18 settembre 2011

- Il vaso alchemico come simbolo dell'anima



In quanto studiosi della tradizione ermetica, tutti noi riconosciamo che l’opera alchemica si sviluppa su numerosi livelli: il lavoro fisico sulle sostanze, l’esperienza e la manipolazione delle forze eteriche, il lavoro interiore sull’anima, al pari degli aspetti cosmologico-planetari. Questi differenti aspetti dell’opera si interconnettono e si sovrappongono l’uno con l’altro. In effetti, in un certo senso, se vogliamo fare qualche progresso nel lavoro alchemico, dobbiamo necessariamente perseguire parallelamente questi differenti obiettivi, affiancando lo sviluppo interiore al lavoro esteriore. Un simbolo che si ricollega a questa molteplicità di aspetti dell’opera è quello del vaso alchemico. In questo articolo desidero sottolineare alcuni modi con cui possiamo usare questo simbolo per i nostri esercizi interiori. La tradizione dello sviluppo interiore in alchimia, si persegue trasponendo le trasformazioni ed i procedimenti alchemici sul piano interiore. Come in ogni pratica esoterica, l’interiorizzazione dell’esperienza può produrre squilibri nelle potenti energie psichiche che noi evochiamo durante il lavoro interiore, a meno che non troviamo dei mezzi per contenere queste energie. Nella tradizione dei rituali magico-cerimoniali, gli operatori usano normalmente una apertura ed una chiusura del rituale che funge da struttura di contenimento e salvaguarda dalla dissipazione le energie suscitate durante il lavoro. Similmente, in molte tradizioni meditative, un esercizio di apertura ed uno di chiusura (talvolta basati sulla ritmizzazione della respirazione) aiutano a riconnettere e riancorare il meditante con il normale stato di coscienza, così da non lasciarlo in uno stato di dissociazione ed instabilità, sospeso tra il mondo interiore e quello esteriore. Nel nostro lavoro interiore, troveremo nel simbolo del vaso un inestimabile mezzo per contenere le energie interiori e permettere loro di operare nella nostra interiorità, in modo controllato e positivo. Così, in un certo senso, il vaso alchemico può essere un simbolo interiore dalla valenza protettiva, proprio come il cerchio del cerimoniale magico o il tempio astrale di una loggia esoterica operativa, o gli esercizi di respirazione di una tradizione meditativa. Le energie evocate lavorando con i processi alchemici, come ho detto, possono essere potenti e distruttive per la psiche ed un incontro diretto con queste energie trasformative non dovrebbe avvenire in modo improvviso. Solo attraverso il lungo e ripetuto lavoro interiore possiamo arrivare alla diretta esperienza di queste energie nella loro forma più originaria e fondamentale. L’incontro iniziale è in genere effimero e soffocato da correnti emotive. Solo se avremo la pazienza degli alchimisti di ripetere instancabilmente l’esperienza spirituale, covando sul nostro alambicco interiore, riusciremo a intravedere sia pure un barlume del vero fine della trasmutazione alchemica. E’ dunque di somma importanza soffermarci sulla natura del vaso alchemico al fine di avere qualche indicazione sull’uso di questo simbolo nel nostro lavoro interiore. Prima di tutto dovremo considerare i simboli come schemi di energia. In senso exoterico le cose stanno esattamente così, essendo ovvio che ogni manifestazione simbolica prenda forma nella nostra coscienza mentale come una manifestazione di natura elettro-chimica all’interno della rete neuronica del nostro cervello. Tuttavia, su di un piano più profondo ed esoterico, un simbolo è lo schema delle energie eteriche sottese alla sua manifestazione in varie forme. Quando meditiamo su di un simbolo noi lo troveremo necessariamente mutevole nelle forme; ciò ci consentirà di intuire che la vera natura del simbolo è riposta nel suo schema energetico. Vi sono molte differenti forme di vaso descritte e disegnate nella letteratura e nella tradizione iconografica dell’alchimia. Esiste un’apparente molteplicità di forme di storte, pellicani, bagnomaria, alambicchi, cucurbite etc.. Tuttavia, nel lavoro interiore noi troveremo che tutte queste differenti forme esteriori si riducono a tre forme archetipali, che possiamo identificare nel CROGIOLO, nella STORTA e nell’ALAMBICCO.
