- Contro la modernità.
Sono decenni che in
Italia si sta rafforzando un blocco sociale che, prescindendo dalla
collocazione politica e dall’estrazione culturale, vede nella scienza e nella
modernizzazione del paese una minaccia. Il risultato di questa presa di
posizione è la caduta della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica
che ci sta minando le fondamenta economiche e culturali.
Ho scritto insieme a
Luciano Pellicani un libro di denuncia che analizza il basso livello culturale degli italiani nelle discipline
scientifiche e più in generale nei scarsi livelli di scolarizzazione. Il
panorama che emerge è desolate: il nostro paese è ultimo (o quasi ultimo) nel
mondo industrializzato in tutti gli indicatori culturali e questo, in pochi
anni, potrebbe portare l’Italia fuori dai più importanti contesti
internazionali.
Utilizzando gli
indicatori ufficiali e i dati a disposizione delle diverse istituzioni (ISTAT,
Ministeri, OCSE, Eurobarometro, e così via) abbiamo ricostruiscono le cause e
la lunga storia della cultura anti-scientifica in Italia che ha radici lontane.
Inoltre vengono prese in considerazione le conseguenze che questa situazione
sta provocando nella società civile, nella politica e nello sviluppo economico
del paese.
L’Italia - che ha dato
i natali a Galileo Galilei, Alessandro Volta, Enrico Fermi, Antonio Meucci,
Guglielmo Marconi e così via - è oggi non solo il paese dell’anti-scienza ma un
paese in lotta contro la modernità e che ha perso una visione del suo futuro e
del ruolo che dovrebbe svolgere nel mondo.
Ripercorrendo la storia
del pensiero “anti-scientifico” dal ‘900 fino ai giorni nostri ne abbiamo
tratto le somme: nella società contemporanea il benessere di un paese passa
attraverso la ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica e, più in generale,
anche attraverso l’ammodernamento delle infrastrutture e dei servizi. In Italia
tutti i progetti innovativi vengono sistematicamente contestati: dal Ponte
sullo stretto di Messina, ai rigassificatori, ai termovalorizzatori,
all’ammodernamento delle ferrovie e degli aeroporti. E anche la ricerca
scientifica ha subìto la stessa sorte: l’Italia è l’unico paese al mondo che
vieta la ricerca e la sperimentazione nel settore delle biotecnologie e degli
Ogm, ha smantellato la ricerca sul nucleare e, complessivamente, ha tagliato i
fondi per la ricerca. Ma l’Italia detiene anche un altro record: quello dei
comitati dei “NO”: i NO TAV, i NO GAS, i NO ai TERMOVALORIZZATORI, i NO al
NUCLEARE, i NO ai PARCHEGGI, i NO ai CENTRI COMMERCIALI, i NO alle AUTOSTRADE,
e così via. In altre parole, si sta sviluppando nell’opinione pubblica una
avversione alla modernità che sta portando la società italiana indietro di
decenni.
La cultura anti-moderna ha svariate sfaccettature
e spesso viene associata al mito della natura buona e benefica che viene
barbaramente violentata dall’avanzamento della globalizzazione, della
tecnologia, dell’inquinamento e delle aride leggi dell’economia e del libero
mercato. Così la rivolta contro la modernità non è altro che il desiderio
romantico di vivere in una comunità armoniosa e compatta, in perfetto accordo
con la natura.
Questo contrasto tra
scienza e libero mercato da una parte e natura, ritorno ad una vita essenziale
e contadina dall’altra si acuisce nei dibattiti sulla New Economy, sui mercati
globali, sul nuovo panorama lavorativo. In questo saggio spieghiamo perché
negli italiani è presente anche una forte indignazione permanete contro quella
che viene ritenuta “la permanete” rivoluzione capitalistica che avanzerebbe
come una valanga culturale distruggendo tutto: istituzioni, interessi, valori,
sentimenti. Questo modo di sentire ha radici profonde che affondano nel nazifascismo
che devono parte del loro successo proprio alla lotta contro la Modernità e il
libero mercato.
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