29 luglio 2009

- LA FILOSOFIA DI PARACELSO


LE QUATTRO COLONNE DELLA MEDICINA
Nel Das Buch Paragranum Paracelso pone al vertice del suo sistema filosofico quattro principi: “l’arte di conoscere l’essere e il divenire delle cose (la filosofia), l’arte di conoscere la forma e la virtù delle cose (astrologia), l’arte di conoscere ed operare la trasformazione delle cose (alchimia), la capacità di determinare i limiti e la condotta del proprio comportamento (virtù).” Queste sono ciò che Paracelso chiama le quattro colonne della medicina e consentono al medico di praticare quest’arte con l’unico fine della salvezza umana; colui che si attiene alle quattro colonne della medicina si distingue per la sua capacità di padroneggiare la materia, senza avventurarsi all’interno di nozioni prive di relazioni le une con le altre.
1 – PARACELSO E LA FILOSOFIA
1.1 – Dio , la natura, l’uomo: la teoria della conoscenza
L’allontanamento da parte di Paracelso dalla medicina ortodossa e più in generale da un sistema di pensiero e cosmologico di tipo sintetico speculativo, che negli ambienti accademici mirava a declassare il valore dell’esperienza, comportava prima di tutto una nuova visione generale della realtà.
2. 2 Nuove categorie interpretative avrebbero dovuto guidare lo spirito umano; un nuovo sistema filosofico doveva essere applicato sistematicamente alla conoscenza della natura. Nel rapporto fra Micro e Macrocosmo esiste una “attrazione simpatetica fra la rappresentazione interiore di un oggetto particolare nella costituzione propria dell’uomo e la sua controparte esterna”.
3.3 L’unione con l’oggetto avviene attraverso il “corpo astrale” e l’apprendimento che da questo contatto intimo e totale scaturisce, non essendo quindi una conoscenza di tipo sensibile e locale. L’uomo comunica con gli astri mettendo in contatto queste forze (chiamate anche Virtù), ma non è tutto: ciascun oggetto, corpo animato od inanimato, astro, pianeta o pianta possiede un proprio e caratteristico corpo astrale.
4.4 Il compito specifico del medico e del naturalista sarà allora quello di cercare dentro di sé, ovvero all’interno del microcosmo, quelle corrispondenze specifiche che colgono una attrazione simpatetica col macrocosmo. Queste corrispondenze fra i due poli di riferimento, uomo e natura, fanno in modo che uno rimandi direttamente all’altro, e viceversa: “l’universo era un macroantropo e l’uomo un cosmo in miniatura.”
5.5 Il concetto originale introdotto da Paracelso è quello di collocare questa scientia, più simile ad una ricerca empirica sperimentale che ad un atteggiamento logico deduttivo e libresco, nella filosofia naturale e nella medicina. Attraverso l’indagine della natura e l’esperienza che da essa deriva, il naturalista ricerca le cause, i segni divini, le virtù invisibili che sono emanazioni dirette di Dio, ed in quanto tali sono increate, così come l’attitudine e la sapienza umana sono abilità che provengono direttamente dalla stessa fonte divina. Paracelso, guidato da questo concetto, si scaglia prima contro la superstizione e poi contro la logica formale sistemata da Aristotele e portata avanti in campo medico da Galeno ed Avicenna, colpevoli di aver sviato l’uomo dalla ricerca naturale. Pertanto la logica diviene una pseudo conoscenza poiché non è una emanazione diretta divina ma una creazione umana. Nonostante la sua battaglia contro le superstizioni, Paracelso considera la magia come oggetto e mezzo d’indagine del naturalista, dato che essa svela le corrispondenze e le influenze invisibili fra gli oggetti. La magia naturalis livella sullo stesso piano le forze celesti e le forze terrestri, e dato che il potere del mago è un potere spirituale, colui che pratica questa arte è in grado di conoscere i segreti della natura. La magia insegna al medico la patologia, dal momento che per simpatia una forza cosmica agisce e si combina con un sistema o sostanza interna al corpo a cui corrisponde secondo le analogie esistenti fra micro- e macrocosmo.