Il crogiolo è essenzialmente un vaso aperto, una tazza, un mortaio o un calderone aperto all’esterno ma capace di contenere della materia. Le sostanze e gli schemi energetici possono essere messi nel crogiolo ed essere trattati con diversi agenti, ed alcune parti di queste sostanze possono anche essere eliminate o rimosse al fine di dare il via a un processo di purificazione. Tale procedimento è spesso descritto come ottenibile attraverso la somministrazione del calore. In altri termini, un minerale viene messo nel crogiolo, che viene poi scaldato, il metallo si separa dal minerale e varie impurità vengono disperse nell’aria, oppure le scorie solide si separano dalla superficie del metallo fuso. In questo modo la materia prima, il minerale, viene trasformato nel metallo puro. Comunque, la caratteristica essenziale di questo tipo di vaso e delle operazioni interiori ad esso correlate è la sua apertura. Una trasformazione vi può avvenire perché certe energie o impurità vengono lasciate libere di separarsi e dissiparsi. La cottura non è essenziale in questo particolare processo alchemico. L’azione di un sale coniugato ad un acido per produrre una effervescenza o per produrre un gas, è un altro esempio esteriore di questo processo, come anche la lenta precipitazione o cristallizzazione di un solido in una soluzione. Quando interiorizziamo il crogiolo nella nostra anima, immaginiamo dentro di noi un vaso aperto, che permette di filtrare le impurità e ogni altro aspetto indesiderato del lavoro, così come di accogliere sostanze e forze provenienti dall’universo spirituale. In questo senso, il crogiolo interiore è un calice, la cui parte inferiore contiene e custodisce una sostanza o una costellazione di forze, mentre la parte alta rimane aperta alle influenze spirituali universali. Le energie indesiderate possono liberamente scorrere fuori dal nostro crogiolo e dissolversi nel flusso universale, e, nella direzione opposta, le energie positive possono essere raccolte dal mondo spirituale, libere di discendere nel fondo del nostro vaso interiore. Questo processo può essere un moderato e delicato fluire oppure, in alternativa, si può scaldare il nostro crogiolo interiore grazie all’azione di potenti correnti di energie emozionali, che, all’occorrenza, forzino le trasformazioni. Infatti, quando siamo divenuti esperti nell’utilizzo di queste tecniche queste tecniche possiamo evocare rapidamente e con atto consapevole ambedue queste diverse esperienze: il flusso gentile e delicato e la fase fiera ed attiva, la precipitazione o la cristallizzazione, e, in particolari fasi del lavoro, queste diverse esperienze possono essere applicate alternativamente nel creare una polarità all’interno dell’esperienza interiore, cosa che può aiutarci nel portare a buon fine la nostra opera. Di solito, dunque affrontiamo questi esercizi ponendo alcuni schemi di energia simbolici nel nostro crogiolo interiore, aprendo poi noi stessi alle particolari trasformazioni che possono avvenire a partire da questo esercizio – calcinazione, purificazione, cristallizzazione, dissoluzione etc.. Io spero di scrivere in seguito sulla natura interiore di tutti questi processi alchemici in un numero successivo di questa rivista.
