29 luglio 2009

- LA FILOSOFIA DI PARACELSO


LE QUATTRO COLONNE DELLA MEDICINA
Nel Das Buch Paragranum Paracelso pone al vertice del suo sistema filosofico quattro principi: “l’arte di conoscere l’essere e il divenire delle cose (la filosofia), l’arte di conoscere la forma e la virtù delle cose (astrologia), l’arte di conoscere ed operare la trasformazione delle cose (alchimia), la capacità di determinare i limiti e la condotta del proprio comportamento (virtù).” Queste sono ciò che Paracelso chiama le quattro colonne della medicina e consentono al medico di praticare quest’arte con l’unico fine della salvezza umana; colui che si attiene alle quattro colonne della medicina si distingue per la sua capacità di padroneggiare la materia, senza avventurarsi all’interno di nozioni prive di relazioni le une con le altre.
1 – PARACELSO E LA FILOSOFIA
1.1 – Dio , la natura, l’uomo: la teoria della conoscenza
L’allontanamento da parte di Paracelso dalla medicina ortodossa e più in generale da un sistema di pensiero e cosmologico di tipo sintetico speculativo, che negli ambienti accademici mirava a declassare il valore dell’esperienza, comportava prima di tutto una nuova visione generale della realtà.
2. 2 Nuove categorie interpretative avrebbero dovuto guidare lo spirito umano; un nuovo sistema filosofico doveva essere applicato sistematicamente alla conoscenza della natura. Nel rapporto fra Micro e Macrocosmo esiste una “attrazione simpatetica fra la rappresentazione interiore di un oggetto particolare nella costituzione propria dell’uomo e la sua controparte esterna”.
3.3 L’unione con l’oggetto avviene attraverso il “corpo astrale” e l’apprendimento che da questo contatto intimo e totale scaturisce, non essendo quindi una conoscenza di tipo sensibile e locale. L’uomo comunica con gli astri mettendo in contatto queste forze (chiamate anche Virtù), ma non è tutto: ciascun oggetto, corpo animato od inanimato, astro, pianeta o pianta possiede un proprio e caratteristico corpo astrale.
4.4 Il compito specifico del medico e del naturalista sarà allora quello di cercare dentro di sé, ovvero all’interno del microcosmo, quelle corrispondenze specifiche che colgono una attrazione simpatetica col macrocosmo. Queste corrispondenze fra i due poli di riferimento, uomo e natura, fanno in modo che uno rimandi direttamente all’altro, e viceversa: “l’universo era un macroantropo e l’uomo un cosmo in miniatura.”
5.5 Il concetto originale introdotto da Paracelso è quello di collocare questa scientia, più simile ad una ricerca empirica sperimentale che ad un atteggiamento logico deduttivo e libresco, nella filosofia naturale e nella medicina. Attraverso l’indagine della natura e l’esperienza che da essa deriva, il naturalista ricerca le cause, i segni divini, le virtù invisibili che sono emanazioni dirette di Dio, ed in quanto tali sono increate, così come l’attitudine e la sapienza umana sono abilità che provengono direttamente dalla stessa fonte divina. Paracelso, guidato da questo concetto, si scaglia prima contro la superstizione e poi contro la logica formale sistemata da Aristotele e portata avanti in campo medico da Galeno ed Avicenna, colpevoli di aver sviato l’uomo dalla ricerca naturale. Pertanto la logica diviene una pseudo conoscenza poiché non è una emanazione diretta divina ma una creazione umana. Nonostante la sua battaglia contro le superstizioni, Paracelso considera la magia come oggetto e mezzo d’indagine del naturalista, dato che essa svela le corrispondenze e le influenze invisibili fra gli oggetti. La magia naturalis livella sullo stesso piano le forze celesti e le forze terrestri, e dato che il potere del mago è un potere spirituale, colui che pratica questa arte è in grado di conoscere i segreti della natura. La magia insegna al medico la patologia, dal momento che per simpatia una forza cosmica agisce e si combina con un sistema o sostanza interna al corpo a cui corrisponde secondo le analogie esistenti fra micro- e macrocosmo.
In definitiva, la teoria della conoscenza paracelsiana si basa su due concetti: la scientia che è contenuta nell’oggetto in cui Dio l’ha depositata, è quindi la virtù presente negli oggetti naturali; l’experientia che è la conoscenza di casi in cui la scientia è stata messa alla prova.
1.2 – I Tria Principia Prima
Paracelso, nella sua lotta contro il sapere ereditato degli antichi, mette in discussione la dottrina degli elementi, senza tuttavia rifiutarla definitivamente. Acqua, terra, aria e fuoco non sono più i componenti ultimi della materia, bensì i composti di altri tre elementi che permettono la loro resa visibile e tangibile. Zolfo, Mercurio, Sale diventano così i tre principi primordiali ed i quattro elementi diventano semplicemente matrices o “uteri” in cui gli oggetti vengono generati e da cui ricevono le loro segnature. Inoltre vi è una quintia essentia, non un quinto elemento in aggiunta agli altri ma l’elemento preponderante fra terra, aria, fuoco e acqua, tale da rendere un tale oggetto differente da un altro.
Questi tre principi non corrispondono alle sostanze chimiche conosciute, ma equivalgono a principi costitutivi:
a) lo Zolfo rappresenta l’organizzazione, è una Oleosità, sta per ciò che è combustibile, “modera l’eccesso che può provenire dagli altri principi, oppure viene disciolto”. È segno dell’Anima.
b) il Mercurio indica l’attività, ciò che è fumoso e volatile, ed espelle ciò che è in consunzione, è un Liquido, ed è segno dello Spirito.
c) il Sale invece “agisce purgando, depurando, addolcendo, ed in altri modi ancora; inoltre, conserva ciò che serve a putrefare”.
Rimanda alla massa ed è la componente invariabile di qualsiasi oggetto della natura, Paracelso lo chiama Alkali ed è segno del Corpo. Zolfo, Sale e Mercurio non compaiono nella stessa quantità in ogni oggetto, ma si amalgamano in combinazioni innumerevoli e proprio questa caratteristica porta alle altrettanto innumerevoli differenze individuali e di specie presenti in natura e a un notevole numero di malattie diverse. Tutte le malattie possono essere ricondotte a tre tipi, quelle originate dal Sale avranno così altre caratteristiche rispetto a quelle originate dal Mercurio o dallo Zolfo: dissenteria o diarrea sono prodotte dal principio Alkalino; le pustole di ogni tipo, malattie che colpiscono le arterie, legamenti, articolazioni, ossa o nervi hanno origine dal principio volatile (dal Mercurio). Il legame che unisce le malattie ai principi è possibile solo perché il tutto è stato creato dalla stessa materia a partire dalle tre sostanze mescolate fra loro, le quali possono esistere solo in relazione reciproca; la morte sopraggiunge quando avviene la scissione delle tre sostanze.
2 – PARACELSO E L’ASTRONOMIA
2.1 – Le corrispondenze fra microcosmo e macrocosmo
Nell’opera divulgativa più importante di Paracelso, il Paragranum, la seconda arte che egli elegge a pilastro della medicina riformata è l’astronomia. Mentre la filosofia, nel disegno concettuale complessivo di Teofrasto, è impiegata per comprendere l’uomo a livello fisico e materiale come scienza delle relazioni sensibili, l’astronomia chiarisce invece le attività funzionali dell’uomo non percepibili ai nostri sensi. Possedere quest’arte è fondamentale per il medico poiché, sposando l’idea di un saldo connubio terra-cielo, permette di comprendere l’uomo nella sua totalità.
Paracelso non accettava l’idea cosmologica aristotelica per cui mondo celeste e mondo sublunare obbedivano a leggi distinte e si concentrò sui concetti secondo i quali ogni entità vitale non fosse collocata all’interno di una scala gerarchica. Essendo tutto sottoposto ad un’unica legge, veniva salvaguardata l’autonomia individuale. Proprio per questo l’uomo è un microcosmo completo che possiede in sé un’idea infallibile che lo rende simile a qualsiasi altra entità terrestre o lunare. Ogni cosa possiede un corpo materiale ed un corpo astrale, o meglio un astrum, ed è tramite quest’ultimo che ogni singola parte viene messa in contatto con il resto del cosmo. Gli astra (o virtù) sono ciò che governa le funzioni di un organismo, e dato che gli astra dei pianeti e l’astrum dell’uomo sono della stessa natura, ne consegue una uguaglianza fra intervalli di tempi dei ritmi biologici e dei corpi celesti.
Paracelso curiosamente associa le stelle e le costellazioni agli organi e agli apparati, in una similitudine che lega il firmamento celeste alla fisiologia dell’uomo. Ogni pianeta è legato ad un organo del corpo umano: in questo modo Venere è vincolata ai reni, Mercurio ai polmoni, Giove al fegato, il Sole al cuore, la Luna al cervello, Saturno alla milza ed infine Marte agli organi genitali.
Parafrasando il primo aforisma ermetico, una parte può stare per il tutto ma non può esistere solo per se stessa; i sette pianeti come i sette metalli, dato che ciascun elemento possiede le qualità degli altri sei, partecipano ad un flusso unico e continuo dal quale nulla può esimersi. Il medico deve essere consapevole che gli astra di ciascun oggetto presente al mondo mettono in contatto il tutto con il tutto, e dunque con l’aiuto di ciò che è visibile, il medico prende coscienza di ciò che è invisibile. La conoscenza di tutte le parti che compongono il mondo nel posto che occupano e nella funzione che svolgono, viene chiamata da Paracelso l’anatomia del mondo, che deve essere studiata attraverso l’astronomia che indaga sui corpi celesti per conoscere la composizione delle cose e l’astrologia che “origlia” (ablauschen) nell’invisibile cogliendo l’influenza degli astri sulla sfera del sensibile. Anche le riflessioni sulle malattie si inseriscono in questo contesto in maniera coerente ed originale: all’interno dell’uomo, come su tutta la superficie del corpo, è riprodotto un firmamento con tutte le stelle attraverso una mimesi in perfetta concordanza con il firmamento del cielo. I parallelismi individuati dal medico svizzero quindi sono di natura spirituale ma anche corporea e quest’ultimi sono oggettivati dalle segnature. Le osservazioni dei fenomeni naturali hanno insegnato al medico il meccanismo della malattia ed i suoi conseguenti effetti sulla fisiologia umana. Paracelso quindi indaga in due direzioni: da una parte va alla ricerca dei segni esterni, scoprendo gli effetti individuali, sensibili e psicofisici della malattia; dall’altra procede parallelamente alla ricerca degli effetti invisibili ed insondabili presenti in quella parte uguale per tutti gli esseri animati ed inanimati, la parte eterea o come precedentemente detto il corpo astrale, che rispecchia fedelmente le leggi dell’universo. Quest’ultima parte è chiamata anche limbus, lembo dell’universo, proprio per evidenziarne i parallelismi. Quello che è più importante sottolineare è che gli effetti della malattia si compiono sulla parte psicofisica dell’individuo, ma l’origine proviene dal limbus, cioè dalla parte invisibile e celeste. Allo stesso modo, l’astrologia e l’astronomia indicano tempi, luoghi e modi di somministrazione dei farmaci adatti. Il medico deve essere a perfetta conoscenza delle somiglianze e delle differenze fra essenza del medicamento ed essenza della malattia poiché il potere curativo della sostanza medicinale non risiede nella sostanza stessa ma nel suo arcanum, nella parte eterea trattenuta nella sostanza stessa. La malattia quindi proviene dal limbus (dalla parte astrale del corpo) e può essere debellata solo dall’arcanum (ovvero dalla parte astrale del medicamento), poiché sono simili nella loro essenza. Proprio in questo concetto risiede il grande scacco che Paracelso attua contro la medicina tradizionale: la malattia non viene più curata attraverso i contrari ma attraverso il simile. Dalla sostanza medicamentosa è necessario estrarre ciò che viene chiamato da Teofrasto il “volatile”, l’essenza eterea che può intervenire nel firmamento dell’essere umano, ovvero l’arcanum astrale. Il medico deve quindi conoscere le corrispondenze tra la stella che ha provocato la malattia e la stella capace di guarirla tramite il farmaco appropriato.
In conclusione, l’inestricabile relazione che lega microcosmo e macrocosmo fa in modo che la malattia nell’uomo sopraggiunga solo esclusivamente quando esiste uno stato di debolezza, e quindi il corpo astrale dell’uomo si ritrova in una posizione inferiore rispetto alla parte eterea del cielo; lo stato di salute invece esiste quando c’è una perfetta concordanza fra cielo sidereo macrocosmico e cielo interiore.
2.2 – Tempo dell’uomo e tempo del cosmo
La ciclicità delle manifestazioni naturali porta Paracelso ad interrogarsi su fenomeni che sembrano allontanarsi dalla medicina, ma che in realtà vi entrano a pieno titolo. Le sue osservazioni lo portano all’affermare che il trascorrere del tempo dell’universo è diverso del trascorrere del tempo nell’uomo. Le rispettive dimensioni infatti sono tali da rendere il tempo cosmico più dilatato del tempo umano.
Astronomia ed astrologia quindi indicano i tempi di preparazione e di somministrazione dei farmaci, oltre alla corrispondenza tra l’essenza del medicamento e quella della malattia che viene oggettivata dai segni che il cielo imprime sulle sostanze curative. Paracelso introduce quindi il concetto di orologio biologico che viene aggiunto all’idea di tempo perfetto, ovvero il tempo dell’eternità, quello in cui vive lo spirito del mondo e che viene rappresentato dal punto (figura senza dimensione che indica un eterno presente). Il tempo è quindi qualitativamente e biologicamente determinato, nel senso che non è concepibile indipendentemente da una cosa che esiste, e comprende diverse forme di tempo, quello perfetto appena citato, inavvertibile ai nostri sensi, e quello astronomico e quello biologico, entrambi circolari ma avvertibili e percepibili e caratterizzati da tale forma proprio perché il
tempo è l’immagine dell’eternità dentro l’universo fisico. Esistono quindi il tempo perfetto, il tempo astronomico, ed il tempo microcosmico. Per quanto riguarda il tempo astronomico può valere il detto “ogni cosa ha il suo tempo”, per cui il medico deve conoscere tali differenze per accelerare o ritardare la maturazione o l’evolversi di un processo di guarigione. Il tempo del microcosmo corrisponde ad un tempo biologico individualizzato, come dimostrano le migliaia di modi di trascorrere il tempo. Un esempio significativo è quello per cui ogni pianta ha il suo momento di fioritura e maturazione particolare.
Le specie viventi hanno diversi gradi di autonomia: il tempo astronomico influisce in maniera differente a seconda del grado di perfezione di ciascun essere vivente. Ad esempio nel caso delle piante esiste il tempo della forza (risiedente nella terra) ed il tempo della crescita (risiedente nel cielo); l’unione di queste due forze permette alla terra di far germogliare la pianta, al cielo di portarla a maturazione. Ad un più alto grado di autonomia dal tempo astronomico si collocano gli animali ed infine l’uomo, portato ad un massimo livello di libertà. “All’interno del corpo si hanno gli astra degli organi che si comportano come gli astra dei pianeti, compiendo i loro giri vitali commisurati ognuno al proprio tempo biologico”. Ma quello che Paracelso nota, in aperto contrasto con i dettami della medicina ufficiale, è il fatto che il tempo cambia le caratteristiche delle malattie. Aveva notato gli effettivi decorsi delle malattie, certe con tempi brevissimi altre con tempi più lunghi. L’attenzione del medico non deve essere solo rivolta ai mutamenti che la malattia attua sull’organismo, ma anche alla preparazione spagirica ed alla raccolta delle piante atte alla guarigione. Il rimedio spagirico deve operare contro il tempo, nel senso che deve rimediare alla mutevolezza della malattia. La medicina deve vincere il tempo e, attraverso le conoscenze alchemiche, il tempo del rimedio deve coincidere con il tempo della malattia.
