- Vincenzo Tiberio
« Le proprietà di queste muffe sono di forte ostacolo per la
vita e per la propagazione dei batteri patogeni » (Vincenzo Tiberio, 1895[1])
Vincenzo Tiberio (Sepino, 1
maggio 1869 – Napoli, 7 gennaio 1915) è stato un ricercatore e ufficiale medico
del Corpo Sanitario della Marina Militare italiana. Scoprì il potere
chemiotattico e battericida di alcuni estratti di muffe, precorrendo di circa
trentacinque anni la scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming[2][3].
Secondo alcune fonti, fu il primo nel mondo scientifico che scoprì il potere
degli antibiotici[4].
Vincenzo Tiberio nacque in una
famiglia benestante: il padre, Domenicantonio, esercitava la professione di
notaio, e la madre, Filomena Guacci, apparteneva ad una famiglia dell’agiata
borghesia dedita al commercio. Quando Vincenzo aveva soli 7 anni e il fratello
Sebastiano 9, la madre morì e il padre si ritrovò vedovo con due figli ancora
piccoli da crescere. Per questo motivo, il notaio si risposò con Rosa
Palladino, con il pieno consenso di entrambi i figli - tanto che Vincenzo nel
suo diario si riferiva a lei con l’appellativo di “mamma" - decidendo di chiamare
Rosa la sua seconda figlia. Nel paese natale Vincenzo compì gli studi
elementari e quindi quelli medi ginnasiali, frequentando il Ginnasio “Catone”.
Nell'anno scolastico 1883/1884 sostenne gli esami di licenza ginnasiale presso
il Liceo "Mario Pagano" di Campobasso, superandoli brillantemente con
il massimo dei voti in greco e in latino. Ottenuta quindi l'ammissione, si
trasferì a Campobasso per frequentarvi il Liceo, che completò nell’anno
scolastico 1888/1889. Conseguita la licenza liceale, si iscrisse alla facoltà
di Medicina e Chirurgia dell'Università di Napoli. Per frequentare l’università
si trasferì presso gli zii Graniero ad Arzano, ospite della sorella del padre.
Qui ebbe modo di conoscere la cugina Amalia Teresa, della quale si innamorò, e
che sarebbe successivamente diventata sua moglie. Prima ancora di terminare gli
studi di medicina, egli cominciò a frequentare l’istituto di Igiene, dove venne
a contatto con le metodiche di laboratorio batteriologico e chimico. Nel 1892
ebbe la nomina di studente interno dell’Istituto d’Igiene, e nel settembre del
1893, in anticipo di un anno sul piano di studi, conseguì la laurea in
medicina. Neolaureato si iscrisse al corso di Igiene Pubblica per aspiranti
Ufficiali Sanitari, e a questi corsi partecipò anche come docente, avendo
ricevuto la carica di Assistente Volontario. Nello stesso anno sulla rivista
medica "Annali dell’Istituto d’Igiene sperimentale dell’Università di
Roma" fu pubblicato il suo primo lavoro scientifico, intitolato “Esame
chimico microscopico e batterioscopico di due farine lattee italiane”. Copertina
del giornale "La riforma medica" (1912)
Nel giugno 1894 fu bandito il
concorso per titoli all’incarico di Ufficiale Sanitario del Comune di
Campobasso. Sebbene il risultato del concorso sia risultato negativo, ciò non
costituì una battuta d'arresto per la sua carriera, in quanto era già divenuto
assistente ordinario, con nomina annuale rinnovabile, nell’Istituto di
Patologia Medica Dimostrativa, diretto dal professor Gaetano Rummo. In
quest’Istituto il lavoro era duplice: oltre alla didattica vi era l’obbligo di
tenere aperto un ambulatorio pubblico di diagnosi e terapia per tre giorni alla
settimana, e in più c’era l’incarico legato alla redazione del giornale
scientifico "La Riforma Medica", fondato dallo stesso Rummo;
quest’ultimo aveva voluto che la rivista da settimanale divenisse un quotidiano
contenente articoli firmati e recensioni di gran parte della letterature medica
pubblicata nel mondo. Nel periodo di assistentato, che durò circa un anno,
Tiberio recensì oltre 180 lavori, molti dei quali tradotti dal francese; tra le
recensioni ci fu anche quella relativa alle sue ricerche sulle muffe, lavoro
pubblicato nel gennaio del 1895, sempre dalla rivista “Annali d’Igiene
sperimentale”, con il titolo “Sugli estratti di alcune muffe”. In questo lavoro
egli individuò per la prima volta il potere battericida di alcune particolari
muffe, scrivendo: « L’autore ha osservata l’azione degli estratti acquosi del
mucor mucedo, del Penicillium glaucum e dello aspergillus flavescens su alcuni
schizomiceti patogeni e su alcuni saprofiti trovandoli forniti, specie quello
dell’aspergillo, di notevole potere battericida. Gli estratti acquosi sono
risultati forniti di mediocre potere leucocitico, specialmente l’estratto di aspergillo.
