito da Gualdim Pais, capo provinciale dell'Ordine dei Templari, attorno al 1160. Alla fine dello stesso secolo il castello venne scelto come quartier generale dell'Ordine in Portogallo. Il castello di Tomar fece parte del sistema difensivo creato dai templari per difendere i confini del neonato Regno Cristiano dall'aggressione dei Mori, che in quel periodo (metà del dodicesimo secolo) arrivava approssimativamente al fiume Tago. La famosa chiesa rotonda del castello venne eretta nella seconda metà del dodicesimo secolo. La chiesa, come altri edifici religiosi templari in tutta Europa, seguiva il progetto della Cupola della Roccia a Gerusalemme, che i crociati ritenevano erroneamente il Tempio di Salomone. Anche la Chiesa del Santo Sepolcro, anch'essa a Gerusalemme, venne usata come modello. L'ordine dei templari venne soppresso in quasi tutta l'Europa nel 1311-1312 per volere di papa Clemente V, istigato da Filippo il Bello, ma in Portogallo i suoi adepti, i beni, ed in parte la vocazione, vennero trasmessi al nuovo Ordine di Cristo, creato nel 1319 da Dionigi I. L'Ordine di Cristo si spostò a Tomar nel 1357. Uno dei più importanti Gran Maestri dell'Ordine fu Enrico il Navigatore, che lo guidò dal 1417 fino alla morte, avvenuta nel 1460. Il principe Enrico diede enorme impulso alle spedizioni pionieristiche portoghesi durante l'era delle grandi scoperte. Si suppone che anche Cristoforo Colombo abbia trovato negli archivi del monastero mappe nautiche e indicazioni utili a raggiungere le Americhe (già scoperte e visitate dal vichingo Erik il Rosso che segui una rotta artica lungo la Groenlandia).











21 maggio 2010

- IL REGOLO E LA LEVA


Negli antichi rituali, il Regolo veniva chiamato “calibro di 24 pollici” ad indicare come si intendesse raffigurare il senso della misura, utile in ogni Grado del Lavoro Muratorio.
Senza regola, senza norma (regula, da cui lo strumento trae la sua etimologia), non è possibile alcun ordine, alcuna costruzione. Ma il Regolo reca in sé anche il concetto di dirigere, reggere, guidare, segnare la via. Questo strumento lo si raffigura come un’asticella di legno graduata con 24 tacche (canoni che tradizionalmente sono intesi come la misura di un pollice inglese), riunite in 4 grippi di 6, da cui il nome prima citato.
Le tacche possono alludere sia alle 24 ore del giorno, da impiegare convenientemente così articolate :
6 ore per lavorare la materia
6 ore per servire lo spirito
6 ore per aiutare qualcuno senza che vada a scapito della famiglia
6 ore per dormire.
Il Regolo è simbolo della misura e della precisione, indispensabili ad ogni forma di lavoro, e rafforza l’idea della costanza nella volontà di perfezionarsi, la perseveranza nel cammino diretto ad un scopo: lo spirito della legge universale che si manifesta nella ricerca del Bello, del Bene e del Vero .
Il Regolo utilizzato in modo consapevole porta il Massone a trovare la misura, l’ordine delle cose, la disciplina nel quotidiano, la presenza nell’istante, la costanza in una linea di condotta liberamente scelta per l’edificazione del proprio Tempio interiore.
La Leva è l’attrezzo tipicamente utilizzato per muovere pesi e a vincere resistenze, essa ha in comune con il Regolo la linea retta che nello spazio può assumere va arie inclinazioni per svolgere il proprio lavoro. Il suo nome deriva dal verbo levare che corrisponde all’inizio dell’azione (da cui sollevare). Si vuole simboleggiare la forza e il movimento e per tale motivo la Leva deve essere utilizzata soltanto con grande cautela, essendo, con molta probabilità, il più pericoloso degli utensili in quanto permette di manipolare i carichi molto pesanti, e l’azione che si mette in atto è legata direttamente alle reazioni che ne seguiranno.
La Leva ci permette di rimuovere l’ostacolo, materiale o morale che sia, e quindi anche di aver ragione di paure e debolezze a condizione di essere capaci di trovare il proprio punto d’appoggio, che possiamo iden-tificare con il punto della conoscenza.
La buona utilizzazione della leva si fonda sulla coscienza e sulla padronanza delle forze messe in movimento. Essa rappresenta la tenacia di una volontà stabile, la fedeltà ai propri impegni nel proseguire fino al termine il cammino prescelto. Se il Massone vive fra la Squadra e il Compasso e lavora con Maglietto e Scalpello e controlla e armonizza con Perpendicolare e Livella, verifica, persevera e procede con Regolo e Leva.
Enzo Heffler

16 maggio 2010

- Santiago de Compostella.







