25 agosto 2009

- Albert Durer e la Melancolia




Albrecht Durer è senza dubbio il più grande pittore tedesco e uno dei principali protagonisti del Rinascimento, sia dal punto di vista artistico che culturale. La sua figura si staglia gigantesca nel panorama dei movimenti intellettuali dei primi decenni del Cinquecento, epoca foriera di profondi rinnovamenti sociali e inquietudini morali e religiose. Durer è stato il primo a rivoluzionare il ruolo dell'artista: non più un artigiano dotato di particolare abilità ma privo di identità e peso sociale, ma un uomo immerso nei problemi del suo tempo, intellettualmente all'avanguardia, punto di riferimento culturale e morale per i suoi concittadini. Le monografie dicono che della sua vita si conosce quasi tutto per via della fitta corrispondenza da lui tenuta, dei suoi diari e dei suoi appunti, tuttavia è proprio quel "quasi" a stimolare la nostra curiosità ed è una delle sue incisioni più celebri ad alimentarla ulteriormente : la Melencolia . Comprendere bene l'ambito storico nel quale è nata l'enigmatica incisione di Durer contribuisce, probabilmente, a renderla un po' meno misteriosa e avvicinarla ancor di più alla nostra sensibilità, sottolineando da un lato come alcune opere siano davvero universali e sempre attuali, perché universali e sempre uguali a se stesse sono le azioni dell'uomo, e dall'altro suscitandoci a volte il dubbio che il lavoro di perfezionamento esoterico ( e dunque massonico) sia una specie di chimera sfuggente o un supplizio di Tantalo, perseguito tutta la vita ma che tramonta inevitabilmente quando questa tramonta, lasciando agli altri il carico di un nuovo, forse inutile ciclo. Il capolavoro è stato realizzato nel 1514, in un momento storico e personale particolarissimo. La madre di Durer era appena morta, gettando il pittore nello sconforto, mentre già numerose nubi si profilavano all'orizzonte. La peste mieteva vittime in tutta Europa, tanto che l'artista era stato costretto a lasciare Norimberga qualche tempo prima. Mancavano meno di tre anni all'inizio della rivoluzione protestante e ovunque serpeggiavano i malumori e le tensioni che avrebbero precipitato gli stati in lotte sanguinosissime. Solo poco tempo prima, nel 1499, Stoeffler e Pfaum avevano pubblicato un Almanacco nel quale i due matematici e astrologi facevano una previsione terrificante: la straordinaria congiunzione di Saturno, Giove e Marte nel segno dei Pesci, avrebbe provocato un raffreddamento generale dell'atmosfera, piogge eccezionali e un nuovo diluvio a flagello del mondo. Il mondo conosciuto, d'altra parte, era improvvisamente diventato molto più vasto a causa dei navigatori che avevano aperto rotte verso paesi fino allora sconosciuti, aprendo orizzonti prima inimmaginabili. Il vecchio mondo cambiava e uno nuovo stava per subentrare e sostituirsi ad esso, anche se pochi se ne rendevano ancora conto. Tra questi pochi vi era Albrecht Durer, spirito acuto e sensibilissimo. Probabilmente in questo momento a qualcuno saranno venuti in mente paralleli tra la nostra epoca e l'alba di quel 1500: la vecchia Terra non basta più, i nuovi confini sono quelli dello spazio, la minaccia atomica e le guerre batteriologiche, odierni diluvi universali, sono eventi più che mai possibili e i fondamentalismi religiosi si radicano sempre più profondamente nell'animo degli uomini. La religione della ragione non soddisfa più e, d'altra parte, l'irrazionalità porta come dote lo scatenamento delle passioni e la follia. L'angelo della Melencolia, lo sguardo perso nel vuoto e gli arnesi di mestiere abbandonati ai suoi piedi, ritrae meglio di mille parole la doppia disillusione dell'umanità che aveva e ha lasciato da parte l'Arte. Nell'incisione i lutti e le tragedie sono simboleggiate dalla cometa che si scorge nello sfondo ed è rivolta verso la città che si specchia nel mare. Saturno, oltre che dal carattere melanconico che dà il nome all'opera e che è assimilato astrologicamente col segno di questo pianeta, è riprodotto dalla clessidra che si vede dietro l'angelo e Giove dal quadrato magico appeso al muro. Il quadrato magico di 4, con i numeri da 1 a 16, è infatti il quadrato che corrisponde a Giove. E' probabile che Durer abbia scelto questi simboli ispirandosi all'Almanacco. La scala appoggiata all'edificio ricorda la scala di Giacobbe, ma l'asse tra uomo e cielo sembra giacere abbandonato, la bilancia penzola inutilizzata e perfino Cupido è ripiegato, pensoso, su se stesso. La parte sinistra dell'incisione è molto suggestiva per la presenza di alcuni simboli messi fortemente in risalto: la curiosissima pietra lavorata, il fornello che brucia dietro di essa, il cane addormentato e la sfera. Soffermiamoci brevemente su di essi, dando solo qualche piccolo spunto di riflessione e lasciando