24 giugno 2012

- Parliamo del labirinto



Quando sentiamo o leggiamo la parola "labirinto" automaticamente siamo portati a pensare a qualcosa (edificio o altro elemento grafico/architettonico similare) dalla topografia estremamente complessa. Ad una struttura dalla quale è molto difficile uscire: ma su questo tornerò più tardi.
COSÈ UN LABIRINTO?
Nei nostri studi siamo stati abituati a collegare la parola alla denominazione che i greci attribuirono ai complessi di edifici che caratterizzarono l'epoca palazziale della civiltà minoica. Come vedremo tra poco essi la attribuirono al mitico architetto Dedalo: era nato così il mito del Minotauro. Inutile dire che qualcuno ha ritenuto il "Minotauro" una figura reale e, assimilandola ai centauri, alle sirene ed agli altri esseri antropozoomorfi in genere, ha voluto farli nascere da dubbi esperimenti di ingegneria genetica addirittura pre-diluviana. Ritengo che sia impossibile pronunciarsi su ipotesi del genere al di fuori di una letteratura di tipo fantascientifico . Indubbiamente c'è da dire che qualcosa dovette aver eccitato la fantasia di diversi popoli e non solo nella preistoria: anche Dante, ma a fini simbolici, ha parlato del Minotauro collocandolo come guardiano del girone dei violenti (Inferno XII) dove viene descritto come una bestia, ridicola nella sua rabbia impotente, che sfoga su se stesso, mordendosi.
Dante sembra non conoscere la bestia mitologica descritta da Ovidio (in Ars Amatoria), per il quale è un essere per metà toro e per metà uomo. D'altra parte sembra che neppure avesse avuto modo di vedere raffigurazioni su vasi o altre opere d'arte della classicità. L'ipotesi più probabile che emerge dalla lettura del XII canto dell'Inferno dantesco è che il Poeta lo immaginasse con il corpo taurino sormontato da una testa (o un busto) umana. Alla bestialità irrazionale propria dell'episodio dantesco è in genere contrapposta la saggezza e l'ubbidienza dell'altra figura dantesca: quella dei Centauri (altri esseri misti di animalità ed umanità della mitologia). Ma, indipendentemente da come li vedesse Dante e cosa simbolizzassero per il sommo Poeta, resta il problema di comprendere che cosa significasse il Labirinto per l'uomo antico.
È stato osservato che, dal punto di vista grafico, il labirinto potrebbe essere un'evoluzione della spirale e del cerchio. Entrambi ben noti fin dai primordi dell'umanità che in essi vedevano la rappresentazione del cosmo, il simbolo della vita ma anche la potenza, il sole, la galassia .
Ma cominciamo, come al solito, con una notazione di carattere semantico.
Da dove deriva la parola labirinto?
Sembra abbastanza pacifico che il termine derivi dalla parola greca la/brij. Con quella parola i minoici indicavano il loro simbolo sacro per eccellenza: la bipenne o ascia a doppio taglio . Inutile dire che non tutti sono d'accordo con questa tesi: molti collegano la parola "labirinto" al verbo "errare" (nel senso di "muoversi", "andare" o anche "vagabondare", senza escludere il significato di "sbagliare"). In tal caso gli esegeti partono dall'idea base del viaggio non lineare, pieno di insidie (quello di Ulisse tanto per intenderci che è, al tempo stesso un peregrinare simbolico ma anche spirituale).
A. Economo sottolinea che il peregrinare di Ulisse richiama il movimento degli astri. Si evince anche dal fatto che l'eroe resta lontano da Itaca per ben 19 anni dalla partenza della spedizione troiana, il tempo necessario affinché anno solare e mese lunare tornino a coincidere. È Ulisse stesso a narrare il suo viaggio sulla scia dei ricordi, mentre l'azione narrata dal poema riguarda solo gli ultimi 29 giorni di viaggio (mese lunare) più i 6 ad Itaca.
