26 ottobre 2011

- L'uomo che andava facilmente in collera



Un uomo che si arrabbiava facilmente si rese conto, dopo molti anni, a che punto questa tendenza gli aveva reso la vita difficile.Un giorno sentì parlare di un derviscio di grande conoscenza, dal quale si recò per chiedere consiglio."Va' all'incrocio che ti indicherò", disse il derviscio. "Vedrai un albero inaridito: siediti sotto l'albero e offri dell'acqua a tutti coloro che passeranno". L'uomo fece ciò che gli era stato detto. Passarono molti giorni, ed egli si guadagnò una reputazione di asceta che si imponeva una severa disciplina di carità e autocontrollo, sotto la guida di un uomo di vera conoscenza.Un giorno, un passante frettoloso voltò la testa dall'altra parte quando gli fu offerta l'acqua, e proseguì per la sua strada. L'uomo che si arrabbiava facilmente gli gridò a più riprese: "Vieni, ricambia il mio saluto! Prendi un po' di quest'acqua che do a tutti i visitatori!".Ma non ottenne risposta.Sconvolto da quel comportamento, il nostro uomo dimenticò completamente la sua disciplina. Imbracciò il fucile, che era appeso all'albero inaridito, prese di mira quel passante indifferente e premette il grilletto: l'altro cadde a terra stecchito.Nel momento stesso in cui la pallottola attraversò il suo corpo, alcuni fiori sbocciarono gioiosamente sull'albero inaridito, come per miracolo. Colui che era stato appena ucciso era un assassino che si stava accingendo a commettere il peggiore di tutti i crimini della sua già lunga carriera di criminale.Ci sono due tipi di consiglieri. I primi dicono che bisogna agire in base a certi principi prestabiliti da seguire meccanicamente. I secondi sono gli uomini di conoscenza. Coloro che incontrano l'uomo di conoscenza gli chiederanno consigli moralistici e lo prenderanno per un moralista. Ma egli è al servizio della Verità, non dei pii desideri.
www.sufi.it

25 ottobre 2011

- L'universo è un mandala



Secondo il fisico Antony Garrett Lisi l'universo ha una forma grafica ben precisa che si avvicina enormemente a quella di un mandala...
Rispose Stephen Hawking a chi gli chiedeva quale, tra tutte le cosmologie concepite dagli scienziati nell’ultimo mezzo secolo, fosse quella vera: «Lo sono tutte». Una delle più antiche e universali, concepita da chissà chi, è senz’altro l’armonioso Mandala. Il più antico sin qui conosciuto è una "ruota solare" paleolitica scoperta nell’Africa del sud. Il più nuovo è quello del fisico teoretico Antony Garrett Lisi. «L’universo potrebbe avere una forma grafica precisa». Questo afferma
Antony Garrett Lisi fisico “singolare” che da qualche mese fa parlare di se. E se c’è l’ha, quanto è vero il suo modello unificato - è quella di un Mandala. Della serie: i tibetani la sanno lunga? Fin troppo, sono convinti i cinesi! Lisi, però, l’ha chiamato E8, come lo schema matematico a cui si rifà il suo modello. Si tratta di una “struttura” di 248 punti che incorpora le simmetrie di una geometria a 57 dimensioni ed è esso stesso a 248 dimensioni, della serie sembra tondo, ma ha 248 lati, come il più fine dei diamanti. Ecco come lo definisce Garrett: «Quello che sono riuscito a fare è descrivere tutte quelle particelle, includendo la gravità, quali parti di un singolo campo, con un singolo calibro di raggruppamento. E successivamente, ho scoperto che questo calibro è l’E8, forse una delle più belle strutture in matematica». Di fatto a rendere semplice la sua teoria del tutto è l’impiego di una sola dimensione temporale e tre spaziali, una cosina semplice dal punto di vista matematico. Detto così è roba che capiscono in pochi e quindi, a maggior ragione, seguendo l’intuito, conviene andare a veder meglio che cosa si dice sul mandala. Dicesi Mandala… secondo Wiki (non mia sorella, ma wikipedia): “è una parola che in sanscrito significa cerchio o ciclo. È associata alla cultura veda (vedi RigVeda, scritture che risalgono alla notte tempi), e molto assai a quella tibetana (aggiungo io). Il termine Mandala è usato anche per indicare un disegno composto dall'associazione di diverse figure geometriche, le più usate delle quali sono il punto, il triangolo, il cerchio ed il quadrato”. Se si guardano le animazioni della teoria del surfista - sport che Garrett preferisce a quelli solitamente adottati nei laboratori accademici - come appaiono sul video del New Scientist, non si può che rimanere affascinati. Elettroni, protoni, neutrini, quark e antiquark sono indicati, guarda caso, da piccoli triangoli e cerchi di colori diversi che, in una elegante quanto ordinata danza, si scompongono e ricompongono in quella che potrebbe essere, secondo Lee Smolin del Perimeter Institute for Theoretical Physics in Canada, “l’intuizione favolosa”. «È uno dei migliori modelli di unificazione che io abbia mai visto in molti, molti anni» - ha affermato Smolin, appena uscito di fresco. A parte il fatto che dopo la rinuncia di Hawking si sfornano teorie unificanti come brioches, viene da chiedersi se il professor Smolin metta mai il naso fuori da suo laboratorio, perché di modelli così, e unificanti pure, se ne vedono da secoli! Gli scienziati, però, si sa, sono alla scoperta dell’algoritmo che spieghi ogni cosa, una volta per tutte. Talvolta, se non fosse per quella “nobile mania” alla misurazione e all’equazione totocontenente si ha l’impressione di trovarsi di fronte alla cosiddetta scoperta dell’”acqua calda”, che peraltro sempre secondo gli ayurvedici è un ottimo sistema curativo, che fa bene a tutto, tranne che all’industria farmaceutica. In compenso, il naso in laboratorio è il nostro fisico surfista, scalatore e esploratore (di giungle e foreste) dottor Lisi che non ce lo mette. Egli sembra godersela tra una scarpinata sulle onde e una sulle montagne. Magari è proprio quando è in cima all’una o all’altra, in quell’attimo unico e onnipresente in cui l’occhio tutto abbraccia in una visione unificante, che è colto da intuizione… matematica! Si dice ancora sui Mandala, sempre su Wiki: “Il Mandala rappresenta per i buddhisti il processo secondo cui il cosmo si è formato dal suo centro… essi riconoscono, però, che i veri Mandala possono essere solamente mentali”. Le immagini o i materiali fisici, come la fine sabbia colorata, servono per costruire il mandala materiale solo per il periodo della pratica religiosa. Completato, il Mandala viene semplicemente distrutto, spazzando via la sabbia di cui è composto. Questo gesto vuole ricordare la continua mutevolezza e caducità delle cose, il loro potenziale vuoto. Garrett Lisi sta aspettando che gli esperimenti al Cern confermino la sua teoria, prima di distruggere o no il suo. Speriamo che la Scienza, quella con la lettera maiuscola, come al solito, non si ostini!
Elsa Nityama Masetti

22 ottobre 2011

- Nikola Tesla: un genio dimenticato in Italia.