2.3 – Cosmogonia Paracelsiana
Nell’analisi del pensiero paracelsiano si incontra anche una coerente teoria sulla creazione del mondo che lega la cosmogonia ad una visione evoluzionistica dell’universo: infatti dal caos primordiale, attraverso cicli vitali gli esseri e le cose si sono modificate e perfezionate sempre di più. Tutte le entità si sono sviluppate secondo un unico principio e compartecipano alla stessa legge evolutiva; proprio per questo ci sono aspetti che intercorrono in una entità quanto nell’altra. Se la legge è una sola, le caratteristiche fisiche, psicologiche e somatiche risultano essere della stessa specie. Il concetto di simpatia cosmica della magia naturalis è realizzabile proprio alla luce di questo. Paracelso, tenendo ben separata la fede cristiana dall’intelletto, fa risalire il primo principio ad un idea materialistica della creazione, collocando solo al secondo posto un elemento spirituale. Il supremo principio cosmogonico era l’Yliaster, termine proveniente da hyle, materia, ed astrum, astro. Una traduzione verosimile potrebbe essere “materia cosmica” e corrisponde ad una materia o forza primordiale. Solo successivamente entra in gioco l’anima mundi che emana dalla materia il mysterium magnum o limbus maior, un essere spirituale, invisibile ed inafferrabile. L’uomo, il limbus minor, è specchio del macrocosmo e tanto quanto il resto degli elementi dell’universo, anch’egli è un aggregato di materia vivente. La concezione di Paracelso non può ancora definirsi chimica-meccanica, ma neppure creazionistica, sebbene al vertice di tutto resti sempre Dio; è piuttosto una teoria ricca di elementi animistici, che comprendono elementi simili allo hen (Uno) di Pitagora o Empedocle, o allo heimarmene (destino) degli stoici, e tuttavia si pone come un preludio ad una cosmogonia materialistica. L’idea che al vertice dell’atto creativo ci sia una materia, detta anche forza primordiale, che stia al di sopra e preceda cronologicamente un principio spirituale, fa in modo che la teoria del medico svizzero risulti sospesa fra due concezioni: una rende il mondo una aggregato di materia vivente, in cui la materialistica “morte dell’anima” non si è ancora realizzata; l’altra permette a Paracelso di porre un modello animistico primitivo non riducendo l’atto cosmogonico in soli termini chimico-meccanici. Appare evidente come l’epoca di transizione in cui Paracelso si trova a vivere si manifesti in tutte le sue contraddizioni e complessità nello spirito e nelle idee del grande riformista svizzero.
3 – PARACELSO E L’ALCHIMIA
Nell’universo multiforme e magico di Paracelso, tutto ciò che può cadere sotto il dominio dell’alchimia deve essere sottoposto ad una scrematura sostanziale. In questa parte del lavoro mi limiterò ad analizzare alcuni aspetti del suo pensiero. Paracelso non fu un vero e proprio alchimista e quello che il medico svizzero fece attraverso la “Grande Opera” fu il mettere a punto una cosmologia chimica che permettesse di interagire con tutti i fenomeni riguardanti microcosmo e macrocosmo. Paracelso “applicò le teorie alchemiche (ad esempio fermentazione, calcinazione, distillazione) all’esistenza biologica umana”. In poche parole passò dalla conoscenza pura (sebbene operativa) dell’alchimia alla pratica, applicò sistematicamente i risultati delle ricerche empiriche alchemiche alla pratica terapeutica, ponendo le fondamenta per la crescita di nuove discipline che rivoluzionarono la storia della medicina e della farmacologia.
3.1 – Iatrochimica e chemiatria
Il terzo pilastro della medicina non è l’alchimia in senso stretto, ma tutto ciò che concerne la sua applicazione pratica e medica. Nell’Introduzione si è detto che Paracelso fu l’inventore della Iatrochimica e della Chemiatria: si definisce “Iatrochimica” la pratica terapeutica basata sulla somministrazione di sostanze elaborate chimicamente. Per chemiatria si intende invece la teoria che postula una visione dei fenomeni vitali in chiave chimica e che considera la fisiologia come una branca della chimica. L’alchimia è quindi solo il supporto da cui partire per la ricerca naturalistica, tanto è vero che presa singolarmente non è in grado di dare risposte sulla realtà, ma deve essere accompagnata da un coerente impianto filosofico ed astrologico. Lo scopo del medico è creare nuovi medicamenti per le terapie attraverso nuove tecniche farmaceutiche, ed è in questa creazione che la Iatrochimica interviene. Riduce infatti le sostanze gregge nelle forme adatte alla medicazione; in caso di turbato equilibrio fisiologico, le carenze devono essere ristabilite nell’organismo tenendo ben presente la sua corrispondenza astrologica con il cosmo, dato che, se gli esseri viventi sono una parte del tutto universale, il microcosmo contiene metalli, spiriti e qualità elementari che si trovano anche nel macrocosmo.
L’azione della iatrochimica è attuata da due alchimisti eterei: Vulcano opera al livello della natura, l’Archeus invece al livello dell’uomo. Il primo è il lavoratore della natura nel macrocosmo, il soggetto di tutte le trasformazioni vitali che avvengono nell’universo; il secondo può essere associato ad un “laboratorio”, risiede all’interno del microcosmo ed è posizionato nel ventricolo; qui vengono separate le sostanze e le parti adatte vengono nobilitate a tintura (la parte medicamentosa vera e propria); è interessante notare come questa trasmutazione, per Paracelso, avvenga attraverso processi chimico-fisici. L’Archeus, l’alchimista microcosmico, vigila la separazione delle sostanze nocive dalle sostanze positive, difende l’organismo dall’ens veneni, ovvero l’agente patogeno di origine alimentare. L’uomo riceve quindi dal macrocosmo la materia che ha il potere di rigenerare il suo corpo, ma la natura interna deve intervenire trasformando materia del macrocosmo (cibo) in materia del microcosmo (carne e sangue): la natura dell’uomo, tramite l’azione di quello che viene chiamato ”alchimista interno”, trasforma la natura di ciò che riceve in modo che il cibo possa essere assimilato all’interno del corpo umano.
A questo proposito occorre soffermarsi sulla quadruplice tipologia di agenti patogeni che Paracelso indica nel suo Volumen Paramirum Primum (1525) come possibili cause delle molteplici e variabili malattie esistenti in natura: l’ens astrorum, l’ ens veneni, l’ens naturale, l’ens Dei. Il concetto originale della sua catalogazione è la causalità astrologica che lega i sette pianeti ed i sette organi principali. La prima causa è quindi legata agli astri, la seconda alla patologia proveniente dalle intossicazioni alimentari, la terza dalle intenzioni malvagie consce od inconsce di altri uomini, l’ultima indica la categoria di mali inviati da Dio come castigo.
Davanti alle nuove medicine di Paracelso, le erbe galeniche somministrate direttamente non hanno più senso di esistere, ora la chimica farmaceutica dosa e fornisce preparati chimici e minerali. La malattia si cura con un metodo ben preciso, ovvero scomponendo le sostanze naturali fino ad ottenere materie prime in grado di sprigionare le virtù medicamentose, gli arcana, che, in quanto potenza trascendente, debellano l’affezione, intesa anch’essa come una presenza immateriale eterea. Esistono quattro tipi di arcana che sono in grado di placare e sconfiggere le cause e quindi gli effetti delle malattie: materia prima, lapis philosophorum, la tinctura, il mercurius vitae. A questi si affianca la quinta essenza, ovvero l’essenza dominante sulle quattro presenti in tutti i corpi. Paracelso quindi nomina per la prima volta nella storia della medicina un concetto che equivale all’equilibrio biochimico che sta alla base della regolamentazione complessiva sia all’interno dell’uomo, sia nel rapporto tra uomo e mondo.
3.2 – Spagiria
Il termine spagiria deriva da due parole greche spaò, “separo” e agheìro, “riunisco”, e riassume un fondamentale detto alchemico “solve et coagula”, per indicare una forte consonanza fra i procedimenti dell’alchimia e quelli della nuova arte inventata da Paracelso. La spagiria potrebbe essere definita come la “trasposizione delle teorie ermetiche su un piano materiale e contingente”.Insomma, si intende come il campo che fa da sfondo alla iatrochimica, l’impianto teorico e filosofico in cui muoversi col fine di utilizzare mezzi chimici nelle terapie, ed è forse la più degna antenata della chimica moderna, dato che l’alchimia ha mezzi e fini completamente differenti.
Ciò che ci tramanda la tradizione ermetica riguardo a questo argomento può essere semplificato attraverso la descrizione del Caduceo di Hermes (due serpenti che si attorcigliano lungo un bastone centrale). Sappiamo che l’alchimia è la Via Diretta, la Via di Mezzo Umido-Secca ed insegna come realizzare la Pietra Filosofale per mezzo di tre metodi: il Metodo Breve (L’Arte Breve), il Metodo Medio (l’Arte Media) ed il Metodo Lungo (L’arte Lunga). L’archimia e la spagiria sono quindi due diramazioni dell’alchimia, rispettivamente verso destra, lungo la via Maschile secca (Arte Breve) che coincide con lo Zolfo e verso sinistra, lungo la via Femminile umida (Arte Lunga) che invece rappresenta il Mercurio. Al centro, l’alchimia rimanda al Bastone Ermafrodita Centrale (Arte Media). A differenza degli alchimisti, gli archimici erano coloro che facevano uso di acidi e minerali, utilizzando forni ad alte temperature, gli spagirici invece facevano uso della medicina naturale ed utilizzavano le sostanze, vegetali ed animali. Mi pare che debba essere sottolineato il fatto che Zolfo e Mercurio sono stati da sempre gli elementi più importanti nel linguaggio alchemico, la loro combinazione era indissolubile e veniva esplicata attraverso il termine Sulphur et Mercurius. L’elemento in combustione e l’elemento volatile furono affiancati solo successivamente dal terzo elemento, il Sale, che andava a rappresentare la tangibilità. Dal punto di vista storico fu l’alchimista arabo Geber (721-815) a definire i due primi principi, oltre a unificare sotto un’unica disciplina il filone spirituale ed il filone pratico dell’alchimia, ma solo con Rhazes (866-925) e Basilio Valentino prima e Paracelso poi, il Sale si afferma come terzo principio. Attraverso l’arte alchemica, spagirica ed archemica, al medico è permesso di perfezionare quanto cresce in natura a beneficio dell’uomo stesso, agendo sugli arcana ovvero sulle virtù che si nascondono in tutte le sostanze e corpi presenti nel cosmo. L’alchimia è quindi una scienza della vita dei tre regni, quello minerale, vegetale ed animale. Possiede e giostra le due forze dominanti della natura, la corruzione e la costruzione, per cui nascita e morte vengono riprodotti in laboratorio finalizzati al raggiungimento della perfezione interiore. Questa complessa operazione riproduce a ritroso il gesto perfetto della creazione Divina, ed avviene all’interno dell’Atanor, recipiente nel quale il calore, attraverso un processo di maturazione, permette l’estrazione del “volatile” che successivamente verrà rinchiuso nell’Uovo Filosofico sigillato dal Sigillo di Hermes (chiuso ermeticamente appunto). Il massimo risultato si concluderà con la creazione della Pietra Filosofale che avverrà accompagnato dal parallelo processo di maturazione interiore dell’alchimista, attraverso tre stadi fondamentali: l’Opera al Nero (Nigredo), l’Opera al Bianco (Albedo) ed infine l’Opera al Rosso (Rubedo), che ripropongono in chiave materiale ed esistenziale un percorso iniziatico e spirituale. La putrefazione del primo stadio è seguita da una rinascita e dalla successiva sublimazione e solo in questo modo è possibile risalire all’atto creativo primo ed universale di Dio.
4 – PARACELSO E LA VIRTÙ: L’ETICA DEL MEDICO
La quarta ed ultima colonna della medicina può essere identificata con ciò che i contemporanei definiscono deontologia professionale. Sarebbe però limitato riunire in un unico concetto ciò che Paracelso chiamava Virtù del medico. L’Etica vera e propria legata a questa disciplina così eclettica rimanda al ruolo ed al compito che ogni singolo individuo possiede ad alla responsabilità che da esso deriva. Ogni entità od oggetto nel mondo è una entità distinta, è un’entità vivente con un caratteristico ruolo nei confronti di tutto ciò che la circonda. “Questo esprimere pienamente la propria funzione ed applicare le proprie capacità è per Paracelso la Virtù: ognuno dovrebbe esercitare quello che fa e che dovrebbe fare su se stesso”. Il medico è il Dio del microcosmo poiché lo tutela come Dio fa col macrocosmo e compie questo eroico atto attraverso tre strumenti: l’arte medica, la saggezza (sapienza) e l’intelletto. Saggezza è retta comprensione, l’arte di conoscere e di essere consapevoli delle proprie facoltà attraverso l’intuito. Attingendo al mondo dell’impalpabile, il medico deve partecipare pienamente al processo di crescita delle proprie capacità di apprendimento. L’ideale empirico moderno dello studio e della descrizione della natura si attua attraverso la ragione e l’intuizione, in un magma ribollente di esperienza pratica, esperimento e libero arbitrio. Con una definizione riduttiva, quest’atteggiamento potrebbe essere definito analiticosperimentale: ne deriva che la via che conduce alla conoscenza parte dal dato empirico per giungere all’enunciato generale. Nel Labirinto dei medici Paracelso giunge ad affermare che scienza è esperienza, ma la ricerca deve essere perennemente accompagnata dalla saggezza e non essere vincolata alla verità libresca o all’Ipse dixit. L’etica dipende dalla struttura teorica della medicina, dalla sua organizzazione e dalle caratteristiche dell’operato medico. L’uomo deve essere considerato nella propria interezza: l’uomo ed il medico, parallelamente, sono condotti sulla strada della perfezione, tanto che le qualità morali e le qualità professionali devono convergere in una sola ed unica direzione fino alla fusione. Nell’alchimia questo concetto è piuttosto evidente, infatti l’alchimista deve applicare le sue ricerche prima di tutto su se stesso, per poi veicolarle vero il mondo esterno. L’uomo è soggetto ed oggetto della ricerca alchemica ed è in quest’atto che il connotato più antropologico della ricerca paracelsiana è lampante. Paracelso infatti studia la presenza dell’uomo nel mondo partendo dal presupposto che ogni essere (oggetto inanimato o vivente che sia) ha una propria specifica funzione nel cosmo.
L’arte medica non crea vantaggi a chi la esercita; ad aumentare non sono i riconoscimenti accademici o economici, ma l’esperienza oggettiva, ovvero quella verità che travalica la soggettività delle impressioni personali. In definitiva dall’esercizio della “Grande Opera” Paracelso eredità la consapevolezza che l’uomo/medico necessita di un continuo perfezionamento e di una rigenerazione esclusiva, resi possibili attraverso la componente operativa che L’Arte Regia offre supportata da un adeguato impianto teorico.