I fratelli pellegrini di alcune logge napoletane hanno raggiunto Santiago de Compostella e concluso il percorso raggiungendo Finisterre.





14 maggio 2010

- LA PERPENDICOLARE E LA LIVELLA.


Seguendo il solco che abbiamo iniziato nelle pagine precedenti, cercheremo di guardare con occhi non profani altri due simboli assieme: la Perpendicolare e la Livella.
La Perpendicolare, più frequentemente chiamata “filo a piombo”, è lo strumento che serve al Massone per la verifica della “verticalità” di qualsiasi elemento costruttivo di cui disponga; è l’emblema stesso della “vita interiore” e della “vita dello Spirito”. Possiamo attribuirgli il significato allegorico di “profondità nell’osservazione” ed è per questo motivo che la si associa al 2° sorvegliante, preposto al controllo della colonna del Settentrione e perciò al lavoro degli Apprendisti, com’è dimostrato dal gioiello che adorna il suo collare. Come al giovane muratore “operativo” permetteva di assicurare la corretta verticalità della costruzione, al giovane massone attuale essa consente di raggiungere la profondità dell’animo e di rendere la propria pietra, un elemento inseribile nella costruzione comune dell’officina. La parte terminale della Perpendicolare è sempre attratta dal centro della terra ma uniche sono le direzioni individuali verso il medesimo punto di attrazione, a rappresentare che ognuno percorre una diversa strada per acquisire il proprio stato di coscienza interiore; si deve cercare di possedere quella rettitudine di giudizio anche nessun affetto di interesse o di famiglia possano stornare. Questo strumento determina la verticale che indirizza il nostro spirito a discendere e a salire. Approfondendo i nostri difetti ed elevandoci al di sopra della comune insulsaggine scuseremo i difetti altrui, come il buon 2° Sorvegliante sa scusare gli errori giustificabili dei giovani apprendisti. Come il Rajas e il Tames degli Indù, alla Perpendicolare corrisponde la Livella, strumento che richiama l’orizzontalità e quindi la polarità dell’inerzia e del riposo che si contrappone a quella dell’azione e del movimento. Questo strumento è di forma più complessa del precedente, in quanto, nel simbolismo massonico, viene formato da una Squadra al cui vertice è fissato un filo a piombo. Se la Perpendicolare è il simbolo della profondità della Conoscenza e della rettitudine, prevenendo ogni direzione obliqua, la Livella insegna che la Conoscenza deve essere riferita al piano, è solo partendo da basi solide e stabili che il Massone può e deve lavorare in vista della sua elevazione spirituale. Ma un noto Figlio della Vedova ci ha indicato come la Livella raffiguri anche l’Uguaglianza, intesa non come livellamento dei valori ma come capacità di relazione con gli altri, cercando di inserire la propria personalità nella serena armonia dei lavori e agendo sì ha che la propria operatività divenga uno strumento di crescita della’intera Loggia. La Livella ci ricorda che dobbiamo considerare tutte le cose con uguale serenità, siano esse cattive o buone. Questo strumento ha anche il significato allegorico della “messa in opera delle conoscenze” ed è per questo motivo che lo vedete raffigurato nel gioiello del 1° Sorvegliante. Se la Squadra e il Compasso ci ricordano l’indissolubile legame fra Materia e Spirito, fra Terra e Cielo, lo stretto legame fra macrocosmo e microcosmo; se il Maglietto e lo Scalpello ci indicano come la combinazione fra l’azione e il pensiero sia la strada per il compimento dell’Opera; la Perpendicolare e la Livella ci consentono di verificare il lavoro svolto e di armonizzarlo con quello dei nostri Fratelli. Se il Massone vive fra la Squadra e il Compasso e lavora con Maglietto e Scalpello, controlla e armonizza con Perpendicolare e Livella.
Enzo Heffler

2 maggio 2010

- Introduzione all’Alchimia.