Il simbolismo del percorso si riaffaccia nella struttura numerica dei "luoghi" da Troia ad Itaca, che sono 15. Non a caso quello centrale, l'ottavo, è l'Ade: ancora una volta un mortale scende negli Inferi, vivo di una nuova vita, rinato dopo un'esperienza concessa a pochi, come a Gilgamesh, l'eroe babilonese che combatte contro Khubaba, mostruoso gigante con la testa di toro, il cui volto è formato da viscere. Esse sono senza dubbio collegate al labirinto: nelle tecniche divinatorie, infatti, il responso favorevole o meno dipendeva dai rigiri delle budella. Gli altri 14 punti disegnano, a due a due, sette cerchi concentrici, i pianeti. La danza degli astri è qui rappresentata dagli allontanamenti ed avvicinamenti alla patria, e dai movimenti verso oriente e verso occidente. Il viaggio di Ulisse rappresenta il movimento della Terra e dei 7 pianeti nel cosmo.
Questo è lo schema proposto da Gioachino Chiarini nel suo libro "Kosmos. Itinerari nell'epica classica".
È, tutto sommato, quello che sostiene - e non solo dal punto di vista linguistico - il Berlitz il quale ci ripropone il tema in termini di universalità del simbolo .
Non mancano altre letture, come quella del mio amico Lello Moscia per il quale la parola deriverebbe da la/biroj (= fossa, cavità) .
Stando a queste interpretazioni, in senso stretto la parola "labirinto" indicherebbe, pertanto, una grotta, naturale o artificiale, scavata nella pietra, adibita ad abitazione o al culto; comprendente diversi locali, in modo da realizzare un disegno estremamente complesso e tale che risultasse più e meno difficile trovare l'uscita.
Questo è il significato che praticamente deriva dall'aspetto architettonico o strutturale (si pensi agli edifici dell'Egitto e di Creta, o ai Mounds nordamericani o alle cittadelle della antica Cina, o alle piste di Nazca). A questa notazione si contrappone il senso esoterico-iniziatico.
Non è un caso che l'origine del labirinto venga fatta risalire a circa 30.000 anni fa e che, fin da allora, aveva assunto il significato di un percorso comunque ricco di connotati esoterici. Qui "labirinto" corrisponde al significato di "percorso iniziatico" dove la difficoltà sta nell'entrare e nel seguire il giusto percorso (si pensi ai labirinti sotterranei: a quello egiziano di Dah Shur o Hawara ed a quello anatolico di Pergamon: l'attuale Bergama).
Il passaggio attraverso il labirinto è definito dagli esoteristi "spirale della vita", e simboleggia il passaggio dalle tenebre alla luce .
Ed è proprio all'interno dei labirinti che gli antichi collocavano quei santuari ove si svolgevano le cerimonie di iniziazione.
IL LABIRINTO COME SEGNO GRAFICO
Quale segno grafico il labirinto si perde nella notte dei tempi.
Le prime raffigurazioni sono quelle dei petroglifi ed appartengono all'uomo preistorico. Questi viveva in un habitat naturale: la sua abitazione era una caverna, molto spesso dalla topografia intricata, dove era più facile sfuggire all'attenzione di animali feroci o altri ominidi che lo inseguissero.
Sulle pareti di quelle grotte l'Uomo di Crô-Magnon ci ha lasciato le immagini della sua vena artistica: disegni che seguivano un percorso verso il fondo della grotta o, magari per un'altra strada, di nuovo all'esterno. Ma anche sulle pietre tracciò i segni delle proprie osservazioni: spirali e disegni intricati che sono stati, appunto, definiti "Labirinti".
Passarono secoli e millenni: l'uomo imparò a modificare l'ambiente naturale. Costruì le proprie case, i propri villaggi, la proprie città. E proprio in questa fase l'uomo dette vita al primo labirinto artificiale.
Quello del lago di Deride nel Fayyum.
Purtroppo oggi non esiste più. Erodoto - che lo aveva visitato - ci assicura che nei pressi del Fayyum gli architetti del faraone Amenemhet III, intorno al 2000 a.C., avevano edificato il più grande labirinto esistente nel mondo antico.
Lo storico greco ce lo descrive come la costruzione che era costata più fatica e denaro "...di tutte le opere greche messe insieme" ... "aveva dodici cortili coperti, sei a nord e sei a sud, comunicanti e circondati da una muraglia" .