Nelle infezioni sperimentali con bacillo dell’ileotifo e vibrione del colera,
solo quest’ultimo ha dato a dimostrare una certa azione immunizzante e
curativa. L’autore ascrive tale azione in parte al potere microbicida dei principi
contenuti nelle muffe, ed in parte al potere della leucocitosi da questi prodotta.[5]
» Prima che terminasse il suo anno di assistentato, Tiberio vinse il concorso
per Ufficiale medico della Regia Marina, e senza esitazione abbandonò la
carriera universitaria per quella militare. Tiberio prese servizio il 1 gennaio
1896 con il grado di Medico di seconda classe, e fu assegnato al terzo
Dipartimento Marittimo. Nel febbraio dello stesso anno fu imbarcato sulla nave
da battaglia “Sicilia”, inviata, con una squadra navale internazionale, a
Creta, dove erano scoppiati contrasti tra la comunità greca e quella turca.
Della squadra navale facevano
parte Germania, Austria, Francia,
Inghilterra, Russia e Italia; il comando era affidato all’italiano Felice
Napoleone Canevaro. Una volta sull’isola, dovette occuparsi della
disinfestazione degli alloggi dei marinai e del risanamento della rete idrica,
dove vi erano infiltrazioni pericolose per la potabilità dell’acqua. Si trovò a
curare, infatti, numerosi casi di tifo, paratifo e dissenteria. Si distinse per
il suo modo di operare e per l’efficacia del suo metodo, al punto da ricevere
una lettera d’encomio dallo statista greco Eleftherios Venizelos, e da
guadagnarsi la stima di entrambe le fazioni in lotta. Rientrò in Italia nel
1898 e fu assegnato all’ospedale della Marina di Venezia, nel reparto venereo
prima, in quello chirurgico poi, e infine nel laboratorio analisi. Durante tale
incarico pubblicò “Due casi di anchilostomiasi intestinale”; “Sul modo di
fissare le anse di platino”; “Il vitto dei militari della Regia Marina
destinati al servizio a terra sulle navi”.
Nel dicembre del 1900, su sua
richiesta, fu imbarcato sulla cannoniera “Volturno” diretta in missione a
Zanzibar. Giunti sul posto trovarono un’epidemia di vaiolo e dovettero fermarsi
alla fonda per nove mesi; lì il medico dovette risolvere diverse problematiche,
dalla potabilizzazione dell’acqua, alla dieta dei marinai e alla cura dei
numerosi casi di malaria e beri-beri. La missione terminò nel giugno 1902
quando la nave rientrò in Italia. Di essa ci resta una pubblicazione dello
stesso dottor Tiberio: “Alcuni casi di beri-beri osservati sulla regia nave
Volturno a Zanzibar”.
Dalla lettura dei suoi diari
emerge tutto il suo orgoglio per l’appartenenza alla Marina, per la divisa da
lui indossata e per la Bandiera italiana, essendo stato educato, come tutti gli
italiani di quella generazione, allo spirito del Risorgimento e all’amor di
patria.
Rientrato in Italia, fu promosso
Ufficiale medico di prima classe e prestò servizio presso l’ospedale
dipartimentale della Maddalena, dove rimase fino al marzo 1903. A questo
periodo risale la pubblicazione “Note sul vitto degli ospedali della Regia
Marina”.