La traduzione letterale del termine “Alchimia” sarebbe, in arabo, un termine composto da Al, “Dio”, e Chimia, “chimica”. Lo stesso termine tradotto dal greco suonerebbe come Sale in fusione (Als = sale, chymie = fusione). Secondo alcuni autori nell’antico Egitto sarebbe stata usata ad indicare l’equivalente di “Terra Nera”, in cui il richiamo ad una delle fasi dell’Opera è evidente.
L’Alchimia è stata definita in tanti modi. Alcuni autori la definiscono come: «…un processo riferito tanto alla materia quanto al mondo dei sentimenti e dell’immaginazione. Un processo interiore che procede anche nel cosmo». Scopo di questa scienza è quello di: SPIRITUALIZZARE LA MATERIA E CORPORIFICARE LO SPIRITO. Incuriositi, mossi all’indagine dalla grande discussione - e dalle divergenti opinioni che l’accompagnano - potremo capire che questa pseudoscienza è tuttora viva e vegeta, anzi che forse certi suoi potenziali solo oggi possono essere liberati. Approfondendo l’argomento si viene in contatto con un “deposito di conoscenze” e collegamenti che ne rivelano il carattere unitario e ubiquitario non solo come CHIMICA ANTICA ma come “processo di unificazione tra la materia e lo spirito”. Materia e spirito sono solo due delle coppie di opposti che i saggi di ogni epoca hanno definito unificabili. E’ questa l’immagine proposta dallo Yoga il cui termine significa, appunto, “unire”, “aggiogare”. Evidentemente per il Pensatore, il Filosofo, l’Artista, il Saggio, delle diverse latitudini, la dualità può essere sormontata e riconvertita, per mezzo di un’operazione adeguata, nell’Unità. Poco importa se la separazione, l’angolo d’ombra tra il “conoscibile” e l’inconoscibile” sia stata tacciato di superstizione, a ben osservare ci si rende conto che è su quella linea di confine che li separa che si generano gran parte di quei disturbi individuali e collettivi che funestano la nostra società e la nostra esistenza. Molto probabilmente l’Alchimia è conosciuta per quella strana affermazione letta o sentita da qualche parte che più o meno recita così: esiste la possibilità di trasformare un metallo vile, in genere il piombo, in oro, il metallo più nobile conosciuto. Dovremmo considerare il piombo non già come il “vile metallo” ma il mezzo attraverso cui ottenere l’oro e per cui degno di grande rispetto. Un parallelo rende bene l’idea. Se usiamo come termine di paragone “la sofferenza” quale mezzo per affrancarci dalla sofferenza stessa, ecco che il piombo così come la tribolazione “resuscitano”, per usare un simbologia alchemica, a nuova vita ad una forma più armonica.
… hai mai pensato che un dolore, una sofferenza possa essere TRASFORMATA?…
… visualizza una sofferenza, un dolore come se fosse una sfera di piombo senza farti coinvolgere troppo da quello che senti. Ora immagina un grande forno dove fai entrare il piombo …
… il forno è alimentato da un fuoco scintillante, puoi accettare in questo momento l’idea che dall’altra parte del forno la sfera di piombo esca trasformata in oro? Non preoccuparti del resto concentrati esclusivamente sulla possibilità che la sfera che entra nel forno possa essere trasformata in oro splendente. Naturalmente tale trasformazione non avviene immediatamente ma attraverso fasi che si susseguono durante la quali la materia di partenza è soggetta a vere e proprie trasformazioni di natura chimica, cromatica, peso, stato. Come vedremo in seguito il piombo è associato all’operazione alchemica della NIGREDO, durante la quale avviene la morte del Vecchio Re, cioè l’ego. Indica la discesa della coscienza verso l’inconscio, verso quella zona d’ombra che ci pungola costantemente e che ci chiede di “comprenderne” il contenuto, liberando l’adepto verso la luce (rubedo) che rappresenta l’ultima fase. È una disciplina non-duale anche se grande rilevanza viene data, nella cosmologia, alla manifestazione dei due principi, Maschile e Femminile, nel processo della creazione come ingredienti fondamentali alla realizzazione dell’Androgino. Pernety afferma: «L’Alchimia è l’Arte di lavorare in comunità con la Natura per perfezionare i misti. Essa prende per materia del suo lavoro i princìpi secondari o principiati delle cose per condurle alla perfezione, della quale sono suscettibili, adoperando mezzi e processi conformi a quelli della Natura ». Spesso ricorre negli scritti dei Filosofi (termine usato dagli alchimisti per definire se stessi, filosofi della Natura) la parola Natura, evidentemente l’accezione con cui questi la utilizzavano è diversa da quella di derivazione biologico - naturalistica. Infatti, per l’alchimista la Natura rappresenta, per analogia, l’espressione dell’Uno. In essa sono incastonati come gemme preziose tutte le facoltà e la qualità, via via più dense, del mai nato. E’ nel coacervo della Natura che il cerimoniante si adopera per assorbire lo Spirito Universale dal quale provengono tutti gli agenti, ivi compreso l’uomo. Altra definizione breve ma esaustiva è quella di ARS REGIA: «Dato che la natura è enormemente sottile e penetrante nelle sue manifestazioni non può essere usata senza l’Arte». Anche nello Yoga indiano viene usato questo termine per definire quella branca dello Yoga che maggiormente è collegato con la mente il RAJA YOGA. Che ci sia un collegamento? Che l’alchimia sia da molti definita come lo Yoga occidentale non è un segreto e che in molti testi recenti si trovino numerosi rimandi ai testi sacri indiani e altrettanto vero. In modo non del tutto chiaro l’ARS CHIMICA si sviluppò in occidente intorno al 1200, mentre già da tempo sarebbe stata praticata in Cina, India ed Egitto, secondo quanto testimoniano le ricerche sin qui portate avanti. Il suo decadimento, quale CHIMICA DIVINA, almeno in una parte del Mediterraneo, sarebbe stato sancito intorno al 1700 dall’emergere della chimica meccanicista.
L’alchimia può essere riassunta attraversa una progressione numerica