"La scienza non è nient'altro che una perversione se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell' umanità". Nikola Tesla
"Il progressivo sviluppo dell'uomo dipende dalle invenzioni. Esse sono il risultato più importante delle facoltà creative del cervello umano. Lo scopo ultimo di queste facoltà è il dominio completo della mente sul mondo materiale, il conseguimento della possibilità di incanalare le forze della natura così da soddisfare le esigenze umane".
Così Nikola Tesla apre il primo capitolo della propria autobiografia, un volumetto polveroso fuori catalogo, comprato per pochi soldi in un negozio di libri usati situato oltreoceano. Sì, sembra proprio che questo libro fosse un "fondo di magazzino", riguardante qualcuno non così importante. Peccato che a questo "qualcuno non così importante" si debbano molte invenzioni che ognuno di noi usa nella vita quotidiana, perché proprio a questo signore quasi dimenticato si devono i rudimenti di molte scoperte, sviluppate da altri uomini di Scienza, quali la radio, o il radar. Nel migliore dei casi, il suo nome è connesso all'unità di misura dell'induzione elettromagnetica, cioè dei campi elettromagnetici generati dalle antenne per le trasmissioni radiotelevisive e da quelle per le comunicazioni via cellulare. Vogliamo almeno per poco, gettare il fascio dei riflettori su questo scienziato ingiustamente dimenticato, poiché ciò che noi vogliamo sottolineare è che il suo operato è sempre stato, per usare parole sue, "al servizio della specie umana", non interessato al successo personale. Nikola Tesla nacque nella notte fra il 9 e il 10 Luglio 1856 a Smilijan. Il padre, Milutin Tesla di origine serba, era un ministro del culto ortodosso. Sua madre, Duka Mandic, abile ricamatrice, era una donna non istruita (non era andata a scuola per accudire i propri fratelli e le proprie sorelle dopo la malattia che aveva reso cieca la madre), ma era dotata di memoria prodigiosa. Tesla ha sempre ricordato che la propria madre citava interi testi della Bibbia e di poesia e affermava di avere ereditato da lei molte delle proprie abilità, non solo una memoria fotografica ma anche altre facoltà intellettive come una notevole inventiva e industriosità. Ella infatti ricavava dalle fibre vegetali delle piante da lei coltivate il filo utilizzato nei lavori di ricamo e di cucito . Dopo aver terminato gli studi di fisica e matematica al Politecnico di Graz, Austria (contemporaneamente aveva iniziato a studiare filosofia all'Università di Praga), studiando 19 ore al giorno e dormendo solo due, il nostro dimenticato scienziato provò sempre di più strani fenomeni, risalenti all'infanzia. Nel buio poteva sentire l'esistenza di oggetti "come un pipistrello". Non solo. E' vero che fin dall'infanzia VEDEVA LAMPI DI LUCE CHE INTERFERIVANO LA SUA VISIONE DEGLI OGGETTI REALI, ma in quel momento all'età di venticinque anni, l'intensità di tali lampi di luce non solo era aumentata, ma addirittura questi lampi lo circondavano costantemente. La sua reazione a tali fenomeni consistette nel fatto che un semplice concetto, espresso verbalmente, si delineava nella sua mente come un'immagine che egli vedeva e sentiva come se fosse reale. Ma Tesla non era nuovo a queste esperienze. Tesla stesso, nella sua autobiografia, dichiara che nell'età adolescenziale, quando era solo di notte, viaggiava in mondi sconosciuti e lontani, dove intraprendeva nuovi studi e intraprendeva delle conversazioni con individui che gli parevano reali come il mondo esterno. Egli stesso esclude che tali fenomeni siano state delle semplici allucinazioni. Già all'età di diciassette anni, in seguito a questi fenomeni, egli scoprì di poter creare delle invenzioni nell'intimo della propria sfera psicologica, della propria mente, avendo l'immagine davanti a sé dell'invenzione compiuta, riuscendo a definire le eventuali modifiche che era necessario apportare senza ricorrere a disegni, progetti, modelli o esperimenti compiuti nel mondo esterno. Con nostro stupore, questo è sempre stato il metodo di lavoro di Tesla. Non sembra poi così audace sostenere che lo Scienziato Croato sia venuto a contatto con altri mondi e altre dimensioni. Molti anni dopo, nel 1899, nel suo laboratorio a Colorado Springs, il suo trasmettitore ricevette un segnale che si ripete continuamente. Egli affermò di aver ricevuto un messaggio dallo spazio. Fu ridicolizzato per questa sua scoperta. Egli comunque, fu il primo uomo a scoprire le onde radio dallo spazio. In un'altra fonte da noi usata per questo lavoro si afferma che Nikola Tesla lavorò con la tecnologia relativa al viaggio nel tempo. Si crede che le sue conoscenze provengano da entità di altri mondi. In ogni caso, è proprio in questo periodo in cui Nikola Tesla affronta queste singolari esperienze, che egli inizia ad avere brillanti idee nel campo della fisica e inizia a dedicarsi anima e corpo al principio della corrente alternata. Nel 1881, mentre lavora come disegnatore e progettista all'Engineering Department del Central Telegraph Office, inizia ad elaborare il concetto della rotazione del campo magnetico che rese la corrente alternata, quale è tutt'oggi, uno strumento indispensabile per la fornitura di corrente elettrica. L'anno successivo, il nostro scienziato, sempre più interessato al principio della corrente alternata, si trasferisce a Parigi, essendo stato assunto dalla Continental Edison Company. Nel 1883 egli dà vita al primo motore a induzione di corrente alternata, in pratica, un generatore di corrente alternata. Durante la creazione del motore a corrente alternata, Tesla seguiva un metodo di lavoro diverso dagli altri Uomini di Scienza suoi contemporanei, dando prova delle sue straordinarie facoltà intellettive. Non era necessario per lui ricorrere a progetti, modelli o a diversi esperimenti pratici per raggiungere l'ottimale funzionamento della sua invenzione. Nella sua mente egli aveva ben chiaro il progetto del motore a corrente alternata. Laddove era necessario apportare delle modifiche a singole parti, queste operazioni erano attuate solo nell'ambito della viva immagine che lo scienziato aveva della sua scoperta. Solo quando egli riteneva che il suo congegno fosse a uno stato ottimale di progettazione, egli dava incarico ai suoi collaboratori di procedere alla costruzione, dando loro per filo e per segno le misure di ogni singolo pezzo che componeva il motore. E, una volta costruito, il motore a corrente alternata funzionava! Nel 1884, il giovane Tesla, desideroso di far conoscere le proprie scoperte, si reca negli Stati Uniti, sempre per lavorare alla corte di Edison. Tesla espose i concetti della sua scoperta relativa alla corrente alternata al grande Edison. Tuttavia, quest'ultimo era un fiero sostenitore della tecnologia relativa alla corrente diretta, e le idee espresse suscitate dal giovane scienziato croato non suscitarono alcun interesse. Tesla non si perse d'animo e continuò a lavorare duramente per Edison. Anche se non troppo volentieri, accettò l'incarico datogli da Edison di provvedere alla modifica della progettazione della dinamo, cioè generatori, di corrente diretta. E vogliamo sottolineare che il suo appoggio alla produzione e distribuzione di corrente alternata non era motivato da fini egoistici di successo personale. La produzione e distribuzione di corrente alternata implicano costi minori (in particolare la distribuzione copre spazi più ampi) rispetto alla produzione e distribuzione di corrente diretta. Tesla era sì teso al vedere affermate le proprie scoperte e invenzioni, ma perché queste erano destinate a "far vivere meglio," a contribuire al miglioramento delle condizioni dell'uomo. Purtroppo, in questo primo tempo, prevalsero l'uso e l'interesse relativo alla corrente diretta, non solo perché Edison aveva un forte sèguito nel mondo scientifico, ma anche perché i grandi magnati dell'epoca avevano fino a quel momento investito e finanziato nella tecnologia relativa la corrente diretta. Non solo: a questo stadio, Tesla non solo vide respinte le proprie idee e innovazioni, ma dovette subire dalla una beffa dallo stesso Edison: per l'opera di modifica dei generatori di corrente diretta, a Tesla era stato promesso un compenso di 50,000 $. Una volta terminato il proprio compito, egli si vide rifiutato il proprio credito dallo stesso Edison con una battuta ironica di dubbio gusto. Le nostri fonti sostengono infatti che Edison liquidò Tesla con la frase " Tesla, voi non capite il nostro humour americano", sostenendo in pratica che la ricompensa promessa fosse un solo scherzo. Non sembra troppo difficile comprendere il motivo per cui il nostro Uomo di Scienza abbandonò la Edison Company. Nel frattempo, seguendo sempre il suo metodo, Tesla giunse ad un'altra delle sue brillanti scoperte, la bobina di Tesla, un trasformatore ad alta frequenza, che è uno strumento indispensabile per la trasmissione, e quindi la fornitura a case ed industrie, della corrente alternata. Nel maggio del 1885, il magnate Westinghouse acquistò i brevetti di Tesla relativi soprattutto, al motore a corrente alternata e alla bobina. Così da creare la Westinghouse Electric Company. In base ad un contratto stipulato fra Westinghouse, Tesla avrebbe ricevuto dei compensi altissimi, in particolare un milione di dollari per i brevetti e le royalties. Tuttavia se Westinghouse avesse poi pagato tali somme, la Westinghouse Electric Company avrebbe dovuto sopportare dei costi troppo alti e si sarebbe trovata in difficoltà sul mercato rispetto alle concorrenti aziende. Tesla si recò da Westingouse affermando: "I benefici che deriveranno alla società dal mio sistema di corrente alternata polifase è per me più importante dei soldi che entreranno nelle mie tasche. Mr. Westinghouse, voi salverete la vostra azienda così potrete sviluppare le mie invenzioni. Qui c'è il vostro contratto e qui c'è il mio, li strappo a pezzetti e non avrete più problemi con le mie royalties". Non c'è dubbio che Tesla sia stato un uomo coerente con sé stesso: egli ha sempre affermato che lo scopo della scienza era il miglioramento delle condizioni dell'umanità. E questo episodio mostra quanto egli ritenesse che lo sviluppo, lo sviluppo delle condizioni materiali (e psicologiche) dell'Uomo fosse l'obiettivo che l'Uomo di Scienza doveva a tutti i costi raggiungere, anche a costo di sacrificare il proprio vantaggio personale. Grazie al suo gesto Westinghouse potè rimanere nel business e diventare ricco. Tesla al contrario, no. Egli ha preferito che altri diventassero ricchi, raggiungessero quindi il successo economico e che tutta l'umanità, quindi godesse dei vantaggi delle sue invenzioni. Schivo dal successo personale ed egoistico, egli era felice di trasmettere il proprio successo agli altri. Tesla forse, è stato uno dei primi che ha capito che cosa volesse dire la parola "Successo". Ognuno di noi è teso verso il futuro, al successo personale, limitato e chiuso. Tesla al contrario, comprese che il successo non era solo questo ma era di più: la condivisione e il trasferimento dei propri risultati e conquiste agli altri, al mondo esterno. Circa gli scopi che l'Uomo di Scienza deve conseguire, disse: "L'Uomo di Scienza non mira ad un risultato immediato. Egli non si aspetta che idee avanzate siano immediatamente accettate. Il suo dovere è fissare i principi fondamentali per quelli destinati a venire dopo e indicare la strada". E questo è accaduto spesso nella vita di Tesla, perché egli ha aperto la strada, nella creazione di importanti innovazioni, a Uomini di Scienza divenuti più rinomati di lui. Vediamo questo come è potuto accadere. Tesla sosteneva l'esistenza in natura, di campi energetici, di "energia gratuita" cui diede il nome di etere. E attraverso l'etere, si potevano trasmettere, ad esempio, altre forme di energia. La convinzione dell'esistenza nell'Universo di un'energia inesauribile e potentissima sorse in lui nell'età infantile, quando giocando a palle di neve con gli altri ragazzini, aveva assistito ad una slavina. Egli era convinto che quella frana sia stata provocata da una semplice palla di neve e che era bastato un piccolo urto per avere il fenomeno della slavina, con le sue conseguenze. Egli dedusse quindi che esisteva un'energia immagazzinata nel cosmo che, se opportunamente sfruttata, poteva rendere possibile l'utilizzo della tecnologia umana. Nel maggio del 1899, si recò a Colorado Springs dove istallò un laboratorio. Egli riteneva possibile, infatti grazie a questo "pozzo di energia inesauribile", l'etere, trasmettere energia elettrica a località lontane senza la necessità di ricorrere ai fili di conduzione elettrica, e quindi agli elettrodotti. In particolare, scoprì che la Terra, o meglio la crosta terrestre, era un ottimo conduttore di energia elettrica, dal momento che un fulmine che colpisce il suolo, crea delle onde di energia che si muovono da un lato della terra all'altro. Egli istallò nel proprio laboratorio un'enorme bobina che aveva lo scopo di mandare impulsi elettrici nel sottosuolo, così da permettere il trasferimento di energia elettrica a lampadine poste a una notevole distanza. Secondo le fonti usate nel nostro lavoro, non esistono prove effettive che Tesla sia riuscito a trasmettere energia elettrica a lunga distanza. Sta di fatto che egli successivamente, cambiò approccio per realizzare la trasmissione di corrente elettrica senza fili. Egli sosteneva che la zona dell'atmosfera terrestre posta a 80 Km dal suolo, detta ionosfera, era fortemente conduttrice, e quindi poteva essere sfruttata per trasportare energia elettrica verso lunghe distanze. Ma era necessario risolvere il problema di come inviare segnali elettrici ad una tale altitudine.
Ritornando a New York, Tesla scrisse un articolo di respiro futuristico sul Century Magazine, affermando la possibilità di catturare l'energia sprigionata dal sole e proponendo un "sistema mondiale di comunicazione" utile per comunicare telefonicamente, trasmettere notizie, musica, andamento dei titoli azionari, informazioni di carattere militare o privato senza la necessità, ancora una volta, di ricorrere ai fili. L'articolo catturò l'attenzione di un altro magnate dell'epoca, J. P. Morgan che offrì un finanziamento di 150,000 $, eisiguo per costruire tale stazione trasmittente. Tesla si mise subito al lavoro, procedendo alla costruzione di una torre altissima nelle scogliere di Wanderclyffe, Long Island, New York. La Wanderclyffe Tower non era altro che uno sviluppo delle idee maturate da Tesla a Colorado Springs. La torre consisteva in una struttura in legno ed era impiantata nel terreno grazie a dei "tubi" di ferro, conduttori di energia elettrica. Alla sua sommità si trovava una sfera di acciaio. Per quanto la Wanderclyffe Tower si fondasse sul principio della radio, lo scopo che primariamente Tesla voleva conseguire era la trasmissione di elettricità senza fili, obiettivo che il nostro scienziato non espose a Morgan. E questo fu un errore fatale. Il 12 Dicembre 1901 il mondo fu sconvolto da una notizia sensazionale: Guglielmo Marconi aveva trasmesso la lettera "S" oltreoceano, da una località in Cornovaglia tale informazione era stata trasmessa a Newfoundland, in America. Morgan, contrariato, ritirò l'appoggio finanziario a Tesla.
Il magnate era adesso contrariato dall'idea di "energia gratuita", quindi non possibile oggetto di transazioni commerciali . Ancora una volta gli interessi economici che i grandi finanziatori volevano perseguire frustravano l'obiettivo che lo scienziato croato voleva perseguire: l'evoluzione tecnologica e in ultima sostanza, il benessere dell'umanità. Ciò che stava a cuore a Nikola Tesla era la serenità e la felicità dell'uomo intero. Questo era l'obiettivo che Tesla era sempre realizzato a perseguire nel suo lavoro di scienziato vero: poco spazio occupavano nella sua mente il tornaconto e il vantaggio economico. Ma questo suo ideale si è scontrato nella sua vita con il prevalere degli interessi finanziari ed ha pagato di prima persona questa sua attitudine, poiché se non avesse rinunciato al contratto concluso con Westinghouse, egli avrebbe potuto dare seguito concreto alle proprie scoperte, come la Wanderclyffe Tower, impedendo che altri al suo posto raggiungessero il successo personale, anche economico. Egli era veramente un uomo di Scienza disinteressato, poiché la sua mente era impegnata solo nel processo di innovazione scientifica, mente era del tutto disinteressato alla produzione delle sue scoperte. Questo lo lasciava indifferente, preferiva lasciarlo agli altri. Una fonte usata nel nostro lavoro sostiene che Tesla in un qualche momento della sua vita aprì il proprio laboratorio a Marconi, fornendogli delle notizie utili, che sono state sviluppate e attuate dallo scienziato italiano. Alla notizia della trasmissione del segnale da parte di Marconi, reagì affermando che lo scienziato italiano aveva utilizzato 17 dei suoi brevetti. Sì, Nikola Tesla è stato coerente con la propria idea di Uomo di Scienza: "Il suo dovere è fissare i principi fondamentali per quelli destinati a venire dopo e indicare la strada". Non sembra azzardato affermare che fu Tesla comunque, che per primo lavorò con le onde elettromagnetiche radio. Del resto esistono dei brevetti, patents, che provano ciò. E proprio fondandosi su questi brevetti che il nostro Uomo di Scienza ricorse in giudizio per tutelare i propri diritti. Sfortunatamente, una prima sentenza del 1915 non gli riconobbe tali diritti. Solo nel giugno del 1943, cinque mesi dopo la sua morte, la Corte Suprema degli Stati Uniti in una sua decisione, (caso 369, 21 Giugno 1943) riconobbe che Tesla aveva per primo inventato la radio. Tutt'oggi, si riconosce ancora a Marconi questa invenzione, perché questi per primo inviò un segnale oltreoceano. Ma se Marconi riuscì a conseguire tale successo, è grazie anche alle scoperte attuate precedentemente da Tesla. E non solo per quanto riguarda la radio. Abbiamo detto che Tesla diede il proprio contributo anche relativamente all'invenzione del radar. All'inizio della prima guerra mondiale, Tesla ipotizzava un congegno per individuare delle navi inviando segnali che consistevano in onde radio ad alta frequenza. Il concetto che sta dietro a questa idea sta a significare un dispositivo particolare: il radar. Sarà proprio il Marchese Guglielmo Marconi a sviluppare questo concetto, attuando questa idea e ponendo, nella realtà dei fatti, le basi per la costruzione del radar. Nel 1934 Marconi realizzò il collegamento radiotelegrafico fra l'Elettra (il suo laboratorio situato su un veicolo natante) ed il radiofaro di Sestri Levante, successivamente, nel 1935 compì esperienze di avvistamento sulla Via Aurelia. Ironia della sorte, Tesla nel suo percorso di vita, incontrò molte volte Guglielmo Marconi. Nel 1912, Tesla venne candidato al Premio Nobel per la Fisica. Egli lo rifiutò per non averlo ricevuto nel 1909, al posto di Marconi. Nel 1915, di nuovo, Tesla rifiutò il premio Nobel, venendo a conoscenza del fatto che avrebbe dovuto condividerlo con Edison. Entrambi non ricevettero tale onorificenza. Ancora una volta Tesla si mostra lontano e schivo dagli onori, dal successo personale, lasciando il conseguimento di tutto ciò agli altri. Lo scienziato croato sosteneva inoltre, di non stimare Edison uno scienziato in senso stretto dato il suo metodo di lavoro. Disse al riguardo: "Se Edison dovesse cercare un ago in un pagliaio, egli procederebbe con la meticolosità di un'ape ad esaminare pagliuzza per pagliuzza finchè non trova l'oggetto della sua ricerca". Sembra evidente che Tesla criticasse il ricorrere eccessivo di Edison a continui e dispendiosi tentativi, progetti, modelli, quand'egli, al contrario, faceva progetti e tentativi nell'ambito della sua mente. Sembra plausibile ritenere che Tesla non volle condividere con Edison il Premio Nobel anche dato lo "scherzo" di dubbio gusto tiratogli proprio da Tom Edison anni prima. Ironia della sorte ancora, nel 1917 gli venne concessa, per il suo contributo al sapere scientifico, una onorificenza intitolata, guarda caso, a Edison, la Edison Medal, che egli accettò. Superata la mezza età, Tesla, nonostante le sue innovative scoperte, era a corto di soldi, spostandosi da un albergo a basso prezzo ad un altro, passando le giornate a nutrire piccioni e aspettando che qualche altro magnate, desideroso di diventare ricco a sue spese, finanziasse la realizzazione dei suoi progetti. Non ci sono notizie precise relative alla data precisa della sua morte. Si suppone che sia morto il 7 gennaio 1943, all'età di 86 anni. Tesla viveva solo, in una stanza d'albergo. Il suo corpo senza vita venne trovato il giorno dopo. Più di 2000 persone presenziarono il suo funerale a Manhattan. Così, questo vecchio, dopo una lunga esistenza dedicata all'evoluzione della scienza e del benessere dell'Umanità, morì solo, povero e quasi dimenticato. Solo pochi mesi dopo la sua morte la Corte Suprema Federale gli riconobbe la paternità della radio. Ancora una volta la sua vita è coerente con quanto egli scrisse o disse: " Lasciamo che il futuro dica la Verità, e giudichiamo ciascuno secondo la propria opera e gli obiettivi".



