3 aprile 2011

- La tradizione laica nell’unità d’Italia

Nel 150° anniversario dell’unità d’Italia vorrei richiamare l’attenzione sul significato e la rilevanza della tradizione laica nel processo unitario culminato con Roma capitale il 20 settembre 1870. Per tradizione laica intendo l’ispirazione ideale e politica fondata: a) sulla separazione tra Stato e Chiesa, b) sulla libertà di culto, c) sulla neutralità dello Stato e, d) sull’eguaglianza tra credenti e non credenti. Questa tradizione unitaria comprende - in correnti diverse, contrastanti e tuttavia convergenti nel processo nazionale - i principali movimenti risorgimentali facenti capo, per la Destra, a Camillo Benso conte di Cavour fino a Benedetto Croce, e, per la Sinistra, a Carlo Cattaneo, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi fino a Ernesto Nathan e Gaetano Salvemini. Entrambe queste tradizioni laiche non sono appendici del Risorgimento, bensì l’essenza stessa del processo unitario, nella conquista dell’indipendenza nazionale e delle libertà costituzionali. E’ necessario aggiungere che lo spirito laico nel processo unitario ha rappresentato il segno qualificante del rientro dell’Italia nel circuito dell’Occidente umanista, illuminista, liberale e, per alcuni aspetti, democratico. E’ grazie al liberalismo e al laicismo che l’Italia, già patria dell’Umanesimo e del Rinascimento, torna ad essere parte della moderna Europa civilizzata. E’ significativo che uno storico di vaglia come Adolfo Omodeo abbia scritto in una delle sue pagine sul Risorgimento: “E’ gloria d’Italia ciò che ha concorso a formarla, ed è elemento essenziale della sua esistenza. Ora, a creare questa nostra Italia, il cattolicesimo fu d’ostacolo: gli elementi cattolici, che vi parteciparono, furono per lo più imbevuti di semi-giansenismo e di giobertismo della cui perfetta ortodossia è lecito dubitare”. E’ del resto vero che il carattere intrinseco del laicismo all’unità d’Italia riguarda entrambi i principali movimenti risorgimentali: quello liberale nelle sue diverse tendenze, la moderata, la riformatrice e la cattolica, che ebbe come punto di riferimento il Cavour: e quello democratico che nasce con Cattaneo e Mazzini e giunge ai repubblicani, ai radicali ed ai primi socialisti. La Destra storica Gran parte dei maggiori provvedimenti d’ispirazione laica, che segnarono il processo unitario italiano fino alla presa di Roma e alla svolta della sinistra del 1876, non furono dovuti alla Sinistra e ai democratici di tendenza anticlericale, bensì ai maggiori esponenti della Destra storica liberale, molto spesso d’origine cattolica. E’ opportuno richiamarne le tappe più significative: - 1848: negli Stati sardi è proclamata l’emancipazione dei valdesi e degli ebrei all’insegna del principio che “tutti i cittadini hanno eguali diritti civili e politici”; - 1849: l’Assemblea costituente della Repubblica romana dichiara decaduto il potere temporale; - 1850: negli Stati sardi la legge Siccardi abolisce il privilegio del foro ecclesiastico, le immunità ecclesiastiche e il diritto di asilo. Il governo piemontese fa arrestare gli arcivescovi di Torino e Sassari. A Torino si erige un obelisco con la scritta “la legge è uguale per tutti”; - 1855: le leggi sulla soppressione delle corporazioni religiose e di alcuni enti minori del clero secolare sono estese alle regioni annesse (Parma, Modena, Romagne, Due Sicilie, Umbria, Marche e province napoletane); - 1861: Cavour dichiara “Senza Roma capitale d’Italia, l’Italia non si può costituire”; - 1864: soppressione dei canoni e delle decime ecclesiastiche nel periodo in cui Pio IX emana Il Sillabo contro tutte le libertà moderne; - 1866: nell’Italia centrale sono soppressi gli enti ecclesiastici; con l’entrata in vigore del nuovo codice viene reso obbligatorio il matrimonio civile ed abolita l’esenzione militare per i chierici; - 1867: liquidazione dell’asse ecclesiastico in tutto il Regno; - 1870: alla lettera del Re che chiede di acquisire pacificamente Roma come capitale d’Italia, Pio IX risponde “Vi assicuro che in Roma non entrerete”. La mano dura dei liberali Nel movimento unitario