In definitiva, la teoria della conoscenza paracelsiana si basa su due concetti: la scientia che è contenuta nell’oggetto in cui Dio l’ha depositata, è quindi la virtù presente negli oggetti naturali; l’experientia che è la conoscenza di casi in cui la scientia è stata messa alla prova.
1.2 – I Tria Principia Prima
Paracelso, nella sua lotta contro il sapere ereditato degli antichi, mette in discussione la dottrina degli elementi, senza tuttavia rifiutarla definitivamente. Acqua, terra, aria e fuoco non sono più i componenti ultimi della materia, bensì i composti di altri tre elementi che permettono la loro resa visibile e tangibile. Zolfo, Mercurio, Sale diventano così i tre principi primordiali ed i quattro elementi diventano semplicemente matrices o “uteri” in cui gli oggetti vengono generati e da cui ricevono le loro segnature. Inoltre vi è una quintia essentia, non un quinto elemento in aggiunta agli altri ma l’elemento preponderante fra terra, aria, fuoco e acqua, tale da rendere un tale oggetto differente da un altro.
Questi tre principi non corrispondono alle sostanze chimiche conosciute, ma equivalgono a principi costitutivi:
a) lo Zolfo rappresenta l’organizzazione, è una Oleosità, sta per ciò che è combustibile, “modera l’eccesso che può provenire dagli altri principi, oppure viene disciolto”. È segno dell’Anima.
b) il Mercurio indica l’attività, ciò che è fumoso e volatile, ed espelle ciò che è in consunzione, è un Liquido, ed è segno dello Spirito.
c) il Sale invece “agisce purgando, depurando, addolcendo, ed in altri modi ancora; inoltre, conserva ciò che serve a putrefare”.
Rimanda alla massa ed è la componente invariabile di qualsiasi oggetto della natura, Paracelso lo chiama Alkali ed è segno del Corpo. Zolfo, Sale e Mercurio non compaiono nella stessa quantità in ogni oggetto, ma si amalgamano in combinazioni innumerevoli e proprio questa caratteristica porta alle altrettanto innumerevoli differenze individuali e di specie presenti in natura e a un notevole numero di malattie diverse. Tutte le malattie possono essere ricondotte a tre tipi, quelle originate dal Sale avranno così altre caratteristiche rispetto a quelle originate dal Mercurio o dallo Zolfo: dissenteria o diarrea sono prodotte dal principio Alkalino; le pustole di ogni tipo, malattie che colpiscono le arterie, legamenti, articolazioni, ossa o nervi hanno origine dal principio volatile (dal Mercurio). Il legame che unisce le malattie ai principi è possibile solo perché il tutto è stato creato dalla stessa materia a partire dalle tre sostanze mescolate fra loro, le quali possono esistere solo in relazione reciproca; la morte sopraggiunge quando avviene la scissione delle tre sostanze.
2 – PARACELSO E L’ASTRONOMIA
2.1 – Le corrispondenze fra microcosmo e macrocosmo
Nell’opera divulgativa più importante di Paracelso, il Paragranum, la seconda arte che egli elegge a pilastro della medicina riformata è l’astronomia. Mentre la filosofia, nel disegno concettuale complessivo di Teofrasto, è impiegata per comprendere l’uomo a livello fisico e materiale come scienza delle relazioni sensibili, l’astronomia chiarisce invece le attività funzionali dell’uomo non percepibili ai nostri sensi. Possedere quest’arte è fondamentale per il medico poiché, sposando l’idea di un saldo connubio terra-cielo, permette di comprendere l’uomo nella sua totalità.
