1 novembre 2011

- Bruno, il movimento rosacrociano e la Massoneria.



Una fredda mattina di febbraio, il 17 febbraio 1600, questa altissima mente venne spenta per sempre e consegnata alla storia. ”Questo rogo arderà in eterno”, venne detto proprio da chi aveva emesso quella sentenza e che aveva più paura di colui al quale quella sentenza era diretta. Ma certe tracce non si persero ed a Parigi, Tolosa, Ginevra, Londra, Francoforte, Wittesburg, Praga, Venezia, Padova, Roma, tutti luoghi e Università dove Bruno era stato accolto, aveva stretto amicizie e lasciato discepoli, non rimasero sordi alle sue parole. Rimase un certo collegamento in certi circoli o cenacoli. Era pericoloso parlar di Bruno e leggere i suoi libri scampati ai roghi cui vennero condannati con la stessa sentenza del 17 febbraio 600. Il XVII° secolo s’era aperto con un rogo tanto “eclatante”, nella “santità” dell’anno santo, che sottolineava la pericolosità della reazione papista nel reprimere idee progressiste in ambito filosofico e scientifico. Ma non si possono ingabbiare le idee, che circolano oltre le frontiere e i regimi, con la leggerezza dell’aria che li sospinge. Gli emblemi bruniani divennero simboli di realtà interiori che pochi possono interiorizzare. Emblemi e simboli che sottintendono stati dell’animo e solo coloro che sono ,“iniziati”, a tali letture sanno percepire e leggere come scrittura interiore, in teatri della memoria.
Numerosi i particolari da citare, per tutti i primi tre lustri del ’600 le idee della “nova Filosofia” circolarono più o meno velatamente. Poi accadde che nel 1614 in tutta Europa apparve uno scritto in cinque lingue, e si diffuse nei luoghi e tra i “dotti” che furono ferventi estimatori ed acclamatori delle lezioni bruniane: la nuova realtà si manifestava agli occhi dell’Umanità alla luce delle nuove scoperte dando un rinnovato slancio verso la comprensione razionale dell’uomo e della natura.
La “Fama Fraternitatis o Rivelazione della Confraternita del Nobilissimo Ordine della Rosa-Croce, dedicata a tutti gli uomini dotti e ai sovrani d’Europa”, stampata a Kassel da Willhelm Wessel nel 1614 , s’apre con un preambolo di puro stampo ermetico e neoplatonico, richiamando quell’appello tanto caro a Bruno per una riforma generale come espressa nello “Spaccio della bestia trionfante” una prosecuzione, una maturazione, ora si, adatta ai tempi. Questo l'inizio della “Fama”: “Poiché l’unico dio saggio e misericordioso ha riversato sull’umanità la sua misericordia e bontà con tanta dovizia, da permetterci di conseguire una conoscenza sempre maggiore e perfetta di suo figlio Gesù Cristo e della Natura, possiamo vantarci a buon diritto di vivere in un tempo felice in cui s’è rivelata quella metà del mondo fino ad ora a noi sconosciuta e celata. Ci ha fatto conoscere molte meravigliose opere e creature della natura mai viste prima, ma ha anche fatto sorgere uomini di grande sapienza, che potrebbero in parte rinnovare e condurre a perfezione tutte le arti, ora contaminate e imperfette, cosicché l’uomo possa finalmente comprendere la sua nobiltà e il suo valore e perché sia chiamato microcosmus e quanto la sua conoscenza si estenda nella natura. Il manifesto è preceduto da un preambolo “La Generale riforma dell’Universo dei sette savi della Grecia e da altri letterati, pubblicata per ordine di Apollo.