19 ottobre 2011

- Principio antropico ed entropia

Il DNA, l’anima della vita. Ha avuto bisogno di condizioni particolari per dare origine agli organismi complessi (tra cui l’uomo) che conosciamo oggi. Le dimensioni, la forma e la posizione del nostro pianeta nell’universo hanno quindi giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo della vita, e nessun particolare sembra essere stato lasciato al caso.Se la Terra fosse stata solo leggermente più vicina al nostro astro, l’intenso calore ne avrebbe fatto evaporare l’atmosfera e tutte le acque superficiali e le radiazioni letali provenienti da esso avrebbero sterilizzato l’intera superficie. Al contrario una maggiore distanza l’avrebbe relegata in una morsa di freddo. Inoltre essa possiede un campo magnetico, ovvero una forza generata al suo interno che, come una calamita, attira e devia il flusso di particelle energetiche provenienti dal Sole, comportandosi come uno scudo. E ancora la sua massa le permette di trattenere una densa atmosfera indispensabile alla vita, e la sua geologia è strutturata in modo tale da essere estremamente dinamica, permettendo un rinnovamento continuo della superficie. Inoltre possiede tutta una serie di movimenti che le permettono di distribuire equamente il calore ricevuto dal Sole. E poi c’è la Luna, il nostro satellite, che non è solo un romantico ornamento del cielo, bensì un elemento che stabilizza l’asse terrestre al punto da garantire un certo clima per periodi lunghi e favorire quindi lo sviluppo della vita.Ma nelle condizioni favorevoli sono incluse anche le caratteristiche della nostra stella. Se fosse stata troppo grande avrebbe inghiottito la Terra o, quantomeno, avrebbe bruciato troppo in fretta per accompagnare le tappe dell’evoluzione biologica. E se fosse stata troppo piccola il suo calore non sarebbe stato sufficiente a scaldarci. Inoltre il Sistema Solare è posizionato in una zona periferica della galassia, abbastanza distante dalla zona centrale da salvaguardarsi dall’energia mortale prodotta dai fenomeni molto violenti che vi avvengono, ma non troppo per fare a meno degli elementi chimici pesanti che utilizza la vita. Sebbene di per sé già eloquenti, queste osservazioni assumono addirittura un ruolo di secondo piano se proiettate nel contesto più generale delle caratteristiche del cosmo, che è strutturato in modo che ogni suo fenomeno avviene coordinato all’unisono con tutto il resto, al punto che il cambiamento minimo di una grandezza fisica ne sconvolgerebbe totalmente le caratteristiche e l’evoluzione. Quindi avrebbero potuto esistere infiniti universi differenti da quello che vediamo oggi, tanti quante le combinazioni nei parametri fisici che conosciamo. Allora perché l’universo è così com’è? E se fosse stato diverso, cosa ne sarebbe stato di noi? La nostra esistenza necessita di condizioni talmente particolari che sembra quasi siano state create apposta in questo modo per permettere la nostra presenza. Ma allora qual è lo scopo della nostra esistenza? E che rapporto c’è tra la nostra creazione e quella di un cosmo che sembra fatto apposta per noi? Il suo creatore (qualsiasi sia la sua natura) aveva forse una scelta o un progetto? Questa considerazioni ci pongono di fronte ad un bivio: o l’universo è stato confezionato appositamente per noi (circostanza nota nel mondo scientifico con il nome di Principio Antropico), oppure siamo sulla strada sbagliata e stiamo prendendo in esame solo i processi correlati alla nostra presenza, allo stesso modo in cui un pesce in uno stagno è interessato solo alla pozza d’acqua che lo circonda. Il Principio Antropico si rispecchia nella visione antropocentrica del cosmo predicata dalla chiesa cattolica qualche secolo fa, dove l’uomo e il suo pianeta erano al centro del Creato e la sua ragione ultima. Secoli di storia e di sofferente ricerca scientifica hanno lentamente scardinato tale dogma; tuttavia l’interpretazione dei nuovi dati sperimentali tende a ridare un ruolo di primo piano all’essere umano. Sì, perché?La materia e l’energia nell’universo sono disposte in modo estremamente ordinato, organizzate ad ogni livello in strutture complesse. Tuttavia ciò è in palese contrasto con la tendenza spontanea dei fenomeni naturali di passare da forme concentrate e organizzate di materia ed energia verso distribuzioni più casuali. Nel linguaggio scientifico questa proprietà della natura viene chiamata Entropia. Ogni volta che viene compiuta un’azione, c’è una trasformazione da uno stato di ordine a quello caotico dal quale non si può ricavare più lavoro utile. I processi legati alla vita sono l’esempio più eclatante di tale regola; assumiamo alimenti strutturati per estrarre la loro energia chimica che consumiamo nei nostri gesti quotidiani, così come le stelle sviluppano calore grazie alla combustione delle loro masse avviandosi verso un’inesorabile morte termica.Ma se i processi fisici tendono al caos, perché questa ordinata complessità della vita perfettamente inserita nell’architettura del cosmo? Siamo immersi in un universo che si evolve sperperando energia, ma secondo una danza sincronizzata all’unisono di ogni suo componente, disposto in vari sistemi con una gerarchia ben precisa: i pianeti attorno alle stelle, che a loro volta si raggruppano in ammassi, quindi in galassie, che si dispongono in gruppi. Come si spiega questo paradosso? E che ruolo gioca la vita in questa sinfonia cosmica? I nostri strumenti di ricerca hanno raccolto una quantità considerevole di informazioni sul cosmo, consentendoci di costruirne un modello accettabile. Ma quando cerchiamo di risalire alle sue origini per comprenderne i meccanismi, esso comincia a eludere le nostre tecniche d’indagine rendendole vane. In sostanza le stesse leggi fisiche che ci permettono di interpretare i fenomeni, si rivelano inadeguate per ipotizzarne la genesi. Come è possibile tutto ciò? Come possono venire meno i fondamenti su cui si basa tutta la nostra cultura scientifica?
Sabrina Mugnos