Paracelso non accettava l’idea cosmologica aristotelica per cui mondo celeste e mondo sublunare obbedivano a leggi distinte e si concentrò sui concetti secondo i quali ogni entità vitale non fosse collocata all’interno di una scala gerarchica. Essendo tutto sottoposto ad un’unica legge, veniva salvaguardata l’autonomia individuale. Proprio per questo l’uomo è un microcosmo completo che possiede in sé un’idea infallibile che lo rende simile a qualsiasi altra entità terrestre o lunare. Ogni cosa possiede un corpo materiale ed un corpo astrale, o meglio un astrum, ed è tramite quest’ultimo che ogni singola parte viene messa in contatto con il resto del cosmo. Gli astra (o virtù) sono ciò che governa le funzioni di un organismo, e dato che gli astra dei pianeti e l’astrum dell’uomo sono della stessa natura, ne consegue una uguaglianza fra intervalli di tempi dei ritmi biologici e dei corpi celesti.
Paracelso curiosamente associa le stelle e le costellazioni agli organi e agli apparati, in una similitudine che lega il firmamento celeste alla fisiologia dell’uomo. Ogni pianeta è legato ad un organo del corpo umano: in questo modo Venere è vincolata ai reni, Mercurio ai polmoni, Giove al fegato, il Sole al cuore, la Luna al cervello, Saturno alla milza ed infine Marte agli organi genitali.
Parafrasando il primo aforisma ermetico, una parte può stare per il tutto ma non può esistere solo per se stessa; i sette pianeti come i sette metalli, dato che ciascun elemento possiede le qualità degli altri sei, partecipano ad un flusso unico e continuo dal quale nulla può esimersi. Il medico deve essere consapevole che gli astra di ciascun oggetto presente al mondo mettono in contatto il tutto con il tutto, e dunque con l’aiuto di ciò che è visibile, il medico prende coscienza di ciò che è invisibile. La conoscenza di tutte le parti che compongono il mondo nel posto che occupano e nella funzione che svolgono, viene chiamata da Paracelso l’anatomia del mondo, che deve essere studiata attraverso l’astronomia che indaga sui corpi celesti per conoscere la composizione delle cose e l’astrologia che “origlia” (ablauschen) nell’invisibile cogliendo l’influenza degli astri sulla sfera del sensibile. Anche le riflessioni sulle malattie si inseriscono in questo contesto in maniera coerente ed originale: all’interno dell’uomo, come su tutta la superficie del corpo, è riprodotto un firmamento con tutte le stelle attraverso una mimesi in perfetta concordanza con il firmamento del cielo. I parallelismi individuati dal medico svizzero quindi sono di natura spirituale ma anche corporea e quest’ultimi sono oggettivati dalle segnature. Le osservazioni dei fenomeni naturali hanno insegnato al medico il meccanismo della malattia ed i suoi conseguenti effetti sulla fisiologia umana. Paracelso quindi indaga in due direzioni: da una parte va alla ricerca dei segni esterni, scoprendo gli effetti individuali, sensibili e psicofisici della malattia; dall’altra procede parallelamente alla ricerca degli effetti invisibili ed insondabili presenti in quella parte uguale per tutti gli esseri animati ed inanimati, la parte eterea o come precedentemente detto il corpo astrale, che rispecchia fedelmente le leggi dell’universo. Quest’ultima parte è chiamata anche limbus, lembo dell’universo, proprio per evidenziarne i parallelismi. Quello che è più importante sottolineare è che gli effetti della malattia si compiono sulla parte psicofisica dell’individuo, ma l’origine proviene dal limbus, cioè dalla parte invisibile e celeste. Allo stesso modo, l’astrologia e l’astronomia indicano tempi, luoghi e modi di somministrazione dei farmaci adatti. Il medico deve essere a perfetta conoscenza delle somiglianze e delle differenze fra essenza del medicamento ed essenza della malattia poiché il potere curativo della sostanza medicinale non risiede nella sostanza stessa ma nel suo arcanum, nella parte eterea trattenuta nella sostanza stessa. La malattia quindi proviene dal limbus (dalla parte astrale del corpo) e può essere debellata solo dall’arcanum (ovvero dalla parte astrale del medicamento), poiché sono simili nella loro essenza. Proprio in questo concetto risiede il grande scacco che Paracelso attua contro la medicina tradizionale: la malattia non viene più curata attraverso i contrari ma attraverso il simile. Dalla sostanza medicamentosa è necessario estrarre ciò che viene chiamato da Teofrasto il “volatile”, l’essenza eterea che può intervenire nel firmamento dell’essere umano, ovvero l’arcanum astrale. Il medico deve quindi conoscere le corrispondenze tra la stella che ha provocato la malattia e la stella capace di guarirla tramite il farmaco appropriato.