Di seguito si imbarcò sulla nave
ospedale “Re d’Italia” dove studiò e pubblicò un lavoro su “Ventilazione e riscaldamento
delle navi con termosifone”. Nel 1904 fu nominato “Capitano medico della Regia
Marina" e fu trasferito al secondo Dipartimento Marittimo. Il 28 dicembre
1908 vi fu il tragico terremoto di Messina, e il governo organizzò una nave
ospedale che fu inviata a Messina, ed il cui direttore sanitario era il Tenente
colonnello medico Tacchetti, coadiuvato dal capitano Tiberio. Sulla nave furono
imbarcati più di 2000 tra profughi e feriti, che da Messina furono condotti a
Genova. Il suo impegno nella missione gli fece meritare la menzione d’onore
“per essersi segnalato in operosità, coraggio e filantropia”. Nell’aprile del
1912 assunse la direzione del Gabinetto di batteriologia nell’Ospedale Militare
Marittimo alla Maddalena; l’incarico durò solo otto mesi poiché, nel gennaio
1913, conclusa la guerra libica, fu inviato alla base navale di Tobruk, dove
gli fu affidata la direzione dell’infermeria con annesso gabinetto scientifico.
A questo periodo risalgono gli studi sulle infezioni tifose ed enteriche e
sulla patologia tropicale, da cui originò la pubblicazione “Patologia libica e
vaccinazione antitifica”. I risultati ottenuti furono tutt’altro che deludenti:
la sua lotta antitifica e l’uso della vaccinazione fece sì che in tutto il 1913
nella base di Tobruk ci furono solo due casi di paratifo B di lieve entità.
Grazie ai risultati ottenuti alla base infatti ricevette pubblico elogio dalla
Direzione della Sanità militare e promozione a Maggiore.
Nel 1905 sposò la cugina, Amalia
Teresa Graniero, che fin dall'inizio aveva ricambiato il suo amore. Nonostante
la consanguineità, il matrimonio fu ben accetto dalla famiglia, poiché in essa
si erano già verificati in precedenza casi di matrimonio tra cugini. A
spaventare Tiberio era il rischio di una prole con problemi di handicap,
rischio aggravato sia dalla consanguineità dei due coniugi, sia dalla presenza
congenita di un grave handicap psicofisico nelle due sorelle della moglie. Era
questa preoccupazione che lo aveva trattenuto dal dichiararsi subito alla
cugina, poiché allora le conoscenze sull’ereditarietà delle malattie erano
ancora in una fase iniziale. Superata tale preoccupazione, un altro ostacolo si
poneva di fronte alla loro unione: all’epoca, infatti, un ufficiale in servizio
attivo non poteva unirsi in matrimonio senza l’autorizzazione dei comandi, i
quali richiedevano non solo le referenze sulla famiglia della sposa, ma
l'adeguatezza della dote della nubenda, che non doveva essere inferiore a una
cifra stabilita, detta Dote militare. Il matrimonio fu celebrato, mediante
autorizzazione Reale, il 5 agosto 1905 nella cappella della casa dei suoceri ad
Arzano, e portò in seguito alla nascita di tre figlie. Tornò in Italia nel
gennaio del 1914 e fu nominato Direttore del Gabinetto di Batteriologia e
Igiene dell’Ospedale Militare Marittimo di Venezia. Quando nel resto d’Europa
era già in atto la prima guerra mondiale, alla quale l’Italia ancora si
asteneva, venne trasferito a Napoli a dirigere il Gabinetto di Igiene e
Batteriologia dell’Ospedale della Marina a Piedigrotta, forse sperando di riprendere
gli studi sulle muffe, a cui, durante gli anni di servizio nella Marina
Militare e i frequenti trasferimenti, non aveva potuto dedicarsi in maniera
costante e prolungata. Gli studi sull’azione battericida richiedevano molta
attenzione e non potevano essere fatti con cura nei ritagli di tempo; inoltre
le sue ricerche erano indirizzate a tematiche più attinenti alle attività di
servizio. Una volta rientrato a Napoli, non ebbe tuttavia il tempo di portare
avanti i suoi studi, poiché un infarto miocardico lo stroncò il 7 gennaio del
1915, all’età di soli 45 anni. A lui sono dedicate due strade, a Roma e a
Campobasso. Nel 2007 l'Università del Molise gli ha dedicato una giornata
celebrativa[6]. Nello stesso anno, il Presidente della Regione Molise Michele
Iorio ha ufficialmente avanzato la proposta di intitolargli la facoltà di
Medicina e Chirurgia dell'Ateneo[7].
Gli studi sull'azione battericida di alcune muffe.