Ed il naturalista latino Plinio il vecchio ci dice che il labirinto del Fayyum aveva 3000 stanze (sia sotterranee che al livello del suolo) che ospitavano tombe di re e coccodrilli sacri. Il tutto era immerso in un'oscurità quasi totale.
Il biblista Flavio Barbiero esprime l'avviso che proprio in quel labirinto Mosè avesse partecipato alla sua cerimonia di iniziazione.
Segue, in ordine di tempo, il cosiddetto labirinto cretese di Knosso.
Questo labirinto è legato ai miti di Minosse e Pasifae, di Icaro, del Minotauro, di Teseo ed Arianna (in effetti oggi non ne troviamo tracce archeologiche: quelle che possiamo visitare a Creta sono le rovine del Palazzo reale di Cnosso, Kno/ssoj.
Tuttavia, con il tempo, la parola "labirinto" è rimasta - da punto di vista semantico - ad indicare, nella comune accezione, il Palazzo di Cnosso ed alla leggenda del Minotauro. Ne troviamo una traccia letteraria nel labirinto di Porsenna a Chiusi (in territorio Etrusco) del quale non resta alcunché: lo stesso Plinio, che ne ha dato notizia, ammetteva di non averlo mai visto.
Dobbiamo allora precisare che il Labirinto non è una tradizione esclusiva dell'area mediterranea: la diffusione del segno grafico in tutto il mondo sottolinea il fatto che sia esistita una vera e propria costante (non solo grafica).
Allargando il nostro angolo visuale possiamo osservare che sulla costa settentrionale del Perù sorgono i resti di un'antica città appartenuta ai Chanchan (della omonima cultura preincaica) che risale al III secolo a.C. Visti dall'alto, i resti della città formano il disegno del classico labirinto a pianta quadrata compresa la celletta centrale. Anche il labirinto dei Chanchan sembra che fosse destinato a cerimonie di iniziazione anche se non esistono prove né in questo senso, né in altro. Saltando al Medioevo, osserviamo che in numerosissime chiese d'Europa (e praticamente in tutte le cattedrali gotiche) si trova, sulle pareti o sul pavimento, l'immagine (magica?) del labirinto .
IL LABIRINTO COME MITO
Le pur brevi considerazioni già esposte individuano, con sufficiente chiarezza, una serie di argomenti intorno ai quali ruotano i misteri che avviluppano il labirinto. Abbia detto del labirinto come segno grafico. Ma dobbiamo subito aggiungere che questo aspetto non è sufficiente a delinearne il mistero. E, per l'esattezza, dobbiamo subito aggiungere che il labirinto appartiene al mondo del mito. Sarà bene specificare immediatamente che, a scanso di delusioni, non dobbiamo aspettarci di trovarne i resti. Sia a Creta che in Egitto, sia a Nazca che a Chanchan, sia in Cina che a Stonehenge o a Carnac, i resti che ammiriamo sono superstiti di qualcosa che potrebbe non aver mai avuto a che vedere con un labirinto. Gli unici labirinti dell'antichità sopravvissuti sono quelli riportati su vasi etruschi, su pietre preistoriche. O quelli composti con allineamenti di pietre. Indipendentemente da tali difficoltà, se concentriamo la nostra attenzione sul mito, sarà difficile pensare a qualcosa di diverso dal labirinto per eccellenza: quello di Creta .
Ma cosa ci dice il mito? E poi, era solo mito?
Nella realtà al Labirinto sono collegati tre cicli mitologici: quello di Minosse, Pasifae e del Minotauro; quello dello scontro tra Teseo ed il Minotauro che segue l'incontro con Arianna; quello dell'incontro di Bacco con Arianna.
I primi due gruppi sono ambientati essenzialmente a Creta (e parzialmente ad Atene); l'isola di Nasso fa da sfondo al terzo.
