26 agosto 2011

- RITUALITÀ, FRA MICRO E MACROCOSMO



Nel terzo secolo dopo Cristo il filosofo neoplatonico Giambilco scrive un libro che è un inno e una estrema difesa del politeismo e lo intitola in onore di Ermete Trismegisto ”I misteri d’Egitto”. Lo scrive per ribadire la validità della Teurgia, La Magia divina; cioè la capacità dell’uomo di mettersi in contatto con gli Dei, perchè “ogni virtù risale dagli Dei e da essi proviene, dai segni divinatori, dagli oracoli, alla lettura dei segni astrali, fino alla inestricabile capacità di suscitare l’intervento del cielo”. Questo testo scompare per oltre 1000 anni cancellato dal trionfo del Cristianesimo. Verrà scoperto da Marsilio Ficino e tradotto nella Firenze di Lorenzo il Magnifico e da quel momento, questo piccolo libro pieno di intuizioni rappresenterà uno dei cardini principali del pensiero magico dell’Occidente, da Giordano Bruno ai giorni nostri. Personalmente sono sempre stato affascinato da quei periodi che chiamo di transizione che nella storia dell’uomo a volte ricorrono. Per intenderci cito la saga di Re Artù di Parceval, di Merlino e Morgana. Si tratta di un momento storico-religioso in cui entità pagane partecipano come vestigia di archetipi nella trasposizione mistica-storica quasi perpetuando la loro memoria, mentre si sta imponendo un nuovo credo religioso destinato con le proprie parole e i propri simboli a cancellare la tradizione precedente, prima assimilandola poi perseguitandola. Ricordo con grande piacere un film (“Excalibur”) in cui in una scena Merlino dice rivolto a Morgana di non importunarlo più nel desiderio di apprendere la “magia del fare” perchè oramai gli uomini non avevano più bisogno di loro e Io diceva osservando un processione religiosa cattolica. Questo ricordo mi e’ sorto leggendo il libro di Giamblico poichè questo testo è scritto in un momento storico in cui ad un Ordine filosofico- religioso se ne stava sovrapponendo uno nuovo che aveva in se l’intento di sostituire tutto quanto era preesistente ad esso, assimilandolo in parte (vedi le immagini ancora venerate delle vergini nere che rappresentavano in molti casi Iside) per poi cancellare anche con i roghi ciò che considerava eretico. Ciò avveniva in tutta Europa, ma l’antico ordine che vantava padri nobili come la mistica greca, caldea, egizia, giudaica, essena, Pitagora e Platone, e tutta la mistica Celtica e del Nord, ormai faceva parte della tradizione nel senso letterale del termine. La tradizione intesa come memoria superstorica e super-razziale che tramanda riti e credenze, che affondano le loro radici nei primordi dell’uomo e che restano come retaggi mnemonici nel profondo dell’essere umano, la tradizione percorre la vita degli Uomini che hanno sensibilità per sentirla, e non cerca di essere vittoriosa, perchè lo è comunque, perché è giunta fino a noi. A volte qualche personaggio storico la cita e casualmente le si avvicina e le consente di riemergere con tutto il suo significato arcano che ricorda l’età dell’oro dell’umanità, ma indipendentemente da ciò, essa continua a scorrere a volte maschera o occultata. Nel caso della saga del Graal, di Luthor, di Morgana, di Merlino, la tradizione nordico-celtica velata di allegorie è giunta fino a noi. Ma anche la mitologia greca, quella egizia, essena, caldea, e la piu’ importante di tutte come la Caballà, che era tramandata per tradizione orale, fino al 1200 sono state trasmesse fino a noi come una catena ininterrotta di pensiero e. ritualità tradizionale, che per sincretismo ed analogie formano un fiume sotterraneo ma potente. Gli antichi scomponevano la forza divina in virtù distinte e ad ogni virtù attribuivano un nome diverso. Ma poichè l’uomo è Io stesso ovunque, e presenta le stesse paure e capacità di astrazione e percezione mistico-gnostica, i Pantheon erano simili nelle varie culture e non solo occidentali. Le menti più intuitive avevano percepito le stesse cose e per avvicinarsi ad esse usavano ritualità molto simili. Comprendevano così le forze superiori in virtù distinte, separate, e nella invocazione si rivolgevano ad ognuna di loro separatamente. Nel tentativo di evocare un intervento divino nel mondo sensibile. Da ciò derivano le invocazioni ancora oggi recitate nelle messe, ove si domanda la pioggia nei campi, i riti di guarigione, o si esalta la forza mistica del pellegrinaggio, della preghiera