11 ottobre 2011

- Napoli il Grande Oriente celebra i 150 anni dell’Unità d’Italia.








L'intervento del Gran Maestro, Gustavo Raffi, al Convegno di Napoli
Sud alza la voce. Legalità, cultura e giovani per il riscatto delle coscienze
"Sud alza la voce. Non si può più sbagliare: basta con le politiche dell'assistenzialismo e degli interventi a pioggia, che puntualmente finiscono sempre nel cortile di qualcuno: c'è bisogno di un grande progetto per il riscatto del Mezzogiorno che punti su giovani, cultura, legalità e scuola. Solo così si potrà celebrare davvero l'Unità d'Italia". E' quanto ha affermato il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Gustavo Raffi, al convegno 'Dalla Campania per l'Italia', che si è tenuto oggi al Teatro di Corte di Palazzo Reale, a Napoli.
"Siamo dalla parte - ha aggiunto il Gran Maestro di Palazzo Giustiniani - di quanti in questi anni hanno conservato un pensiero libero, tenuto controvento. Hanno denunciato malaffare e interessi di parte e non di rado hanno pagato per le loro scelte di coerenza. Il riscatto del Sud è la priorità del Paese, perché significa lotta per il lavoro e per i diritti, per una cultura della libertà che fa strada al cambiamento. Si traduce in scelte concrete perché tutto deve partire da una cultura di fondo che non è quella dei mandolini e dei nuovi Pulcinella ma è il coraggio di strappare i giovani alla droga. E' la responsabilità - ha sottolineato Raffi - di chi denuncia il racket, di chi si impegna ogni giorno facendo il proprio lavoro, dei maestri che a Scampia mettono i libri sui banchi della scuola pubblica per insegnare ai giovani che la verità non è la violenza, e che si può essere uomini liberi anche se si vive all'Inferno".
"A Napoli - ha rimarcato Raffi - non devono bruciare i cassonetti ma la rabbia per ciò che ancora non c'è, per ciò che vogliamo costruire. L'unica spazzatura in Campania devono essere i camorristi da consegnare alla patrie galere. La criminalità non può essere ammortizzatore sociale dove il lavoro scarseggia. Al Sud non si può sempre recuperare, bisogna anticipare. Dobbiamo affiancare e sostenere chi spezza le catene della minorità. Chi combatte per la dignità del Sud è nostro Fratello - ha scandito il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia - perché deve tramontare il tempo dei mezzucci e della raccomandazione, per premiare finalmente il merito".
"Lanciamo un appello alla coesione nazionale - ha concluso Raffi - attraverso un nuovo Patto di Fratellanza tra i cittadini. A Napoli e in Campania, fallito il miraggio del nuovo Rinascimento, venga il tempo di un Nuovo Risorgimento della Ragione. La stagione delle responsabilità condivise per dare risposte vere ai problemi e costruire il futuro. In nome dell'Uomo, per la verità dell'Italia".






7 ottobre 2011

- GLI ASTRI DEL TEMPIO













Caro Marco,
Anche se ho atteso molto, alla fine ho avuto la tua lettera. L’ho letta con la solita attenzione e credo di aver compreso che la mia descrizione del Tempio in chiave cabalistica non ti sia proprio piaciuta. Certo, sei cauto e gentile come al solito. Ma mi dici chiaramente che questa interpretazione ti sa di misticismo e di esoterismo un po’ esasperato. Bene. Ti sono grato per la sincerità. Ed io che speravo che cominciassi a studiare la Cabala. E’ un problema. Mi hai messo in crisi e sono costretto a chiedermi: Esiste un’altra possibile lettura del simbolismo globale del Tempio? Sarà possibile trovare uno schema “più scientifico” ? Uno schema in cui, in un qualche modo, si inserisca un’analisi “più verificabile” ? E non debba richiedere, oppure ne richieda molto meno, un atteggiamento di accettazione passiva? Come al solito, si tira in ballo il problema della certezza e della dimostrazione inconfutabile. Tu sai, però, che, spesso, si tratta di pura utopia, ed io non pretendo di possedere la verità. Nonostante tutto, non mi sono tirato indietro e mi sono messo al lavoro. Ciò che leggerai non ha nulla di “mistico”, anzi… Se poi sarai costretto a fare qualche elementare verifica astronomica, ti prego questa volta non te ne lamentare… e studia. E non dimenticare un po’ di filosofia e di simbolismo alchemico.
Buona lettura.
Con un triplice fraterno abbraccio.
P.
Qualche volta ti sembrerà di perdere il filo del discorso. Prima di andare avanti, osserva più attentamente la figura relativa e … rifletti un po’.
Da Torre Annunziata, Epifania dell’Anno 2004