E lo scenario non è né secondario, né accidentale: è proprio lo scenario che ci introduce ad una modificazione sostanziale delle realtà storiche tradotte poi in mito. La prima scenografia (Atene-Creta-Atene) rispecchia alcuni eventi storici di assoluta rilevanza. Agli inizi del IV millennio Creta instaurò, nelle Cicladi nell'Egeo e nel Mediterraneo orientale, la propria supremazia. Iniziò l'epoca che gli storici definiscono della "talassocrazia cretese" . Essa durò, più o meno, tra il IV ed il III millennio a.C. (vale a dire che si evolse in piena età del bronzo). Della talassocrazia conservarono memoria gli egiziani che conobbero i Cretesi col nome di "Keftiù" (i famosi "popoli del mare"). Creata alla fine del IV, la talassocrazia fu perfezionata nel corso de III millennio a.C. Verso l'inizio del 1000 a.C. la potenza Cretese ebbe un improvvisa quanto rovinosa battuta di arresto. Due ne furono le cause: da un lato un rovinoso terremoto (probabilmente l'esplosione di Santorini) che distrusse i "Palazzi"; dall'altro la calata dei dori invasori (che avevano già distrutto, tra l'altro, la civiltà micenea) ). Ciò premesso, vediamo come il mito trattò questi avvenimenti storici, travasandoli nella narrazione mitica.
Narra la mitologia che Zeus, fu colpito dalla bellezza della ninfa Europa. Decise di farla sua e per ottenere il suo scopo assunse le sembianze di un bellissimo e candido toro bianco e, in questa veste, si presentò dinanzi ad Europa.
Questa fu incantata dalla visione e senza sospetto, si sedette sul suo dorso ed il toro non ebbe certo difficoltà a rapirla conducendola, attraverso il mare, fino a Creta, dove la possedette. A Creta Europa partorì Minosse.
Minosse, con Radamanto e Sarpedonte , era dunque un semidio, figlio di Europa e di Zeus. All'atto del ratto di Europa, re di Creta era un certo Asterio, che accettò di sposare Europa sedotta da Zeus e poi abbandonata. Fin qui l'antefatto. Ad un certo punto, Asterio morì e Minosse pose la propria candidatura al trono dell'isola chiedendo l'aiuto di Posidone (al quale, per inciso, dedicò un altare). In quell'occasione chiese al dio del mare che facesse emergere dalle acque un toro che gli avrebbe sacrificato. Il dio marino acconsentì e mandò a Minosse il toro richiesto. Ma era destino che le cose non sarebbero andate tanto lisce: al re il toro piacque in modo particolare e decise di tenerlo per sé sacrificandone un altro in sua vece (. La vendetta di Poseidone fu immediata ed atroce. Egli fece sì che Pasifae, moglie di Minosse, s'invaghisse del toro: Pasifae confessò la sua passione a Dedalo, e l'ateniese che viveva in esilio a Knosso (ove deliziava la corte con le sue bambole animate) costruì per Pasifae una vacca di legno e quella la utilizzò per accoppiarsi al toro . L'unione ebbe luogo a Gòrtina dove il toro pascolava tra le vacche di Minosse.
Pasife ed il Minotauro
Da questa mostruosità sessuale ebbe origine il Minotauro, essere per metà (la testa?) e per metà uomo (il corpo?).
Minosse, affranto per l'evento che aveva causato, cercò di riparare e commissionò a Dedalo, la costruzione di un labirinto nel quale rinchiuse l'artefice, il figlio di lui ed il Minotauro. Ma il Minotauro aveva un fratello: Androgeo (Uomo dell'Egeo). Ora accadde che Androgeo si recasse ad Atene per misurarsi con i locali giovani nelle tauromachie. Qui venne ucciso dal toro di Maratona. Minosse, pazzo di dolore, accusò gli ateniesi dell'omicidio di Androgeo e pretese un orribile tributo di espiazione: ogni nove anni dovevano essere mandati a Creta quattordici fanciulli ateniesi, sette maschi e sette femmine, da sacrificare al Minotauro nel labirinto. Teseo, figlio di Egeo, re di Atene, si offrì volontario tra i sacrificandi e si recò a Creta dove fece innamorare di sé Arianna, altra figlia di Minosse. Grazie all'amore di Arianna, Teseo ottenne il famoso filo, da srotolare per poi ritrovare l'uscita, e uccise il mostro.
Teseo uccide il Minotauro
Analisi del Mito
Tanto per incominciare, il mito spiega una evidente commistione: la religione cretese più antica che era fondata - come è naturale - sul culto della "Dea madre" (vale a dire la "fertilità") che era una divinità propria di provenienza anatolica ("Ku-ba-ba", poi "Ku-be-le" e infine Cibele).