all'intelligenza di ognuno l'ulteriore indagine simbologica. La pietra lavorata attira immediatamente la nostra attenzione, sia per le dimensioni veramente imponenti che per la forma particolarissima. Si tratta di un octaedro composto da sei pentagoni irregolari e due triangoli equilateri. I significati del triangolo e del pentagono sono ben conosciuti ( il primo è la figura elementare della geometria, alla quale ogni altra figura può essere ricondotta; il pentagono è in rapporto con Pentalfa), ma qui voglio far notare che i pentagoni hanno ciascuno tre angoli retti e due angoli di 135° e dunque : 3x90 = 270 e 135x2 = 270. La riduzione teosofica dà in ogni caso 9, simbolo di rigenerazione e immortalità. Altri rapporti numerici sono possibili, ma già questo mi sembra sufficiente a dimostrare, assieme agli altri simboli, che Durer non era a digiuno di nozioni esoteriche, ma anzi faceva parte a pieno titolo dell' inesauribile fiume di pensiero che ha la sua sorgente nella filosofia perenne . E, se è vero com'è vero che il fornello è l'atanor dell'alchimista e che l'umor nero rappresentato nella Melencolia è la prima fase del processo alchemico che conduce alla Pietra Filosofale, è del pari vero che questa Pietra è null'altro che la riscoperta dell'immortalità dell'anima umana e della conoscenza. Il cane addormentato riporta immediatamente alla nostra memoria un altro famosissimo "cane" riformatore dell'umanità: il Veltro di Dante Alighieri. Di passaggio, e senza addentrarmi in un campo che esula da questo studio, faccio notare un particolare molto curioso: un anagramma di Veltro è… Lutero! Ma come e perché lo stato melanconico dovrebbe elevarci alla contemplazione dell'anima e alla riconquista di quell'Uno messo così bene in evidenza dalla sfera ai piedi dell'octaedro? Durer certamente non si discostava dal concetto,caro agli antichi, della conoscenza come facoltà dell'anima. L'anima, prima di incarnarsi nel corpo, conosceva e ricordava tutte le cose. Con il suo precipitare nel corpo queste facoltà si sono oscurate e il processo della riconquista della conoscenza è legato, dunque, alla memoria più che ad ogni altra cosa. Secondo la teoria degli umori, in auge da Aristotele in poi, dei quattro tipi fondamentali di caratteri quello malinconico secco-caldo (ossia di malinconia intellettuale, ispirata), è il temperamento più adatto alla reminiscenza, cioè alla conoscenza. Sull'arte della memoria esiste un ottimo trattato di F. Yates ( L'arte della memoria, Ed. Einaudi) che illustra dettagliatamente quali fossero le tecniche mnemoniche e i risvolti di tale arte nella filosofia antica, rinascimentale e moderna, ma qui mi preme sottolineare come i rapporti tra ermetismo, arte, filosofia, alchimia e religione siano spesso più stretti di quello che non appare a prima vista e riaffiorino, a volte, là dove meno ci si aspetti di trovarli. Alberto Magno, maestro di san Tommaso d'Aquino, nel suo trattato De memoria et reminiscentia , pone, come già Aristotele, una differenza tra memoria e reminiscenza. La prima, sebbene più legata alle sensazioni, è sempre connaturata alla parte sensitiva dell'anima, mentre la seconda è nella parte intellettiva di questa, sebbene conservi ancora tracce delle forme corporee. Il processo di conoscenza, allora, esige che si oltrepassino le facoltà sensitive e si arrivi al dominio più puro dell'intelletto. Ma Alberto Magno, ed ecco dove il legame al quale facevamo riferimento si manifesta, scrive anche : "… coloro che desiderano rievocare [ da reminisci, ossia fare qualcosa di più spirituale e intellettuale del semplice ricordare] si ritraggono dalla pubblica luce in un'oscura intimità: poiché nella pubblica luce le immagini delle cose sensibili sono sparpagliate e il loro movimento è confuso. Nell'oscurità, invece, sono compatte e si muovono con ordine ". E', questa, una descrizione dal sapore pre-romantico che si adatta perfettamente allo spirito e al messaggio della Melencolia ma anche all'Arte alchemica e a quelle filosofie le quali, sebbene non disprezzino i valori dell'esperienza, delle sensazioni e della scienza, dovrebbero infine trascenderli e trasformarli in vera consapevolezza del sapere, e del potere del sapere, a beneficio dell'umanità. L'inquietudine che mosse Durer all'alba del 1500 è la medesima che affligge l'uomo moderno, ma i risvolti esistenziali, oggi più di allora, sono amplificati, stritolati e consumati dall'indifferenza e dalla fretta di dimenticare per passare ad altro, né si vede all'orizzonte un ritorno di ideologie che pure possano dare sapore alla vita. Si ha la sensazione che non resti altro che ripiegarsi su se stessi e ritornare al passato. Dove poserebbe oggi lo sguardo la figura alata di Durer?
raimondodesagro

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