Negli anni in cui Tiberio la
frequentò, la facoltà di Medicina e chirurgia della facoltà di Napoli non era
solo luogo di istruzione, ma anche e soprattutto di ricerca, soprattutto in
campo batteriologico. In quel periodo, infatti, il professor Eugenio Fazio
pubblicò di un lavoro sulla Concorrenza vitale tra i batteri della putrefazione
e quelli del carbonchio e del tifo. Il professor Arnaldo Cantani stava
sperimentando una terapia per la tubercolosi, applicando il principio dell’antagonismo
di Louis Pasteur e Jules François Joubert, ed ottenendo notevoli miglioramenti
nei pazienti e la scomparsa del Mycobacterium tuberculosis, o bacillo di Koch.
In questo ambiente, Vincenzo
Tiberio iniziò a frequentare i laboratori di igiene, per verificare alcune sue
intuizioni. Nel cortile della casa di Arzano, dove viveva, vi era un pozzo in
cui si raccoglieva l’acqua piovana, e la stessa veniva poi usata anche per
bere. L'umidità del luogo faceva sì che sul bordo della cisterna crescesse
spesso la muffa, per cui periodicamente era necessario ripulirla. Tiberio notò
che ogni qual volta il pozzo veniva ripulito, gli abitanti della casa andavano
incontro ad enteriti, cosa che non accadeva invece nei periodi in cui erano
presenti le muffe. Egli intuì quindi un collegamento tra la presenza dei miceti
e la crescita dei batteri patogeni all'interno dell'organismo umano. Sottoposta
a verifica sperimentale tale intuizione, Tiberio riuscì a dimostrare come
l’azione terapeutica delle muffe fosse legata ad alcune sostanze presenti in
esse, dotate di azione battericida e chemiotattica. Riuscì inoltre ad isolare alcune
di queste sostanze ed a sperimentarne l’effetto benefico, sia in vitro, sia in
vivo su cavie e conigli, fino ad arrivare alla preparazione di una sostanza con
effetti antibiotici. Il lavoro era consistito nel coltivare, su terreni di
coltura da lui preparati, alcuni
ceppi di ifomiceti, nel preparare un estratto acquoso dei singoli miceti e
nello studiare la loro azione su alcuni batteri, quali il bacillo del tifo, il
bacillo del carbonchio, il vibrione del colera e vari ceppi di stafilococco.
I risultati della sua ricerca,
raccolti nella già citata pubblicazione, gli consentirono di osservare che: “nella
sostanza cellulare delle muffe esaminate sono contenuti dei principi solubili
in acqua, forniti di azione battericida.”[8] Nel lavoro suddetto sono descritti
il metodo di preparazione del terreno di coltura e di prelevamento del liquido
dalle piastre, le caratteristiche chimiche ed organolettiche del liquido e le
tecniche di studio. Le conclusioni a cui giunse furono: “1. Il solo liquido
avuto dall’Aspergillus flavescens esercita un’azione positiva nelle infezioni
sperimentali da bacillo del tifo e vibrione del colera; 2. Come tale questo
liquido ha un’azione preventiva … e terapeutica… , che per la quantità di
liquido iniettato (1% del peso della cavia), e per il suo p.s. 1006, si estende
la prima per circa 8 giorni, rimanendo al 10º giorno quasi nulla, la seconda
solo fino a che l’infezione non è di tanto progredita da rendere vana ogni
azione. 3. Posto questi fatti in relazione con quanto fu osservato nella
leucocitosi, si può asserire che tale azione si esplica in parte per il potere
battericida posseduto dalle sostanze cellulari dell’Aspergillus, ma, in massima
parte, per l’attiva leucocitosi che suscitano.”[9] La capacità di stimolare
leucocitosi, ossia di compiere un’attività chemiotattica, e il potere
battericida di vari ceppi dell’Aspergillus sul bacillo del tifo furono
successivamente confermati da diversi ricercatori. L'attività scientifica di
Tiberio, che completò l'intero ciclo sperimentale dall'osservazione, alla
verifica dell'ipotesi iniziale, fino alla preparazione delle sostanza
antibiotica, dimostra come Tiberio fosse già molto più avanti di quanto non lo
fosse Alexander Fleming nel 1930. Quest'ultimo, come egli stesso riferì, arrivò
peraltro alla scoperta della penicillina a causa di un errore procedurale, “la
contaminazione involontaria di una capsula contenente colonie di Staphilococcus
aureus con colonie fungine”, che aveva poi prodotto “un’inibizione della
crescita batterica nelle colonie di Staphilococcus aureus”. Tuttavia, Fleming
non riuscì poi a preparare sperimentalmente il farmaco, non chiudendo così il
ciclo di ricerca, come
aveva invece fatto Tiberio. Nel
1947, due anni dopo il conferimento del Premio Nobel per la medicina ad
Alexander Fleming, il tenente colonnello Giuseppe Pezzi, ufficiale medico della
marina italiana, ritrovò in biblioteca il primo fascicolo degli Annali di
Igiene sperimentale del 1895, in cui era stato pubblicato un lavoro
sperimentale dal titolo Sugli estratti di alcune muffe a cura del Dott.