In conclusione, l’inestricabile relazione che lega microcosmo e macrocosmo fa in modo che la malattia nell’uomo sopraggiunga solo esclusivamente quando esiste uno stato di debolezza, e quindi il corpo astrale dell’uomo si ritrova in una posizione inferiore rispetto alla parte eterea del cielo; lo stato di salute invece esiste quando c’è una perfetta concordanza fra cielo sidereo macrocosmico e cielo interiore.
2.2 – Tempo dell’uomo e tempo del cosmo
La ciclicità delle manifestazioni naturali porta Paracelso ad interrogarsi su fenomeni che sembrano allontanarsi dalla medicina, ma che in realtà vi entrano a pieno titolo. Le sue osservazioni lo portano all’affermare che il trascorrere del tempo dell’universo è diverso del trascorrere del tempo nell’uomo. Le rispettive dimensioni infatti sono tali da rendere il tempo cosmico più dilatato del tempo umano.
Astronomia ed astrologia quindi indicano i tempi di preparazione e di somministrazione dei farmaci, oltre alla corrispondenza tra l’essenza del medicamento e quella della malattia che viene oggettivata dai segni che il cielo imprime sulle sostanze curative. Paracelso introduce quindi il concetto di orologio biologico che viene aggiunto all’idea di tempo perfetto, ovvero il tempo dell’eternità, quello in cui vive lo spirito del mondo e che viene rappresentato dal punto (figura senza dimensione che indica un eterno presente). Il tempo è quindi qualitativamente e biologicamente determinato, nel senso che non è concepibile indipendentemente da una cosa che esiste, e comprende diverse forme di tempo, quello perfetto appena citato, inavvertibile ai nostri sensi, e quello astronomico e quello biologico, entrambi circolari ma avvertibili e percepibili e caratterizzati da tale forma proprio perché il
tempo è l’immagine dell’eternità dentro l’universo fisico. Esistono quindi il tempo perfetto, il tempo astronomico, ed il tempo microcosmico. Per quanto riguarda il tempo astronomico può valere il detto “ogni cosa ha il suo tempo”, per cui il medico deve conoscere tali differenze per accelerare o ritardare la maturazione o l’evolversi di un processo di guarigione. Il tempo del microcosmo corrisponde ad un tempo biologico individualizzato, come dimostrano le migliaia di modi di trascorrere il tempo. Un esempio significativo è quello per cui ogni pianta ha il suo momento di fioritura e maturazione particolare.
Le specie viventi hanno diversi gradi di autonomia: il tempo astronomico influisce in maniera differente a seconda del grado di perfezione di ciascun essere vivente. Ad esempio nel caso delle piante esiste il tempo della forza (risiedente nella terra) ed il tempo della crescita (risiedente nel cielo); l’unione di queste due forze permette alla terra di far germogliare la pianta, al cielo di portarla a maturazione. Ad un più alto grado di autonomia dal tempo astronomico si collocano gli animali ed infine l’uomo, portato ad un massimo livello di libertà. “All’interno del corpo si hanno gli astra degli organi che si comportano come gli astra dei pianeti, compiendo i loro giri vitali commisurati ognuno al proprio tempo biologico”. Ma quello che Paracelso nota, in aperto contrasto con i dettami della medicina ufficiale, è il fatto che il tempo cambia le caratteristiche delle malattie. Aveva notato gli effettivi decorsi delle malattie, certe con tempi brevissimi altre con tempi più lunghi. L’attenzione del medico non deve essere solo rivolta ai mutamenti che la malattia attua sull’organismo, ma anche alla preparazione spagirica ed alla raccolta delle piante atte alla guarigione. Il rimedio spagirico deve operare contro il tempo, nel senso che deve rimediare alla mutevolezza della malattia. La medicina deve vincere il tempo e, attraverso le conoscenze alchemiche, il tempo del rimedio deve coincidere con il tempo della malattia.