collettiva, si usano incensi candele, e canti, gestualità dell’officiante, modulazioni della voce, si usano colori diversi a seconda dei periodi dell’anno, invocazioni collettive ecc.ecc. Ciò non è altro che Teurgia, cioè una serie di atti volti ad invocare 1’intervento della Divinità sul mondo sensibile, scalando le segrete scale del mondo insensibile. Partendo dal Microcosmo per giungere al Macrocosmo e da li discendere. Ho parlato di mondo sensibile, Microcosmo, parte dell’atto creativo, specchio e riproduzione a volte imperfetta del Macrocosmo del quale è dipendenza e continuità. “E’ certo che le cose inferiori sono sottoposte alle superiori e che in un certo modo, come afferma Proclo, le une si ritrovano nelle altre, così che le cose terrestri si riscontrano nel cielo, ma in modo celeste, e quelle celesti si trovano in terra ma in modo terrestre” (Cornelio Agrippa.). “Ciò che è in alto è come ciò che è in basso, e ciò che è in basso è come ciò che e’ in alto”, recita la Tavola Smeraldina “Le cose solide sono le cose aeree cristallizzate, le cose volatili sono le cose solide volatilizzate!”, ed in questa continuità sta il segreto della trasmutazione degli Alchimisti. Esiste dunque un continuum fra ciò che è in “alto”, inteso come universo in cui le divine virtù sono ancora creative ed esistono allo stato potenziale, e ciò che è in “basso”, espressione a volte imperfetta in cui la potenza ha espresso la forma. La teurgia è uno studio presente nella tradizione occidentale, che nelle modalità di svolgimento rituale e per strette analogie accomuna gli uomini nella invocazione del Divino, nel tentativo di comunicare e influenzare il mondo sensibile facendo vibrare le corde del mondo insensibile. Esisteva un tempo, presso le R:. L:. europee, l’usanza di dedicare una tornata di loggia alle ”Impressioni Massoniche” che altro non era che una serata dedicata agli Apprendisti che liberamente esprimevano le loro sensazioni relative ai lavori muratori, ottenendo il permesso di “rompere” il silenzio rituale e rivolgersi ai FR:. dei gradi superiori che bonariamente li ascoltavano. lo, da Apprendista, ho cercato fra me e me di esprimere continuamente le mie impressioni, e se all’inizio del mio percorso avessi potuto esprimere ciò che non capivo, avrei certamente chiesto diverse spiegazioni sulla ritualità massonica. Ad esempio la prima cosa che il Fratello Esperto mi disse fu: “nel Tempio si cammina sempre in quel senso, devi squadrare”, cosa che mi risultò non chiara al momento, ma che ora mi fa comprendere il silenzio Pitagorico e L’ imperativo ”Ipse dixit” Solo ora, dopo tempo, studio, e con la più prolungata frequentazione dei nostri lavori, inizio a “sentire” più che a comprendere quanto sia importante la Ritualita’ gestuale e verbale. lpse dixit, senza spiegare, frasi e gesti lanciati nell’universo dello spirito, che ad esso parlano più di tante parole. In realtà la progressione della mia consapevolezza in senso iniziatico non e’paragonabile a nessuna acquisizione fino ad ora provata, come ad esempio la mia conoscenza, di medico, in campo scientifico. In sintesi la mia progressione di conoscenza in campo scientifico altro non è che una costante correzione degli errori precedenti. Invece durante il cammino iniziatico a volte si procede lentamente (ancora oggi entrare in loggia ritualmente a lavori iniziati mi crea qualche piccolo pensiero...), ma a volte una frase, un atto, un rumore (indimenticabile, per emozione sentita fino alle mie radici, il momento in cui nel più assoluto silenzio ho sentito il tintinnio dei grembiuli agitati nell’atto dl invertirli nella tornata di rievocazione dei Fratelli passati all’Oriente eterno), sono riusciti a parlare alla mia anima ed a fare cadere un velo, consentendomi di vedere ciò che forse già era presente, ma non riuscivo a percepire: un grande senso di fratellanza e vero amore fraterno per i miei Fratelli. In questo processo di scoperta di me stesso, come Uomo Libero, l’atto rituale lentamente è diventato di estrema importanza e ciò ha attratto la mia attenzione su tale realtà. La mia attenzione è rivolta non alla spiegazione ontologica della frase o del gesto, che rimane comunque una conoscenza importante, ma è rivolta piuttosto alla sensazione creata da quel momento di comunanza, in cui un gruppo di liberi muratori che cerca con la propria opera di lavorare per