La vera lingua universale, l’Araba Fenice a lungo cercata, è fatta di Simboli. Come ogni Parola deve necessariamente avere uno o più significati perfettamente definiti, così i Simboli sono significanti soltanto se, presi singolarmente, non contengono elementi di contraddizione. I Simboli vanno letti con la ragione ed interpretati con la sensibilità1. Non possono essere oggetto di pura contemplazione, né fantastica né metafisica. Di speculazione filosofica senz’altro. Nel Tempio e nel Gabinetto delle Riflessioni esistono Simboli che possiamo definire semplici e Simboli complessi. Il Compasso e la Squadra li possiamo definire Simboli semplici. Squadra e Compasso, uniti, costituiscono un Simbolo complesso. Il maggior Simbolo complesso, più ampio e polisemico, presente nel Tempio è
costituito dall’insieme degli Astri che vi sono rappresentati: il Sole, la Luna, il Pentalfa, lo Zodiaco ed il Cielo stellato. I segni astrologici, Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario e Pesci, indicano delle precise zone del cielo dell’ampiezza di 30 gradi lungo il tracciato dell’Eclittica 2. Duemila anni fa a questi segni corrispondevano perfettamente le costellazioni relative. Per la precessione degli Equinozi il punto vernale (γ)3 non cade più a 0° Ariete ma a circa 0° Acquario. Questo per quanto riguarda la valenza “astronomica”. La valenza “astrologica”, invece, rimane immutata. Permettetemi un inciso: quali conoscenze astronomiche dovevano necessariamente possedere le prime civiltà per definire il tracciato dell’Eclittica inclinata di 23° 27’ 8’’ rispetto al piano equatoriale ? E come conoscevano la posizione del Sole nel susseguirsi delle stagioni ? Intanto Berosso, Critodemo, Aristarco di Samo e Talete di Mileto ben sapevano della sfericità della Terra e della sua orbita intorno al Sole. Erano, poi, anche capaci di prevedere le eclissi solari.
Iniziamo ora il nostro viaggio tra gli astri del Tempio. Il Gabinetto delle Riflessioni sarà la nostra prima tappa. Sulla parete del lato Est è rappresentato il segno dell’Ariete, Segno di
Fuoco. Vi è, poi, una scritta: “Se tu perseveri sarai purificato dagli elementi 4, verrai fuori dall’abisso delle tenebre“. Questo è un invito a non indulgere nel lato negativo del “carattere” Ariete. Vi è dipinto un gallo, chiaro simbolo di risveglio e rinascita. Sulla parete del lato Sud c’è il segno del Capricorno, Segno di Terra: La scritta corrispondente è “Se tieni alle distinzioni umane, vattene”. Quindi un invito a sentirsi tutti fratelli, senza alcuna distinzione 5. Ad Ovest la Bilancia, Segno d’Aria: “Se la curiosità ti ha condotto qui allora esci”. Al Nord, al segno del Cancro Simbolo dell’Acqua, corrisponde la scritta : “Se la tua anima ha provato spavento, non andare oltre” 6. V. I. T. R. I. O. L.
”Visita interiora Terrae rectificando invenies occultum lapidem” 7 Come si è visto, nel Gabinetto delle Riflessioni troviamo i primi messaggi astrologici. Questi esprimono forti e severe valenze etiche. Vi si riconoscono chiaramente il “messaggio stoico” e “la saggezza epicurea”. Invitano a realizzare una profonda autovalutazione, utilizzando uno schema “astrologico - alchemico”, in cui, evidentemente, vengono anche riportate le valenze negative dei segni “cardinali” (Ariete-Bilancia, Cancro-Capricorno). Vi sono, poi, riportati i glifi dei Quattro Elementi (Fuoco – Aria – Acqua – Terra) 8. La parete Nord reca, ancora, i glifi dello Zolfo 9 e del Sale 10. In questo Gabinetto si suole “fare Testamento”. Se si tiene conto di ciò, non è difficile scoprire una chiara analogia con la “confessione del defunto”, come riportato nel Libro dei Morti degli Egizi 11.
Il Tempio
Cerchiamo, ora, di passare ad una dimensione esclusivamente zodiacale. Avremo lo schema seguente. Al lato dell’Oriente corrispondono due segni astrologici: L’Ariete e i Pesci. In corrispondenza di questi segni c’è il Sole in Ariete e la Luna nei Pesci. Qui siede il Maestro Venerabile. Astrologicamente, il Sole in Ariete è in esaltazione 15. La Luna in Pesci è altrettanto in esaltazione 16. La congiunzione Sole – Luna è sinonimo dell’unione
“del fisso col volatile”.17 Alla parete Ovest corrisponde il segno della Vergine e il segno della Bilancia. Ed è qui che siede il Primo Sorvegliante, proprio alla fine del segno della Vergine, il segno della remunerazione del lavoro, della raccolta dei frutti. “Il Fratello Primo Sorvegliante siede all’Occidente per mandare i fratelli contenti e soddisfatti a gloria e onore dell’Ordine (… raccoglie i frutti, diciamo …)”. Alla parete Sud siede il Secondo Sorvegliante, alla fine del segno dello Scorpione Leggiamo, ora, questi simboli più in profondità. Al Maestro Venerabile corrisponde il Neter Atena, che è anche un noto simbolo di “Saggezza”.18 Al Primo Sorvegliante corrisponde il Neter Venere che simbolizza la “Bellezza”, il compimento estetico ("tutto è giusto e perfetto") e, nel Tempio, Venere si trova qui19. Al Secondo Sorvegliante 20 corrisponde, invece, la Forza. La forza misurata, controllata, giusta e saggia di Giove. In Sagittario ha il domicilio Giove. Il Fratello Secondo Sorvegliante, invece, “osserva il Sole al suo meridiano e manda i fratelli dal lavoro alla ricreazione e dalla ricreazione al lavoro, … cioè il giusto riposo, la gioia meritata, in coerenza con il segno di Giove. Ora. esistono quattro punti che possono essere individuati sulla proiezione dello Zodiaco sul piano terrestre. La loro distanza angolare, in successione, è di 60 e 120°. In Astrologia queste distanze si chiamano “aspetti” . 60 e 120° si definiscono “aspetti positivi”. Questi punti sono simmetrici rispetto agli assi dello Zodiaco. Il Tempio è orientato secondo gli stessi assi: l’asse Equinoziale e l’asse Solstiziale. Congiungendo questi punti si ottiene un rettangolo, ossia la pianta del Tempio.
“ Che la Sapienza illumini il nostro lavoro! ”
“ Che la Bellezza lo irradi e lo compia! ”
“ Che la Forza lo renda saldo! ”
siamo al momento di fondazione del Tempio. Ed è così che possono iniziare nel modo giusto e corretto i lavori dell’Officina.
Il Pavimento a Scacchi, la Costellazione di Orione, Sirio e la Volta Celeste
C’è da chiedersi, ancora, che cosa possa significare il Pavimento a Scacchi 21. La costellazione di Orione le cui principali stelle sono disposte ai vertici di un rettangolo, da tutte le popolazioni antiche veniva rappresentata con un disegno a scacchi. Gli indigeni della Polinesia ed i Dogon dell’Africa impiegavano questo glifo 22. Non lontana vi è una stella tra le più brillanti del nostro firmamento, Sirio. Su questa stella gli antichi egiziani regolavano la loro vita sociale e religiosa. Col sorgere eliaco di Sirio 23 iniziava la piena del Nilo, il ché seimila anni fa si verificava ai primi di giugno. Che significa sorgere eliaco? Significa che all’alba Sirio sorge poco prima del Sole e preceduto dalla Costellazione di Orione, prossima al meridiano del luogo, ossia vicina alla sua elevazione massima. Mi spiego meglio: ponendoci con Sirio alla nostra sinistra avremmo Orione di fronte, sulla nostra testa. Se rapportiamo questa situazione all’interno del Tempio, a sinistra avremo il Pentalfa, sulla nostra testa la volta stellata e sul pavimento il glifo di Orione con Le tre Luci, sistemate in una posizione molto simile a quella delle tre stelle che formano la Cintura di Orione. 24 Sirio simbolizza anche la stella dell’Iniziato e nei testi di ermetismo attendibili (parlo di ermetismo e non di essoterismo), il nostro Pentalfa è “La Stella dell’Iniziato”.25 La Volta stellata … il Manto di Iside, della Grande Madre degli Egiziani, la Vedova per eccellenza 26. Non ci diciamo forse noi I Figli della Vedova ?
Dove siamo 27
A questo punto proviamo anche a dare una risposta ad una domanda che nessuno più si pone. Noi ci chiediamo: chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo, ma manca l'altra domanda, la prima: dove siamo? Questo discorso ci permette di individuare il famoso punto geodetico, Vale a dire il punto della Terra in cui ci troviamo 28. Per individuarlo basta semplicemente guardare le stelle, Sole compreso, nel loro passaggio sul meridiano del luogo. 29 Potremmo dire che il 2° Sorvegliante sia anche, o soprattutto, il guardiano delle stelle. Gli si chiede quale ora sia “al momento”. Egli con sicurezza risponderà “Mezzogiorno in punto” oppure “… mezza notte… “. Allora, pur se può essere molto probabile che non sappiamo chi siamo, che non sappiamo da dove veniamo, che non sappiamo dove andiamo, almeno abbiamo tutti gli elementi per valutare dove siamo e in che dimensione, in che contesto e, in fine, a quale scopo noi lavoriamo. …
“ e tornammo a riveder le stelle”.
Confessio, vale a dire: “un po’ di autocritica”.
C. G. Jung. Tipi psicologici. Newton Compton Italiana.
Proiettare vuol dire trasferire un contenuto soggettivo in un oggetto.Esso è un fenomeno di dissimilazione giacché un contenuto è alienato dal soggetto ed in qualche modo s’incarna nell’oggetto… La proiezione si fonda sull’arcaica identità di soggetto ed oggetto; ma si può parlare di proiezione solo quando appare la necessità di distaccarsi dal soggetto… La proiezione attiva si manifesta anche sotto forma di giudizio, che ha per scopo di dissociare il soggetto dall’oggetto; un giudizio soggettivo, considerato come un fatto reale, è separato dal soggetto e trasferito nell’oggetto… … La proiezione, senza la quale non potremmo riconoscere nulla, è anche l’ostacolo principale sul cammino delle verità. …
… principia explicandi non sunt multiplicanda praeter necessitatem…