2.3 – Cosmogonia Paracelsiana
Nell’analisi del pensiero paracelsiano si incontra anche una coerente teoria sulla creazione del mondo che lega la cosmogonia ad una visione evoluzionistica dell’universo: infatti dal caos primordiale, attraverso cicli vitali gli esseri e le cose si sono modificate e perfezionate sempre di più. Tutte le entità si sono sviluppate secondo un unico principio e compartecipano alla stessa legge evolutiva; proprio per questo ci sono aspetti che intercorrono in una entità quanto nell’altra. Se la legge è una sola, le caratteristiche fisiche, psicologiche e somatiche risultano essere della stessa specie. Il concetto di simpatia cosmica della magia naturalis è realizzabile proprio alla luce di questo. Paracelso, tenendo ben separata la fede cristiana dall’intelletto, fa risalire il primo principio ad un idea materialistica della creazione, collocando solo al secondo posto un elemento spirituale. Il supremo principio cosmogonico era l’Yliaster, termine proveniente da hyle, materia, ed astrum, astro. Una traduzione verosimile potrebbe essere “materia cosmica” e corrisponde ad una materia o forza primordiale. Solo successivamente entra in gioco l’anima mundi che emana dalla materia il mysterium magnum o limbus maior, un essere spirituale, invisibile ed inafferrabile. L’uomo, il limbus minor, è specchio del macrocosmo e tanto quanto il resto degli elementi dell’universo, anch’egli è un aggregato di materia vivente. La concezione di Paracelso non può ancora definirsi chimica-meccanica, ma neppure creazionistica, sebbene al vertice di tutto resti sempre Dio; è piuttosto una teoria ricca di elementi animistici, che comprendono elementi simili allo hen (Uno) di Pitagora o Empedocle, o allo heimarmene (destino) degli stoici, e tuttavia si pone come un preludio ad una cosmogonia materialistica. L’idea che al vertice dell’atto creativo ci sia una materia, detta anche forza primordiale, che stia al di sopra e preceda cronologicamente un principio spirituale, fa in modo che la teoria del medico svizzero risulti sospesa fra due concezioni: una rende il mondo una aggregato di materia vivente, in cui la materialistica “morte dell’anima” non si è ancora realizzata; l’altra permette a Paracelso di porre un modello animistico primitivo non riducendo l’atto cosmogonico in soli termini chimico-meccanici. Appare evidente come l’epoca di transizione in cui Paracelso si trova a vivere si manifesti in tutte le sue contraddizioni e complessità nello spirito e nelle idee del grande riformista svizzero.
3 – PARACELSO E L’ALCHIMIA
Nell’universo multiforme e magico di Paracelso, tutto ciò che può cadere sotto il dominio dell’alchimia deve essere sottoposto ad una scrematura sostanziale. In questa parte del lavoro mi limiterò ad analizzare alcuni aspetti del suo pensiero. Paracelso non fu un vero e proprio alchimista e quello che il medico svizzero fece attraverso la “Grande Opera” fu il mettere a punto una cosmologia chimica che permettesse di interagire con tutti i fenomeni riguardanti microcosmo e macrocosmo. Paracelso “applicò le teorie alchemiche (ad esempio fermentazione, calcinazione, distillazione) all’esistenza biologica umana”. In poche parole passò dalla conoscenza pura (sebbene operativa) dell’alchimia alla pratica, applicò sistematicamente i risultati delle ricerche empiriche alchemiche alla pratica terapeutica, ponendo le fondamenta per la crescita di nuove discipline che rivoluzionarono la storia della medicina e della farmacologia.