1
1 1
1 1 1
1 1 1 1
1+2+3+4 = 10

L’Uno diventa Due, il Due diventa Tre e dal Terzo ha origine l’Uno come il Quarto. In questa affermazione attribuita a Maria l’Ebrea - personaggio fondamentale per la storia dell’alchimia, vissuta nell’Egitto ellenistico intorno al 300 d.C. - è riassunto l’intero processo alchemico. La somma dei termini da il valore di 1+2+3+4 = 10. Quindi 10 sono gli attributi dell’Universo e il percorso o “Opera” li deve attraversare secondo fasi od operazioni ben precise. In questa occasione cominciamo a lavorare partendo dall’ultimo termine: il “4” che sta ad indicare i quattro elementi appunto che sono rispettivamente: Terra, Acqua, Aria e Fuoco.
I 4 elementi primordiali.
«Dovrebbe essere risaputo dagli studenti di questa arte che esistono quattro elementi, ognuno dei quali possiede nel suo centro un altro elemento che lo rende ciò che è. Questi sono i quattro pilastri del mondo. All’inizio essi furono plasmati fuori dal caos dalle mani del Creatore; è la loro azione opposta che mantiene l’armonia e l’equilibrio della macchina terrestre; sono loro che, tramite le virtù delle influenze celestiali, producono tutte le cose al di sopra e al di sotto della terra.»
Sendivogius
La Natura, per come era concepita dai nostri padri, è Una, Veritiera, Semplice, Autocontenente, creata da Dio e costituita da uno Sprito universale. La sua fine ed il suo inizio sono in Dio, la sua unicità è in Dio stesso, perché, Dio genera ogni cosa. Essa è l’unica sorgente di tutte le cose: nulla esiste al mondo al di fuori o a Lei contraria. L’identificazione della Natura con la Volontà Divina, aveva come successione spontanea, che la sua forza generatrice si sviluppasse in “semi”, “principi” o “germi” formativi chiamati ELEMENTI appunto. E’ solo tramite la loro azione che le cose possono essere create; il tutto non avviene per una forzatura ma per l’impulso spontaneo, non-causato ed intrinseco alla Natura. Il contatto tra il seme o forza generatrice della Natura, tramite gli elementi, con gli “enti” dà origine alla multiforme varietà della Creazione, a seconda della qualità o purezza dell’ente con cui viene in contatto. Ogni elemento è costantemente impegnato a produrre le “cose” in accordo con la sua sfera d’influenza, oltre ad interagire con gli altri elementi. Gli elementi vennero considerati come la causa della generazione e della corruzione (disfacimento), in modo più esteso, le cause della salute e della malattia, promotori dell’equilibrio tanto quanto dello squilibrio. Gian Battista Porta, medico napoletano del ‘500, nel suo Magia Naturale riporta il pensiero di Empedocle in cui egli ricorda che “…la concordia o la discordia delle cose va ricercata negli Elementi a causa delle diverse qualità che possono essere in accordo o in disaccordo”. In questa affermazione è racchiusa tutta la ricchezza e l’importanza degli elementi per la salute psicofisica. Possono essere considerati come veri e propri cicli di trasformazione all’interno dei quali l’energia modifica la propria pulsazione fino ad imprimere un orientamento specifico ai fenomeni naturali, mentali e spirituali. Da un certo punto di vista considerarli alla stregua di “materia rarefatta” è limitativo, in quanto gli stessi alchimisti hanno affermato che esiste una controparte “filosofica dell’elemento” che una volta interpretata conduce alla comprensione.
Vediamo ora le caratteristiche di ogni singolo elemento.
Sull’elemento Fuoco.
Caratteristiche: calore, espansione, attività, creatività, purezza, sottile, nobile, virtuoso, principio maschile, potenza, forza, volontà, generosità, altruismo.
Al negativo: distruttivo, disseccante, debilitante.