Cibele, la dea turrita
In secondo luogo la società della civiltà del bronzo era di tipo matriarcale.
Su questi due aspetti di tipo femminile si innesta la comparsa di una divinità maschile che è piuttosto tarda e si configura come forza "fecondatrice": l'animale sacro che la simbolizza è il toro. La divinità maschile si originò a metà strada tra "zoolatria" (con il divino rappresentato in forma animale) ed "antropomorfismo" (con il divino rappresentato in forma umana), assumendo la forma mostruosa del "Minotauro" (la mescolanza): la tradizione ne collocò la dimora nel labirinto di Creta . Ma la transizione dal matriarcato al patriarcato aveva segnato anche la conquista della supremazia cretese nell'Egeo: ce lo dice la guerra che seguì alla morte di Androgeo. Era cominciata quella che gli storici del XX secolo chiameranno "talassocrazia cretese" alla quale soggiacque la stessa Atene.
Analizzando sempre più in dettaglio il mito di Minosse e del Minotauro, ci rendiamo conto di trovarci in presenza di più narrazioni mitiche: c'è il mito di Minosse, cui segue il mito di Teseo ed a questo si aggiunge, attraverso Arianna, quello di Dioniso . A margine di questi c'è il mito di Dedalo ed Icaro: tutti sono dal mito del Minotauro che funge da collante.
Orbene, tutto questo complesso mitologico - affidato a scrittore e mitografi del calibro di Omero, Diodoro Siculo, Apollonio Rodio, Euripide, Strabone, Plutarco, Apollodoro, Pausania (l'elenco non è esaustivo) per la parte greca; ad Ovidio, Plinio, Servio, Virgilio (per la parte latina) - si basa, come abbiamo visto su fatti leggendari e su elementi storici: La presenza, come del resto storicamente documentabile, di una società di tipo matriarcale nella Creta dell'età neolitica ed eneolitica (Pasifae ne è l'incarnazione tipica); unico residuo superstite di tale epoca è quello dell'uccisione del Minotauro, ricordo del sacrificio del paredro; L'evoluzione in senso patriarcale nella Creta dell'età del bronzo (Minosse ne è il rappresentante: da paredro diviene re);
Agli albori della protostoria, la società patriarcale cretese conquista la signoria dell'Egeo: si apre l'epoca della cosiddetta "Talassocrazia" cretese che domina non solo sul mare ma anche sulla civiltà acheo-micenea (Dedalo e Teseo entrambi ritenuti Ateniesi) ne sono i rappresentanti .
Il Labirinto era, dunque, il luogo, ove era celato il mostro, difficile da trovare e dal quale era ancor più difficile uscire .
Per quanto poi riguarda l'intervento nella scena di altri personaggi (come Egeo, Arianna e Dioniso) mi sembra il caso di ricordare che taluni mitografi affermassero che fosse stata Medea a convincere Egeo a mandarlo a Creta .
Va da sé che in questo quadro di rinnovamento religioso -sintomo del tramonto del matriarcato e del passaggio alla protostoria - e di nuova impostazione dei rapporti interellenici gli ateniesi avrebbero deciso di modificare in maniera sostanziale la propria soggezione ai Cretesi. Del resto stava per arrivare l'invasione dei dori, Atene si avviava a prendere una nuova coscienza della proprie possibilità sull'Egeo; la talassocrazia cretese si avviava al tramonto.
Il linguaggio del mito divenne l'unico adatto a spiegare ed a ricordare queste vicende. Teseo ed il Minotauro ne divennero personaggi emblematici .
Qui Teseo è, in ogni caso, accompagnato dal favore di Afrodite, la cui presenza serve a giustificare l'episodio dell'innamoramento di Arianna e del filo che consente a Teseo di uscire dal Labirinto.
Con l'aiuto di Arianna, come è noto, Teseo entra nel labirinto, trova il Minotauro e lo uccide: si allontana quindi da Creta portando con sé Arianna ed i giovanetti ateniesi salvi. Purtroppo la storia non un ha un lieto fine, perché Teseo abbandona Arianna sull'isola di Dia (le motivazioni non sono molto chiare: alcuni dicono per timore di uno scandalo al suo ritorno in Atene , altri per ordine di Dioniso a sua volta invaghito di Arianna).