Picco Luca

28 luglio 2009

- PARLIAMO di MORALE


Mi sono spesso domandato quale sia il significato del termine “morale”. Si tratta di una parola che non ha una valenza uguale per tutti e che, per questo motivo, è stata riempita di tanti significati, spesso a sproposito !
Una cosa, però, mi è chiara; e cioè che non posso decidere quali comportamenti assunti dal mio prossimo siano morali e quali immorali. Se lo facessi, mi ergerei a giudice e, in questo caso, sarei senza morale perché mi sarei qualificato “essere perfetto”.
La perfezione, ahimè, non è terrestre per cui, se qualcuno già lo fosse, non farebbe più parte di noi, ma sarebbe passato a ciò che chiamiamo “l’Oriente Eterno”.
Nessuno può giudicare il fratello uomo, perché nessuno è così superiore da essere estraneo alle debolezze umane.
Ogni individuo è come un albero che deve essere curato in ogni momento affinché fruttifichi bene. Il frutto è buono solo se tale lo è l’albero da cui è scaturito.
Questo simbolismo che ho utilizzato mi è venuto in mente pensando al fatto che le parole, come i frutti, possono portare alla realizzazione di grandi opere o, al contrario, far sprofondare l’uomo verso le tenebre.
La morale deve conciliare con gli altri ideali posti alla base dell’essere iniziato quali la libertà, la tolleranza, l’umiltà e l’uguaglianza. Sono libero, ma la mia libertà non è assoluta perché finisce dove inizia quella dell’altro.
Non è forse vero che ognuno di noi deve tendere alla elevazione e, come si usa dire in altri rituali, “scavare oscure e profonde prigioni al vizio”?
La finalità del Massone è quella di erigere templi alla virtù e ascendere un sentiero di luce sempre più vivido e sfavillante, che diviene infine luce pura e nella quale l’uomo si integra e torna al suo principio.
I Grandi Iniziati, da Rama a Krishna, da Ermete a Mosè, da Pitagora a Gesù, in epoche diverse ed in luoghi aventi differenti realtà, hanno affermato che il supremo comandamento dell’iniziazione è il raggiungimento della consapevolezza della perfezione divina nell’anima dell’uomo.
L’uomo deve mantenere accesa la scintilla divina di cui è portatore, ma, essendo troppo consolidato nella materia (i metalli), deve svolgere un lavoro di “purificazione” per tornare a reintegrarsi nell’energia primigenia.
Il lavoro iniziatico di costruzione del tempio interiore e, contestualmente, di quello dell’umanità sul pianeta Terra è il fine da raggiungere, come si può dedurre dalla simbologia delle magiche e misteriose Cattedrali Gotiche, simbolo della conoscenza iniziatica.
Il comportamento del Massone deve tendere all’attuazione della massima “Fai agli altri ciò che vorresti gli altri facessero a te”. Questo precetto, infatti, costituisce uno dei primi insegnamenti forniti a chi si avvia in un cammino di luce.
In altri termini l’iniziato, prima di agire nei confronti dell’ambiente che lo circonda, si deve chiedere se il suo comportamento produrrà delle conseguenze che egli gradirebbe sulla sua persona. La sua organizzazione di vita deve essere basata sul pensare il Vero, costruire il Bello ed operare il Bene.
La costruzione del tempio interiore non si esaurisce all’interno della coscienza di ognuno, ma deve essere conseguenza di un determinato modo di operare nella vita di relazione. Si devono trasferire le virtù iniziatiche dalla morale individuale alle istituzioni collettive perché solo quando l’Umanità riuscirà ad eliminare dai propri rapporti le leggi della forza innalzerà il tempio spirituale e sociale.
Se io mi ergo quale uomo libero ed intacco la libertà degli altri, non sono forse schiavo del mio egocentrismo ?
Nel momento in cui mi faccio sopraffare da queste bassezze umane e cerco di prevalere sull’altro sono vinto, perché, anziché preferire un percorso di Luce, ho mostrato di farmi ammaliare ed avvolgere dalle tenebre.
Nella vita non ci sono sfide che vale la pena accettare se non quelle con il proprio essere. Lo stesso rituale templare che porta all’iniziazione di un profano spiega cosa sono la morale, la libertà e la virtù. La libertà è il diritto di fare tutto ciò che non è contrario alla legge morale ed alla libertà altrui.
La Morale guida ogni uomo intelligente e libero. Essa fa apprendere doveri e diritti e si rivolge ai sentimenti del cuore per assicurare il trionfo della virtù. Cosa sono e chi divento se ritengo di giudicare l’altrui morale puntando la spada sull’altrui cuore ? Sicuramente, intacco la libertà, la dignità, la riservatezza ed il rispetto del fratello che mi ha concesso senza remore, limiti o condizioni e con amore la sua fiducia. È facile puntare il dito contro gli altri, ma io mi domando se, nel fare questo, sono morale. Ed ancora mi chiedo se sono morale nei comportamenti che assumo tutti i giorni nei confronti degli altri e della famiglia e se offro ai miei cari, con il mio impegno ed il mio lavoro, tutto ciò che è giusto offrire; o per essere morale è solo sufficiente che io mi consideri il “morale” per eccellenza... E si torna sempre alla spada puntata verso gli altri!
Secondo Platone l’ideale della vita umana è rendersi degni dell’immortalità.
Nella sua coscienza ellenica il mondo sensibile è considerato nella sua armonia, in quanto riflesso del mondo ideale; il corpo, in quest’ottica, non è un nemico da combattere o la catena da spezzare, ma il mirabile strumento costruito per i fini della ragione.
Sempre Platone ci spiega che non si può esercitare l’anima senza il corpo né il corpo senza l’anima. L’armonia è anche la salute dell’anima. La sanità morale in cui si unificano tutte le virtù è armonia e porzione tra tutte le varie parti dell’anima.
Mi viene in mente Francesca da Rimini che è una donna ideale con una ricchezza di determinazioni che gli danno tutta la simulazione di un individuo. I suoi lineamenti si trovano nelle poesie del tempo: amore, gentilezza, purezza e leggiadria.
La donna che cerca in paradiso, in un qualche modo Dante la trova nell’Inferno. Ella non è il divino, ma l’umano ed il terrestre, capace di colpa e colpevole, che, con profondi contrasti, genera emozioni, l’essenza della vita. Francesca da Rimini non è volgare o malvagia, nel suo animo sembra farsi strada solo il sentimento dell’Amore. Qui è la sua felicità e la sua miseria. Ella non se ne scusa, adducendo l’inganno in cui fu tratta o altre circostanze, ma la sua parola è di una sincerità disarmante: « mi amò, ed io l’amai ».
Dalle sue parole sembra emergere come fosse impossibile che la cosa andasse altrimenti e che l’Amore è una forza a cui non si può resistere. Se ipotizziamo immorale il comportamento di Francesca da Rimini, la cui unica colpa è quella di avere amato, come considerare chi con arroganza, presunzione e violenza si intromette nella vita privata e personale dei terzi, calpestandone l’onore, la libertà e la dignità? O chi non ammette i propri errori e per coprirli e giustificare la propria grettezza mentale coinvolge altre persone e adduce, a sostegno delle proprie tesi, principi come la immoralità, l’indifferenza altrui e altro ancora, ergendosi, anche, a ipotetico nume tutelare del proprio prossimo, con il danno di dividere ciò che è unito. Sarebbe imperdonabile se un fratello tenesse comportamenti di siffatta gravità. Credo di essere morale solo nel momento in cui ho l’intento di non colpire o far soffrire mio fratello con i miei modi di fare e di agire e, soprattutto, non ritenendomi l’unico e solo detentore delle verità rivelata.
Concludo riportando una frase di Nietzsche, tratta dalla sua opera “Al di là del bene e del male”: «Giudicare e condannare in nome della morale è la vendetta preferita di chi è spiritualmente limitato su chi lo è meno, e inoltre una specie di rivalsa per essere stati poco considerati dalla natura, infine una occasione per avere uno spirito e diventare sottili: la malignità spiritualizzata».
Giuseppe Bentivegna, M.M