Il saggio dice che… “Il FUOCO è il più PURO E NOBILE DEGLI ELEMENTI, SATURO DI UNTUOSITÀ CORROSIVA, PENETRANTE, DIGERENTE, INVISIBILE INTERIORMENTE, FISSO, CALDO E SECCO, VISIBILE ALL’ESTERNO, TEMPERATO DALLA TERRA. Dalla sua sostanza più pura fu creato il trono dell’Altissimo, con quella meno pura gli angeli, dal fuoco di purezza inferiore furono create le stelle e i luminari celesti; da ciò che era ancora meno puro fu usato per sorreggere gli universi; ciò che era impuro e untuoso - che abbiamo nominato come il fuoco della Gehenna – è nel centro della Terra e fu incluso e imprigionato lì per mettere in movimento questo mondo. Sebbene questi fuochi differenti siano separati, essi sono congiunti dalla simpatia naturale.
Questo elemento è quello maggiormente passivo tra tutti, e somiglia ad un carro quando tira per muoversi, quando non sta tirando rimane fermo. Esiste, impercettibilmente, in ogni cosa e da ciò è modellata l’anima razionale vitale che distingue l’uomo da tutti gli altri animali e lo rende simile a Dio. Quest’anima razionale è stata infusa dal Divino nel suo spirito vitale da Dio …
… Ma nel lavoro filosofico la Natura deve eccitare il fuoco che Dio ha racchiuso nel centro delle cose create. L’eccitazione di questo fuoco è eseguita dalla volontà della Natura e alcune volte anche dalla volontà di un Artista che può rendere propensa la Natura in modo che il fuoco possa naturalmente purificare ogni specie di impurità. Tutti i misti sono purificati dal Fuoco, così come tutte le sostanze, che non sono fisse, devono la loro purificazione all’Acqua. E’ la virtù del Fuoco di dividere e separare le sostanze composite; e questa purificazione significa allontanare l’impuro dal puro. Questo elemento agisce in modo segreto, attraverso significati meravigliosi, non solo in opposizione agli altri elementi ma anche rispetto a tutte le cose”.
Sull’elemento Aria.
Caratteristiche: media tra il fuoco e l’acqua, portatrice del seme, saggezza, chiarezza, purezza, intelletto, ragione, comunicazione, ed espansione tra gli esseri.
Il saggio dice che…“La porzione più nobile dell’Aria è internamente PESANTE, VISIBILE, e FISSA, esternamente LEGGERA, VOLATILE e INVISIBILE. E’ CALDA e UMIDA, è mitigata dal Fuoco ed è più nobile della Terra e dell’Acqua. L’Aria è volatile, ma se resa fissa rende tutti i corpi penetrabili … Nell’Aria la semenza di tutte le cose è formata … essa contiene lo spirito vitale di tutte le creature, è la vita di tutti e penetra e forza il suo seme su tutti come l’uomo sopra la donna. Essa nutre, impregna e conserva gli altri elementi e l’esperienza quotidiana ci ha insegnato che è la vita non solo dei minerali, degli animali e dei vegetali ma anche degli altri elementi. Possiamo notare che l’acqua diviene maleodorante e malsana senza l’approvvigionamento di aria, senza di lei il fuoco è estinto come sanno gli Alchimisti che regolano la temperatura del fuoco fornendo aria. L’Aria conserva anche i pori della Terra. Riassumendo l’universo intero è tenuto fresco e dolce dall’Aria ed E’ L’ELEMENTO VITALE DELL’UOMO, ANIMALI, PIANTE E PIETRE. Contiene la semenza di tutte le cose che è forzata verso l’alto, nelle piante per esempio, attraverso i pori della Terra dall’azione del Fuoco, e così l’albero è costruito particella dopo particella dall’Aria congelata … così per mezzo delle pianta magnetizza ciò che è nella semenza e attira a se stessa il nutrimento del mestruo del mondo (che è acqua).
Sull’elemento Acqua.
Caratteristiche: magnetica, è considerata il “mestrum universale” e la “madre di tutte le cose”, passiva, assorbente, penetrante, è la vita, i sentimenti, l’amore per la Natura e per la grande famiglia.