Del resto l'intrusione di Dioniso spiega l'introduzione della cultura del vino nell'Attica e ad Atene.

Pubblicato su Opus minimum

Stelio Calabresi

1 Tuttavia certi elementi inducono a riflettere come certi disegni incisi su pietre in Honduras, a Carnac (Francia), a Stonehenge ed Avebury (Gran Bretagna) e nell'isola di Aram oltre a quelli degli Indiani Hopi.
2 Si pensi alle varie rappresentazioni pittografiche che provengono dalla preistoria: dai petroglifi camuni alle rappresentazione dei Tassili sahariani.
3 Che è una delle più accreditate etimologie del termine labirinto.
4 Nella stessa America si riscontrano motivi archeologici di somiglianza sia con l'Europa (ad esempio labirinti ) che con l'Asia (fregi ): Si pensi alle cattedrali gotiche, ai Templari, ed al possibile collegamento con il movimento spiraliforme della earth force (Leys).
5 Secondo lui questa parola, a sua volta, dovrebbe essere collegata al coptico "la" (particella intensiva) e al radicale "br" (= "scavare" che corrisponde all'albanese "barr", "borr", vale a dire "fossa"); ma anche al coptico "bari" (= scafo, nave); e ancora al coptico "bir" (= cobra). Tutte seguite dal radicale i/nqoj (= terminazione); oppure da "la" (particella intensiva) (Corrispondente a quella coptica) o bu/rion (=casa, abitazione) (si veda il Persiano "vareh", irlandese "forus"; islandico "byli", tutti nel senso di "abitazione"; l'islandico "byr" = città) e i/nqoj (=terminazione).
6 Ben a ragione gli Egiziani avevano visto questo percorso in quello della Barca solare che rappresentava il lungo e difficile viaggio alla ricerca della conoscenza.
7 Cit. ne "Il dizionario dei Misteri", vol. 9°.
8 I più celebri dell'Italia si trovano nella cattedrale di Lucca, nella Chiesa di S, Vitale a Ravenna, di Santa Maria a Trastevere (Roma), a San Michele Maggiore (Pavia). Esemplari di labirinti caratterizzano molte ville europee del settecento (ad esempio quello della Villa Nazionale di Stra, presso Venezia).
9 Si badi che, in effetti, non sappiamo se i resti archeologici di Knossos corrispondano a quelli del labirinto dedalico (checché ne avesse pensato Evans). C'è comunque da dire - e la complessità della pianta lo conferma - che tende a confondere le idee del visitatore: chiunque abbia visitato il sito archeologico non può fare a meno di pensare che quel palazzo sia di una tale complessità da evocare immediatamente la struttura dal fatto che siano tutt'altro. E questa impressione si rafforza quando dal sito archeologico si passa al museo di Iraklio: qui dipinti vascolari, reperti fittili, oggetti restati misteriosi (come il disco di Festo), bipenni e grandi seghe di bronzo continuano a parlarci di un modo magnifico ma fuori dalla nostra realtà! Del resto, all'equivoco probabilmente soggiacque anche l'archeologo Evans, lo scopritore di Knosso: non potette fare a meno di definirlo "labirinto" perché anch'egli fu colpito da una sua struttura dallo sviluppo, sia orizzontale che verticale, smisurata: più a misura di dei che di uomini. Era già accaduto a Schlieman, quando trovò quell'oro che non esitò a definire "Tesoro" di Priamo o quando, a Micene, definì Maschera di Agamennone una maschera mortuaria di oro dopo averla trovata nel Circolo B. Oserei dire che l'assimilazione, l'errore, era freudiano
10 Ce li riferiscono Omero, Apollodoro, Pausania, Plutarco, Diodoro Siculo, Filocoro, Simonide, Aristotele, Peonio (tra i mitografi di lingua greca) ma anche Servio, Virgilio, Catullo (tra i mitografi di lingua latina).