Paolo Marino

1 Come per qualunque altro linguaggio, quello dei simboli ha diversi livelli di espressione e di significati, in funzione della sensibilità e della ricchezza culturale soggettiva.
2 30°X12=360°, ossia un cerchio completo. (O. Neugebauer: “… furono precise ragioni matematiche quelle che indussero a introdurre un grande ciclo ben definito, che misurava esattamente la progressione del Sole e dei pianeti rispetto a sezioni lunghe esattamente 30 gradi. Anzi, lo Zodiaco non fu mai altro che un’indispensabile idealizzazione matematica e venne usato esclusivamente ai fini del computo astronomico.” In G. Pettinato. La scrittura celeste. Oscar Saggi Mondatori). La datazione dello Zodiaco risale, nella cultura sumerica, al III millennio a.C. Negli scavi di Babilonia sono state rinvenute tavolette di argilla, risalenti al 747 a.C., che recano delle osservazioni astronomiche tanto precise da superare le possibilità dell’occhio umano. In una tavoletta viene citato uno strumento ottico che non si esita definire
cannocchiale (In G. Pettinato).
3 Punto vernale: corrisponde all’intersezione primaverile tra l’Eclittica e l’Equatore celeste. Il punto opposto è quello autunnale. Sono indicati con una freccia rossa
4 E’ proprio vero che le verità più “nascoste” spesso sono sotto gli occhi di tutti! Si dovrebbe imparare a “vedere” oltre che a guardare, passando oltre. Mi riferisco all’Iniziazione.
5 Il “vizio” del Capricorno è costituito dalla frenesia dell’accumulo di beni materiali, i “metalli”, e dall’egoismo. Le distinzioni umane si riferiscono a quelle fondate sui beni posseduti.
6 Il cammino “iniziatico” non è per i pavidi, sia di mente che di cuore.
7 Di quale “PIETRA” si tratta? Forse di quella che costituisce il nocciolo del proprio “SE”. Trovarla, quindi, significherebbe realizzare la propria INDIVIDUAZIONE. “L’ndividuazione, dunque, è un allargamento della sfera della coscienza e della vita psichica cosciente”. (C.G. Jung. Tipi psicologici. Newton Compton Italiana).
8 Ogni trasmutazione si realizza mediante il lavoro sugli Elementi. I propri Elementi. Forse vi è anche sottinteso l’invito a guardarsi, come per i segni astrologici, dal loro aspetto negativo.
9 E’ il principio generatore maschile. Esso manifesta la Volontà celeste e l’attività dello Spirito. Nel paganesimo è strumento di purificazione. Per gli alchimisti è il calore della terra, il fuoco realizzatore imprigionato nel nocciolo di ciascun essere. Questo fuoco è considerato dai massoni come come un aspetto della luce creatrice corrispondente alla Livella, simbolo dell’uguaglianza originale, all’iniziativa maschile e al Sole. (Nadia Julien. Il linguaggio dei simboli. Oscar Saggi. Mondatori)
10 Il suo simbolo si riferisce alla legge delle trasmutazioni fisiche come alla legge delle trasmutazioni morali e spirituali. E’ un simbolo di saggezza e di ponderazione. Feconda lo spirito. (Nadia Julien)
11 “Io non ho commesso colpe contro gli uomini …” In sintesi: E’ un invito a prendere coscienza di se stessi ed a valutare se si è pronti per l’Iniziazione. E se la si merita. Nessun giudice, oltre se stesso, interverrà in questa decisione. “Libero e di buoni costumi”.
12 Nella figura seguente è rappresentato il Tempio in pianta, circondato dai segni dello Zodiaco posti sulle pareti. All’origine, il tempio era il settore designato dagli auguri per l’osservazione del passaggio degli
uccelli, considerati messaggeri celesti. Poi è stato l’edificio in cui si praticava questa osservazione, riproduzione fedele del “tempio del cielo” o spazio celeste, che l’indovino etrusco divideva in quattro sezioni determinate da due linee rette che si intersecano ad angolo retto sopra il suo capo, il “cardo” diretto da Nord a Sud e il “decumano” da Est a Ovest. Ogni settore era a sua volta suddiviso in quattro, il che dava luogo a sedici parti che ospitavano sedici gruppi di divinità. Nel tempio veniva osservato il volo degli uccelli e si classificavano i fulmini. Questa suddivisione venne adottata dai Romani per la costruzione dei loro templi e delle loro città (R. Berthelot. La Pensée de l’Asie & l’Astrobiologie. In N. Julien.Il linguaggio dei simboli. Oscar Saggi Mondatori).
13 Con l’anello azzurro si indica la Volta celeste. I due assi sono gli assi del Tempio, quello equinoziale e quello solstiziale, il decumano ed il cardo.
14 Proiezione dello Zodiaco sul piano polare terrestre. Il cerchio verde rappresenta la Terra. I due assi corrispondono a quello solstiziale ed a quello equinoziale. Sono conservate le posizioni delle Luci ed è stata aggiunta quella del Fr:. Copritore in Scorpione, segno di domicilio notturno di Marte. Ricordate, impugna una spada e difende la Loggia dai profani.
15 L. Morpurgo, Introduzione all’Astrologia: “ Il Sole forma il nucleo della personalità… Rappresenta, dunque, una fase di maturità, di completezza. Le virtù solari sono vitali e a volte anche passionali: calore umano, lealtà, coraggio, generosità, magnificenza. Possono degenerare in megalomania, orgoglio, superbia, tendenza all’ipertrofia dell’Io.
16 L. Morpurgo, Introduzione all’Astrologia; “ La Luna rappresenta l’impalcatura sensibile dell’Io e i contatti emotivi con il mondo circostante… La Luna rappresenta la mutevolezza delle reazioni dell’Io alle situazioni… Rappresenta il legame tra l’uomo e le forze misteriose della natura. Regola l’intuizione, la preveggenza, le percezioni extra-sensoriali, il senso magico e la forza magica, il fascino segreto…
17 Questo processo viene definito da Jung (Tipi psicologici. Newton Compton) “fantasia, che è, ad un tempo, sentimento e pensiero, intuizione e sensazione … La fantasia ha sempre gettato, e getterà sempre, un ponte fra oggetto e soggetto …”
18 cioè l’essenza. Non è un pianeta, …non è una persona, non è un concetto – E’ un Neter. ” Che la Saggezza lo irradi e lo compia”.
19 il riferimento più evidente lo troviamo nella frase che pronuncia il Primo Sorvegliante al momento di accendere il suo cero: “Che la bellezza lo irradi e lo compia”.
20 che è sistemato all’inizio del Sagittario. “ Che la Forza lo renda saldo”.
21 A rigor di termini dovrebbe essere molto più lungo, per praticità noi lo simbolizziamo solo in un piccolo tratto. Vedi anche Nota 12: Suddivisione in quadrati del cielo sopra il tempio etrusco.
22 G. De Santillana. Il mulino di Amleto. Adelfi.
23 La posizione del Pentalfa all’Oriente a 0° Ariete corrisponde con precisione a quella del 5500 a.C. al sorgere eliaco di Sirio. Un esercizio per voi: Provate a calcolare in che segno cadeva l’Equinozio di Primavera. (A. Gentili. La Luce di Kemi. Edit. Kemi. Milano)
24 Alnitak, Alnilam, Mintaka. Gli angoli che queste formano tra di loro sono molto vicini a quelli formati dalle tre Piramidi di Giza.
25 E’ lo schema figurativo dell’uomo a misura dell’universo… Posta tra la squadra che serve a misurare la lerra ed il compasso che serve a misurare il cielo, questa stella simboleggia, per i massoni, l’uomo rigenerato, il compagno perfetto nell’Ordine della Corporazione. Corrisponde al numero d’oro dei pitagorici … e governa la spirale logaritmica della crescita… (N. Julien)
26 Sul frontone di una chiesa, in una piccola città dell’Abruzzo mi è capitato di osservare un bellissimo mosaico in cui la Madonna era coperta da un manto azzurro scuro ricoperto di stelle. Il cielo stellato è noto come uno dei grandi Archetipi.
27 Per indicare uno spazio sacro si ricorre, anche, al termine mesocosmo. Si tratta di un’imitazione terrestre dell’ordine celeste del macrocosmo, opera del Grande Architetto. (N.R. Vlora e G. Monelli.Dalla Valle del Nilo a Federico II di Svevia.Mario Adda Editore). …Per il bene dell’Umanità ed alla gloria del Grande Architetto dell’Universo …
28 E’ questo il significato corretto dell’aggettivo “geodetico”. La geodesia fissa anche le coordinate di un punto sulla superficie terrestre. Potremmo in questi concetti intuire gli strumenti necessari per calcolare un percorso e muoversi sulla Terra. Vi è, forse, un’allusione non tanto nascosta all’Universalismo massonico. Non sarebbe infondato ipotizzare conoscenze “geodetiche” che hanno reso possibile il viaggio di Cristoforo Colombo verso le Indie Occidentali (Umberto Bartocci. America: una rotta templare. Ed. Della Lisca).
29 Ricordate? “… osservare il Sole al suo meridiano…”.
















2 ottobre 2011

- L’amore come cura nei confronti degli altri.





Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale, ed io, avrò cura di te.
Vagavo per i campi del Tennessee
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni attraversano il mare.
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
Ti salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...
io sì, che avrò cura di te.