Vincenzo Tiberio. Il tenente colonnello si occupò di diffondere la notizia di
tale ritrovamento: un articolo intitolato Un italiano precursore degli studi
sulla penicillina fu pubblicato su due riviste
scientifiche del 1947, Annali di medicina
navale e coloniale e Pagine di storia della medicina. Già nel 1946 troviamo
però su Minerva Medica un articolo a cura di Pietro Benigno, farmacologo
dell’Università di Padova, intitolato Un precursore delle ricerche sugli
antibiotici in cui l'autore affermava: "Ma le ricerche del Tiberio sono condotte
con tale accuratezza di indagine, da meritare un posto fondamentale nella
ricerca dei fattori antibiotici."[10]
Tale ultima pubblicazione, però, fu conosciuta solo nelle
cerchie ristrette tra gli addetti ai lavori e non ebbe la diffusione degli
scritti del colonnello Pezzi.
Note
[1]
Luciano Sterpallone, I grandi della medicina. Le scoperte che
hanno cambiato la qualità di vita, Donzelli Editore, Roma
2004, p. 191 (http:/ /
books. google. it/ books?id=maJCX6fRr3UC&
pg=PA191& dq=vincenzo+ tiberio& hl=it& sa=X&
ei=i6upUaSzJsSwhAfPq4GwCg&
ved=0CDkQ6AEwAg#v=onepage& q=vincenzo
tiberio& f=false)
[2] Roberto Bucci - Paola Galli, Vincenzo Tiberio: a misunderstood
researcher, «Journal of Public
Health», IX (2011), vol. 8, n. 4 (http:/ /
ijphjournal.
it/ article/ view/ 5688/ 5424)
[3]
Ruggiero Corcella, La penicillina? Una scoperta italiana,
«Il Corriere della Sera» - Salute, 9 febbraio 2011. (http:/ / www. corriere.
it/ salute/
11_febbraio_09/
penicillina-scoperta-italiana-tiberio-corcella_28d1bc0a-307d-11e0-a9d6-00144f02aabc.
shtml)
[4]
Francesco Montanaro, Amicorum sanitatis liber: profili
biografici dei più illustri medici, sanitari e benefattori del tempo passato di
Afragola,
Arzano,
Caivano, Cardito, Casandrino, Casavatore, Casoria, Crispano, Frattamaggiore,
Frattaminore, Grumo Nevano e Sant'Antimo, Istituto
di
Studi Atellani, Tip. Cirillo, Frattamaggiore (NA) 2005. (http:/ / books. google. it/
books?id=Ai9NhtK2L9sC& printsec=frontcover&
source=gbs_ge_summary_r&
cad=0#v=onepage& q=tiberio& f=false)
[5]
Italo Testa, Le grandi figure della medicina molisana,
pagg. 195-196, Palladino editore, Campobasso 2011
[6]
Vincenzo Tiberio il vero scopritore degli antibiotici (http:/ / web. unimol.
it/ Vecchio sito Unimol/ serviziweb. unimol. it/ pls/ unimol/
consultazione5b38.
html?id_pagina=5250)
[7]
Presidenza della Regione Molise, 9 febbraio 2007. (http:/ / www. regione. molise. it/ web/ grm/ cspr.
nsf/
7ca3c8cc9740728ec1256e2d00734512/
00f68c3d2c011aeec125727d005b80dc?OpenDocument)
[8]
Italo Testa, Le grandi figure della medicina molisana,
pagg. 192, Palladino editore, Campobasso 2011
[9]
Italo Testa, Le grandi figure della medicina molisana,
pagg. 192-193, Palladino editore, Campobasso 2011
[10] Italo Testa, Le
grandi figure della medicina molisana, pagg. 192, Palladino
editore, Campobasso 2011
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