11 Durante l'invasione dorica fuggiaschi Cretesi si rifugiarono in Egitto come invasori; ma vennero fermati da Ramses III nella battaglia di Magadil (in quella occasione gli egiziani li conobbero come "Pulasati" o "Khretim").
12 Secondo alcuni sarebbe rimasto a Creta dopo la presa del trono da parte di Minosse; secondo altri si sarebbe recato in Asia Minore.
13 Che, invece, sarebbe stato cacciato da Creta da Minosse.
14 Questo fatto non impedì che Minosse fosse annoverato tra i sette saggi dell'antichità.
15 È evidente che, fino a questo punto ci troviamo in piena società matriarcale dove Pasifae conosce il divino paredro al quale si accoppia.
16 Sembra di particolare importanza dell'associazione labirinto-toro una simbologia che potrebbe ben esprimere il concetto della forza creatrice dell'universo.
17 Il prevalere della potenza attica su quella cretese, il riecheggiare nei giochi della Taurocatapsia (in cui dei giovani volteggiavano sulla groppa dei tori) del mito dei giovani divorati dal Minotauro, il riconoscere nel labirinto la reggia di Cnosso con i suoi infiniti corridoi e meandri, sono chiavi di lettura storiche, che non esauriscono però l'interpretazione del valore simbolico del labirinto, o dedalo, la cui valenza è certamente più oscura e complessa.
18 Quella che io definisco Paleocreta.
19 . Del resto la correlazione storica con i rapporti Atene-Creta sono dimostrati non solo della vicende del mito del Minotauro, ma anche da quelle relative al mito di Scilla che, secondo il Graves, ci parlerebbe delle controversie tra l'isola e la città attica in periodo anteriore al 1400 a.C., vale a dire prima del sacco di Cnosso (Si veda anche Strabone e Ovidio nelle "Metamomorfosi"). In altre parole i sette fanciulli che gli Ateniesi inviavano a Creta per il Minotauro dovevano corrispondere ai sostituti del Re di Cnosso (Il paredro) nell'ultima fase della società matriarcale. Il sacrificio di stranieri era cioè preferibile al sacrificio di giovani Cretesi. Del resto sembra acquisita la cittadinanza Ateniese di Dedalo (il padre del "labirinto") che discendeva da Eretteo ed apparteneva alla famiglia reale Ateniese, esule a Creta dopo la condanna per l'omicidio di Talo.Teseo era figlio di Egeo e di Etra e discendeva da Cecrope
(mitico re di Atene: apparteneva, quindi, alla stessa discendenza di Dedalo). Si era accoppiato a Medea dopo l'impresa del vello d'oro e aveva compiuto altre favolose fatiche.
20 Tant'è che Dedalo per venirne fuori, decise di ricorrere al proprio ingegno: costruì, per sé e per il figlio, delle ali di cera allontanandosi in volo dal luogo di imprigionamento. È noto cosa accadde alla coppia di fuggiaschi quando Icaro decise di non seguire i consigli ai Dedalo: il volo finì in un mezzo disastro come ci hanno chiaramente indicato i mitografi ed i poeti come Apollodoro, Diodoro Siculo, Virgilio e Ovidio.
21 Ricordiamo: l'uccisione dei banditi che infestavano la strada tra Trezene ed Atene; uccisione di Periferte lo zoppo, che ad Epidauro assaliva i viandanti con la sua enorme mazza; uccisione di Sini detto "piziocante" (piegatore di pini) sull'istmo di Corinto; uccisione della mostruosa scrofa di Crommio, che faceva strage della gente del luogo; uccisione del bandito Scirone, che getta in mare i passanti facendoli divorare da una gigantesca testuggine (a Corinto o a Megara secondo le versioni); uccisione dell'arcade Cercione (sulla strada per Atene), solito stritolare i malcapitati che accettassero di lottare con lui; uccisione di Polipemone (padre di Sini: in Attica), che straziava i visitatori della sua casa.
22 Ce li riferiscono Omero, Apollodoro, Pausania, Plutarco, Diodoro Siculo, Filocoro, Simonide, Aristotele, Peonio (tra i mitografi di lingua greca) ma anche Servio, Virgilio, Catullo (tra i mitografi di lingua latina).
23 Secondo alcuni autori era ancora sposato con Medea.

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