21 novembre 2009

- Labirinto


Fulcanelli riserva al labirinto una descrizione importante. Tra i motivi usati più di frequente nelle cattedrali, è bene parlare dei labirinti, tracciati sul suolo nel punto di intersezione della navata col transetto. Nel labirinto di Amiens, si notava, al centro, una grande lastra, nella quale era incastonata una sbarra d'oro e un semicerchio dello stesso metallo, che raffigurava l'alzarsi del sole sulla linea dell'orizzonte. Più tardi il sole d'oro fu sostituito da un sole di rame, poi sparì anche quest'ultimo e non fu mai più rimesso a posto. Quanto al labirinto di Chartres, chiamato volgarmente la lega (sta per il luogo, cabala fonetica: lieu = lega, lieu (luogo) si pronunciano in francese allo stesso modo) e disegnato sul pavimento della navata, si compone di tutta una serie di cerchi concentrici che si ripiegano gli uni sugli altri con un'infinita varietà di combinazioni. Un tempo al centro di questa figura, si notava il duello tra Teseo e il Minotauro. Questa è un'altra prova dell'infiltrazione dei soggetti pagani nella iconografia cristiana e di conseguenza è anche prova d'un senso mito-ermetico evidente. Però il problema non è di stabilire un qualsiasi rapporto tra queste immagini e le famose costruzioni dell'antichità: i labirinti di Grecia e d'Egitto. Il labirinto delle cattedrali, o labirinto di Salomone, è -ci dice Marcellin Berthelot, "una figura cabalistica che si trova anche sul frontespizio di alcuni manoscritti alchimici e che fa parte delle tradizioni magiche attribuite a Salomone. E'una serie di cerchi concentrici, interrotti in certi punti, in modo da formare un percorso bizzarro ed inestricabile". L'immagine del labirinto ci si offre dunque come emblema dell'intero lavoro dell'Opera, con le sue due maggiori difficoltà: quella della strada da seguire per raggiungere il centro - nel quale si scatena il duro duello delle due nature - e l'altra quella della strada che l'artista deve seguire per uscirne. A questo punto ha bisogno del filo di Arianna se non vuole vagare tra i meandri dell'opera senza riuscire a scoprire l'uscita.
Non è nostra intenzione scrivere, come fece Bastsdorff, uno speciale trattato per insegnare cos'è il filo di Arianna, che permise a Teseo di compiere la sua impresa. Ma appoggiandoci alla cabala speriamo di fornire agli investigatori sagaci alcune precisazioni sul valore simbolico del famoso mito. Arianna è una forma di airagne (ragno). La nostra anima non è forse il ragno che tesse il nostro corpo? E' la virtù rinchiusa in quel corpo chiamato dai saggi: nostra magnesia, l'Hiram massonico, il divino Ariete, l'architetto del Tempio di Salomone. Arianna è anche assimilabile - per la cabala fonetica - all'Oriente (sole che sorge), alla 'calamita', alla stella, il sole sorgente.
Ricordiamo rapidamente che il più celebre dei labirinti antichi,quello di Cnosso a Creta, che fu scoperto nel 1902 dal dottor Evans, di Oxford, era chiamato Absolum. A questo punto, faremo notare che questa parola è assai vicina a quella di Absolu (Assoluto), nome con il quale gli antichi alchimisti indicavano la pietra filosofale".
Con l'identico processo si ricorre alla mitologia greca. Teseo che lotta nel labirinto di Cnosso è l'alchimista che combatte tra le difficoltà della Grande Opera, difficoltà dalle quali si esce solo possedendo il filo d'Arianna, ossia la necessaria conoscenza segreta che fornisce la chiave del lavoro da svolgere; Dedalo ed Icaro, che nel mito evadono dal labirinto usando ali di cera, rappresentano le materie volatili. Ma il culmine dell'attenzione mostrata dagli alchimisti per i miti greci è raggiunta nell'interpretazione delle vicende di Giasone e del Vello d'oro. Il Vello d'oro, il cui possesso dà l'abbondanza, è la Pietra Filosofale; Giasone che parte sulla nave Argo è l'alchimista che intra - prende la via umida; le fatiche dell'eroe sono altrettante allegorie delle operazioni da compiere per arrivare al perfezionamento dell'Opera.
Santarcangeli evidenzia che la caverna, e con essa il labirinto, rappresentano il grembo materno, in tal modo “la caverna appare anche come l’uscita verso la vita, come ciò che è nascosto e sconosciuto.” Il labirinto e la caverna sono “legati ambedue alla stessa idea di un viaggio sotterraneo”, a cui è sotteso poi un significato iniziatico. Il rito dell’iniziazione è, inoltre, strettamente congiunto all’alchimia che, dai surrealisti, è tenuta in gran conto. Anche il motivo dell’albero, presente in alcune opere di Magritte, come ad esempio La condizione umana (1934) o La vie heureuse (1944), rinvia ermeticamente all’albero della vita che, secondo Santarcangeli , si collocherebbe al centro del labirinto. Il disegno labirintico è ulteriormente connesso con “la raffigurazione dei nodi e degli intrecci.”, una struttura che si può riscontrare in Alfabeto delle rivelazioni (1935), dove nel primo dei due pannelli accostati compare un aggrovigliato intreccio, che si rivela essere quasi una trappola, un enigma. “Il labirinto è gioco anche e soprattutto nel senso che è un indovinello.” L’unico desiderio che la pittura di Magritte manifesta consiste, in effetti, nella capacità di far emergere il mistero, l’enigma. Brion evidenzia “il senso segreto, mistico, e la parentela emblematica dei nodi, degli intrecci e dei labirinti, la loro stretta relazione concettuale.”