22 luglio 2009

- ASTROLOGIA E MASSONERIA


Nel Tempio che ci ospita, così come in tutti i templi massonici, sono rappresentati sul soffitto i segni dello zodiaco, che fanno da contorno alla volta stellata; esso zodiaco è il percorso apparente del sole nell’anno e splende all’Oriente anche per contraddistinguere il nostro tipo di ritualità, che è essenzialmente solare, cioè maschile. È una inequivocabile indicazione che il massone dovrà conoscere i movimenti dei sole, dei pianeti e delle stelle, le leggi che li governano in quantità (astronomia) ed in qualità (astrologia). Niente a che vedere, comunque, con l’astrologia che inonda i mass media e che costituisce il "mestiere" della maggioranza degli astrologi e delle astrologhe moderni.
Per entrare nel vivo della materia, e fornire così ai Fratelli che volessero comprendere la vera natura dell’Astrologia ed il suo concreto utilizzo, dico subito che il rituale dei secondo grado, ad esempio, pone in evidenza cinque Grandi dei passato, utili a questo scopo, ed in particolare uno: Paracelso. Si studino attentamente due sue opere fondamentali, il Paragranum ed il Paramirum, con l’accortezza di scegliere le traduzioni più fedeli all’originale. A questi si aggiunga il De umbris idearum dei grande fratello Giordano Bruno, e per incominciare mi sembra che basti.
Premessa fondamentale allo studio di questi temi rimane, come pietra miliare, la Tabula Smaragdina o Tavola di Smeraldo, che specifica come tutto ciò che è scienza della natura si riconduca al concetto di unicità dell’Universo esistente:
"Così è in alto, così come è in basso, per fare il miracolo della Cosa Unica".
Un’ultima raccomandazione: questi testi antichi, così come gli altri della medesima natura, vanno letti con acume. Cosa significa? Vuol dire introdurre, nel nostro sistema di approccio, di conoscenza, un elemento affatto nuovo nel nostro modo di ragionare. E qui sta la difficoltà. Elemento che il cerebralismo basato non sul vero sperimentalismo, ma sull’empirismo, ha cancellato dal nostro sistema di ragionamento, precludendoci ogni possibilità di approfondimento e di legame tra una realtà fenomenica ed una noumenica, tra una realtà visibile ed una trascendente. O meglio, di una realtà, unica nel suo essere, di cui solo una parte cade sotto i nostri sensi ed è misurabile ed oggettivabile, perché i nostri sensi ce la riflettono contro lo specchio del cervello, ed una seconda che si sfugge perché al di là dei nostri sensi, ma che fa da supporto alla realtà visibile. Questo elemento si chiama "analogia".
Con l’analogia noi stabiliamo dei nessi tra cose disparate, apparentemente lontane fra loro, ma che possono essere rese simili con il procedimento analogico. Per analogia possiamo dire che il cervello, in determinate circostanze, può comportarsi come un apparecchio radio, capace di ricevere e di emettere determinate onde. In questo sistema di ragionamento noi avviciniamo due realtà esteriori, apparentemente lontane fra loro. In ultima analisi potremmo definire l’analogia come un’identità occulta. Questo modo di pensare ci permette di passare da un piano bidimensionale, e quindi di superficie, basato sul sistema induttivo - deduttivo, ad un sistema tridimensionale, deduzione - induzione - analogia.
Noi percepiamo una realtà volumetrica. Paracelso ad esempio, quando parla di Geni Planetari, si badi bene, e non di pianeti, non si riferisce ai corpi celesti, bensì alle funzioni fondamentali che si appoggiano, per così dire, a precisi organi dei corpo umano che funzionano, per analogia, come i pianeti che si muovono nello spazio. Conoscendo le leggi che governano questi ultimi, si può risalire alla identità occulta dei nostri organi.
Quando Giordano Bruno parla di ombre delle idee, indica le leggi che governano i nostri organi di senso a similitudine degli astri che stano in cielo.
La simbologia massonica, quando indica come fondamentale per i lavori di Loggia la compresenza di sette maestri, si attiene strettamente alle leggi di analogia, né più né meno come Paracelso e Giordano Bruno intendevano le funzioni fondamentali del corpo umano.
I Liberi Muratori, nel corso dei secoli, hanno conosciuto ed applicato queste leggi in tutte le edificazioni, ed in particolare nella costruzione dei Templi, la cui funzione doveva essere quella di cassa di risonanza per l’uomo, atti a risvegliare quelle funzioni che si trovano nel nostro corpo, per potenziarle nel cammino della "Palingenesi". Ho ritenuto utile riportare in questa tavola, a titolo d’esempio, l’oroscopo che è sito a San Miniato al Monte edificato dai Benedettini Liberi Muratori e che, tra l’altro, nega la tradizione storica secondo cui, in quel periodo, nel 1207, non esisteva l’Astrologia a Firenze .
Sappiamo che molte chiese sono orientate verso Est, come i templi massonici, ma alcune di queste non sono orientate lungo l’asse Est-Ovest e San Miniato ne è un esempio, ne vedremo adesso il motivo.
Questa chiesa è orientata sull’asse dei solstizi, più precisamente sul sorgere eliaco di qualche stella, e molto probabilmente questa stella è Sirio. La parte notevole è che quando il sole si alza, all’equinozio di primavera o di autunno, il primo segno ad essere illuminato è il Toro, così come riporta la più pura tradizione astrologica egizia . Il Toro rappresenta il Verbo, le nostre corde vocali, ciò che esce dalla bocca, il Logos. E non è forse vero che il Libero Muratore è costantemente alla ricerca della "parola perduta"?
Questo zodiaco è comunque rappresentato in senso antiorario, a significare, per analogia, che le funzioni celesti influiscono specularmente su quelle fisiche. Nel Gabinetto di Riflessione lo specchio dà una precisa indicazione in tal senso.
Ebbene, la profonda conoscenza dell’Astrologia è essenziale all’operatività alchemica e spagirica. Paracelso lo afferma più volte sia nel Paragranum che nel Paramirum. Tutto ciò potrebbe essere falso e potrebbe essere vero. È dei Liberi Muratori in generale, l’impegno autoassunto di verificarne la consistenza.
Comunque si rammenti che uno dei titoli distintivi degli iniziati di ogni tempo era ‘terapeuta’. Si deve diventare prima terapeuti di se stessi per poi operare "al bene ed al progresso dell’umanità", così come all’inizio dei nostri lavori sempre ci proponiamo.

Carlo Paredi
RITO SIMBOLICO ITALIANO

19 luglio 2009

- Massoneria - Costruttori di sogni possibili.

Nel suggestivo rituale della Catena d’Unione si fa esplicito riferimento ai Liberi Muratori come ai custodi di un antico segreto: quello del grande amore del Grande Architetto dell’Universo per gli uomini. Ma i Liberi Muratori sono, anche, i custodi di un altro e non meno importante segreto, quello di “ essere sognatori “. Sognare non è comune a tutti.
Molte persone, infatti , non sognano. Non sognano perché glielo impediscono le ansie, le nevrosi, le depressioni, le difficoltà, i disagi, i dolori, le tristezze, l’infelicità : o, più semplicemente, le vicende, talora insopportabili, della vita quotidiana. E, allora, le loro notti diventano cupe, pesanti, plumbee. E, al risveglio, si sentono più stanchi di quando si sono coricati: con il risultato che tutto diventa più faticoso e quello che è peggio, grigio e senza speranza. Non sognare può essere considerata la metafora di una vita senza colore, senza brio, senza respiro: come le notti senza sogni. Può essere la metafora di una vita senza ideali, senza fantasia, senza creatività, senza voglia di spendersi: per sé e per gli altri. In questo caso, diventa un lungo tunnel oscuro dove i disagi si accumulano ai disagi e dove domina una solitudine che ben presto si trasforma in egoismo.
E’ l’egoismo di chi non è capace di slanci disinteressati, di chi abbraccia il meschino interesse, la signoria del danaro, le suggestioni del potere o il narcisismo più sfrenato: in una parola, quelli che noi chiamiamo i “ metalli “. Non è questa la vita dei Liberi Muratori.
Sognare significa “ essere “. Non significa “ avere “. Per questo, il sogno è stato considerato, a ragione, come l’altra faccia ( forse quella più vera ) dell’esistenza: quella a cui dobbiamo guardare. Quella su cui dobbiamo plasmare la nostra esistenza.
Come ricorda Bachelard : “ Il sogno ad occhi aperti non è un vuoto mentale. E’ piuttosto il dono di un’ora che conosce la pienezza dell’anima “.
Ma questa, a ben vedere, è l’essenza stessa dell’Esoterismo.

G. Raffi

18 luglio 2009

- Astronomia

La scienza che c'istruisce nelle leggi che governano i corpi celesti. La sua origine si è perduta nell'abisso dell’antichità; i primi abitanti della terra debbono di necessità essersi sentiti attratti dallo splendore e dalla gloria del firmamento sopra di loro, ed avrebbero cercato nei moti degli astri il metodo più sicuro e certo di misurare lo scorrere del tempo.
Il sistema massonico risulta intimamente connesso all’Astronomia. Da quella scienza, molti dei nostri emblemi più significativi sono stati presi a prestito. La loggia è una rappresentazione del mondo; essa è adornata con immagini del sole e della luna la cui regolarità e precisione ci forniscono una lezione di saggezza e di prudenza; i suoi pilastri di forza e di stabilità sono stati comparati alle due colonne che gli antichi posero ai punti equinoziali a sostegno dell'arco di cielo; la stella fiammeggiante, simbolo egizio di Anubis, o cane-stella il cui sorgere annuncia l'inondazione del Nilo, splende all’oriente, mentre la nuvolosa volta del cielo è decorata dalle magnifiche Pleiadi.
Il collegamento tra il nostro ordine e l’astronomia appare ancora più manifesto nella massoneria spuria dell’antichità, ove essendosi perduti i puri principi del nostro sistema, l'istruzione simbolica sui corpi celesti dette luogo al culto corrotto dei Sabei, adoratori del sole, della luna e delle stelle - un'adorazione le cui influenze sono percepibili in tutti i misteri del Paganesimo.

Albert G. Mackey

17 luglio 2009

- Esoterismo di Gaudì.


Le officine napoletane si sono riunite a Barcellona per approfondire la figura di Gaudì e il suo Esoterismo.

14 luglio 2009

- Rennes le Chateau
















Rennes le Chateau deve la sua fama ad un parroco. Bérenger Saunière è il sacerdote che, dal 1885 al 1917, ne cambierà radicalmente il volto, trasformandolo da anonimo villaggio di pastori e contadini, in uno dei luoghi più enigmatici al mondo; diventerà ricchissimo e altrettanto strano. Alla base di tutto ci sono delle pergamene e una strana tomba. Ma, andiamo con ordine: durante alcuni lavori di restauro nell’antica chiesa parrocchiale dedicata alla Maddalena, il parroco avrebbe (il condizionale è d’obbligo) trovato sotto l’altare quattro pergamene antiche. Con queste sarebbe andato fino a Parigi per farle decifrare presso il seminario di Saint Sulpice (all’epoca situato a fianco dell’omonima chiesa, la più grande della città, dopo Notre Dame).

Saunière si fermerà nella capitale tre settimane e tornerà completamente cambiato. Le pergamene e alcuni strani simboli incisi sulla tomba di una marchesa morta un secolo prima e sepolta nel piccolo cimitero del paese, gli indicheranno la via per diventare ricchissimo. Saunière, per prima cosa, cambia completamente la chiesa, inserendo dei particolari piuttosto bizzarri e che rimandano ad antichi culti egizi e pagani, poi fa costruire una torre in stile neogotico sullo strapiombo della montagna (Tour Magdala) e un’abitazione in cui darà ricevimenti sontuosi (Villa Bethania). Anche da questo si intuisce la sua venerazione per Maria Maddalena, santa il cui nome è molto diffuso nell’area per quanto riguarda grotte, cascate e sentieri. Sui vari aspetti della vita di questo parroco non si può che mettere un enorme punto interrogativo che tenga conto dei fatti e dei reperti. Ciò che è indubitabile, però, è il fascino di questi luoghi che nessun tesoro può mettere in dubbio. L’intero villaggio è un concentrato di aspetti misteriosi che si fondono con la bellezza di un territorio dai mille risvolti.
Del resto, questa è una zona di confine e, quindi, ha un passato turbolento e ricco di svariate dominazioni.

Nel 1880 è stato, ad esempio, scoperto un cimitero neolitico che attesta l’esistenza del paese da più di tremila anni. Anticamente la zona era abitata dalla tribù celtica dei Tectosagi. L’insediamento è battezzato con il termine Rhedae, la cui etimologia rimanda alla lettera runica R che indicava il carro. Quest’ultimo ha un significato particolare, infatti, esiste uno stretto collegamento tra il paese e il Carro dell’Orsa che è stato ritrovato inciso su una grande roccia nei dintorni ed è databile all’epoca della dominazione celtica. Molte gallerie e miniere sono presenti in tutto il territorio, a testimonianza di un passato di ricchezza e prosperità. Ad esempio, a poche decine di chilometri, troviamo Salsigne, l’ultima miniera d’oro presente in Europa, che ha chiuso le sue attività solo quattro anni fa, nel 2004.

I Celti che, per molti anni hanno dominato la zona, ritenevano la collina su cui sorgerà il paese, un luogo sacro, così come faranno molte delle popolazioni che si stanzieranno qui. I Galli ne fecero un punto di scambi commerciali, vista la sua posizione che ne facilitava la difesa.
Nel 122 a.C. i Romani conquistano la regione e Rhedae, lentamente, si sviluppa come oppidum di una certa importanza. Nello stesso periodo, si realizza la costruzione delle terme di un paese nelle vicinanze che, nel Medioevo si chiamerà Bains de la Reine, in onore della regina Bianca di Castiglia, madre di Luigi IX, “San Luigi dei Francesi”, la quale, grazie alle proprietà curative di quelle acque, era guarita da una brutta forma di malattia alla pelle.

Oggi la località si chiama Rennes les Bains ed è conosciuta in tutta la Francia per le sue cinque fonti di acqua fredda, cinque di acqua calda e una … miscelata; sgorga, infatti, da una roccia alla temperatura di quella che abitualmente troviamo sotto le docce di casa nostra. Durante il periodo estivo, nella sua prossimità si formano code di turisti e campeggiatori che ne approfittano per la toilette quotidiana.
Saranno, però, i Visigoti, che si stanzieranno in questa zona dopo la cacciata degli Unni dalle regioni dell’Europa orientale, a rendere prospera Rhedae. Ed è proprio in relazione ai Visigoti che si comincia a parlare di un favoloso tesoro.

Nel 410, infatti, dopo il “sacco di Roma”, questo popolo barbaro si impossessa del colossale tesoro di Gerusalemme che era giunto nella “Città Eterna” nell’anno 10 ad opera dell’imperatore Tito e delle sue legioni. E’ scolpita nella pietra, nell’omonimo arco nel Foro Romano, questa impresa che porterà a Roma la Menorah e l’Arca dell’Alleanza. I Visigoti daranno vita nel sud della Francia ad un brillante regno che avrà come capitale Tolosa, ma avrà in Rhedae un centro nevralgico, composto da una città fortificata affiancata da due cittadelle e circondata da due baluardi; insomma, un luogo inespugnabile, segno di grande importanza.

I Merovingi, o Franchi, guidati da Clodoveo, sconfiggeranno i Visigoti e acquisiranno l’importante piazzaforte. La loro presenza sul sito ed è provata dal ritrovamento di un cimitero merovingio, portato alla luce per puro caso da una pala meccanica durante alcuni scavi avvenuti nel 1975.
Nel VIII secolo Rhedae è un luogo molto importante; lo testimonia il rapporto che il vescovo Teodolfo invia all’imperatore Carlo Magno e che mette la località sullo stesso piano delle città più importanti della regione, come Carcassonne e Narbonne.

Il secolo XI segna il lento ma inarrestabile declino di Rhedae che, in seguito ad una serie di attacchi e combattimenti, perderà buona parte delle sue ricchezze e del suo potere. Nel corso dei secoli seguenti, quella che era stata una fiorente e prospera città, si riduce ad un minuscolo villaggio abbarbicato attorno alle mura di un castello, da cui prenderà il nome definitivo. Rhedae si trasforma in Rennes le Chateau, il castello di Rennes, nel 1778.

Il nostro tour ideale può iniziare dopo aver lasciato Couiza, paese a fondovalle in cui si trovano negozi, ufficio postale e gendarmeria. Cinque chilometri di tornanti ci conducono alla meta, lassù, sulla collina più alta. Lungo la salita si gode un panorama su alcuni ruderi di fortezze e sugli strati di rocce e terra rossa che sono onnipresenti nel circondario. Appena giunti in paese, ci accoglie una libreria, “Empreinte”, piena zeppa di volumi che, in svariate lingue (italiano compreso), raccontano le molte vicende del paese e del suo strano parroco. Quasi di fronte c’è l’imponente castello che dà il nome al villaggio. Il nucleo originale risale all’epoca in cui i Visigoti (Quinto secolo dopo Cristo) avevano fatto di Rhedae una loro importante piazzaforte. Nella parte a nord del maniero resta una grande sala con reperti risalenti a quel periodo.

Il castello è stato distrutto una prima volta nel 1210 durante la crociata contro i Catari, ricostruito e nuovamente distrutto, ha assunto la sua forma attuale nel XVI secolo, quando ne ha assunto la proprietà la famiglia degli Hautpoul, la cui ultima discendente era la marchesa Marie de Negre d’Hautpoul de Blanchefort (imparentata anche con il ceppo del Gran Maestro dei cavalieri Templari, Bertrand de Blanchefort, che è tutto dire…), la cui tomba attirerà le attenzioni di Saunière. Dal 1946 appartiene alla famiglia Fatin. Non è permessa la visita… su questo punto, Henri Fatin, l’attuale castellano, è particolarmente intransigente e non esita a chiamare i gendarmi non appena qualche turista un po’ più curioso oltrepassa il cartello posto all’ingresso del cortile su cui è scritto a chiare lettere che si sta entrando in una proprietà privata. Comunque, all’esterno sono visibili quattro torri, tre a pianta rettangolare e una rotonda, la meglio conservata, alta 17 metri. In mezzo vi è il cortile d’onore e sotto, una serie di gallerie che conducono in svariate direzioni. L’ingresso murato di una di queste è visibile appena entrati in paese.

Poche decine di metri dopo (qui le distanze sono davvero contenute) si giunge di fronte all’altra libreria “La Porte de Rennes”, gestita con molta professionalità da un grande studioso di storia locale, Serge Colmenero, che è stato il mio compagno in diverse ricerche avventurose. Altri quindici metri ed ecco la chiesa Sainte Madeleine (una costante in molti paesi della regione, dove la “santa peccatrice” funge da vera e propria padrona dei luoghi di culto) che sorge sulle fondamenta di un tempio edificato dai Visigoti e di cui si è perduta ogni notizia. E’ stata edificata tra l’ VIII e il IX secolo e restaurata completamente tra il 1887 e il 1896, nove anni durante i quali Bérenger Saunière la trasformò completamente. Ha un campanile squadrato e massiccio e un ingresso molto particolare su cui campeggia l’iscrizione latina “Terribilis est locus iste”. E’ una frase estratta dalla Genesi che, visto il contesto, assume una valenza piuttosto inquietante, infatti, appena varcata la soglia, troviamo la statua di un demone orrendo, Asmodeo, che regge l’acquasantiera.

Nel 1996 qualcuno è entrato di notte nella chiesa e lo ha decapitato, forse per poter osservare da vicino lo sguardo magnetico dei suoi occhi di un blu intenso. E’ stato, ovviamente, ricostruito, e per evitare altri atti di vandalismo, all’interno della chiesa sono state collocate diverse telecamere che consentono un controllo totale. Da alcuni anni, l’edificio è aperto al pubblico a intervalli di mezz’ora a partire dalle nove del mattino, fino alle 18.30. All’interno troviamo diverse statue di santi che formano un percorso tutto particolare. Si comincia con Germana di Pibrac, colta nell’atteggiamento abituale, cioè, mentre apre il grembiule ricolmo di fiori. Di fronte c’è San Rocco insieme all’immancabile cane. La statua presenta un’anomalia: la ferita che contraddistingue il santo è sulla gamba destra e non sulla sinistra come normalmente avviene.

C’è poi Antonio Abate, il santo festeggiato il 17 gennaio, giornata molto particolare a Rennes le Chateau, sia a livello storico (è la data in cui è morta la marchesa dalla strana tomba), sia per quanto riguarda un fenomeno ottico unico al mondo. A mezzogiorno circa (condizioni meteorologiche permettendo), la luce del sole illuminando una vetrata particolare, crea all’interno della chiesa una figura che assume le sembianze di un albero di mele. Blu! Ciò avviene ancora oggi; basta recarsi in paese e vedere la fila di persone giunte da ogni parte per assistere allo spettacolo che dura un paio di ore circa. Lo stesso, identico, fenomeno avviene in un’altra chiesa a una quindicina di chilometri di distanza, nel villaggio di Brenac. E’ questa una mia scoperta, fatta per puro caso lo scorso anno.
Proseguendo il percorso dei santi, troviamo di fronte, un altro Antonio, il santo portoghese il cui nome è stato legato per sempre a Padova.

Saunière ha quindi compiuto uno strano spostamento; ha invertito l’ordine dei quattro evangelisti, collocando Luca al posto di Giovanni. Uno sbaglio? Non credo, anche perché il parroco era un esperto conoscitore delle Scritture e della dottrina cattolica, quindi non sarebbe incorso in una simile svista. E’interessante notare che se uniamo con una matita le statue dei santi sulla pianta della chiesa, si forma una lettera M e mi torna alla mente un passo della Divina Commedia, il canto XVIII del Paradiso.

E’ il passo in cui le anime si mostrano al poeta in trentacinque lettere e, dopo aver disegnato una grande M, sospendono il volo e si fermano in quella posizione, facendo risplendere il tutto con la grazia divina.
Sarà un caso, ma è proprio nel colmo di “quella M” che, il 17 gennaio, si forma l’albero di mele blu. Se proviamo ad unire le iniziali dei santi, Germana, Rocco, Antonio Abate, Antonio da Padova, Luca, si ottiene la parola GRAAL… forse è per questo che Giovanni è stato spostato!
Anche la Via Crucis è posta all’inverso e con particolari che non hanno riscontro in altre chiese. Che cosa ha voluto indicarci il parroco? Un percorso iniziatico o un’intrigante mappa del tesoro? I riscontri sono molti e osservando con attenzione il territorio circostante, troviamo strane analogie con ciò che è custodito dentro questa chiesa.

Usciti dalla chiesa si trova Villa Bethania, un tempo luogo di feste e oggi sede del museo municipale. Molti degli arredi di un tempo non ci sono più, però, rimane intatto il fascino di quello che è avvenuto all’interno di queste mura. Nel museo è possibile vedere il pilastro visigoto che reggeva l’antico altare e dentro al quale sono state rinvenute le pergamene. Sono custoditi anche molti paramenti del parroco e due statue in cera a grandezza naturale, creazione del museo Grévin di Parigi, riproducenti Bérenger Saunière e l’anziana madre della sua perpetua. Al piano superiore sono esposti alcuni libri e documenti del parroco (come la lista dei vini e i vari menu) e parecchie foto risalenti all’epoca in cui era il signorotto incontrastato di questo “regno”.

I lavori per la costruzione della villa iniziano il 3 giugno 1901 e si concluderanno due anni dopo. Questa bella e accogliente casa servirà esclusivamente quale luogo di incontro e di banchetti per invitati di riguardo e in cui non si badava a spese. Da queste riunioni conviviali non ci si alzava certo insoddisfatti; basta osservare uno dei vari appunti per rendersene conto:
“1 fusto di rum della Martinica, 33 litri di vino bianco Haut Barsac, 33 litri di Malvasia, 17 litri di vino chinato, 12 litri di moscato…”. Naturalmente, tanto ben di dio innaffiava altre specialità come carni e formaggi di primissima qualità e portate generose di autentico caviale del Volga.

Tali prelibatezze non erano destinate ai semplici palati dei parrocchiani ma ad ospiti di riguardo come la cantante lirica Emma Calvé, amica della regina Vittoria e dello zar Nicola II e che spesso lasciava i salotti di Parigi per far visita al curato di campagna; Etienne Dujardin Beaumetz, vice ministro francese della Cultura e un giovane dai tratti fini e dallo sguardo triste: Stefano d’Asburgo, discendente dell’omonima casa regnante d’Austria. Insomma, niente male per il curato di un villaggio sperduto della provincia francese di fine Ottocento. Si mormora anche di altri grandi personaggi come il musicista Claude Debussy, gli scrittori Jules Verne e Maurice Leblanc, l’inventore di Arsenio Lupin. E proprio nei racconti che hanno per protagonista il celebre ladro gentiluomo, frequenti sono i collegamenti e i riferimenti a Rennes le Chateau e ai suoi dintorni. E’ un mistero nel mistero, perché, ufficialmente, l’ambientazione dei romanzi è sempre tra la costa Normanna e Parigi. Il legame con Verne è legato ad una famiglia della regione, gli Arago che lo scrittore di Nantes esalta nel suo romanzo “Clovis Dardentor”… è questo un argomento che merita una puntata a parte.

Un vasto giardino al cui centro vi è una fontana circolare che, al tempo di Saunière, ospitava pesci esotici, separa Villa Bethania dall’altra costruzione che caratterizza il paese: la Tour Magdala. Questa è una singolare torre in stile neogotico, costruita nel 1899 nel punto più panoramico della collina. Dalla sommità si spazia a trecentosessanta gradi sull’intera zona, con i paesi che fanno da corona (Esperaza, Montazels, Antugnac) e a est la sagoma massiccia del monte Bugarach che, con i suoi 1320 metri di roccia viva è la più alta cima della regione. Poco più a sud c’è la punta di Bezu e l’omonima fortezza templare. I cavalieri dal bianco mantello hanno esercitato a lungo la loro influenza in questi luoghi, lasciando come simbolo della loro potenza le rovine di un castello dal quale dominavano le vie che i pellegrini percorrevano per andare a Santiago di Compostela. Si vede che questo panorama aveva un effetto benefico sul parroco, infatti, vi trascorreva la maggior parte del tempo. Nella stanza al piano terreno aveva collocato una ricca libreria ospitata in mobili pregiati, ornando il tutto con tappeti orientali e stoffe preziose.

Insomma, se la villa serviva da “sede ufficiale”, quella era il suo personale rifugio segreto. Sarà proprio lì, infatti, che avrà il malore che lo porterà alla morte nel 1917. Il 17 gennaio!
In paese non esistono alberghi e, solo nei mesi estivi, funziona un bar- ristorante “La Table de l’Abbé” che è collocato di fronte a Villa Bethania, mentre un ristorante è stato aperto da alcuni anni, “L’Amarante” con alterne fortune. Tutto qui. Il dato è l’emblema del fatto che, anche se il nome di Rennes le Chateau è famoso, il paese in sé non ha ricavato molto dalle strane vicende del suo parroco. Questo può essere letto in diversi modi; può essere anche un fatto positivo che testimonia la genuinità del luogo che cerca di conservare, senza stravolgerli, i tratti tipici di un borgo che, nonostante tutto, preferisce il silenzio.

Giorgio Baietti
















13 luglio 2009

- La via veritativa del massone no dell’esploratore.

Non di rado si ritiene che né la Massoneria né il singolo massone abbiano verità da presentare e da difendere e in ciò risiederebbe il loro atteggiamento tollerante e antidogmatico e la loro libertà di pensiero. Si parla così di relativismo massonico in riferimento alla verità e a ogni altro aspetto del pensiero e dell’azione della Massoneria. Questa concezione non solo non rispecchia la natura e la prassi massonica nei templi e nel mondo e non tiene conto di quanto affermato nelle Costituzioni e nella tradizione massonica, ma porta con sé una profonda confusione tra ricerca della verità, assolutezza delle verità e fondamento della verità. Solo un chiarimento su questi temi può fare luce sulla nozione massonica di verità e chiarire che il pensiero massonico non si fonda in alcun modo sul relativismo.
La via veritativa (della ricerca della verità) presuppone che esista la verità, intesa come insieme di verità diverse, e che sia accessibile all’uomo. Questa affermazione non dichiara in alcun modo che la verità sia già raggiunta interamente dall’uomo o che l’uomo possa coglierla e raggiungerla in modo globale e definitivo. Per questo è più corretto parlare di universo delle verità piuttosto che di una verità unica, definitiva e incontrovertibile. In ambito massonico l’universo delle verità è concepito come sempre aperto e costituito da una infinità di diverse e singole verità: un universo limite verso cui si tende con continuità raggiungendolo e cogliendolo poco alla volta.
Questa via veritativa si differenzia da quella posizione secondo cui l’universo delle verità è dato tutto in una volta ed ad esso nulla si può aggiungere. La prima posizione (quella massonica) invece, ritiene che vi siano verità raggiunte dalla mente umana e quindi come tali possono essere considerate come accettate anche se non tutte come definitive e che, allo stesso tempo, l’universo delle verità sia illimitato e quindi raggiungibile dalla mente umana solo in parte e poco alla volta.
Un altro carattere discriminante della posizione massonica consiste nel ritenere che l’uomo sia compartecipe della costruzione dell’universo veritativo: questo universo è costituito da verità che l’uomo ha raggiunto, da altre a cui l’uomo tende, da verità sconosciute ancora dall’uomo e da verità a cui l’uomo ha partecipato alla loro costituzione. La ricerca della verità è una via fondamentale al cammino iniziatico per cui si può asserire che:
1. la tradizione massonica è portatrice di verità il cui fondamento è relato allo sviluppo
storico del pensiero e della prassi massonica. Queste verità hanno un diverso fondamento: sono verità razionali, esoteriche, intuitive e spirituali.
2. la ricerca della verità è un obiettivo fondamentale del cammino massonico.
3. l’istituzione massonica si propone di presentare e difendere le proprie verità.
Per completare la concezione massonica rispetto alla verità è utile introdurre almeno due distinzioni. La prima riguarda la verità della conoscenza e la verità dell’essenza; l’altra, invece, concerne l’ambito delle verità. La prima distinzione vuole indicare che quando si parla di verità non ci si riferisce solo alla conoscenza, cioè a verità che riguardano i rapporti conoscitivi tra l’uomo e il mondo; in questo caso, si considera vero, o meglio una conoscenza vera, quando, dopo adeguati controlli, si asserisce che questa conoscenza afferma qualcosa che corrisponde a ciò che esiste nel mondo. Nel secondo senso, la verità dell’essenza, sostiene che si può considerare come vero ciò che si ritiene sia esistente; in tal modo ci si riferisce alla struttura e alla natura del reale e quindi alla sua essenza: il concetto di verità corrisponde a quello di essenza.
La seconda distinzione riguarda, come s’è detto, gli ambiti della verità; si può dire che la verità secondo il pensiero massonico riguarda il mondo concreto, la realtà e la sua essenza, il mondo dello spirito e del trascendente, l’uomo e il suo mondo interiore, la società umana e la natura del bene e della virtù.
La concezione massonica della verità, quindi, nega ogni forma di relativismo, secondo cui esistono solo opinioni e non verità, e allo stesso tempo sollecita un atteggiamento di rispetto e di dialogo verso le diverse verità considerate come differenti prospettive che si completano vicendevolmente.
La ricerca della verità è una delle vie fondamentali del cammino massonico: ciò significa sia affermazione delle verità massoniche sia ricerca della verità. In tal senso, la Massoneria si muove sempre mirando a penetrare più a fondo nell’universo delle verità.
Mariano Bianca