Franco Battiato. La cura



“La Cura“ di Franco Battiato è una canzone, una preghiera-meditazione sulla essenza dell'amore come “cura “ nei confronti di un altro essere. Un aspetto straordinario di questo brano è che esprime il concetto di “cura ” in tutte le sue manifestazioni interpersonali, sia dell’amante verso l’amata, sia del fratello verso un altro fratello, sia del padre verso il figlio, sia dell’Essere Supremo verso la sua creatura, l’uomo. E’ la descrizione di un viaggio di accompagnamento che comprende tutte le problematiche della vita dell’uomo, incluso il dolore e l'abbandono, senza dimenticare che ogni persona può essere speciale per un'altra persona, e che i ruoli possono invertirsi. Chi canta è un saggio che ha intuito nella “Cura” l’assoluto, la verità di amare, nel senso più esteso che consiste, in questo caso specifico, nel prendersi cura di un altro essere, sollevandolo da tutto, stargli accanto, anche se è impossibile evitargli il dolore che inevitabilmente la natura umana comporta. Introdurre questa tavola con le parole di questa canzone mi permette di esporre, in modo concreto, una parte del raffinato significato della parola “Cura”. L’etimologia di “cura” deriva dal latino cura ed ancora più anticamente da “coera” e “coira”, che gli antichi etimologisti ricongiunsero a “cor” , cuore e, fantasticando, insegnarono “cor-urat” perché scalda, ossia stimola il cuore e lo consuma. Altri fanno derivare questo termine da “cusa” (la r muta in s) e “Ku” assume il significato di battere, di martellare, di accudire. Altri ancora farebbero derivare questa parola dalla radice “Kau” che significa nelle lingue slave o russe osservare, guardare o da “Kavi“che vuol dire assennato, saggio o da “kuti”, conoscere, guardare, ascoltare. Comunque, possiamo sintetizzare che tale termine esprime sollecitudine, grande ed assidua diligenza, vigilanza premurosa, assistenza, grave e continua inquietudine. Se esaminiamo le definizioni delle virtù utilizzate per lodare gli imperatori romani, riportate nelle varie fonti letterarie, epigrafiche, numismatiche o monumentali, oltre alle quattro virtù fondamentali cioè virtus, clementia, iustitia e pietas, inscritte per la prima volta nello scudo aureo conferito a Cesare Augusto, il primo imperatore, ritroviamo tra le oltre cinquanta, anche il termine “cura”. La cura, una virtù simile alla diligentia, ha significato di zelo e di scrupolo con cui si opera. Cicerone, infatti, comprende la cura come un aspetto della diligentia. Il significato della “cura” varia a secondo dell’ente oggetto della cura. Può essere utile, secondo me, al fine di una più articolata esposizione e una migliore comprensione del termine, suddividerla almeno in tre categorie:
1. La cura di sé
2. La cura del mondo che ci circonda, o delle cose
3. La cura verso il nostro prossimo
LA CURA VERSO SÉ
La Cura verso di sé, è pro-curare nutrimento alla propria anima, per farla star bene; è energia di vivere; è impulso esistenziale; è interesse, amore per il proprio essere; è piacere di esistere. Il significato profondo della “Cura di sé” si disvela in maniera articolata in Goethe ed in Heidegger.
“La sostanza dell’uomo è l’esistenza”, dice Heidegger (1889-1976) e la “cura di sé” fa sì che “gli importi del proprio essere”. La cura è un fenomeno esistenziale, primario e fondamentale. La cura in tal caso è intesa come “preoccupazione vitale”. Nella cura si fondono sia il volere che il desiderare, sia la pulsione che l’attrazione . L’uomo deve prendersi cura di sé apportando o pro-curando un impulso “a vivere “, ad andare “in – avanti verso…..” ad ogni costo. Il filosofo tedesco Martin Heidegger nel suo capolavoro “Essere e tempo” del 1927, per fare comprendere meglio il significato della cura, riporta una favola di un poeta latino, Gaio Giulio Igino. La Cura in questa favola è il nome di una divinità minore. La favola inizia con «Cura cum fluvium transiret…» Mentre attraversava un fiume, la “CURA” scorse del fango argilloso, lo prese pensosa e cominciò a modellare un uomo. Mentre considerava tra sé e sé che cosa avesse fatto, sopraggiunse Giove; l'Inquietudine (cura) lo pregò di infondere lo spirito nell'uomo, cosa che ottenne facilmente da Giove. Ma siccome l'Inquietudine pretendeva di darle il proprio nome, Giove (glielo) proibì e disse che invece bisognava dargli il suo. Mentre l'Inquietudine e Giove disputavano sul nome, si fece avanti anche la Terra, e sosteneva che bisognava imporgli il suo nome, dal momento che (essa) aveva fornito il proprio corpo (per plasmarlo). (Allora) presero come giudice Saturno; ma Saturno decise diversamente: "Tu, Giove, poiché infondesti lo spirito, dopo la morte dell'uomo riceverai la (sua) anima; tu, Terra, dato che fornisti la materia, riprenderai il (suo) corpo; l'Inquietudine, siccome lo ha modellato per prima, lo possieda per tutta la vita. Ma, dal momento che c'è disaccordo sul suo nome, sia chiamato homo, perché è fatto di humus (terra). In questa favola emerge bene il significato della cura, come qualcosa a cui l’essere umano “per tutta la vita” appartiene; inoltre la presenza della cura coincide con la nota concezione dell’uomo come “compositum” di corpo (terra) e di spirito (anima). In questa favola il termine latino di Cura va inteso come preoccupazione vitale, ansia vitale, inquietudine esistenziale, che, personificata a una dea, accompagna l’uomo tutta la vita. Il termine esprime anche apprensione, affanno, sollecitudine, premura e devozione, tutte caratteristiche inscindibili dell’animo umano. La cura è la vera creatrice e accompagnatrice dell’uomo. L’uomo si caratterizza, secondo Heidegger, non solo perché sa parlare, o ha la ragione o tiene il logos ma perché gli importa del proprio essere. L’uomo, dice Heidegger, non è ebreo o greco, razionale o irrazionale “uomo è colui che si chiede chi e che cosa e come egli stesso sia”. “È colui che si pone la “domanda”, rifiutando ogni “ tesi somma”, ogni “verità assoluta ed eterna”. Ecco il senso stesso della “Cura di sé ”, secondo il filosofo tedesco: rispettare il senso dell’essere, anzi, del suo esserci. Anche Johann Wolfgang Goethe (1749-1832 - Letterato tedesco, che aderì con entusiasmo alla Massoneria e fu iniziato a Lipsia nel 1780 nella notte di S. Giovanni, nella Loggia “Anna Amalia alle tre rose”, affronta nella seconda parte (atto V) della sua opera più importante il “Faust”, il simbolismo della cura. Il Faust di Goethe è uno scienziato, insoddisfatto dei limiti del sapere umano, che, ormai vecchio, viene tentato dal demonio Mefistofele. Gli vende la propria anima in cambio di giovinezza, sapienza e potere. Ma alla fine del suo viaggio Faust, sente il desiderio di essere libero, e sotto il dominio della “Cura” ritorna uomo, accettando di nuovo la vita reale, con il suo susseguirsi di bene e di male, con la sua alterna vicenda di tormento e di serenità. Faust, accogliendo la Cura, e sotto il suo dominio, si sente un uomo nuovo, raddoppia le sue energie e sente un impeto intenso di vivere. Il nuovo Dott. Faust è più completo, più equilibrato e maturo, specialmente nei suoi rapporti con gli altri uomini. Faust si sente accresciuto di luce interiore.
“La notte sembra scendere sempre più fonda ma brilla entro di me una luce chiara…”
Tutta la vita, il pensiero e l’arte di Goethe fu dominata dalla sua massima prediletta “ricordati di vivere”.
“Memento mori !
perché dovrei,
in una vita così breve,
tormentarmi?”
L’amore per la vita
Queste righe sono un inno alla vita. Fanno comprendere una disposizione costante: un amore illimitato alla vita, la meraviglia di fronte alla vita e all’esistenza. In contrapposizione al “memento mori” (ricordati che devi morire dei cristiani, neoplatonici e romantici). Fu proprio durante il suo viaggio in Italia, al contatto con l’arte antica, incontrata nelle vie di Roma, di Napoli, di Pompei, che scoprì il modo di vivere degli uomini dell’antichità, da lui chiamato “la salute del momento” ovvero la gioia spontanea e immediata di vivere, opposta alla nostalgia di un aldilà, cara ai cristiani. L’esercizio spirituale, caro a Goethe, era quello di concentrarsi sull’istante presente, che permette di vivere intensamente ogni attimo dell’esistenza, senza lasciarsi distrarre dal peso del passato o dal miraggio del futuro (“Attimo fuggente, arrestati, sei bello!”). Un secondo esercizio spirituale era quello dello sguardo dall’alto (come immaginarsi di salire su una montagna), che consiste nel distanziarsi dalle cose e dagli eventi, sforzandosi di cogliere una prospettiva d’insieme, distaccandosi dal proprio punto di vista individuale, parziale e particolare. Il pericolo che minaccia l’uomo, diceva Goethe, è di non potersi innalzare oltre la banalità o la mediocrità. In tal caso la vita risulta una routine banale, senza ideali, dominata dall’abitudine e dagli interessi egoistici che ci nascondono lo splendore dell’esistenza. Goethe incarna la figura di un uomo antico e pagano, ovvero un uomo felice, che vive nel presente, la cui figura viene opposta all’inquietudine morbosa dell’uomo moderno che si protende quasi costantemente verso il futuro. Anche se la rappresentazione della vita felice per gli antichi greci, fatta da Goethe, è stata oggetto di critiche. August Boeckh scriveva: “I greci erano più infelici di quanto credano molti” e Schopenhauer metteva in risalto il profondo pessimismo greco, scrivendo:
“ La miglior cosa per gli uomini di questa terra è non essere nati e non vedere la luce del sole, ma se son nati, allora quanto più presto possibile valicare le porte dell’Ade e giacere profondamente sepolti”
Anche Orazio già parlava dell’“oscura pena degli uomini” e Lucrezio denunciava l’inquietudine interiore degli uomini :
“Gli uomini sentono il peso del loro animo che li tormenta e li opprime …
li vediamo non sapere che cosa ciascuno desideri, e sempre cercare di mutare luogo nell’illusione di trovare sollievo. Così ognuno fugge se stesso e suo malgrado vi resta attaccato e lo odia”. Seneca addirittura analizza le “malattie dell’anima” (la moderna sindrome depressiva) come l’avversione verso se stessi (condizione completamente opposta della “Cura” che esprime come abbiamo detto amore verso se stessi, interesse al proprio essere-ci), il disgusto della vita e dell’universo. Il pensiero di Goethe riprende sia la dottrina epicurea, sia quella stoica, in quanto entrambe privilegiano il presente a scapito del passato e, soprattutto, del futuro, e stabiliscono il principio che la felicità deve trovarsi solo nel presente. La saggezza consiste nel ricercare la tranquillità dell’anima, cioè in definitiva uno stato di piacere. Secondo gli epicurei, gli stolti, cioè la maggioranza degli uomini, sono divorati da desideri insaziabili, che hanno come oggetto ricchezza, gloria, potere, piaceri carnali disordinati. Tutti piaceri che non possono essere soddisfatti nel presente. Gli stolti, quindi, non sanno godere del presente, aspettano solo i futuri e poiché questi non possono essere sicuri sono logorati sempre da angoscia e timore. Il pensiero epicureo impone, quindi, una vera e propria trasformazione radicale dell’atteggiamento umano nei confronti del tempo, una metamorfosi che deve essere effettuata in ogni istante della vita.
LA CURA VERSO IL MONDO E VERSO LE COSE
La cura verso il mondo è un atteggiamento costante di attenzione alla realtà quotidiana, al paesaggio. E’ la volontà di stupirsi, istante dopo istante, di essere-ci; è la capacità di riuscire a trovare dolcezza nel naufragare nell’inesauribile “arcobaleno di stelle” della nostra breve esistenza. La “Cura”, in questo specifico caso, esprime la forza interiore dell’uomo di riflettere, di interpretare e di interiorizzare tutto ciò che vede.
Ci sono due pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice:
“Salve, ragazzi, com’è l’acqua oggi ?”
I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e dice:
“ Che cavolo è l’acqua?”.
L’aneddoto, tratto da “Questa è l’acqua” di David Foster Wallace (1962-2008) , scrittore americano, esprime bene quello che io intendo con il termine “Cura verso il mondo o verso le cose”, cioè una continua attenzione, dedizione, consapevolezza, curiosità, rivolta con grande cura a tutto ciò che ci circonda, alla nostra realtà, giorno dopo giorno. Questa è l’acqua! Dobbiamo imparare a conoscerla, a guardarla, a sperimentarla, a interiorizzarla.
La cura verso il sublime.
Il filosofo Ludwing Wittgenstein (1889-1951), figura emblematica della filosofia del ‘900, scrisse:
“In ogni percezione echeggia un pensiero; sia perché l’occhio è sempre antico da un punto di vista filogenetico, ossessionato dal proprio passato e dalle suggestioni vecchie e nuove che gli provengono dall’orecchio, dal naso, dalla lingua , dalle dita, dal cuore e dal cervello”.