la propria crescita individuale e collettiva, determinando nello spazio illimitato della loggia un qualche cosa di magico in grado di allargare gli orizzonti della coscienza individuale e collettiva, che interagisce con il mezzo della ritualità dal Micro al Macrocosmo. Ciò avviene nel Tempio. Un luogo Magico ove tutta una serie di simbolismi esprime l’idea della creazione intesa come derivazione dal caos originario poi passante per i quattro elementi e giù via fino alla forma compiuta; un luogo ove non esistono confini, ma che si estende dal centro della terra allo zenith, un luogo in cui è sintetizzata e pienamente rappresentata l’opera del Grande Architetto, che è ordine e creazione dal caos, ma che con i propri simboli muratori richiama anche ad una vita iniziatica che porta ordine nel caos dell’animo umano. Insegnamenti esoterici ed exoterici insieme che fanno di questo luogo un posto in cui tanto parla alla mente in modo razionale e discorsivo, ma in cui tutto parla allo Spirito esaltandone la sensibilità e consentendo ad esso di cercare la Vera Luce. Fin dall’antichità il Culto dei Grandi Misteri, gli Inni Orfici, la mistica Caldea, fino agli inni di David, avevano sviluppato una Ritualità rigida e precisa, che altro non era che un modo per avvicinare di più lo spirito alla percezione ed al contatto con il Divino. lo sono convinto che esista in ognuno di noi, celato ma presente nel nostro Spirito, una fonte tradizionale ove il passato rimane velato ma presente nella sua forza come memoria, pronto a scorrere ancora come un torrente impetuoso appena si trovano le condizioni per poterlo scorgere. Una fonte tradizionale può ricevere affluenti in grado di nutrirla e di arricchirla a patto di non risultare poi inquinata.. Anzi una tradizione chiusa in se stessa che non può accrescersi; è per definizione una tradizione morta. E d’altra parte prima della fonte di un fiume esiste qualche cosa, e quindi una istituzione che si crea attingendo anche ritualmente dalla tradizione è già presente nei fatti, prima della propria costituzione. Quindi in questa tavola ho tentato di intuire il significato del luogo e dei simboli presenti in loggia e della ritualità che qui viene svolta. Ciò che conosciamo degli antichi riti teurgici per analogia e sincretismo evidenziano come gli uomini dotti (i maghi, e per il G. Bruno i conoscitori della magia naturale) operassero le loro azioni con similitudine, indipendentemente dai continenti e dalle distanze. Anche il luogo in cui ciò avveniva rivestiva una importanza magica. Ad esempio la disposizione rispetto ai punti cardinali delle cattedrali medioevali con l’altare rivolto ad est; e lo stesso tempio di Re Salomone che tanta importanza riveste nella nostra istituzione, aveva, secondo leggenda, proporzioni dettate direttamente dalla Divinità; esempio in cui l’essere superiore si rivolge agli uomini mediante numeri e proporzioni. Tale dato fa pensare che i numeri e le proporzioni siano precedenti all’atto creativo e lo guidino. Quindi il luogo fisico in cui si svolge la Ritualità ha forma e proporzioni tradizionali che esprimono radici antiche e valenze arcane. L’uomo purtroppo e’ vanaglorioso e pensa che il lavoro della propria mente sia più apprezzabile di ogni cosa e che quindi tutto il corteo simbolico e rituale appartenga ad un passato che caratterizza la storia di una Istituzione e che altro non sia che un richiamo tradizionale che precede e segue il vero lavoro rappresentato dalla parola. Ma se la parola parla alle menti e solo in qualche caso riesce a sfiorare lo spirito, il luogo ove siamo con tutta la sua simbologia evidente e la ritualità che vi svolgiamo parla silenziosamente alla nostra essenza, facendola prima maturare e permettendole poi di esprimersi. La mente umana però cede mal volentieri il comando del nostro sentire e dei nostri desideri,, e lotta circondando ciò che è nel profondo di noi con una spessa corazza di incrostazioni di grande resistenza. Cari Fratelli, nessuna mente può col solo raziocinio formare una equazione che rappresenti la Vera Luce. Solo ciò che è più profondo in noi, lo Spirito, può elevarsi e percepire il bagliore immenso e tranquillizzante della Luce per poi ridiscendere più luminoso perchè per un attimo non e’ stato offuscato dalle tenebre della ragione e della materia. Da quell’istante anche la materia non ha più lo stesso valore.