12 luglio 2009

- La Via del Matto




Il nostro Io individuale è un insieme di affetti, di relazioni, di emozioni che vengono fuori non solo dalla nostra realtà familiare e sociale, ma anche dagli stimoli che cultura, religione, storia contribuiscono a crearne l’identità.
La Psicogenealogia ci insegna che ognuno di noi eredita, riceve un’impronta biologica-emozionale che molto spesso diviene una ragnatela che ci costringe ad essere ciò che desidera la famiglia e la società.
Costrizione, trappola che non comprendiamo, che non siamo coscienti di vivere e che produce nevrosi, insoddisfazioni, conflitti, depressioni e malattie fisiche.
La presa di coscienza di tale problematica risveglia l’inconscio dell’individuo. La comprensione di tali dinamiche è il primo passo verso la guarigione e ci invita a cercare con tutte le nostre energie di essere quello che si è.
A questo punto è di grande aiuto l’atto terapeutico del Tarocco o dei Tarocchi che funge da elemento archetipo, mettendoci in comunicazione con l’inconscio.
Il Tarocco, attraverso il suo simbolismo c’insegna ad interpretare un linguaggio che possediamo ma che non riusciamo più a comprendere.
Diviene una traccia che ci aiuta a ristabilire l’equilibrio, ad ascoltare nuove informazioni e ad illuminare il nostro sentiero senza più incorrere negli stessi errori, nelle stesse dinamiche dolorose.
Il Tarocco, con i suoi molti significati, unisce il nostro inconscio all’inconscio collettivo riportando le nevrosi dell’individuo in relazione alle nevrosi di chi lo circonda o lo ha circondato. Diviene luce per guidare l’individuo fuori dai continui giri ossessivi di pensiero o di azione per condurlo verso la piena e reale comprensione del suo Sé.
Il Matto
Con queste premesse incominciamo a dare luce a quella che è la figura del Matto negli Arcani Maggiori, l’unica carta a non essere numerata.
Il Matto esprime diversi aspetti correlati ad una iniziazione spirituale alternativa: la verità, la libertà dell’essere, la creatività.
La via del Matto descrive un cammino solare di avvicinamento al Sé, all’insegna della divina follia.
E’ una follia che appare tale solo agli occhi del mondo profano, ma che in verità è la forma suprema di saggezza, per chi sa varcare col pensiero le porte della percezione, e i limiti di un’esistenza pensata solo in termini materiali, puramente terreni.
Il fine a cui mira il Matto è in fondo il principio di una nuova esistenza. Varcando i sentieri dell’autorealizzazione, cerca di ricongiungerci ad una realtà trascendente che ci sovrasta, come dominio sconfinato dello spirito.
Questo personaggio può scegliere di seguire l’insegnamento di un maestro esoterico, ma conservando la sua specificità individuale, senza impegnarsi più di tanto a rispettare il voto di silenzio richiesto..
Infatti, nel viaggio d’iniziazione verso l’autorealizzazione, non è sufficiente riferirsi soltanto al pur rilevante insegnamento dei maestri.
C’è una fonte di conoscenza originaria, che ognuno deve scoprire dentro di sé e non fuori, ed è la conoscenza a cui aspira il Matto nel corso della sua ricerca.
La via del Matto, il cammino di verità che è la vocazione intima ma spesso nascosta o soffocata di ognuno di noi, intrattiene un rapporto estremamente privilegiato con la ricerca dell’autorealizzazione spirituale, a discapito dei rischi e delle incomprensioni che questa ricerca sperimentale comporta, a causa dell’oscuramento nel cuore di tenebra dell’attuale ciclo umano.
Il folle sapiente rischia davvero di cadere nell’abisso di una ragione che non è ragione, a causa dei i pregiudizi dell’uomo massa, che la condizionano.
Ma la non-ragione dell’aspirante iniziato ai misteri delle più alte verità, nasconde in realtà l’affermazione di una razionalità “ sana “, perché educata ai valori dello spirito, e quindi automaticamente libera.
Come un secondo Adamo, il Matto viene cacciato dal giardino terrestre dell’Eden, ma per lui non è un problema perché consapevole ed autorealizzato. E’ pronto alla scalata dell’albero della Vita divina senza abbandonare il piano fisico della Terra.
Il Matto vive in maniera dinamica la dialettica tra esistenza e pensiero, illusione e verità, tensione creativa, che genera una visione della realtà eccentrica, fuori dagli schemi, delle facili apparenze, dei dogmi e delle imposizioni dottrinarie.
La Via seguita dal Matto è infatti il cammino della realizzazione dell’Io individuale, Io che è una scintilla della luminosa Mente Divina.
Libero ricercatore della verità, il folle-savio si rinnova ad ogni tappa del suo viaggio iniziatico-sapienzale, che lo induce a varcare la soglia del finito per raggiungere la sfera dell’infinito, consapevole che il cambiamento è possibile, che la trasformazione della persona in personalità è sempre possibile.

- I Nuovi - Tarocchi di Marsiglia - di Jodorowsky - Camoin





"Per Alejandro Jodorowsky così come per Philippe Camoin, ciò che è stato talvolta definito il "restauro" dei Tarocchi, è la rinascita di uno Spirito che i due autori chiamano Tarot (Tarocchi); non il restauro di un gioco antico. Per loro, i Tarocchi rappresentano un grande Spirito e non un gioco di carte. Il lavoro effettuato è decisamente più ragguardevole che il semplice restauro di un gioco antico. Il loro lavoro è consistito nel recuperare simboli sparpagliati in tutta Europa con lo scopo di ricostituire una struttura esoterica complessa finora sconosciuta a tutti gli Iniziati degli ultimi secoli. Si tratta di un’opera importante."
Il restauro dei Tarocchi di Marsiglia è uno studio scientifico che è stato intrapreso per più anni da Philippe Camion e Alejandro Jodorowsky. “La quasi totalità dei Tarocchi del mondo intero sono riprodotti sullo schema dei Tarocchi di Marsiglia”, osserva Philippe Camion, alla luce di numerosi e irrefutabili segni che ha riunito e fatto apparire nel corso delle sue ricerche sui Tarocchi di Marsiglia. Lo scopo essenziale di questa ricerca è di ritrovare i simboli, la vocazione e il significato primario di questo monumento della cultura occidentale, il cui linguaggio è parimenti intelligibile ai nostri amici orientali. Non è inutile citare qui H.P. Blavatsky: “ I Tarocchi sono la chiave di tutto l’esoterismo occidentale”.
Il TAROCCO di MARSIGLIA comprende una carta (chiavi/lame/atout/arcani) senza numero, IL MATTO e XX carte numerate in numeri romani, chiamate ARCANI MAGGIORI;
Poi 40 carte, gli ARCANI MINORI, che si dovrebbero piuttosto chiamare COLORI e divise in 4 serie: tre numerate in numeri romani da I a X e uno senza numero. Le prime tre serie comprendono i BASTONI, le SPADE e i TAGLI. La quarta: i DENARI Infine una ultima serie di 16 carte chiamate ONORI o FIGURE. Uno studio corretto dei TAROCCHI dispone le figure nel seguente ordine: – I JACK – I REGINE – I RE – I CAVALIERI Sono quindi 78 lame, né maggiori né minori ma tutte fondamentali.
Nel TAROCCO di MARSIGLIA RESTAURATO, ci sono 10 colori ognuno con molteplici significati (ai quali si devono aggiungere macchie di color viola):
– VERDE CHIARO – CARNE – BLU CHIARO – BIANCO – VERDE SCURO – ROSSO – BLU SCURO – NERO – GIALLO CHIARO – GIALLO SCURO
Ci si accorge che quattro tra questi colori non sono divisi in "chiaro" e "scuro". Sono il Bianco, il Nero e il Rosso, i tre colori dell'Opera Alchimista e il color Carne, territorio dell'essere umano in cui si opera la mutazione alchimista...
Gli ARCANI, mettendo da parte le loro possibilità individuali, sono in rapporto gli uni con gli altri, creano coppie, terni e per finire frasi, poemi poi discorsi interi.Siamo di fronte a un alfabeto ottico che trasmette la conoscenza non tramite i suoni ma tramite le figure, le forme e i colori... Ciò che non esclude peraltro la possibilità di dare a ogni ARCANO un valore musicale.
LE MAT (IL MATTO) Energia originaria. Indefinito. Libertà. Follìa. Caos. Uomo in cammino verso la sua evoluzione. Nomade. Anarchia. Desiderio. Dimensione infinita. Delirio. Aspirazione alla luce e alla vita eterna. Ricerca della verità. Procedere verso lo sviluppo di ogni possibilità umana. Profeta. Porta l'essenziale. Visionario.
I. LE BATELEUR (IL BAGATTO) Inizio. Tutto si può fare. Prendere il suo posto. Uomo chiamato ad innalzarsi. Iniziato. Lavoro. Astuzia. Arte di convincere. Spontaneità. Egoismo. Inizio della ricerca della saggezza persa. Artista. Gioco. Volontà di creare.
II. LA PAPESSE (LA PAPESSA) Madre divina. Accumulazione. Vergine. Chiesa occulta. Madre dominatrice. Donna frigida. Segreto noto per chi sa decifrarlo. Freddezza. Educazione severa. Iniziatrice. Libri sacri. Solitudine. Silenzio. Meditazione. Rigore. Inibizione. Celibato. Cova un'opera.
III. L'IMPÉRATRICE (L'IMPERATRICE) Slancio creatore. Vuole investirsi. Fecondità. Bella donna. Incarnata. Iniziativa. Fascino. Amante. Attività produttive. Mano che prende. Donna celebre o di alto rango. Civetteria. Donna di affari.
IV. L'EMPEREUR (L'IMPERATORE) Stabilità. Padre dominatore. Potenza. Base di ogni costruzione. Energia materiale. Appoggio. Personaggio influente. Potere sul mondo materiale. Sposo. Potenza sessuale. Patriarcato. Capo famiglia. Forza rassicurante.
V. LE PAPE (IL PAPA) Mediatore. Ideale. Sacerdozio. Autorità ispirata. Guida. Potere spirituale. Ponte verso il sacro. Fede. Santità. Alleanza. Rituale. Aiuta l'umanità. Conoscenza. Dogmi. Grande iniziato. Falso guru. Matrimonio. Riunire. Padre idealizzato. Segreto svelato. Benedizione.
VI. L'AMOVREVX (L'AMANTE) Unione. Invito dell'amore. Gioia. Piacere di fare quello che si ama. Entusiasmo. Bellezza. Madre che impedisce l'unione del figlio con la sposa. Edipo. Incesto. Scelta. Tentazione. Conflitto amoroso. Incertezza. Armonia.
VII. LE CHARIOT (IL CARRO) Azione nel mondo. Viaggio. Opera organizzata e viva che si muove. Trionfo. Amante. Coscienza del cosmo. Talento. Conquista. Artista di successo. Trasmissione di un'opera.
VIII. LA JVSTICE (LA GIUSTIZIA) Equilibrio universale. Pesare e decidere. Perfezione. Rigore. Madre castratrice. Responsabilità nella libertà. Ragione e volontà. Collaborazione all'opera divina. Inflessibilità. Processo. Arbitro. Leggi cosmiche. Buone e cattive azioni che ci seguono attraverso le nostre esistenze successive. Lucidità. Darsi quello che si merita.
VIIII. L'HERMITE (L'EREMITA) Procede senza saper dove va, ma ci va. Crisi. Dubbio e superamento. Prudenzia. Saggezza. Vita interiore. Iniziato che realizza l'opera interiore. Notte oscura dell'anima. Solitudine. Padre assente. Alcoolismo. Chiarisce il passato. Terapeuta. Pellegrinaggio. Conoscenza dell'occulto. Tempo. Castità. Segreto. Conoscenza di se stesso.
X. ROUE DE FORTUNE (LA RUOTA DELLA FORTUNA) Fine di un ciclo. Ruota universale delle leggi della natura mossa dalla Provvidenza. necessità di aiuto esteriore. Ciclo dei morti e delle rinascite. Circolazione. Alternanza. Immobilità in attesa della forza che verrà a muoverla. Circostanze. Incarnare lo spirito e spiritualizzare la materia.
XI. LA FORCE (LA FORZA) Inizio su di un piano diverso. Inizio di un nuovo ciclo. Spirito che controlla il desiderio. Armonia dell'intelletto e della sessualità. Conquista con la seduzione. Autodisciplina. Magnetismo. Coscienza. Trattare con dolcezza situazioni aggressive. Masturbazione. Inibizioni sessuali. Forza morale. Distacco nell'azione. Donna frigida che ha paura dell'orgasmo. Eroismo. Conoscenza di se stesso.
XII. LE PENDU (L'APPESO) Arresto. Meditazione. Feto. Gestazione. Dono di sé. prova. Progresso imposto dal dolore. Raggiungere il vuoto mentale. Attesa e abnegazione. Autopunizione. Si ritiene molto affezionato. Amore non condiviso. Forze interiori ricevute dalla preghiera. Lavoro introspettivo.
ARCANE XIII (ARCANO XIII) Trasformazione profonda. Rivoluzione. Eliminazione di ciò che impedisce di andare avanti. Fine di una illusione. Trasmutazione. Cataclismi. Morte. Perdita. Raccolti. Collasso. Collera. odio familiare. Fine di qualche cosa. Malattìa grave. Sadismo. Distruzione. Lavoro dell'inconscio. Sgomberare. Cambiamenti radicali. Spoliazione.
XIIII. TEMPÉRANCE (TEMPERANZA) Guarigione. Angelo custode. Moderazione. Equilibrio. Reciprocità. Circolazione interna. Armonia. Comunicazione. Purificazione dell'anima. Messaggero della grazia. Elisir di vita. Aiuto divino. Flusso del passato nel presente verso il futuro. Medicina. Doppio flusso delle forze vitali. Serenità di spirito. Umore costante. Venire a più miti consigli. Reca il dono e accoglienza.
XV. LE DIABLE (IL DIAVOLO) Animalità. Forze sessuali. Grande creatività. Affetto. Intervento sulla materia. Passione. Inconscio. Falso guru. Tentazione. Fermento. Dominio egocentrico. Denaro. Bestialità. Orgoglio. Fascino. Orgia. Sadomasochismo. Beffa. Trappola. Lato oscuro. Perversioni. Riserva di vitalità.
XVI. LA MAISON-DIEV (LA CASA DIO) Ciò che è nascosto esce fuori. Gioia. Pericolo intorno al tempio. Forza divina. Fulmine. Fallo. Rovina. Catastrofe. Scoppio dei limiti. Incidente. Divorzio. Esplosione. Crollo. Liberazione. Eiaculazione. Colpo di genio. Rottura. Lasciar circolare l'energia sessuale. Illuminazione.
XVII. L'ÉTOILE (LA STELLA) Dono di sé al mondo. Accoglienza medianica. Aiuto provvidenziale. Amore universale. Spreco dell'energia nel passato. Nostalgia. Grazia. Musa. Influsso astrologico. Acquario. Azione altruistica. Donna realizzata. Sacralizzare un luogo. Pace. Armonia. Musica. Profumo. Paradiso.
XVIII. LA LVNE (LA LUNA) Archetipo materno. Madre cosmica. Femminilità. Intuito profondo. Sogno. Inconscio. Illusioni. Solitudine. Notte. Tristezza. Ristagno. Gestazione. Figli che chiedono l'amore della madre. Desiderio di tornare nel ventre materno. Follìa. Superstizione. Esaurimento. Segreto. Clandestinità. Ciò che è nascosto.
XVIIII. LE SOLEIL (IL SOLE) Archetipo paterno. Padre cosmico. Irradiamento. Amore fraterno. Costruzione di un'opera comune. Successo. Felicità. Luce. Coppia iniziatica. Uno aiuta l'altro ad attraversare. Ricchezza della messe. Gloria. Coscienza realizzata. Padre che ama i propri figli. Solidarietà.
XX. LE JUGEMENT (IL GIUDIZIO) Desiderio irresistibile. Invito del divino e dello Spirituale. Risurrezione. Annuncio. Messaggio. Rinascita. Nascita alla coscienza superiore. Integrare gli archetipi parentali. Risveglio. Rivelazione. Fede. Fervore. Adorazione. Virtù. Benedizione dei genitori. Grazia. Ciclo iniziatico compiuto. Consacrazione. Musica.
XXI. LE MONDE (IL MONDO) Realizzazione nel mondo. Concretizzazione. Le quattro energie e la quinta essenza. Centro cosmico. Fama. Anima universale. Viaggiare. Sesso della donna. Realizzazione dell'unità. Androgino spirituale. Rinchiudersi. Ostacolo da sormontare. Nascita difficile. Donna ideale. Matrimonio felice. Ventre di una donna incinta. Mondo perfetto. Venire al mondo. Danza creativa. Apertura. Uovo cosmico.