L’uomo ha sempre cercato di costruire se stesso sfidando la grandezza e il predominio della natura. Da tale confronto (uomo/natura) l’individuo sente dentro di sé risvegliare la parte più profonda dell’anima, innalzandola ad altezze che diversamente non avrebbe mai raggiunto. Questo rapporto aiuta l’uomo a ritrovarsi e a forgiarsi. Questa peculiare emozione definita “calma inquieta”, caratterizzata da un piacere misto al terrore, si prova quando si contemplano spettacoli “sublimi”, in cui la natura mostra la sua smisurata grandezza e la sua forza distruttrice e l’uomo sente la sua debolezza fisica, la sua vulnerabilità, ma anche la sua superiorità dovuta alla presenza del pensiero. La forte emozione permette al soggetto di dilatare la sua anima e di entrare in armonia con il cosmo, con l’eterno, intuendo il senso dell’infinito e della trascendenza. Spettacoli sublimi sono per esempio: il cielo stellato, il vento che agita le onde del mare .…. gli oceani, le montagne, le foreste, i vulcani, i deserti. Il sublime si distingue dal bello; sublime è una bellezza maestosa, ma inquietante, che ti attrae, ma, contemporaneamente, ti allontana: “La notte è sublime, il giorno è bello”. Sublimi sono quelle situazioni in cui viene meno qualcosa, esprimono l’assenza. Sublima è l’oscurità (assenza di luce), il silenzio (privazione di suono), il vuoto (privazione di oggetti); solitudine (privazione di socialità), l’infinito (in quanto privazione di limiti) e soprattutto l’oggetto più sublime che esista, quello della morte (in quanto privazione della vita). L’individuo comunque esce temprato da questa prova con il sublime. E’ un tirocinio che ha come scopo quello di controllare le proprie angosce e rendere familiare, per quanto possibile, una realtà piena di pericoli. Quest’aspetto può essere correlato con il percorso del libero muratore che esegue una sorta di “tirocinio simbolico” utile ad affrontare le difficoltà insite nella vita, compresa quella della malattia e della morte. Shelling diceva che “ La grandezza dell’uomo si manifesta anche nella calma accettazione della morte e nei rovesciamenti di fortuna, nella virile sopportazione del dolore e dell’infelicità”. Per percepire e ricercare il sentimento del sublime occorre una appropriata educazione, una “Cura nei confronti del reale” che ci innalzi al di sopra della condizione di mediocre banalità. Se manca, si è ciechi e sordi di fronte al sublime. Il fattore estetico è indispensabile a forgiare il “sé” più nobile dell’individuo. In Massoneria, l’adepto percepisce costantemente ed impara a curare il senso del sublime. Il sentimento del sublime, che ha avuto il suo apice nell’Europa del ‘700-‘800 (Romanticismo), ha inciso infatti in modo significativo sugli ideali massonici.
La cura verso le cose
Rivolgere la nostra cura verso il mondo che ci circonda vuol dire non solo verso la natura, come abbiamo descritto sopra, ma anche verso le “cose”. Le cose sono tutto ciò che interessa a noi, che ci sta a cuore. Le “cose” non sono soltanto cose ma recano tracce umane, recano i segni del tempo. Esse sono il nostro prolungamento. Dobbiamo cercare di comprendere la vita delle cose, il corso delle cose, cioè intravedere quello che c’è al di là delle cose, dovremmo fare come i pittori che hanno uno sguardo affinato, riescono a vedere l’invisibile nel visibile. Le cose stesse sembrano parlare, “res ipsa loquitur”, e guardarci. Le cose, inoltre, nascondono precisi valori simbolici, ed i simboli, per la loro natura, congiungono il visibile rappresentato all’invisibile assente. Il fascino delle rovine, per esempio, è forte, la loro incompletezza offre spunti di riflessione sul passare del tempo, sulla caducità, sulla natura effimera della vita umana. Gustave Flaubert, dopo una visita alle Terme di Caracalla, nel 1846 scriveva a un amico:
”…ho visto alcuni ruderi…pensai di nuovo ad essi ed ai morti che non avevo mai conosciuto….amo soprattutto la vista della vegetazione che copre le vecchie rovine, questo abbraccio della natura, che viene a seppellire rapidamente le opere dell’uomo nel momento in cui la sua mano non riesce più a difenderle, mi colma di una gioia ampia e profonda”.
L’analisi dei dipinti, altro esempio, specialmente delle nature morte, basti pensare a quelle del Caravaggio, di Matisse, di Picasso, di De Chirico e di Morandi, ci induce, se non siamo distratti e superficiali, come dicono i critici d’arte, “ a prestar orecchio alla loro voce ”. L’aspetto simbolico prende il sopravvento su quello materiale. La capacità di porre attenzione anche alle cose che ci circondano, di avere cura di esse, significa “ordinare e dare senso e bellezza al mondo -Diakosmesis- , in tal modo diamo senso e bellezza anche a noi stessi”. Credo che anche questo atteggiamento dell’animo umano, espresso sotto forma di “cura verso le cose”, faccia parte integrante dell’insegnamento massonico, specialmente riferendosi alla sua formazione simbolica e trascendentale.
LA CURA VERSO GLI ALTRI
La prima domanda da fare è capire chi è il nostro prossimo. La risposta viene dalla lettura della parabola del buon Samaritano, che è una lezione sull’“universalità” dell’amore per il prossimo.
“ Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova…...Aveva chiesto a Gesù chi è il mio prossimo? “e Gesù disse: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso un Sacerdote… lo vide e passò dall’altra parte, anche un Levita... lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano passandogli accanto lo vide e ne ebbe compassione… e si “prese cura” di lui. Poi Gesù disse: chi di questi tre ti sembra sia il prossimo di colui che è incappato nei briganti? Quegli rispose: “chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va e anche tu fa lo stesso”. Quindi l’amore per il prossimo ha i suoi confini, non è come crediamo genericamente l’altro, chiunque sia ma è “colui che mi è più vicino”. In greco “plesion” è colui che mi è vicino. Il “Sacerdote” e il “Levita” 1
, ambedue uomini di culto dedicati alla devozione, anche se erano a lui prossimi, sono passati ma solo il Samaritano si è chinato verso il sofferente e lo ha soccorso facendosi prossimo a lui. Mi preme sottolineare che quindi “prossimo si diventa”; un soggetto diventa prossimo all’altro solamente quando si “fa prossimo egli stesso”. Il mio prossimo è colui che mi soccorre nel bisogno, è colui che ha avuto compassione di me. In tal modo riusciamo anche a capire chi, nonostante sia prossimo/vicino a noi, non si comporta o non si è comportato come mio prossimo.
Noi possiamo cambiare anche la domanda “chi è mio fratello?”.
Mio fratello o mia sorella è colui/lei che potenzialmente potrebbe diventare “mio prossimo”, anche se il “prossimo non si sceglie”, potrà essere chiunque, anche il mio peggior nemico, ed io stesso posso essere il peggiore degli uomini, per il mio prossimo. Se estendiamo il concetto diventano fratelli/sorelle tutti quelli/e che hanno bisogno del nostro aiuto, delle nostre cure, così “prossimo” e “fratello/sorella” possiamo considerarli sinonimi. La Libera Muratoria, essendo un Ordine Iniziatico, è una cerchia limitata di soggetti “scelti” e quindi tutti vincolati a “curare” nel bisogno, a farsi prossimi in modo particolare ai propri Fratelli. Farsi prossimi all’altro, curare l’altro introduce concetti come l’altruismo e la carità. La carità 2
è dare quello che non si ha, una generosità lontana dall’altruismo, che invece è addomesticamento dell’altro, è una variante dell’egoismo. La “caritas” è quell’impulso interiore, quella “verità interiore”, quella “cura” ad agire nei confronti degli altri, in modo giusto e vero (Caritas in Veritate). I due termini - cura e carità - coincidono. La prima è un’espressione prevalentemente laica, la carità invece è legata all’insegnamento cristiano - la carità è tutto “ Dio è carità - Deus Caritas est”. Agostino indica l’esistenza dentro l’anima umana di un “senso interno” “la nostra coscienza” - assolutamente vero e certo - che ci è stato dato e che ci permette di sceglier tra il bene e il male al di fuori delle normali funzioni della ragione, è un atto intuitivo, istintivo. Il nome che Agostino dà a questa “verità interiore “ è “Dio”. La giustizia è “inseparabile dalla carità”. “Curare” o fare “carità” all’altro, significa dare all’altro quello che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare, in rapporto a ciò che gli compete secondo giustizia. Pertanto l’individuo deve essere “giusto” nella cura verso gli altri. La “Cura”/“Caritas” è alla base non solo delle micro-relazioni (rapporti familiari, amicali, di gruppo) ma anche delle macrorelazioni (rapporti sociali, economici, politici). “Curare” gli altri, implica quindi anche prendere in considerazione, oltre al bene individuale, il bene comune (di noi tutti e della comunità sociale, della polis, dei grandi problemi etici e perfino una posizione politica) al fine di favorire lo sviluppo umano nella sua integrità. La “Cura” verso gli altri, inoltre, sintetizza i tre grandi principi della Massoneria.
1. L’amore fraterno inteso come tolleranza, rispetto, comprensione nei confronti degli altri.
2. Carità che deve essere praticata, non solo per loro, ma anche per la comunità nel suo insieme, sia come solidarietà che come beneficienza economica collettiva sia come lavoro volontario dei singoli individui.
3. Verità: i Liberi Muratori cercano la verità in tutte le manifestazione della vita.
CONSIDERAZIONI
Le tavole massoniche non dovrebbero mai finire con le “conclusioni” nel vero senso della parola, perché non raggiungono nessuna certezza, nessuna verità assoluta. Senza conclusione sono anche le opere dei grandi letterati russi (Fedor Michajlovic Dostoeisky, Vladimir Nabokof, Anton Cechov), perché questi autori avevano la presunzione di lasciare al lettore di aggiungere da sé ciò che mancava nel racconto. La finalità di un lavoro in Massoneria è di permettere, a colui che lo compila, di sentire il piacere, non solo dello scrivere, ma di una arricchimento interiore. Esso deve stimolare alla riflessione e aprire eventualmente nuovi fronti nella ricerca esoterica o addirittura, se nessuno si prenderà “cura”, non importa, decadrà nell’oblio. Nella tavola è stato analizzato il senso della “cura” nel suo significato latino e partendo dalla sua etimologia è stato dipanato il suo significato in rapporto all’oggetto della cura: l’Essere stesso (la cura verso sé); il mondo che ci circonda, con il suo contenuto simbolico fatto di paesaggi e di cose (la cura verso il mondo); gli altri (la cura verso gli altri), estesa non solo alle persone, ma anche al bene comune, alla società ed all’umanità intera, espressione della speranza massonica più utopistica. Questo tema sembra essere attuale in rapporto al particolare momento storico e culturale, in cui si cerca di formare un uomo sempre più tecnologico, meno riflessivo, meno umano e incapace d’amare o curare. L’uomo di oggi sembra aver perso la capacità di pensare e di meditare, da solo, in rispettoso silenzio. Questa tavola vuole essere un’esortazione a tenere sempre vivo questo particolare atteggiamento virtuoso dell’animo umano cioè quello della “cura”. Questa riflessione, penso sia utile anche a noi Iniziati, per non correre il rischio di comportarsi come il Sacerdote e il Levita, che erano ambedue uomini di culto, ambedue professionisti della devozione, che pur passando vicini/prossimi… all’uomo che scendeva da Gerico a Gerusalemme… lo ignorarono e passarono oltre. Erano il “suo prossimo” ma se ne allontanarono alla svelta.




Opus Minimum
Claudio Spinelli
R\L\ N. Guerrazzi 665 GOI, Follonica

1 Il termine Levita deriva dai membri della tribù israelitica di Levi. Ad essi era affidato il compito di sorvegliare il tabernacolo e il Tempio. Leviti avevano il compito di cantare, di suonare e di assistere. I Leviti sono descritti come i guardiani di Dio. Nel deserto non avevano adorato il vitello d'oro, ma avevano appoggiato Mosè, membro della tribù di Levi.

2 La parola carità deriva dal latino “carus” che vuol dire caro, amato, scelta per tradurre in latino la parola greca “agàpê”, uno dei quattro termini usati in greco per esprimere l’esperienza dell’amore: -storghè: l’amore fondato sulla consanguineità o sui vincoli di solidarietà naturale (familiari, amici, compatrioti); eros: l’amore come desiderio veemente, spesso legato alla sfera sessuale; philìa: l’amore come amicizia, libero e gratuito; esso ha però un limite preciso perché è determinato dal valore del soggetto amato; agàpê: rapporto d’amore che non è tra eguali; esso è da un lato amore disinteressato (indipendente dal valore della persona), e dall’altro, sentimento di riconoscenza.