nazionale, la Destra storica, all’origine dei provvedimenti laici, non esitò ad usare il pugno di ferro contro i clericali che si opponevano al Risorgimento sotto le bandiere ecclesiastiche. Ecco alcuni episodi significativi. Nel Meridione, pochi mesi dopo i Mille, il governo piemontese fronteggiò la reazione della Sede apostolica con una politica di intransigenza che ancora stupisce: furono processati e arrestati sessantasei vescovi e otto cardinali (Corsi, Baluffi, De Angelis, Carafa, Riano-Sforza, Antonucci, Morichini, e il futuro Leone XIII, Pecci). A Firenze nel 1860 sul “Monitore toscano” di Bettino Ricasoli si leggeva: “I vescovi hanno scelto una mala via che è tanto contraria alla loro missione evangelica quanto nuocevole agli interessi della religione… Il governo sa che deve tutelare la dignità, la sicurezza, la tranquillità dello Stato anche contro i ministri di Dio, se i ministri di Dio diventano soldati del Papa re”. A Napoli, allorché Pasquale Stanislao Mancini assunse la direzione del dicastero degli affari ecclesiastici, furono emanati una serie di decreti che vietavano ai religiosi di comunicare con i loro superiori e i capitoli generali con sede a Roma; abolivano gli ordini religiosi; incameravano i beni ecclesiastici; abrogavano il Concordato del 1818 tra il regno di Napoli e la Santa Sede; ed escludevano ogni ingerenza clericale nelle pie fondazioni laicali. A Palermo il generale Raffaele Cadorna, nominato commissario con pieni poteri per il ristabilimento dell’ordine, il 24 settembre 1866 sottolineava nella prima relazione al presidente del Consiglio che l’opposizione dei religiosi era determinata dall’estensione alla Sicilia della legislazione per la soppressione dei privilegi ecclesiastici: “… Devo dichiarare che da parte dei frati e delle monache, s’influì grandemente a promuovere i lamentati torbidi. Risulta che il loro danaro fu la principale risorsa per organizzare e mantenere le bande armate, per apprestar loro armi e munizioni. Parecchi frati hanno preso parte ai combattimenti in mezzo alle squadre dei rivoltosi” . Diritti individuali e separazione tra Stato e Chiesa I liberali della Destra storica avevano una visione laica del processo unitario ispirata, pur con molteplici sfumature, alla filosofia separatista riassunta nella formula Libera Chiesa in libero Stato. Nel 1859 il conte di Cavour scriveva al Villamarina: “Malgrado la migliore volontà è impossibile intendersi con Roma… Roma ce l’ha con le nostre libertà, con la nostra indipendenza, molto più che con le leggi che tendono a introdurre da noi, in una misura moderata, quel che esiste da oltre mezzo secolo in tutti gli altri stati cattolici…”. Due anni più tardi, nel maggio 1861, Cavour affermava ancora alla Camera: “La storia di tutti i secoli, come di tutte le contrade, ci dimostra che ovunque la riunione tra potere civile e potere religioso ebbe luogo, la civiltà sempre cessò di progredire, anzi sempre indietreggiò; il più schifoso dispotismo si stabilì, e ciò, o signori, sia che una casta sacerdotale usurpasse il potere temporale, sia che un califfo o sultano unisse nelle sue mani il potere spirituale”. I maggiori protagonisti della politica laica furono, dunque, tutti esponenti della Destra storica che ricoprirono le massime responsabilità governative: Massimo D’Azeglio (presidente del consiglio nel 1849-1852), Luigi Carlo Farini (presidente del consiglio nel 1862), Bettino Ricasoli (presidente del consiglio nel 1861 e 1866), Emilio Visconti Venosta ( a più riprese ministro degli esteri) e Ruggero Bonghi (ministro dell’istruzione nel 1874-76) che riteneva possibile una riforma nella Chiesa. Per Quintino Sella (più volte ministro delle finanze del Regno) la formula cavourriana “Libera Chiesa in Libero Stato” rappresentava “garanzia della libertà di pensiero e di coscienza sia per i corpi costituiti che per gli individui”; per Marco Minghetti (presidente del consiglio nel 1863 e nel 1873) “lo Stato non è ateo né laico, è incompetente in materia religiosa e la Chiesa è un’associazione libera per cui i suoi diritti non sono privilegi”; e Giovanni Lanza (presidente del consiglio nel 1869) così inquadrò la legislazione scolastica: “Con decreti reali e regolamenti si impose l’obbligo dell’esame a tutti gli insegnanti perché aveva trovato in esso “il puntello di ogni dispotismo, di ogni vizio, di ogni corruzione… Il prete è la personificazione della menzogna. Il mentitore è ladro. Il ladro è assassino, e potrei trovare al prete una serie di altri infami corollari…”. Quando, a fine Ottocento, le organizzazioni clericali divengono più aggressive alla ricerca di una energica rivincita su Porta Pia mentre si profila l’ingresso dei cattolici sulla scena politica, l’azione della Sinistra e dei democratici risultò determinante per la difesa del carattere laico dell’Italia unita che nei decenni precedenti era stato garantito dalla politica della Destra storica. Nel 1879, alla costituzione della Lega della democrazia, il vecchio Garibaldi si scagliò contro la legge sulle Guarentigie (approvata dal parlamento italiano nel 1871 per garantire unilateralmente le libertà al Papa e al Vaticano) che giudicava un infame compromesso con i clericali: “Il nostro programma è volere soppresse le guarentigie, tolto il culto ufficiale, e indivisa la sovranità dello Stato… arati e bonificati i due quinti del territorio italiano incolto e paludoso, fecondandolo con i 115 milioni dei beni ecclesiastici invenduti; utilizzati a pro’ dei poveri i 1500 milioni di opere pie, in gran parte godute dagli amministratori dai frati e dalle oblate…”. In questo ambito fu particolarmente significativa la manifestazione anticlericale organizzata nel 1889 a Roma per l’inaugurazione del monumento a Giordano Bruno, voluto dalla massoneria e realizzato da quell’Ettore Ferrari che alla Camera, insieme ai radicali di Felice Cavallotti, si batteva contro il progressivo e larvato ricostituirsi delle proprietà ecclesiastiche, e contro il revanscismo dei clericali per delegittimare l’unità d’Italia. Giovanni Bovio, pronunziandosi contro i tentativi di riavvicinamento con il Vaticano, dichiarava: “In un altro modo s’ha da fare la conciliazione. Il prete si ha da conciliar meglio con la religione; noi dobbiamo conciliarci meglio con il nostro diritto pubblico, troncato e deviato nella sua evoluzione … conciliarci anche noi con la religione di un grande pensiero, col quale si parla da Roma, col quale si risponde al Vaticano, e senza del quale non è necessario e neppure tollerabile che l’Italia ci sia”. Fu a cavallo dei due secoli che le correnti della democrazia radicale e repubblicana tennero viva la tradizione laica, con notevoli punte di anticlericalismo che spesso non giovò alla causa in quanto offrì armi pretestuose alla reazione clericale. Anche i cattolici del variegato movimento modernista (Ernesto Bonaiuti, Tommaso Gallarati Scotti, Alessandro Casati, Stefano Jacini, Antonio Fogazzaro) condannato nel 1907 da Papa Pio X, ebbero un ruolo collaterale alla tradizione laica, se pure in maniera separata e talvolta avversata da liberali e socialisti come Croce, Filippo Turati ed Emilio Treves, tanto che uno dei loro esponenti, don Romolo Murri, animatore del movimento della democrazia cristiana osteggiato e scomunicato dalle autorità ecclesiastiche, nel 1909 fu eletto in Parlamento con l’etichetta radicale. Ernesto Nathan La personalità che tra Ottocento e Novecento espresse compiutamente la tradizione laica risorgimentale non solo in senso politico-ideale ma anche nell’impegno per la trasformazione sociale in senso democratico fu Ernesto Nathan. Nato a Londra nel 1845, ebreo, mazziniano, radicale, irredentista, gran maestro della massoneria nel 1896-1904 e nel 1917-1919, divenne nel 1906 sindaco di Roma alla testa del blocco popolare formato dai laici e dalla sinistra (repubblicani, radicali, liberali riformatori e socialisti), governando la città in maniera esemplare fino al Patto Gentiloni stipulato per le elezioni del 1913 sotto l’occhio accondiscendente di Giovanni Giolitti per ottenere i voti cattolici sui candidati liberali. Nathan, per fede ideale, per formazione politica e per ambiente familiare, fu in qualche modo l’anello di congiunzione tra la tradizione risorgimentale di Cattaneo e Mazzini e i democratico-laici del Novecento che ebbero come ispiratori il liberaldemocratico Giovanni Amendola, il socialista riformista Giacomo Matteotti e, soprattutto, i liberal-socialisti Carlo e Nello Rosselli. E’ significativo della tempra morale che negli ultimi anni di vita (morì nel 1921) l’ex sindaco di Roma continuò l’impegno civile militante come interventista democratico nella Grande Guerra. Il 20 settembre 1910, nell’anniversario di Porta Pia, Nathan argomentò apertamente “la superiorità della civiltà della Roma laica di contro l’altra Roma, quella racchiusa in Vaticano, fortilizio del dogma, ultimo disperato sforzo per eternare il regno dell’ignoranza … Sulle vecchie mura del dogma si è accumulato l’intonaco di quella infallibilità pontificia che, ereditata dalla tradizione, passata nei costumi, si manifesta purtroppo oggi nell’ignoranza popolare che dinanzi all’apparizione di una epidemia, appende voti alla Madonna e scanna i sanitari; quell’infallibilità che incita il pontefice a boicottare le legittime aspirazioni umane, le ricerche della civiltà, le manifestazioni del pensiero, lo muove ad architettare nuovi scuri per escludere la luce del giorno…Nella Roma di un tempo non bastavano mai le chiese per pregare, mentre invano si chiedevano le scuole; oggi le chiese sovrabbondano, esuberano; le scuole non bastano mai! Ecco il significato della breccia di Porta Pia…”. E quando il Vaticano protestò, Nathan replicò: “Non sono io a fondere insieme dogma, rito e religione in guisa da negare la consolazione della fede …; non io a creare l’ignoranza che abbandonandosi alla superstizione brutalmente respinge il sapere; non io a mancare di rispetto alle altrui credenze, ne tampoco venir meno ai riguardi dovuti al pontefice… No, come il sommo pontefice dall’alto della cattedra di S. Pietro ha il dovere di dire la verità quale a lui appare ai credenti, così il minuscolo sindaco di Roma dinanzi alla breccia di Porta Pia, per lui iniziatrice di una nuova auspicata era politica e civile, ha uguale dovere innanzi alla cittadinanza”. La massoneria collante laico Nel cinquantennio che segue Roma capitale d’Italia, la massoneria costituì uno dei più significativi collanti della sinistra democratica formata da radicali, repubblicani e socialisti, in difesa della laicità dello Stato. Scrive Adolfo Omodeo: “Il periodo di splendore della massoneria [che] cade negli ultimi decenni del secolo XIX… accoglie promiscuamente uomini eterogenei: De Meis, Bertrando Spaventa, De Sanctis, Villari, Crispi, Cavallotti, Depretis, Carducci, Fiorentino, ecc.; e non lo si può negare, si tratta degli uomini più significativi di quell’età”. Il ruolo della massoneria nel Risorgimento, tuttavia, è oggetto di divergenti pareri dei difformi orientamenti storici. L’archivista Alessandro Luzio pubblicò nel 1925 due ponderosi volumi di documenti in cui , poi ripreso anche da Gioacchino Volpe. Il grande storico liberale, Adolfo Omodeo, fornisce una interpretazione molto più articolata nei suoi scritti in difesa del Risorgimento: “Ciò che non ci dà il Luzio… è una spiegazione della tenace vitalità della setta, e del come in essa potessero adagiarsi spiriti superiori, quali furono indubbiamente molti massoni dal 1860 al 1900… Alla massoneria si può rimproverare non l’anticlericalismo, che fu una necessaria difesa dell’Italia risorta, ma d’averlo abbassato, specialmente negli anni avanti la guerra (mondiale), a un livello triviale, che doveva inevitabilmente provocare una reazione. Malgrado questi rapporti di forza sfavorevoli, a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, i laici riuscirono a portare felicemente a termine una serie di provvedimenti modernizzanti sui diritti civili - divorzio, aborto, diritto di famiglia - fino alla crisi che avrebbe dovuto innescare la cosiddetta “seconda Repubblica”, peraltro mai nata, che ha ribaltato una volta di più gli equilibri a favore del clericalismo politico. Ernesto Rossi (1897-1967), antifascista, anticomunista e anticlericale, il XX settembre 1959 tenne a Firenze un discorso per l’anniversario di Porta Pia: “Noi