9 luglio 2009

- Alchimia - Porta Magica - Roma -




La scienza conserva ; è quanto meno ciò che da allora pensiamo nei riguardi del destino trionfante di opere stimate che appaiono, tuttavia , di difficile penetrazione , e che non sono studiate se non da un’elite poco numerosa. La loro grande diffusione, il loro successo universale, sono unicamente dovuti all’irradiamento attrattivo della verità positiva racchiusa nelle loro pagine.
Tra tante opere francesi e straniere che si impongono in questo modo alla stima e all’ammirazione degli uomini, non è forse il caso, per esempio, di quelle di Dante, di Rabelais, di Cervantes e di Swift ?
Del resto è allo stesso motivo di perennità sovrana, non dubitiamone, che la piccola porta conservata nel giardino di Piazza V. Emanuele a Roma, deve il fatto di non essere stata distrutta, nonostante la precarietà inerente alle cose umane e che, d’altra parte, fu denunciata dal sapiente decoratore nei riguardi dell’esistenza perpetua del regno minerale. E’ l’ultima frase dell’epigrafe singolare e molto lunga che stava al di fuori della villa e che abbiamo descritto al nostro lettore. Rivela il mistero della putrefazione del fuoco, cioè del padre o , meglio ancora, del sole centrico della terra rotonda. La conclusione è triste e rassegnata nei riguardi della parte materiale della dimora aristocratica che era, inesorabilmente, fragile e peritura.

Sic transit gloria mundi - Così passa la gloria del mondo.

CANSELIET

La Porta Alchemica , detta anche Porta Magica o Porta Ermetica o Porta dei Cieli, è un monumento edificato tra il 1655 e il 1680 da Massimiliano Palombara marchese di Pietraforte (1614-1680) nella sua residenza, villa Palombara, sita nella campagna orientale di Roma sul colle Esquilino nella posizione quasi corrispondente all'odierna piazza Vittorio, dove oggi è stata collocata. L'interesse del marchese Palombara per l'alchimia nacque probabilmente per la sua frequentazione sin dal 1656, della corte romana della regina Cristina di Svezia, a Palazzo Riario (oggi Palazzo Corsini) sulle pendici del colle Gianicolo oggi sede dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Cristina di Svezia era un'appassionata cultrice di alchimia e di scienza (fu istruita da Cartesio) e possedeva un avanzato laboratorio gestito dall'alchimista Pietro Antonio Bandiera. In palazzo Riario nacque un'accademia a cui si collegano i nomi di personaggi illustri del Seicento come il medico esoterista Giuseppe Francesco Borri, di nobile famiglia milanese, l'astronomo Giovanni Cassini, l'alchimista Francesco Maria Santinelli, l'erudito Athanasius Kircher. Il marchese Palombara dedicò a Cristina di Svezia il suo poema rosicruciano La Bugia redatto nel 1656, e secondo una leggenda la stessa Porta Alchemica sarebbe stata edificata nel 1680 come celebrazione di una riuscita trasmutazione avvenuta nel laboratorio di palazzo Riario. Secondo la leggenda, trasmessaci nel 1802 dall'abate ed erudito Francesco Girolamo Cancellieri, uno stibeum pellegrino fu ospitato nella villa per una notte. Il "pellegrino", identificabile con l'alchimista Francesco Giustiniani Bono, dimorò per una notte nei giardini della villa alla ricerca di una misteriosa erba capace di produrre l'oro, il mattino seguente fu visto scomparire per sempre attraverso la porta, ma lasciò dietro alcune pagliuzze d'oro frutto di una riuscita trasmutazione alchemica, e una misteriosa carta piena di enigmi e simboli magici che doveva contenere il segreto della pietra filosofale. Il marchese fece incidere sulle cinque porte di villa Palombara e sui muri della magione, il contenuto del manoscritto coi simboli e gli enigmi, nella speranza che un giorno qualcuno sarebbe riuscito a decifrarli. Forse l'enigmatica carta potrebbe riferirsi, per concordanze storiche e geografiche e per il passaggio tra le mani di alcuni appartenenti al circolo alchemico di villa Palombara, al misterioso manoscritto Voynich, che faceva parte della collezione di testi alchemici appartenuti al re Rodolfo II di Boemia e donati da Cristina di Svezia al suo libraio Isaac Vossius, e finì nelle mani dell'erudito Athanasius Kircher, uno degli insegnanti del Borri nella scuola gesuitica. Tra gli anni 1678 e 1680 Borri e Palombara fecero le iscrizioni enigmatiche, e di certo si sa che almeno una scritta della villa (quella sopra l'arco della porta in via Merulana) risale al 1680. I simboli incisi sulla porta alchemica possono essere rintracciati tra le illustrazioni dei libri di alchimia e filosofia esoterica che circolavano verso la seconda metà del Seicento, e che presumibilmente erano in possesso del marchese Palombara. In particolare il disegno sul frontone della Porta Alchemica, con i due triangoli sovrapposti e le iscrizioni in latino, compare quasi esattamente uguale sul frontespizio del libro allegorico/alchemico Aureum Seculum Redivivum di Henricus Madatanus (pseudonimo di Adrian von Mynsicht, 1603-1638). Il frontespizio dell'edizione originale del 1621 è molto diverso, infatti il disegno a cui si ispirò il Palombara compare esattamente solo nell'edizione postuma del 1677. Sul frontone della porta alchemica è rappresentato in una patacca il sigillo di Salomone circoscritto da un cerchio con iscrizioni in latino, con la punta superiore occupata da una croce collegata ad un cerchio interno e la punta inferiore dell'esagramma occupata da un oculus : il simbolo alchemico del sole e dell'oro. Il fregio rappresenta un simbolo della setta dei Rosa Croce rappresentato in molti testi del seicento, compare forse per la prima volta sul frontespizio del libro 'Aureum Seculum Redivivum'. I simboli alchemici lungo gli stipiti della porta seguono la sequenza dei pianeti associati ai corrispondenti metalli: Saturno-piombo, Giove-stagno, Marte-ferro, Venere-rame, Luna-argento, Mercurio-mercurio. Tale sequenza viene forse ripresa dal testo Commentatio de Pharmaco Catholico pubblicati nel Chymica Vannus del 1666. Ad ogni pianeta viene associato un motto ermetico, seguendo il percorso dal basso in alto a destra, per scendere dall'alto in basso a sinistra, secondo la direzione indicata dal motto in ebraico Ruach Elohim. La porta si deve quindi leggere come il monumento che segna il passaggio storico del rovesciamento dei simboli del cristianesimo verso il nuovo modello spirituale che si stava sviluppando nel Seicento. Nel 1873 la porta magica fu smontata e ricostruita nel 1888 all'interno dei giardini di piazza Vittorio, su un vecchio muro perimetrale della chiesa di S. Eusebio, e accanto furono aggiunte due statue del dio Bes, che si trovavano in origine nei giardini del Palazzo del Quirinale.