- Il Sogno.
Fin dagli albori
dell’umanità il sogno è stato considerato un mezzo, un ausilio di ordine
superiore, un dono ed un messaggio degli dei, che permettesse all’uomo di
capire il suo mondo, prevedere, trarre ispirazione rispetto alle proprie
vicende quotidiane attingendo ad un livello di significazione diverso da quello
della realtà concreta.
L’attenzione continua
prestata ai sogni ed il carattere di sacralità che accompagna la loro
interpretazione presso gli sciamani di quelle che rappresentano oggi le ultime tribù
indigene ancora presenti in alcuni luoghi del nostro pianeta, testimoniano del
riconoscimento delle culture precedenti alla nostra circa l’importanza del
sogno come medium, canale di collegamento tra la sfera umana e quella sovrumana
e divina, o tra la dimensioni della fisicità corporea e quella della mente, o
ancora tra materialità e spiritualità.
Le prime fonti scritte
che ci provengono dall’antico Egitto e dalle popolazioni più civilizzate
dell’area medio-orientale ci parlano dei sogni come di un aspetto molto
importante del loro stile di vita ed inscindibile dalla quotidianità; i sogni
inviano i messaggi degli dei ed occorre ascoltarli se si vuole migliorare sè
stessi e vivere in armonia; gli indovini più ricercati, ma anche i potenti
sacerdoti dello stato, sono rispettati e temuti anche per la loro capacità
interpretativa riguardo ai sogni loro sottoposti da faraoni, re e imperatori. Nella
Grecia classica fino alla Roma Imperiale, e poi attraverso il Medioevo ed il
Rinascimento, l’interpretazione dei sogni costituisce un elemento fondamentale
della prassi terapeutica della medicina e concorre alla formulazione
diagnostica e prognostica. Famoso era il tempio dedicato ad Asclepio (il latino
Esculapio) presso Epidauro, dove i sofferenti si recavano per ottenere la
guarigione, che passava attraverso una prassi di digiuno e di preghiera e
nell’attesa che un sogno potesse illuminare il malato sulla cura da
intraprendere.
Alcuni autori classici,
tra i quali Ippocrate, Platone, Aristotile, scrivono e meditano sul sogno e
sulle sue possibili origini, anticipando in alcuni casi alcune delle
conclusioni cui solo venti secoli dopo pervenne Freud (p.es. il ruolo giocato
dalla repressione-rimozione istintuale quale “motore” del sogno). Anche il
“Libro dei sogni” di Artemidoro di Daldi, che riporta in maniera sistematica
tutto quanto attiene alla cultura dei sogni nella Grecia antica, offre
chiarimenti attualissimi sulla dinamica dei sogni quando introduce il principio
associativo e la somiglianza tra i vari elementi onirici per spiegare la
costruzione del sogno (una prefigurazione della “libera associazione” freudiana
..!).
Progressivamente però,
l’attenzione al mondo onirico diventa meno puntuale e distratta, fino a
regredire a causa dell’avvento della mentalità razionalizzatrice del XVII
secolo, dello sviluppo delle scienze esatte e dell’età dei Lumi; in questo arco
di tempo il sogno perde lo status di fattore esplicativo della psiche
dell’individuo e cade nel dimenticatoio della Scienza, incarnando agli occhi del
Progresso quanto sopravvive dei retaggi del passato, della mentalità retriva e
credulona tardomedievale.
E’ solo sul finire del
secolo scorso che il sogno e l’attività onirica nel suo complesso tornano
all’attenzione della cultura scientifica e si arricchiscono di significazioni
nuove collegate allo studio della psicologia profonda e inconscia. Freud prima
e Jung poi daranno un contributo decisivo alla spiegazione dei processi
inconsci che conducono alla formazione dei sogni, il primo centrando l’attenzione
sul dinamismo conflittuale conscio-inconscio e sul ruolo primario svolto in
questo contesto dalla censura dell’Io e dai correlati meccanismi di rimozione,
il secondo inserendo il sogno all’interno di un più ampio movimento della
psiche profonda che si snoda attraverso un progressivo processo di
individuazione e che porta il soggetto ad un sempre maggiore contatto con sè
stesso e con la propria Ombra.
Con la pubblicazione de
“L’interpretazione dei sogni” nel 1899, infatti, Freud anticipa le coordinate
della successiva impostazione teorica psicoanalitica, ed individua nel sogno
essenzialmente una modalità di soddisfacimento di desideri infantili rimossi,
costretti ad “aggirare” l’ostacolo della censura della coscienza a causa del
loro contenuto inaccettabile dall’Io del sognatore e pertanto trasformati,
deformati, occultati nella forma di materiale onirico apparentemente
incomprensibile, quasi alieno alla propria personalità; si impone così un opera
di “traduzione” (o meglio di ri-traduzione..) di tali elementi che prevede il
ricorso ad un codice, ad una matrice simbolica che la psicoanalisi ravvede
appunto nella prima vita affettiva del soggetto e nel progressivo sviluppo
della componente pulsionale sessuale.
Freud introduce così la
differenziazione tra contenuto “manifesto” del sogno e contenuto “latente”,
dove al primo -frutto dell’elaborazione successiva della censura e delle forze
rimoventi- deve essere contrapposto il secondo (la ricerca della componente
pulsionale che ha generato il sogno) grazie al metodo psicoanalitico per
eccellenza, la “libera associazione”.