non sentiamo oggi alcun bisogno di un riconoscimento ufficiale del 20 settembre…[che] è un giorno nostro: non è il giorno dei clericali e dei fascisti. Il giorno loro è l’11 febbraio, quando l’Uomo della Provvidenza, che - secondo quanto disse Pio XI – ‘non aveva le preoccupazioni della scuola liberale’, firmò quel concordato che lo stesso pontefice riconobbe ‘sarebbe stata follia sperare’ dai precedenti governi. E non siamo disposti a mettere un bel pietrone sul passato, sul nostro Risorgimento… Come potrebbero Cavour, Mazzini, Garibaldi e tutti gli altri patrioti che per l’unità italiana combatterono, soffrirono le persecuzioni poliziesche, il carcere, l’esilio, sacrificarono la vita; come potrebbero i compagni che abbiamo lasciato nelle trincee sull’Isonzo e sul Piave, nell’ultima guerra combattuta per i medesimi ideali del Risorgimento; come potrebbero Matteotti, Pilati, Amendola, Rosselli… e tutti gli altri martiri della lotta antifascista; come potrebbero tutti gli altri amici morti per la libertà nella guerra di Spagna e nella guerra partigiana, riconoscere la loro Italia in quest’Italia papalina?” Ignazio Silone (1900-1978), socialista, cristiano e laico, scrisse nel 1958 a proposito della Democrazia cristiana: “L’unità politica dei cattolici, malgrado la sua formulazione pseudo universale e le sanzioni religiose su cui si appoggia, si rivela un espediente ad uso e consumo degli italiani. Sarebbe poco male se i cattolici nel nostro paese fossero una minoranza trascurabile: ma sottoporre a regime speciale il partito di maggioranza equivale a mantenervi l’intera vita pubblica e privata degli italiani”. Guido Calogero (1904-1986), filosofo del dialogo, radicale, nel 1959 affermò nei Principi del laicismo: “Quanto veramente ci preme non è lo Stato piuttosto che la Chiesa, né la Chiesa piuttosto che lo Stato, bensì una certa libertà tanto dell’una quanto dell’altro, e anzi, più esattamente, una certa libertà tanto dei fedeli dell’uno quanto dei cittadini dell’altro. Se tale libertà è minacciata, se la prepotenza di alcuni invade indebitamente la sfera di autonomia di altri, noi sentiamo il dovere di difendere quella minacciata libertà, a chiunque essa appartenga, laico o ecclesiastico che egli sia”. Mario Pannunzio (1910-1968), intellettuale liberaldemocratico, nel marzo 1966 scrisse nell’ultimo numero de “Il Mondo”, il settimanale da lui fondato e diretto dal 1949: “Abbiamo sempre sostenuto il dovere delle minoranze. Dei partiti, dei gruppi e degli individui di rompere questo clima, di opporsi, di criticare, di protestare, di lavorare assieme. Perfino un partito politico, il Partito radicale fu fondato su questo impegno. Per anni abbiamo sollecitato socialisti e repubblicani, liberali autentici e indipendenti, a costruire alleanze democratiche, fronti laici, terze forse; abbiamo denunciato l’invadenza clericale, il sottogoverno delle maggioranze, i connubi tra mondo politico e mondo economico. Abbiamo deplorato con ostinazione la chiusura irrimediabile del mondo comunista alle sollecitazioni della libertà. Tante volte in questi lunghi anni, quando le cose sembravano più buie e aggrovigliate, ci siamo domandati: come mai correnti d’ispirazione liberale e democratica, fedeli a una tradizione di pensiero di grande nobiltà, che trae le sue origini dal sorgere dell’Italia moderna e che ha avuto maestri come Cavour, Mazzini, Benedetto Croce, Gaetano Salvemini, Giovanni Amendola, hanno trovato e trovano così poca udienza nel nostro paese e insieme una così unanime agguerrita ostilità da renderle simili a pattuglie isolate di frontiera, quasi separate dal tessuto vitale della nazione?… L’intellettuale, per noi, è una figura intera. L’uomo politico, se non vuole essere un puro faccendiere, è anch’esso un intellettuale che vive pubblicamente e che fa con naturalezza la sua parte nella società”. Massimo Teodori

1 commento:

Anonimo ha detto...

MI CONGRATULO, " FRATELLO ",IL TUO ESOTERISMO..ED ESSOTERISMO...COSMOGONICO MI AGGRADANO POICHE BEN RIPRODOTTI RISPECCHIANTI LA REALTA INVISIBILE...ESPRESSA ,ANCHE, DALLA TEOGONIA SAPIENZIALE MISTERIOSOFICA-DR.ADAMO ADAMAS