3.1 – Iatrochimica e chemiatria
Il terzo pilastro della medicina non è l’alchimia in senso stretto, ma tutto ciò che concerne la sua applicazione pratica e medica. Nell’Introduzione si è detto che Paracelso fu l’inventore della Iatrochimica e della Chemiatria: si definisce “Iatrochimica” la pratica terapeutica basata sulla somministrazione di sostanze elaborate chimicamente. Per chemiatria si intende invece la teoria che postula una visione dei fenomeni vitali in chiave chimica e che considera la fisiologia come una branca della chimica. L’alchimia è quindi solo il supporto da cui partire per la ricerca naturalistica, tanto è vero che presa singolarmente non è in grado di dare risposte sulla realtà, ma deve essere accompagnata da un coerente impianto filosofico ed astrologico. Lo scopo del medico è creare nuovi medicamenti per le terapie attraverso nuove tecniche farmaceutiche, ed è in questa creazione che la Iatrochimica interviene. Riduce infatti le sostanze gregge nelle forme adatte alla medicazione; in caso di turbato equilibrio fisiologico, le carenze devono essere ristabilite nell’organismo tenendo ben presente la sua corrispondenza astrologica con il cosmo, dato che, se gli esseri viventi sono una parte del tutto universale, il microcosmo contiene metalli, spiriti e qualità elementari che si trovano anche nel macrocosmo.
L’azione della iatrochimica è attuata da due alchimisti eterei: Vulcano opera al livello della natura, l’Archeus invece al livello dell’uomo. Il primo è il lavoratore della natura nel macrocosmo, il soggetto di tutte le trasformazioni vitali che avvengono nell’universo; il secondo può essere associato ad un “laboratorio”, risiede all’interno del microcosmo ed è posizionato nel ventricolo; qui vengono separate le sostanze e le parti adatte vengono nobilitate a tintura (la parte medicamentosa vera e propria); è interessante notare come questa trasmutazione, per Paracelso, avvenga attraverso processi chimico-fisici. L’Archeus, l’alchimista microcosmico, vigila la separazione delle sostanze nocive dalle sostanze positive, difende l’organismo dall’ens veneni, ovvero l’agente patogeno di origine alimentare. L’uomo riceve quindi dal macrocosmo la materia che ha il potere di rigenerare il suo corpo, ma la natura interna deve intervenire trasformando materia del macrocosmo (cibo) in materia del microcosmo (carne e sangue): la natura dell’uomo, tramite l’azione di quello che viene chiamato ”alchimista interno”, trasforma la natura di ciò che riceve in modo che il cibo possa essere assimilato all’interno del corpo umano.
A questo proposito occorre soffermarsi sulla quadruplice tipologia di agenti patogeni che Paracelso indica nel suo Volumen Paramirum Primum (1525) come possibili cause delle molteplici e variabili malattie esistenti in natura: l’ens astrorum, l’ ens veneni, l’ens naturale, l’ens Dei. Il concetto originale della sua catalogazione è la causalità astrologica che lega i sette pianeti ed i sette organi principali. La prima causa è quindi legata agli astri, la seconda alla patologia proveniente dalle intossicazioni alimentari, la terza dalle intenzioni malvagie consce od inconsce di altri uomini, l’ultima indica la categoria di mali inviati da Dio come castigo.
Davanti alle nuove medicine di Paracelso, le erbe galeniche somministrate direttamente non hanno più senso di esistere, ora la chimica farmaceutica dosa e fornisce preparati chimici e minerali. La malattia si cura con un metodo ben preciso, ovvero scomponendo le sostanze naturali fino ad ottenere materie prime in grado di sprigionare le virtù medicamentose, gli arcana, che, in quanto potenza trascendente, debellano l’affezione, intesa anch’essa come una presenza immateriale eterea. Esistono quattro tipi di arcana che sono in grado di placare e sconfiggere le cause e quindi gli effetti delle malattie: materia prima, lapis philosophorum, la tinctura, il mercurius vitae. A questi si affianca la quinta essenza, ovvero l’essenza dominante sulle quattro presenti in tutti i corpi. Paracelso quindi nomina per la prima volta nella storia della medicina un concetto che equivale all’equilibrio biochimico che sta alla base della regolamentazione complessiva sia all’interno dell’uomo, sia nel rapporto tra uomo e mondo.