Il labirinto sembra il ‘viaggio’dell’iniziazione massonica:i viaggi di Apprendista si compiono lungo il percorso apparente del Sole, fonte di vita e di luce. L’iniziando parte da occidente, entra nelle tenebre del settentrione,raggiunge l’oriente e poi fa ritorno a mezzogiorno. Il simbolismo più autentico dei viaggi iniziatici, osserva Guenon è da ricercarsi nel cambiamento profondo che l’esperienza del viaggio stesso determina nel soggetto che lo compie; non è mai fuga, ma ansia di evoluzione, di elevazione spirituale, di affinamento etico e consente di procedere dal mondo delle tenebre - quello profano - a quello di luce. Ecco perché ogni viaggio iniziatico deve avvenire in primo luogo all’interno di noi stessi alla ricerca di quella conoscenza lapidariamente sintetizzata nell’antico motto "Conosci te stesso" inciso sul frontone del Tempio di Delfi. Questa forma di conoscenza, che tende all’identificazione dell’individuo con le strutture del macrocosmo, in qualsiasi modo la si definisca - ermetismo, filosofia occulta, dottrina esoterica, scienza iniziatica - ha sempre avuto l’unico fondamentale obiettivo di condurre l’uomo verso la sua realizzazione spirituale".Il mito e il suo mistero iniziatico Pasifae, signora di Creta, è colta da una passione incontrollabile nei confronti del toro sacro. Per potersi unire con lui si fa costruire dall’architetto Dedalo un simulacro igneo di una vacca. La regina si introduce all’interno e riesce ad accoppiarsi con l’animale. Dall’unione nasce il terribile Minotauro, metà uomo e metà toro. Il “mostro” si nutre di vergini e per bloccare in qualche modo la sua fame insaziabile viene introdotto con uno stratagemma all’interno del labirinto. Lì lo ucciderà Teseo, l’eroe straniero, che è riuscito a giungere negli inestricabili cunicoli grazie ad Arianna, sorella dello stesso Minotauro. L’uccisore e la principessa, dopo aver eliminato la “bestia” fuggono su una nave. Ma dall'alto dei cieli sono scorti da Artemide, anche lei sorella del Minotauro, che per vendicare il fratello scocca una freccia infallibile e uccide Arianna. Teseo torna solo in patria e appena giunto a terra compie una danza di ringraziamento. Fin qui il mito sembra perfettamente comprensibile. Ma ecco che gli studi filologici di Colli aprono insospettabili complessità. Infatti il nome Minotauro può essere tradotto anche in "Stellante" ed Arianna in "Colei che fa assumere in cielo " .La freccia che la uccide significa "pensiero folgorante". Inoltre la danza che compie Teseo è "quella della gru", ovvero "danza del labirinto", o anche "ballo dell'estasi". In questa nuova chiave il mito significa che grazie ad Arianna il Minotauro è assunto in cielo e la ricompensa per la donna è il pensiero intuitivo. Teseo celebra l'avvenimento con un rito estatico che permette all'uomo - eroe di concepire in se alcuni aspetti del divino. Ma non è finita. Perché come abbiamo già detto Dioniso è rappresentato anche come fanciullo leggiadro ed innocuo. Ed invece anche in questo caso si cela l'ambiguità. Perché secondo Euripide quel bimbetto attira gli uomini all'interno del cerchio delle baccanti e gli cinge il collo con un filo d' oro. Presi dal ballo rituale gli incauti non si avvedono che finiscono con lo strozzarsi con il loro stesso movimento. Sotto sembiante innocente il dio rivela atrocità impensabili. Come il rovescio della medaglia delle storie del Minotauro. C'è anche dell'altro. Dioniso è descritto dai sapienti come “colui che si guarda allo specchio”, ma l'immagine riflessa non è quella del dio, bensì del mondo degli uomini. Questo vuol dire che il creato è «apparenza, ombra, dell'eterno'. Per concludere, ecco l'ultimo momento del puzzle sapienziale. Il labirinto può essere tradotto anche come "enigma", "nodo da sciogliere", "problema". Quindi l'uomo che riesce a risolvere l'enigma scopre che il mondo è apparenza e che l'unica realtà è la sostanzialità di dio. Ma per arrivare a questo deve abbandonarsi all'estasi che può essere raggiunta mediante la danza bacchica. Gli antichi padri della conoscenza hanno dunque gettato attraverso i millenni i loro enigmi affinché generazioni successive di uomini si cimentassero con la propria intelligenza e tentassero di capire i "reconditi segni". Qui abbiamo riportato spiegazioni che sono costate vite intere di ricerche e forse è proprio questa la spiegazione. Forse. Perché Platone ha anche tramandato nella VII lettera che «nessun sapiente affiderebbe alla scrittura nulla di veramente importante». Ultimo inquietante interrogativo che deve servirci ad ulteriori riflessioni. Anche perché Platone per esprimere questo concetto contro la scrittura adopera proprio la scrittura!

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