24 giugno 2011

- L'oracolo di Delfi



















L'oracolo più famoso e celebrato dell'età classica era quello di Delfi. Esso sorgeva in una zona scoscesa nel cuore della Grecia centrale. Lì attorno al tempio ed alla roccia sacra era sorto l'importantissimo insieme di edifici collegati al sacrario e snodati lungo la Via Sacra: c'erano i "Tesori" dei vari popoli della Grecia, c'erano i loro monumenti e, salendo più in alto, il tempio di Apollo Pizio, il Teatro e infine, inerpicato sull'ultimo costone, lo Stadio. Sacerdotessa e profetessa del luogo era la Pizia, una giovane donna scelta tra le contadine del posto, una vergine che per tutta la durata della sua carica doveva mantenere la più stretta castità. Alcuni hanno pensato che per rispondere alle domande essa si limitasse a tirare a sorte delle fave e secondo il loro segno rispondesse alle domande. Queste dovevano venirle poste in modo semplice ed alternativo: cioè le si doveva chiedere se un dato fatto sarebbe o no accaduto, se era meglio fare o non fare una certa cosa e via dicendo. Secondo la fava tirata dal mucchio la risposta sarebe stata o si o no Questa era una forma di previsione del futuro molto semplice e molto usata in Grecia e corrispondeva un po' al lancio di una moneta per aria quando si vuol prendere una decisione, operazione per la quale non si dovrebbe andare a scomodare un dio. Può anche darsi che, come forma minore essa venisse praticata anche a Delfi, ma i grandi personaggi che ivi si recavano e pagavano fior di quattrini per avere risposte a complessi quesiti non si accontentavano certo di questa specie di gioco di società. Essi volevano la predizione completa, detta in versi e ispirata secondo tutte le regole, insomma la vera profezia con la Pizia seduta a vaticinare sul tripode posto nell'adyton dove nessuno salvo lei poteva entrare. La donna aiutata dalla solennità delle cerimonie e da una fede incrollabile in Apollo da cui si sentiva posseduta, finiva probabilmente col cadere in una specie di trance. Quando, sentendosi ispirata direttamente dal dio, essa si trovava in questo stato, inviava ai re e condottieri che ne avevano fatto richiesta i suoi oracoli e a questi gli antichi usavano attenersi strettamente.C'era naturalmente tutto un cerimoniale a cui sottomettersi avanti di poter accedere alla Pizia e, come sempre, la prima cosa da fare era pagare una discreta somma di denaro al tempio ed ai sacerdoti. Si trattava di versare una specie di tassa chiamata pelanos, poi si doveva offrire il sacrificio di una capra sulla quale dopo averla sgozzata si versava acqua fredda: se le carni non si contraevano non si poteva consultare l'oracolo: sarebbe stato pericoloso e persino mortale per la Pizia. Se invece si contraevano voleva dire che il dio Apollo accettava di profetare. In questo caso si procedeva con la cerimonia. La Pizia, dopo essersi recata alla fonte Castalia per purificarsi, entrava nel tempio e su un altare interno compiva alcune fumigazioni di alloro e farina di orzo, poi scendeva nella parte sotterranea del tempio che era dedicata alla divinazione ed era chiamata manteion. La seguivano tutti coloro che avevano chiesto le sue profezie. Passava prima chi aveva lo speciale diritto alla promantia, poi venivano gli altri secondo l'ordine che era loro capitato tirando a sorte. Arrivati in basso, tutti, compresi i sacerdoti, si fermavano in una sala a ciò destinata, mentre la Pizia si avviava sola verso l'attiguo adyton. dove si trovavano sia la statua di Apollo che la tomba di Dioniso. I sacerdoti e i richiedenti che affollavano la sala vicina udivano la sua voce ma non potevano vederla. La Pizia dava ordinatamente ad ognuno il proprio responso e questo, ci dicono gli autori antichi, era sempre "veridico" ed "infallibile". Ma le risposte di Apollo, che perciò era chiamato anche Loxias, cioè "l'ambiguo", si prestavano sempre a due opposte interpretazioni e a non capirne il vero significato si potevano avere molte brutte sorprese.
Eugenia Salza Prina Ricotti
























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