3.2 – Spagiria
Il termine spagiria deriva da due parole greche spaò, “separo” e agheìro, “riunisco”, e riassume un fondamentale detto alchemico “solve et coagula”, per indicare una forte consonanza fra i procedimenti dell’alchimia e quelli della nuova arte inventata da Paracelso. La spagiria potrebbe essere definita come la “trasposizione delle teorie ermetiche su un piano materiale e contingente”.Insomma, si intende come il campo che fa da sfondo alla iatrochimica, l’impianto teorico e filosofico in cui muoversi col fine di utilizzare mezzi chimici nelle terapie, ed è forse la più degna antenata della chimica moderna, dato che l’alchimia ha mezzi e fini completamente differenti.
Ciò che ci tramanda la tradizione ermetica riguardo a questo argomento può essere semplificato attraverso la descrizione del Caduceo di Hermes (due serpenti che si attorcigliano lungo un bastone centrale). Sappiamo che l’alchimia è la Via Diretta, la Via di Mezzo Umido-Secca ed insegna come realizzare la Pietra Filosofale per mezzo di tre metodi: il Metodo Breve (L’Arte Breve), il Metodo Medio (l’Arte Media) ed il Metodo Lungo (L’arte Lunga). L’archimia e la spagiria sono quindi due diramazioni dell’alchimia, rispettivamente verso destra, lungo la via Maschile secca (Arte Breve) che coincide con lo Zolfo e verso sinistra, lungo la via Femminile umida (Arte Lunga) che invece rappresenta il Mercurio. Al centro, l’alchimia rimanda al Bastone Ermafrodita Centrale (Arte Media). A differenza degli alchimisti, gli archimici erano coloro che facevano uso di acidi e minerali, utilizzando forni ad alte temperature, gli spagirici invece facevano uso della medicina naturale ed utilizzavano le sostanze, vegetali ed animali. Mi pare che debba essere sottolineato il fatto che Zolfo e Mercurio sono stati da sempre gli elementi più importanti nel linguaggio alchemico, la loro combinazione era indissolubile e veniva esplicata attraverso il termine Sulphur et Mercurius. L’elemento in combustione e l’elemento volatile furono affiancati solo successivamente dal terzo elemento, il Sale, che andava a rappresentare la tangibilità. Dal punto di vista storico fu l’alchimista arabo Geber (721-815) a definire i due primi principi, oltre a unificare sotto un’unica disciplina il filone spirituale ed il filone pratico dell’alchimia, ma solo con Rhazes (866-925) e Basilio Valentino prima e Paracelso poi, il Sale si afferma come terzo principio. Attraverso l’arte alchemica, spagirica ed archemica, al medico è permesso di perfezionare quanto cresce in natura a beneficio dell’uomo stesso, agendo sugli arcana ovvero sulle virtù che si nascondono in tutte le sostanze e corpi presenti nel cosmo. L’alchimia è quindi una scienza della vita dei tre regni, quello minerale, vegetale ed animale. Possiede e giostra le due forze dominanti della natura, la corruzione e la costruzione, per cui nascita e morte vengono riprodotti in laboratorio finalizzati al raggiungimento della perfezione interiore. Questa complessa operazione riproduce a ritroso il gesto perfetto della creazione Divina, ed avviene all’interno dell’Atanor, recipiente nel quale il calore, attraverso un processo di maturazione, permette l’estrazione del “volatile” che successivamente verrà rinchiuso nell’Uovo Filosofico sigillato dal Sigillo di Hermes (chiuso ermeticamente appunto). Il massimo risultato si concluderà con la creazione della Pietra Filosofale che avverrà accompagnato dal parallelo processo di maturazione interiore dell’alchimista, attraverso tre stadi fondamentali: l’Opera al Nero (Nigredo), l’Opera al Bianco (Albedo) ed infine l’Opera al Rosso (Rubedo), che ripropongono in chiave materiale ed esistenziale un percorso iniziatico e spirituale. La putrefazione del primo stadio è seguita da una rinascita e dalla successiva sublimazione e solo in questo modo è possibile risalire all’atto creativo primo ed universale di Dio.