Al negativo: disintegrazione, attività dissolvente conosciuta come catabolismo.
Il saggio dice che…”L’Acqua è un elemento che possiede una grande gravità specifica, abbondante di UMIDITÀ UNTUOSA. ESTERNAMENTE è VOLATILE, INTERNAMENTE è FISSA, FREDDA e UMIDA. E’ moderata dall’Aria ed è lo sperma del mondo in cui la semenza di tutte le cose è conservata … L’Acqua è in grado di mescolarsi con tutte le cose, grazie alla sua superficie volatile; essa purifica e risolve la Terra, l'Aria è coagulata in essa e quindi ad essa intimamente legata. E’ il Solvente del Mondo, perché a causa dell’azione del calore penetra l’Aria e porta con se un vapore tiepido che crea la generazione naturale di quelle cose per cui la Terra è come un utero impregnato … questo movimento costante dell’Acqua preserva dalla combustione la Terra, e distribuisce la semenza delle cose per la sua lunghezza e la sua larghezza … Le operazione della Terra e dell’Acqua sono sempre eseguite in combinazione, e sono reciprocamente dipendenti, da allora essi sono i due elementi tangibili in cui gli altri due operano in modo invisibile. Il Fuoco mantiene la Terra in una condizione in cui non viene sommersa o dissolta; l’Aria preserva il Fuoco dall’essere estinto (spento); l’Acqua preserva la Terra dall’essere bruciata. Questo è ciò che i Saggi chiamano l’equilibrio degli elementi ed illustra l’aiuto che ognuno di loro fa all’altro. Il Fuoco è associato con la Terra e l’Aria con l’Acqua”.
Sull’elemento Terra
Caratteristiche: solida, racchiude gli altri elementi, è la madre dei metalli, dei minerali, delle piante e degli animali, è la matrice delle manifestazioni materiali. Il saggio dice che…”Appurato che in essa gli altri tre, in modo specifico il Fuoco, sono latenti e che il suo compito principale è quello di sostenere e racchiudere in se tutte lo cose. Le sue qualità sono: GROSSOLANO, POROSO (come una spugna), specificatamente PESANTE ma PER NATURA LEGGERO. Da se non è in grado di produrre alcunché ma si esalta nel ricevere gli influssi dagli altri elementi e nasconde ciò che deve essere tenuto celato e porta alla luce ciò che deve essere reso manifesto. Qualunque cosa le sia affidato si PUTREFÀ per l’azione del fuoco naturale (causante), ed è MOLTIPLICATO dalla separazione dell’impuro con il puro.
Le sostanze pesanti in essa trovano dimora, mentre, quelle leggere, per azione del calore naturale che possiede, vengono portate alla sua superficie. E’ la nutrice e l’utero di ogni origine (semenza) e composto che fedelmente preserva e nutre fino alla stagione della maturità. È FREDDA e SECCA ma la sua secchezza è mitigata dall’Acqua; esteriormente è visibile e FISSA, interiormente è invisibile e VOLATILE. E’ una sostanza vergine e il residuo morto della distillazione con cui il mondo è stato creato, che Dio un giorno calcinerà, e dopo averne estratto gli umori, creerà fuori di essi un nuovo mondo cristallino. Nel suo attuale stato consiste di costituenti puri ed impuri, i primi sono usati dall’Acqua per produrre le forme naturali; i secondi rimangono dove sono. E’ anche il deposito di tutti i tesori e nel suo centro c’è il fuoco della Gahenna che conserva la macchina del mondo, grazie all’espressione dell’Acqua che il Fuoco trasforma in Aria. Questo Fuoco è prodotto dal movimento incessante e dall’influenza delle Stelle; è assistito dal calore solare, che è moderato dall’atmosfera, e questi due insieme concorrono alla crescita di tutte le cose. Per questa ragione l’elemento Terra possiede un Fuoco intrinseco e la Terra è purificata da questo Fuoco interno così come ogni elemento è purificato da ciò che contiene al suo interno.