La Storta alchemica, nel suo senso archetipale, è invece un fiasco sigillato. In questo lavoro interiore noi immaginiamo la nostra anima come interamente isolata da ambedue le realtà, sia quella corporea esterna che quella spirituale. Quando noi approcciamo questo esercizio, noi abbiamo tutto quel che ci serve all’interno della sfera della nostra storta interiore, e, per tutta la durata di questo lavoro, ci troviamo in una situazione di completa autoreferenzialità e ci affidiamo per la realizzazione del cambiamento interiore alle sole forze che in quel momento abbiamo in noi. Dobbiamo lavorare per provocare una trasformazione in questi schemi energetici, senza affidarci ad alcuna forza esterna . E’ molto importante, dunque, se vogliamo intraprendere tali esercizi interiori in modo positivo e con qualche speranza di ottenere risultati soddisfacenti, prepararci e porre nella nostra storta interiore tutte le energie ed i simboli necessari per il processo. Di conseguenza, lavorare con questo particolare esercizio richiede un certo grado di preparazione. L’esercizio della storta alchimistica è utile specialmente per lavorare alla sintesi interiore delle polarità. Noi poniamo gli schemi energetici polarizzati legati a, diciamo, uno specifico insieme di simboli, nella nostra fiaschetta interiore ben sigillata, e lasciamo che agiscano indisturbati, interagendo e giungendo ad una nuova sintesi. Il simbolo più comune negli scritti alchemici è l’uomo chiuso in una fiasca con una donna, dalla cui unione viene alla luce un bambino. Di conseguenza diventa chiaro che le forze attivate da questo esercizio sono le nostre componenti maschili e femminili. Ponendo questi schemi di energia simbolica nella nostra storta interiore ed evocando la maniera in cui essi si manifestano e risuonano nel nostro essere, noi possiamo ottenere un contatto con queste componenti psichiche, un incontro positivo. Altre polarità con cui possiamo provare a lavorare sono le nostre capacità logiche e gli aspetti emozionali ed intuitivi, oppure il corpo e lo spirito, o ancora il nostro timore della luce spirituale e la nostra paura della profonda tenebra insita alla materia, oppure possiamo considerare i processi di vita e morte o crescita ed invecchiamento. Dovremo considerare la storta alchemica come un grembo, una matrice in cui il processo di gestazione della nuova nascita avvenga in noi in maniera sicura, per conquistare il suo posto in noi. Se lavoreremo con la nostra storta alchemica per un periodo sufficiente di tempo, noi incominceremo a comprendere l’importanza di questo spazio nella nostra anima, e lo considereremo come una zona creativa di lavoro interiore. I processi alchemici che avvengono in questa storta abitualmente implicano l’incontro delle opposte polarità, come ad esempio Separazione e Congiunzione, o Dissoluzione e Coagulazione. Talvolta possiamo scoprire che la nostra storta interiore si annerisce e nulla sembra avvenire per un lungo periodo di tempo, ma se allora persevereremo, vedremo avvenire i cambiamenti - probabilmente all’inizio si tratterà di semplici barlumi – che dopo un numero sufficiente di ripetizioni delle nostre esperienze, possono dar luogo al sorgere di alcune nuove esperienze interiori. In altre fasi la storta potrà essere piena di movimento ed iridescenti giochi di colore, forme mutevoli, ed in questo caso dovremo aspettare prima di poter trovare finalmente un punto d’appoggio solido, su cui la nostra esperienza interiore possa crescere. Un simbolo o disegno di energia spesso incontrato in questa fase è l’albero o la pianta che fiorisce nello spazio della nostra storta interiore. Un altro simbolo è quello dell’uccello che spicca il volo e ricade dal cielo del nostro mondo interiore. L’ultimo vaso interiore che vorrei prendere in considerazione è l’alambicco. Quando tentiamo di approcciare il nostro mondo interiore mediante l’uso di questa rappresentazione simbolica, dovremmo avere l’impressione di stare estraendo un’essenza da uno dei processi interiori, purificandola e raccogliendola nel nostro essere in modo che diventi una risorsa interiore reale cui potremo attingere a volontà. Questa operazione alchemica corrisponde in qualche modo nel nostro quotidiano esteriore al modo in cui una esperienza di comprensione di qualche aspetto del nostro mondo può interamente trasformare la nostra relazione con esso. Ad esempio la nostra reazione iniziale di fronte ad un nuovo passo della tecnologia, o ad un lavoro non familiare, è