Benché la voce di Bruno appaia presto soffocata in Italia, una eco rimase nei “Ragguagli del Parnaso” di Traiano Boccalini con la loro ironica discussione di questioni contemporanee nel quadro di un convegno tenuto sul Parnaso sotto la presidenza di Apollo. Quest’opera ricorda lo Spaccio bruniano sia per l’uso lucianesco che fa della mitologia per presentare un atteggiamento politico simile, che per annunciare una nuova era di conoscenza tra gli uomini. Il Boccalini era un liberale veneziano animato da sentimento antispagnolo e quindi fortemente critico verso il papato imperiale e l’eroe della sua opera è Enrico IV il Navarra. E proprio sull’amicizia e la lungimiranza del Navarra, Bruno fondava le sue speranze di riforma;da notare anche di come venne accolto favorevolmente dai luterani di Wittemberg tanto che nel suo esaltante discorso all’università, profetizzò la scoperta della verità tra di loro. Inoltre nella sua delazione contro Bruno fatta all’Inquisizione, il Mocenigo riferisce che: “questi aveva detto di avere avuto l’intenzione di “farsi autor di una nuova setta sotto nome di nova filosofia. E molte volte dicea che in Germania li anni passati erano tenute in prezzo l’opere di Lutero, ma che adesso non erano più stimate, perché doppo che hanno guastato l’opere sue non vanno cercando altro; e che havea cominciata una nuova setta in Germania, e voleva tornare a formarla et istituirla meglio, e che volea si chiamassero giordanisti” .
Altri informatori fecero a stessa insinuazione, aggiungendo che se fosse liberato di prigione li sarebbe tornato perchè la sua riforma attirava particolarmente i luterani tedeschi. L’aria luterana del movimento dei Rosacroce sottolinea l’ipotesi di uno stretto legame con i contenuti della riforma predicata da Bruno e annunciata nello Spaccio, una visione totalmente laica dell’uomo affrancato da ogni dogma fideistico, liberato dalle catene dell’ignoranza e finalmente in grado di forgiarsi da se. Nella cabala e l’alchimia dei Rosacroce, si afferma che le divisioni della cristianità tra romani, luterani e calvinisti sono irreali e non vanno tenute in alcun conto dal momento che tutti sono in fondo la stessa cosa e tendono allo stesso fine.
Nel movimento dei rosacroce abbiamo una sopravvivenza, una continuazione di quelle tendenze irenistiche e liberali che erano state caratteristiche dell’ermetismo religioso del XVI° secolo e che Bruno aveva tradotto in pratica durante le sue peregrinazioni da un paese all’altro predicando contro la “pedanteria” ovunque vi si imbattesse. Stessa caratteristica si può dare al movimento rosacrociano, tanto che si può affermare in generale una continuazione, da parte dei Rosacroce, del motivo di riforma in un contesto ermetico che era stato caratteristico di Bruno.
I Rosacroce rappresentano in qualche modo la tradizione ermetico e cabalistica del rinascimento, facendola rivivere in stretta associazione con idee religiose; la loro magia e la loro cabala erano più un ritorno alle origini rinascimentali che espressione dei più recenti sviluppi di quella tradizione, così come si vennero configurando in Bruno e Campanella. Era certamente giunta a loro la voce del movimento di riforma predicata da questi due missionari, che avevano effettivamente propagandato la loro missione in Germania. Si può quindi supporre che le aspirazioni ad una riforma universale in un contesto ermetico nutrite dai Rosacroce debbano qualcosa sia a Bruno che a Campanella
Esiste oppure no un rapporto fra i Rosacroce e le origini della Massoneria?
Della Massoneria come istituzione si sente parlare per la prima volta nell’Inghilterra nel XVII° secolo, quando Elias Ashmole afferma di essersi fatto massone in una loggia di Warrigton nel 1646. Dall’ ammissione di massoni “accettati” deriva verosimilmente l’ingresso nel simbolismo muratorio di tematiche non direttamente legate al mestiere, ma appartenenti alla cultura ermetico-alchemica e cabalistica dell’Europa occidentale tra il XV e il XVII secolo. Viene indicato frequentemente, come esempio di siffatta osmosi, il caso di Elias Ashmole, famoso erudito ed ermetista inglese, nato nel 1617 e curatore di raccolte di scritti alchemici. Si sostiene che Ashmole appartenesse alla mitica fratellanza dei Rosa Croce, come il teologo protestante Johann Valentin Andreae. La letteratura d’ispirazione rosacrociana richiamò l’interesse di quasi tutti gli intellettuali dell’epoca, compresi Cartesio e Leibnitz, provocando polemiche da un capo all’altro d’Europa. In Inghilterra le idee ermetiche e utopistiche dei Rosa Croce influenzarono probabilmente la concezione della New Atlantis di Francis Bacon e trovarono in Robert Fludd un accanito sostenitore. Ne fu affascinato lo stesso Ashmole e Isaac Newton studiò le opere del celebre scrittore rosicruciano tedesco, Michael Maier. Certamente esistevano in Inghilterra tradizioni ed origini anteriori alle quali si rifacevano Ashmole e il suo gruppo, ma al momento se ne sa ancora poco. Può essere significativo che Bruno predicasse non solo ai luterani tedeschi, ma anche ai cortigiani dell’Inghilterra elisabettiana? La missione di Bruno in Inghilterra, con il suo richiamo a idee sociali e mistiche anteriori alla riforma, con la sua deprecazione della rovina delle grandi abbazie e dei grandi monasteri, ha molto in comune con quegli antichi massoni. In Inghilterra, Bruno applicò il suo ermetismo alla devozione per la monarchia, al culto cavalleresco tributato ad Elisabetta I° dai suoi cavalieri. Gli interessi del primo massone a noi noto, Ashmole, non contrasterebbero con l’idea che egli fosse influenzato da motivi che risalivano ai circoli di corte del tempo di Elisabetta. Ashmole era un fervente realista con un forte interesse per la storia della cavalleria. Che l’influenza di Bruno perdurasse in circoli di corte è indicato pure dal Coelum Britannicum, rappresentato a corte solo dodici anni prima dall’ingresso in massoneria di Ashmole E’ molto plausibile che l’importazione delle idee dei Rosacroce in Inghilterra, da cui vennero influenzati Fludd e Ashmole possa essersi incrociata con una precedente corrente cortigiana influenzata da Bruno, dando così vita alla massoneria. In ogni caso la nuova comprensione della natura, l’influenza di Bruno nella cultura in Inghilterra e in Germania ne fa una figura chiave per lo studio di quegli impulsi attraverso i quali l’ermetismo rinascimentale confluì nei canali sotterranei delle società esoteriche del XVII secolo. Si dice che il Flauto Magico di Mozart esprima alcune sue credenze massoniche. Se è così, potremmo avere in quest’opera una traduzione in immagini poetiche e musicali del tema della buona religione degli Egiziani, dei misteri di Iside e Osiride a cui vengono iniziati i buoni, dell’atmosfera magica attraverso la quale l’anima dell’uomo procede verso una salvezza ermeticoegiziana. Naturalmente era la massoneria continentale quella cui era in contatto Mozart. Ma tutta la massoneria continentale derivava in ultima analisi dall’Inghilterra; ed era stato nell’Inghilterra elisabettiana che Giordano Bruno aveva così appassionatamente predicato la rinascita della religione egiziana. Il nome di Zarastro, il grande sacerdote, rifletterebbe l’immagine di Ermete Trismegisto che compare nelle genealogie di sapienti del Rinascimento. Bruno prende come base l’ermetismo magico egiziano, predica una specie di controriforma e profetizza un ritorno alla tradizione egiziana grazie al quale le difficoltà religiose si comporranno in una soluzione nuova. Propugna una riforma morale, accentuando l’importanza di buone opere sociali, di una etica rispondente a criteri di utilità sociale. Dove mai si ritrova una simile sintesi di tolleranza religiosa, di solidarietà psicologica col passato, il ricorso alla tradizione,di esaltazione delle buone opere, di adesione entusiastica alla religione e al simbolismo degli egiziani? L’unica risposta a questa domanda è: nella massoneria, con il suo mitico collegamento con i muratori medioevali come tramandatori di una sapienza antica, comprensibile solo a pochi ed esprimibile solo attraverso simboli che non sono altro che geroglifici, scritti sulla pietra per avere durata eterna ed incorruttibile dal tempo, con la sua tolleranza, la sua filantropia e il suo simbolismo egiziano.. La massoneria come istituzione ben caratterizzata, non appare in Inghilterra che agli inizi del XVII° secolo, ma sicuramente essa ebbe precedenti e tradizioni che risalgono molto indietro nel tempo. A questo punto non possiamo fare a meno di domandarci se non sia stato proprio fra gli inglesi spiritualmente insoddisfatti, i quali forse trovarono nel messaggio “egiziano” di Bruno qualche motivo di sollievo, che i temi del Flauto magico risuonarono per la prima volta nell’aria.
Roberto Momi

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