La dinamica
coscienza-inconscio, che si palesa quindi nel sogno attraverso lo scontro della
pulsionalità dell’Es contro gli argini costituiti dalle più tarde formazioni
superegoiche, presuppone per il suo buon funzionamento il raggiungimento di un
costante “compromesso”: il sogno per Freud, così come il sintomo
psicopatologico, rappresenta un compromesso -raggiunto dalle parti conscia ed
inconscia della personalità- che assolve inoltre una importante funzione
biologica, quella di permettere il riposo dell’organismo durante il sonno (il
sogno come meccanismo protettivo-simbolizzato del sonno...). Laddove la
costruzione del sogno incontra difficoltà, p.es. quando non è possibile
raggiungere attraverso la deformazione onirica un compromesso tra istanze
rimoventi e forze pulsionali che premono per la loro gratificazione, il
risultato è il sogno d’angoscia o l’incubo, cui segue il risveglio anticipato:
è come se il sogno non avesse potuto trasformare ed amalgamare i materiali
grezzi in modo tale da dargli una forma accettabile per il vaglio della
coscienza.
La dinamica del
disvelamento, cioè dell’occultamento dell’originario messaggio del sogno che
necessita di un opera di traduzione simbolica degli elementi onirici, risulta
così centrale nella visione freudiana; permane tuttavia l’impressione che per
Freud il sogno rappresenti un enigma da decifrare, un ostacolo da superare
sulla via della conoscenza dell’interiorità dell’individuo, un terreno infido
(nonostante ne riconosca l’importanza quale “via regia per l’inconscio”...) che
prevede il costante rimando a matrici di significazione radicate nella prima
infanzia e nel rapporto con i primi oggetti (madre, padre) ed a contenuti a
prevalente connotazione sessuale, piuttosto che una modalità privilegiata - e
“biologicamente predisposta”- per porsi in contatto con le profondità di sè
stessi.
La visione junghiana del
sogno si riconnette alla linea di pensiero propria delle tradizioni antiche,
occidentali e non, in quanto recupera e fa perno sulla componente del legame,
del punto di contatto tra coscienza e inconscio, ma soprattutto -e in questo
forse è il carattere differenziante rispetto all’impostazione freudiana- sulla
possibilità di attingere conoscenza di sè e del mondo dal sogno con una
maggiore “fiducia” nelle sue modalità di espressione e di simbolizzazione.
Il sogno è quindi per
Jung essenzialmente un messaggio, una comunicazione della sfera conscia con
quella inconscia in base al principio della “compensazione” (l’ inconscio
produrrebbe simboli diretti alla compensazione dell’unilateralità delle
tendenze dell’Io), in modo da integrare sempre più i contenuti rimossi e tenuti
costantemente fuori dalla coscienza durante la veglia e pervenire così ad un
superiore livello di equilibrio del sistema psichico dell’individuo.
Una importante
differenziazione viene poi delineata nella visione junghiana circa la “qualità”
o la natura dei sogni: accanto ai sogni più comuni, che possono essere più o
meno esaurientemente interpretati ricorrendo alle libere associazioni del
sognatore, ne esistono altri, meno frequenti e dotati di un carattere
“numinoso”, illuminante aspetti profondi della vita del soggetto, che
rappresentano o segnalano tendenze istintive ed attingono ad una dimensione
“archetipica”, dove è possibile rintracciare le immagini primordiali
dell’umanità e del suo sviluppo filogenetico (la duplice valenza dei sogni in
Jung riflette infatti la concezione di un inconscio “bipartito” o, meglio,
stratificato: uno strato inconscio più superficiale (l’inconscio “personale”),
ed uno più profondo (l’inconscio “collettivo”, che si protende fino al confine
con il biologico..).
E’ come se questi due
grandi pensatori osservassero il sogno (ma, in realtà, l’uomo stesso nella sua
duplice natura psichica), ognuno dal proprio angolo visivo, e ritraessero ciò
che loro vedono prevalentemente del fenomeno onirico: Freud da un’angolazione
più vicina alla sfera di coscienza (per cui il “suo” sogno, prodotto
dell’inconscio per eccellenza, sembra comportare la necessità di ricorrere a
tematiche di traduzione e decifrazione, che possono però anche risolversi in un
impoverimento complessivo del contenuto onirico, laddove viene a mancare
l’automatismo della riduzione all’oggetto originario simbolizzato); Jung,
invece, da una visuale più ampia e forse anche più prossima alla dimensione
della psiche inconscia, dove le coordinate spazio-temporali divengono più
sfumate e l’individuo si riavvicina ad un senso di sè originariamente
spirituale, che lascia aperte ulteriori possibilità di lettura del fenomeno
onirico valorizzando la sua connaturata componente creativa e prospettica,
nonchè di orientamento della coscienza.
Il sogno, dunque,
rivalutato dall’uomo moderno e ricollocato nella giusta posizione che gli
compete in quanto funzione psichica indispensabile per il raggiungimento di un
efficiente equilibrio mentale, consente una comprensione più profonda di sè
stessi ed offre uno specchio del proprio mondo affettivo ed emotivo,
permettendo una comunicazione tra il dentro e il fuori di sè, tra desiderio e
realtà, tra passato e presente.
Dr. Fernando Maddalena
Psicologo, Psicoterapeuta - Chieti
4 commenti:
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