una prova carica di incertezze e viziata dalle difficoltà che noi proiettiamo su quella tecnologia o quel lavoro. Se noi riusciamo a capire il funzionamento del nuovo strumento, o riusciamo a capire come si compiono i movimenti di quel determinato lavoro, allora il nostro modo di usare il congegno o di svolgere il lavoro cambia in modo radicale. Un processo simile avviene nella nostra interiorità mediante l’esercizio della distillazione interiore, per quanto si tratti di un piano più sottile. In questo caso prendiamo una determinata qualità positiva del nostro essere, come la nostra creatività, la nostra sensibilità agli altri, o la nostra capacità di formulare pensieri chiari e profondi, e troviamo alcuni simboli che catturino (o almeno avvolgano) l’essenza di questa qualità. Poi poniamo questi simboli nel nostro alambicco interiore e nella nostra meditazione permettiamo a questi simboli di interagire. A un determinato punto del lavoro interiore, dovremmo sentire un’essenza sorgere e separarsi dai simboli specifici e dai sentimenti connessi con la qualità prescelta. Se incoraggiamo questa manifestazione potremo vivere l'esperienza interiore di elevare quest’essenza e di raccoglierla nella parte superiore della nostra anima. E’ allora che diviene tintura. Se scegliamo di lavorare con quest’esercizio sulla nostra creatività, poniamo nel nostro alambicco interiore la nostra idea della sorgente della nostra creatività, rappresentazioni delle nostre passate creazioni o del lavoro che abbiamo in corso, memorie delle correnti emozionali connesse con la nostra esperienza creativa, simboli universali della creatività e così via. In un esercizio di meditazione di questo tipo, che padroneggeremo solo dopo molte sessioni, evochiamo tutto questo materiale nel nostro alambicco interiore e sorvegliamo il processo ed i mutamenti che vi avvengono. Ad esempio, a un certo punto potremo fare esperienza dell’inversione di polarità di vari simboli. Magari all’inizio crediamo che il nostro impulso creativo sia interamente impegnato nella ricerca di una forma ideale e vedremo questa immagine ideale trasformarsi istantaneamente nella sua antitesi, talvolta brutta ed informe, o in un ciclo di metamorfosi che producono schemi disturbanti nel nostro essere. A un certo punto questa fase si concluderà e troveremo qualche simbolo o percezione emozionale emersi dalla meditazione che cattureranno l’essenza della nostra creatività (o di ciò su cui avremo scelto di lavorare). Se nutriamo e sosteniamo questa essenza , allora noi le consentiremo di sorgere e svilupparsi nella nostra anima e la sentiremo permanere come una specie di tintura nel nostro mondo interiore. Se questa tintura viene fissata nel nostro essere, allora potremo richiamare l’esperienza a nostro piacimento. A questo punto scopriremo che una parte delle nostre forze interiori trattengono una eco di tutto il lavoro meditativo intrapreso fino a quel momento e possiamo riconnetterci con questo serbatoio interiore ogni volta che vogliamo. Così, nel caso del lavoro sulla creatività, una volta impadronitici del segreto di questa tintura interiore, se viviamo qualche difficoltà (o un blocco) su delle fasi particolari dei nostri lavori creativi, potremo evocare la tintura interiore di quest’esperienza, che ci aiuterà ad entrare in contatto con le radici della nostra creatività aiutandoci a risolvere le nostre difficoltà. E’ chiaro che, esercizi di questo tipo non sono mai definitivamente esauriti e compiuti, poiché noi stessi cambiamo continuamente in relazione a ciò che ci accade, ma si scoprirà che il lavoro col nostro alambicco interiore è di inestimabile aiuto nel metterci in contatto con le fonti delle nostre qualità positive. In termini alchemici i processi associati con l’alambicco includono quelli di Distillazione, Esaltazione, Fissazione, Proiezione, Moltiplicazione, quintessenza, etc. In conclusione, spero che queste poche indicazioni possano aiutarci a comprendere come la filosofia ed il simbolismo degli antichi alchimisti possano essere con efficacia usati ancora oggi come una vitale forza vivente per la trasformazione interiore della nostra anima. Il "segreto manifesto" dell’alchimia è che noi, come gli alchimisti dell’antichità, dobbiamo sperimentare con il nostro mondo interiore sotto forma di questi vasi alchemici. Allora la nostra vita interiore sarà tinta e trasformata da una nuova ricchezza spirituale.
Adam McLean

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