4 – PARACELSO E LA VIRTÙ: L’ETICA DEL MEDICO
La quarta ed ultima colonna della medicina può essere identificata con ciò che i contemporanei definiscono deontologia professionale. Sarebbe però limitato riunire in un unico concetto ciò che Paracelso chiamava Virtù del medico. L’Etica vera e propria legata a questa disciplina così eclettica rimanda al ruolo ed al compito che ogni singolo individuo possiede ad alla responsabilità che da esso deriva. Ogni entità od oggetto nel mondo è una entità distinta, è un’entità vivente con un caratteristico ruolo nei confronti di tutto ciò che la circonda. “Questo esprimere pienamente la propria funzione ed applicare le proprie capacità è per Paracelso la Virtù: ognuno dovrebbe esercitare quello che fa e che dovrebbe fare su se stesso”. Il medico è il Dio del microcosmo poiché lo tutela come Dio fa col macrocosmo e compie questo eroico atto attraverso tre strumenti: l’arte medica, la saggezza (sapienza) e l’intelletto. Saggezza è retta comprensione, l’arte di conoscere e di essere consapevoli delle proprie facoltà attraverso l’intuito. Attingendo al mondo dell’impalpabile, il medico deve partecipare pienamente al processo di crescita delle proprie capacità di apprendimento. L’ideale empirico moderno dello studio e della descrizione della natura si attua attraverso la ragione e l’intuizione, in un magma ribollente di esperienza pratica, esperimento e libero arbitrio. Con una definizione riduttiva, quest’atteggiamento potrebbe essere definito analiticosperimentale: ne deriva che la via che conduce alla conoscenza parte dal dato empirico per giungere all’enunciato generale. Nel Labirinto dei medici Paracelso giunge ad affermare che scienza è esperienza, ma la ricerca deve essere perennemente accompagnata dalla saggezza e non essere vincolata alla verità libresca o all’Ipse dixit. L’etica dipende dalla struttura teorica della medicina, dalla sua organizzazione e dalle caratteristiche dell’operato medico. L’uomo deve essere considerato nella propria interezza: l’uomo ed il medico, parallelamente, sono condotti sulla strada della perfezione, tanto che le qualità morali e le qualità professionali devono convergere in una sola ed unica direzione fino alla fusione. Nell’alchimia questo concetto è piuttosto evidente, infatti l’alchimista deve applicare le sue ricerche prima di tutto su se stesso, per poi veicolarle vero il mondo esterno. L’uomo è soggetto ed oggetto della ricerca alchemica ed è in quest’atto che il connotato più antropologico della ricerca paracelsiana è lampante. Paracelso infatti studia la presenza dell’uomo nel mondo partendo dal presupposto che ogni essere (oggetto inanimato o vivente che sia) ha una propria specifica funzione nel cosmo.
L’arte medica non crea vantaggi a chi la esercita; ad aumentare non sono i riconoscimenti accademici o economici, ma l’esperienza oggettiva, ovvero quella verità che travalica la soggettività delle impressioni personali. In definitiva dall’esercizio della “Grande Opera” Paracelso eredità la consapevolezza che l’uomo/medico necessita di un continuo perfezionamento e di una rigenerazione esclusiva, resi possibili attraverso la componente operativa che L’Arte Regia offre supportata da un adeguato impianto teorico.

Picco Luca

1 commento:

Anonimo ha detto...

come si possono individuare i segni o la filosofia di paracelso in un affresco dell 1550\1600?