Il simbolo, la Ritualità, parlano ai nostri spiriti e ciò avviene nel Tempio luogo ove si esprime il massimo delle relazioni esistenti fra Micro e Macrocosmo. Non descrivo la Loggia vi prego di guardare intorno a Voi. “Ciò che è in alto è come ciò che è in basso”, recita la tavola Smeraldina, il più completo ed enigmatico documento esoterico giunto fino a noi. Il Macrocosmo è come il Microcosmo e il Microcosmo è come il Macrocosmo. “L’immobile circonda tutto, e da esso dipende ogni cosa. La virtù divina permea ogni cosa del creato e discende dall’alto permeando ogni cosa vivente e non. La luce e’ un continuum e’ ovunque e medesima e non si può circoscrivere; essa unisce gli estremi ai principi; è seguendo essa che l’insieme del cielo e della terra compie la sua rivoluzione circolare mettendosi centro, ricongiunge la fine all’inizio, come la terra con il cielo, e realizza una unica continuità ed armonia di tutto con tutto”. (Giamblico). Occorre ricercare quella scintilla divina che è in noi e che pervade ogni angolo dell’ universo. Dio contiene immoto il tutto e mai, mai conterremo immoti una sua scintilla della creazione. Oltre l’immoto tutto il movimento ruota intorno ad una scintilla divina come intorno al sole. Dobbiamo cercare quella scintilla che è in noi. Dobbiamo cercare l’estasi con il Trascendente, il non-nato. Le Sue rappresentazioni, la sua forza. Così il Micro e Macrocosmo sono simili. (Plotino). “Le cose di quaggiù sono senza soluzione di continuità come quelle di lassù, e le divine forme intellettuali, presenti nei corpi stellari, degli dei, esistevano prima di essi. Ora anche nella attività intellettuale il loro legame comune è indivisibile come lo è la loro partecipazione alle forme perchè nulla le supera e nulla si intromette fra loro; ma nell’essenza innaturale e incorporea stessa, non essendo né schiavo della distanza secondo luoghi e soggetti né circoscritto da delimitazioni individuali, sempre è simile a se medesimo e confluisce immediatamente nella identità; è il processo di distacco dall’Uno, il ritorno di tutti gli esseri all’Uno, la totale signoria dell’Uno, deduciamo l’insieme degli dei del mondo e di quelli che persistono nell’intelletto” ( Giamblico). “Può la luce applicare le leggi dello spirito alla natura e le leggi della natura allo spirito, unione cosmica che fa dell’uomo Io specchio del cosmo e viceversa” (Giamblico). “La celeste virtù è comune ad ogni materia elementare” (Raimondo Lullo) “Ogni cosa e’ formata da quattro elementi che derivano da uno. I quattro elementi puri e patenti allo stato archetipo dei cieli e poi via via presenti man mano che si scende, meno puri ma sempre loro nel mondo naturale che da essi è formato. Quattro elementi, la base delle cose materiali e cioè il fuoco, la terra, l’aria, l’acqua, che compongono tutte le cose terrene non per fusione ma per trasmutazione e accoppiamento e in cui tutte le cose si risolvono quando si corrompono” ( Cornelio Agrippa). “E’ dall’archetipo della creazione che i quattro elementi sono nel ventre delle cose: sono la base, il principio delle cose sensibili, e come tali hanno influenzato anche le cose insensibili. Dallo stato forza puramente scendono alla terra e si pongono a formare le cose. Esiste un luogo non solo ideale ove in qualche modo, nello stato via via più puro esistono. Gli elementi sono quindi nell’archetipo delle idee di tutto ciò che si produce, nelle intelligenze le potenze, nei cieli le virtù, nella terra le forme più crasse”(Cornelio Agrippa). “Separerai il sottile dallo spesso più volte con molta cura”, recita la Tavola di Smeraldo, come ad identificare un condizione in cui con continuità si può salire dal Micro al Macrocosmo. “Aria, acqua, fuoco, terra, dalla creazione scendono involvendosi e trasmutandosi fino al mondo apparente... Dalle idee archetipo in cui sono puri e potenti, scendono fino alla visione sensibile e costituiscono ogni cosa. Una linea ininterrotta che scende a noi dalla creazione fino alla visibilità”. In questo Microcosmo e Macrocosmo sono uguali.. “Ogni parte del corpo dovrebbe ruotare intorno ad un nucleo divino come i pianeti rispetto al sole sentendolo vivo ed irradiante..” (Plotino).
“E’ opinione comune fra i Platonici, che come nel mondo archetipo tutto si trovi in tutte le cose, lo stesso avvenga nel mondo corporale, con la sola differenza che si trova in modo diverso, a seconda cioè della differente natura dei soggetti che ricevono le influenze o le impressioni. Cosi gli elementi sono non solo in tutte le cose terrene, ma anche nei cieli, nei demoni, negli angeli e in Dio stesso, che è il creatore ed animatore di tutte le cose.. Ma se gli elementi si incontrano in questo mondo inferiore sotto forma grossolana e materializzata, nei cieli sono invece in forme pure e in tutta la loro potenza“ ( Cornelio Agrippa). “Dio mostra il suo volto attraverso la perfezione della natura” ( Giordano Bruno). Questa affermazione quasi panteista richiama la tradizione più antica sulla esistenza di una filosofia naturale, in cui la Ritualità ha una parte attiva. Per inciso pensando alla Genesi di S. Giovanni, alla profezia di Ezechiele, alla leggenda babilonese della creazione relativa alla Dea lsthar, alla Caballa, tutte concordi nella esistenza di un caos iniziale a cui poi il Non-Nato pose fine, stabilendo ordine, il Creatore non poteva essere definito meglio se non col nome di Grande Architetto dell’ Universo. Il tempio racchiude in se tutti i simboli della creazione e ricorda a noi tutti i quattro elementi e la partecipazione al tutto del sole, della luna e delle stelle. E’ anche il luogo ove la nostra simbologia muratoria parla del lavoro di sgrezzamento della pietra grezza da svolgere visitando interriora terrae invenis occultum lapidem. Quindi una esortazione ad un lavoro di ricerca interiore volto alla scoperta del nostro spirito che deve elevarsi alla ricerca della Luce del Grande Architetto, e quindi esorta ad un lavoro exoterico di fratellanza e tolleranza, ma anche ad un lavoro esoterico nella ricerca del contatto con la Luce. Simboli quindi che parlano alla mente e inducono al ben comportarsi come uomini liberi fra uomini profani, ma anche simboli che portano alla trascendenza e al contatto ricercato con I’Entità Superiore, ciò che fa della Massoneria una Istituzione Sacra. Il tempio quindi lo penso fisicamente sospeso fra il Micro ed il Macrocosmo, in uno spazio in cui uno trapassa nell’altro e vi si riflette vicendevolmente senza soluzione di continuità. E’ uno spazio senza confini quasi a volerci rappresentare che, per lo spirito di chi cerca la verità, non esiste luogo e nessun luogo può contenerlo, ma soltanto dal tempio può espandere i propri orizzonti. Vi confesso che a volte durante i nostri lavori ho allargato l’orizzonte della mia consapevolezza, e ciò mi ha aiutato nella mia vita profana, ma e’ mia convinzione che soltanto nel Tempio ciò poteva accadere. Un tesoro piccolo o grande che sia, che ho trovato qui dentro con voi, cari Fratelli, perchè quando si chiude l’Atanor succede veramente qualche cosa. A riguardo della ritualità gestuale vorrei dire che a mio parere riveste una importanza fondamentale. Le luci, le candele, il Libro, i gesti, la preparazione, l’uso dei gioielli mobili, l’incenso, la musica, le frasi, ecc ecc., rappresentano una ritualità tradizionale che parla allo spirito e lo aiuta al di là della comprensione razionale. Crea un gruppo di Liberi muratori che cercano in quel momento la Luce, che riflettono ma che contemporaneamente ricevono ovunque posino il proprio sguardo messaggi simbolici volti al proprio spirito. In quel momento, a mio parere, la nostra energia spirituale si alza verso il Macrocosmo e ivi non si perde, perchè nulla nel creato va disperso. Non e’ un caso che in Occidente le due Istituzioni che più rigidamente conservano la ritualità tradizionale siano la Massoneria e la Chiesa di Roma. Una ritualità quindi che costituisce un ponte ed un trampolino verso il macrocosmo, verso l’inizio di tutto, verso il luogo ove è La Luce. Una ritualità di tipo tradizionale che cerca in noi quella scintilla divina che è in ogni parte del creato e che vuole mediante la trascendenza tentare di ricongiungerla con la fonte originale, che e’ il Grande Architetto. E’ un viaggio del solo verso il Solo, che il Tempio, la Ritulità ed i Fratelli rendono possibile.
G:. B:.

Nessun commento: